Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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34-L'APOSTOLATO DEL SERVIZIO SACERDOTALE1*
Più è vostro, perché più ne perdete voi. Dico sul serio. Gli dovete tanto2. Si vive sempre abbastanza quando uno si fa santo, morisse anche a 24 anni come san Luigi, e non si vive mai abbastanza quando uno, nei suoi anni, non si fa santo. E si vive sempre troppo quando nella vita si aumentano i peccati. Non è il numero degli anni e invece, è lo spenderli bene. Quindi, ogni transito ci porta sempre a meditare: come ho speso gli anni passati e come voglio spendere quel tempo che il Signore nella sua misericordia, vuole ancora darmi? Se ho cattiva volontà è meglio che vada all'eternità subito, se no moltiplico l'inferno, i dolori dell'inferno. Se invece io sono già santo, ecco, posso morire anche giovane, posso morire anche domani, oggi. Se, invece, noi vogliamo ancora acquistare altri meriti, desiderare una vita quale il Signore vuol darvi, ma se è possibile, lunga. Perciò il dovere di conservare la salute in quella diligenza che è secondo l'ordine, secondo la prudenza.
La virtù della prudenza si applica anche lì.
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Ma stasera ho bisogno di dire qualche cosa che non è tanto facilmente chiaro o non tanto facilmente si capisce. Voglio dire dell'apostolato del servizio sacerdotale.
Questo apostolato richiede particolarmente quattro cose: la prima cosa è la stima, e cioè: sapere che si entra nell'ufficio di Maria. Si compie sulla terra dalla Pia Discepola, quel lavoro, quel compito che ebbe Maria nella sua vita e che ella adempì perfettamente dal momento in cui: «Fiat mihi secundum verbum tuum»1 fino al momento in cui partì dalla terra per andare all'eterno riposo.
Prima, cura del bambino, del fanciullo, del giovinotto, dell'uomo fatto, Gesù, apostolo e sacerdote.
Poi cura degli Apostoli, i quali successero, nella loro missione, successero a Gesù stesso. «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi»2; ecco, tutto detto.
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I sacerdoti devono compiere ciò che ha compito Gesù.
Certamente c'è la diversità che Gesù era santissimo, perfettissimo e non c'è da sperare che ci sia un sacerdote perfetto; sarà santo, perfetto, no. Allora, sempre: «ut discamus alter alterius onera portare»1. L'esercizio di sopportarci vicendevolmente. L'esercizio di sopportarci vicendevolmente. Allora, ecco, quello che noi abbiamo da fare.
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Altre Marie tutte quelle che si consacrano al servizio sacerdotale, il quale precede e supera il servizio liturgico. Stima. Ma questa stima occorre che sia inculcata e, vorrei dire, trasfusa, come si fanno le iniezioni, nell'animo, nel cuore, nella mente, nello spirito dell'aspirante. Dato che avete come tre apostolati che sono come tre fiori di una stessa pianta; e, tre fiori di una stessa pianta, una rosa che vi fa tre fiori? Ecco, può essere che una inclini di più di qua o di là. Quanto alla stima però, no. Quanto alla stima, c'è prima l'ordine: apostolato eucaristico; secondo, apostolato servizio sacerdotale; ecco.
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Tanto più che (bisogna dire una cosa senza che abbiate da offendervi, eh?), questa: che il servizio sacerdotale lo fate meglio del servizio liturgico, fino adesso. Non si offendano quelle dei Centri, non si offenda nessuno, è così. Però vi è un grande impegno per arrivare a un servizio liturgico completo, perché già questo non va applicato a Casa Madre, né alla Casa Generalizia dove è tenuto nella sua via bene, il servizio liturgico, con la produzione dalle filmine alla produzione dei quadri, il ricamo, la fotografia e il ritocco, particolarmente quando si tratta di cose sacre. E poi l'arte sacra e poi «La vita in Cristo e nella Chiesa», è tenuto nella sua via.
Qualche volta, eh, «magni passus sed extra viam»1, qualche volta, eh, passi un po' grossi, ma possono essere un po' fuori di strada. Però, nella sostanza, si va bene.
Però nei Centri, occorre che si stia propriamente in quello che vi viene da Casa Madre e che soprattutto si diffonda quello che o vien da Casa Madre o è conforme allo spirito di Casa Madre.
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Ma parliamo dell'apostolato, invece, del servizio sacerdotale, il quale, ha anche dei difetti? Sì. E credete che non ce ne sia dei difetti in altri? Tutti hanno i difetti, ne sbagliamo anche tante, e son più facili a contare i difetti che le virtù. Sovente quando si fa l'esame di coscienza noi notiamo più «meno» che «croci», che «più», eh?1 facciamo così, perché così... Oh, ora: stima grande: io compio l'ufficio di Maria. Lo compio, però, completamente? Cerco le vocazioni, faccio un prete mio? E, «et Verbum caro factum est, et habitavit in nobis»2. Non potete diventar madri nel senso naturale del figlio di Dio incarnato? ma sì, di una vocazione. E su questo punto ho da dir così: occorre che ci sia il ricambio e cioè: che i sacerdoti s'impegnino a favorire le vocazioni alle Pie Discepole, ma che le Pie Discepole s'impegnino a favorire, aiutare, cercare, indicare le vocazioni al sacerdozio, oppure allo stato dei Discepoli. Sopra questo punto c'è un passo da fare. E sapete che è dovere di giustizia. Do ut des. Ricambiamocelo. Mica solamente che uno impresta cento lire e poi restituisce cento lire. E qui è una persona, un'anima, una vocazione che ne va di mezzo. Non è possibile chiarire bene, in tutti i casi, dove ci entra la giustizia e dove ci entra soltanto la carità, ma in moltissimi casi entra la giustizia; ecco. Allora san Paolo diceva: io ti amo e tu restituiscimi l'affetto; ecco3. Oh, dunque: stima.
Sovente avete da entrare nelle case, nelle parrocchie, conoscete famiglie dove ci possono essere giovanetti i quali mostrano buona inclinazione. Ho benedetto prima di arrivare qui un giovane di 12 anni il quale ha portato cinque volte il primo premio al concorso «Veritas» del catechismo, cinque volte; ecco un buon ragazzo.
Scoprire le vocazioni. Avere come un occhio vocazionario; non un occhio clinico, ma un occhio vocazionario. Vi sono persone che le individuano, sono guidate dallo Spirito Santo, le scoprono, san subito dire che male c'è e che bene c'è e che inclinazione c'è e che inclinazione manca. (...)
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Sono tre, quasi quattro anni che io facevo visitare don Federico da un medico, da un altro, un po' a letto, un po' in piedi, un po' alla mia presenza, un po' da solo, nessuno ha scoperto il male e anche l'ultimo giorno: «tentiamo di aprire per capire che cosa ci sia di male». Ora, quando invece, è arrivata la visita di un certo medico, il quale lo vedeva la prima volta, egli mi prende in disparte e dice: ci deve essere un cancro, sa? E così fu. L'occhio vocazionario.
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Secondo punto in riguardo a questo apostolato: formare il cuore materno. Possedere un cuore materno.
Allora è più facile amare il servizio sacerdotale che non il servizio liturgico.
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La donna, di per sé, nasce madre, è ordinata alla maternità: o maternità fisica, naturale, o maternità spirituale, soprannaturale. Come si fa a rendere sterili questi pensieri, queste tendenze del cuore della donna? Come si fa a isolarsi in una vita dove vi è un cuore che non si riempie, non ama? Quasi è un lottare contro noi stessi. Il concetto della paternità e il concetto della maternità è innestato e appositamente il Padre celeste ha creato Adamo ed Eva, ordinando uno all'altra.
D'altra parte, la missione della donna: «ut sit adiutorium simile sibi»1. Facciamo la donna perché l'uomo abbia un aiuto simile a sé. Questo aiuto non è tanto e non vale solo per la generazione o per la educazione dei figli o per allietare la vita di due sposi. Ma vale nell'ordine soprannaturale, aiuto spirituale. Poiché l'uomo è inclinato piuttosto alla terra e ha bisogno allora che vi sia un essere gentile, buono. Oh, la donna quante cose capisce che l'uomo non capisce! In quante piccole cose interviene in cui l'uomo passa quasi superficialmente senza o accorgersene o senza darvi importanza. Quante volte la donna aggiusta, sembra fatta quella per aggiustare le questioni. Cinque suore, sette suore, dieci suore in una casa sembran fatte per moltiplicare le questioni. Oh, due benedizioni, allora, vi do. Non è possibile dire così. Vuol dire rendere il cuore sterile, vuol dire rendere il cuore, con la parola che ha usato il Papa: solitario. Vorrebbe dire rinnegare i più begli affetti, i più bei sentimenti, la finalità della donna. Allora: formare il cuore materno.
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Quella madre è sempre per metter la pace e dissimula e copre gli sbagli di un figlio e incoraggia l'altro e richiama quello che è troppo orgoglioso, che confida in sé e aiuta quello che è più debole, che è nato dopo, che è più piccolo. Eh, la mamma! Cuore materno per le case, cuore materno per capire e per esercitare l'apostolato del servizio sacerdotale: cuore materno. Io sento dire molte volte: ecco, se hanno troppe relazioni con noi: pericoli! (parlo della parte maschile); altrimenti se intervengono per le necessità, per le debolezze e per le malattie e per quelle cose, quelle mille cose di cui si compone la vita: pericolo!
Formare il cuore materno nel giusto senso, nello spirito umano e soprannaturale, è grande grazia. La suora, perché è suora, non cessa di aver la vocazione alla maternità.
Quando prendono la Messa dieci giovani? Ecco il frutto delle nostre fatiche e del nostro amore soprannaturale, delle nostre preghiere, delle nostre industrie. Oh, quei dieci possono chiamare le suore «madri». E' per ciò che portate il nome di «madre», e non di «maestra».
Che cosa manca? Manca, forse, più pietà? Certo che quando uno ama molto Gesù e prega molto la Madonna, il cuore si forma bene, sul Cuore di Maria, Cuore immacolato, Cuore materno di Maria, materno di Maria. Perché l'evangelista dice: a Betlemme, Maria ricevendo sulle sue braccia [Gesù], senza, diciamo, che il corpo venisse in qualche maniera leso, Maria, dice: «involvit eum» 1 lo depose, lo avvolse. Cura, vuol dire, cura.
Non avete cura delle calze e delle camicie? e del bucato, ecc.? E lo ripose, sì. Che sia contento, che si affezioni alla vocazione. Molte vocazioni dipendono dalla pentola. Far bene.
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Ma adesso, qui possiamo già passare in altro punto, non è vero? E aggiungiamo un'altra cosa, che è questa: si dice: cucina all'americana, cucina all'italiana, cucina alla giapponese, cucina all'indiana. Allargare il cuore e sapere fare ciò che nelle Nazioni è richiesto. Venendo poi i chierici o i giovani di varie Nazioni o a studiare in Italia oppure raccogliendosi in altre Nazioni, bisogna esser materne e arrivarci. «Eh, ma quel lì, ha questo vizio, quel lì è ricercato, quello ha cibi tanto diversi»: «Regnum Dei non est esca nec potus»1. Il regno di Dio non è né pane, né vino, ma il regno di Dio è l'amore al Signore, è, cioè: la sapienza di Dio, l'amore di Dio, la volontà posta in Dio. Che cosa v'importa se uno mangia nocciuole oppure se mangia biscotti? o se mangia, invece, patate o se preferisce, invece, le cipolle? Cosa importa a noi? «Non est esca, neque potus, il regno di Dio. Vedere se han voglia di studiare, se pregano, se avendo salute, s'impegnano. Se posso allungare a questo prete ancor di cinque anni la vita, con venti anni, trent'anni, quarant'anni di servizio sacerdotale. Ma le minestre ben fatte, ma studiarsi: quel lì ha quell'inconveniente, così bisogna che una mamma... cosa farebbe una mamma? Senza che l'altro, magari chieda, senza che si renda conto. Occhio! Occhio! Man mano che si stabiliscono, nelle Case, delle suore più mature e che conservano, queste suore, il cuore materno, certamente si farà un gran progresso. Ma sentirsi mamme. Non buttar là qualunque cosa. Perché, altro è il lavoro materiale, altro è il lavoro sedentario, di studio, di applicazione nell'apostolato, nella pittura. Bisogna aver cura, aver cuore, avere intelligenza, sapienza. Allorché si è sfiniti e stanchi e non si ha più voglia di nulla, la madre deve ancora trovare qualche cosa che mette l'appetito, qualche rimedio che sta per il caso. E in questo vi sono già delle suore, delle madri che lo fanno, e questo specialmente, è la madre in una Casa.
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E naturalmente poi, più sono vecchi i sacerdoti, più sono anziani e più hanno dei bisogni, come anche voi, più siete anziane, più avete dei bisogni, perché il corpo si consuma come si consuman le scarpe e allora e bisogna rattoppare le scarpe, lucidarle, se sono sporche; ecco.
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Ma il cuore materno è sensibile e vede, la donna vede mille cose che l'uomo non vede; sistema mille cose che tra noi uomini non si sistemano mai; ha delle gentilezze e ha delle sensibilità, nello spirito giusto, preso innanzi al tabernacolo, che non hanno gli uomini. Gesù va a morire. Ma là c'è una donna, c'è la madre, gli Apostoli non ci sono, eccetto Giovanni che arriva tardi. E perché questo? Ah, avete proprio quella missione lì di essere: «adiutorium simile sibi»1. Certo nell'ordine della natura, ma molto di più nell'ordine della grazia, e perciò nell'ordine della grazia,ecco. E daccanto a Gesù vi è Maria. Daccanto a san Benedetto, vi è suor Scolastica, santa Scolastica; e daccanto a don Bosco, vi è una madre, vi è poi la Mazzarello che capì subito gli intenti. Ella che non sapeva fare il nome guidava le professoresse dopo, perché quando un'anima è umile e quando è modesta e sa sentire tutte, incoraggiare tutte, domina non con la potenza della forza o dell'ingegno, ma col cuore. Il cuore tenuto a posto, però, si capisce, tenuto a posto, il cuore. Oh, allora, ecco, la seconda cosa, è un cuore materno.
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Terzo: prudenza. La prudenza, però, non vuol dire non fare, vuol dire far bene.
In quella Casa le suore devono essere di modello, ecco. Leggevo, una settimana fa, che in un certo posto si son strappati i capelli. Troppo, eh! Eppure era successo. Mica qui; in Francia. Oh, allora, bisogna che... Dunque, esempio, esempio. Quando c'è un gruppo di suore che con la loro pietà, con la loro silenziosità operosa, con il loro spirito di maternità, con l'intelligenza, l'assiduità, fanno bene, è più facile che si componga tutta la Casa bene; ma se una è una chiacchierona di qua e se l'altra ha le simpatie di là e se questa vuol far valere le sue ragioni e quell'altra ha i suoi ghiribizzi e questa s'impunta e l'altra non vuol cederla, cosa facciamo? Arriviamo poi mica a strapparsi i capelli, eh! Dunque, stiamo brave. Esempio di pietà, di carità, di convivenza socievole, buona e di premura, ecco: esempio buono.
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Anche quando foste rigettate, non si va indietro. Non vi pare che sia un po' dura la risposta di Gesù? Gesù stava predicando in una casa e vengono a dirgli: «Fuori ci sono i tuoi fratelli, cioè i cugini, e tua Madre che ti vogliono parlare. E chi è mia madre?»1. Sembra duro, eh? a prima vista. Si è offesa Maria? E già, alle volte: e mia sorella, e mia mamma, e mia nonna e mia nipote e la mia pronipote (e poi dopo, chi c'è ancora?). Ah! Ebbene, e chi è tua mamma? e chi è tua sorella? e chi è tua nipote? e chi è tuo fratello?
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Io mi sono studiato di togliere pretesti a questo riguardo. Anche qualche volta che mi hanno domandato se potevano depositare a san Paolo, se l'han fatto senza di me, l'han fatto; e qualcheduno ha accettato. Se domandano a me dico sempre di no, perché non vengano. Libertà dei figli di Dio! Non inciampi!
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E chi è mia madre? Stia ascoltar la predica come le altre, eh! perché chi sta a sentire la predica e la mette in pratica, è doppiamente madre. «Chi fa la volontà del Padre mio, questo è mia madre, mio fratello, mia sorella»1. Dunque, vediamo di far bene nelle Case.
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Quarto: pensare al premio. Non può perdersi chi fa dei preti, neh, chi fa dei religiosi, chi fa delle suore, non può perdersi; può incoraggiarsi perché è ingrato l'ufficio, è ingrato l'ufficio, alle volte. Ed è meglio che vadano quasi più poco d'accordo, alle volte, che (con la parte maschile) che andar troppo d'accordo, eh? qualche volta. E quella sacrestana è una bisbetica, non si può andar d'accordo. E allora io ho risposto: «meglio così!» e quindi non l'ho cambiata, anzi... (le ho detto di non esser però tanto bisbetica, eh, però), sì, sì, ma non l'ho cambiata. Dominarsi, dominarsi, sì. Pazienza, pazienza, pazienza.
Ecco quello che avevo da dire questa sera.
Però sono persuaso né di aver detto bene, né di essere capito proprio bene. E desidero che la Madre Maestra spieghi in particolare poi in questi giorni (oh, siamo già alla fine ormai), in piccole conferenze discendendo ai particolari perché noi uomini, di certe cose, non siam buoni a parlare.
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Vedete, quando ero in parrocchia, a fare la conferenza alle fidanzate o alle madri, chiamavo sempre una donna anziana da Torino. Donne, parlano meglio alle donne, certe volte; e il prete parla bene alle donne, ma su certi argomenti, che non su certi altri.
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Oh, allora, alleanza, perché noi dobbiamo insieme cooperare: Gesù e Maria. Sacerdote e Pia Discepola.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-21 giugno 1956) alle Superiore Pie Discepole del Divin Maestro Roma, Via Portuense 739, 21 giugno 1956 *
* (1) Nastro 7/d (= cassetta 17/b). - Per la datazione, cfr. PM: riferimento alla morte di don Federico Muzzarelli avvenuta nello stesso giorno, 21/6/1956 (cfr. nota sotto). - dAS, 21/6/1956: «Verso le 5,30 riparte [il PM] per Albano. Deve rinunciare ad andare a predicare dalle PD» . - «Fa una predica alle PD, via Portuense (ore 18) per gli Esercizi» . - dAC: «Settimo giorno (21/6): meditazione: L'apostolato del servizio sacerdotale» .

2 Com'è già stato ricordato più volte, si tratta della morte di don Federico Muzzarelli, avvenuta appunto il 21/6/1956. Era nato a Rocchetta Sandri (Modena) il 2 giugno 1909; fu impegnato per 20 anni a dare forma canonica al pensiero e allo spirito riguardanti la Famiglia Paolina. Oltre che Procuratore generale dei Paolini presso la Santa Sede, dal 1942 era consultore della Sacra Congregazione dei Religiosi.

1 Lc 1,38.

2 Cfr. Gv 20,21

1 Gal 6,2.

1 S. AGOSTINO.

1 «Meno» e «croci» : si riferisce all'uso di segnare in questo modo sul taccuino dell'esame di coscienza rispettivamente le mancanze e gli atti di virtù.

2 Gv 1,14.

3 Cfr. 2Cor 6,11-13.

1 Gn 2,18.

1 Cfr. Lc 2,7.

1 Rm 14,17.

1 Gn 2,18.

1 Cfr. Mc 3,32-35.

1 Ib.