Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21-IL LAVORO INTERIORE (Introduzione)1*
Primo pensiero, entrando negli Esercizi, è sempre questo: riconoscenza al Signore per questo dono. E' il dono annuale che il Signore vi fa. E' un dono di otto giorni a riflettere sopra di noi. In primo luogo, per quanto ci riguarda individualmente, la nostra santificazione; secondo, per quanto ci riguarda come ufficio nelle responsabilità che vi sono rispetto agli altri; e terzo, per quello che si riferisce all'apostolato. E così resta subito designato quale sia il materiale dell'esame di coscienza: i nostri doveri religiosi individuali; i nostri doveri religiosi secondo l'ufficio che abbiamo; e terzo, i nostri doveri religiosi secondo l'apostolato che abbiamo da compiere.
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Ringraziare il Signore e ritirarsi segretamente, silenziosamente meglio, presso del Maestro Divino. Entrare insieme a Maria; quando è arrivato Gesù a Betania, Maria lasciò la sorella Marta alle faccende domestiche, alle faccende di casa; e voi lasciate le sorelle alle faccende di casa e all'apostolato. E Maria invitò Gesù in un locale più appartato e là fece sedere il Maestro sopra un divano e si mise su uno sgabelletto ai piedi di lui. E, il suo cuore era pieno, aveva tante cose da dirgli. E il Maestro Divino non lasciò di ascoltarla, anzi cercò di incoraggiarla, perché aprisse tutto il suo animo e le disse tante cose intime, segrete. «Optimam partem elegit» 1. Ha scelto l'ottima parte.
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Rispetto a quelle che compiono, alle sorelle che compiono, in questi giorni, il loro apostolato, voi siete a godervi l'ottima parte, la parte di confidenza con Gesù, la parte di colloqui con Gesù, la parte di doni che Gesù ha preparato. Oh, le Pie Discepole ai piedi del loro Maestro! Tutti, quando incominciano gli Esercizi, devono aprire il cuore loro a fiducia, ma specialmente le Pie Discepole, col Maestro, perché esse hanno professato una particolare divozione al Maestro ed egli si compiace di loro e prepara a loro doni particolari, doni particolari in questi giorni. Quale sarà, allora, la nostra corrispondenza a questi doni particolari?
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Primo: lasciare da parte le altre cose, gli altri pensieri, le altre preoccupazioni e, tutto quello che non interessa, adesso, direttamente l'anima nostra, a parte; non soltanto perché si cessa di fare l'ufficio, l'apostolato che prima si compiva, ma perché anche interiormente la fantasia, il sentimento, la mente devono escludere ciò che è estraneo agli Esercizi. Se fosse vero che tutti gli otto giorni fossero riempiti di Dio, senza vuoti, cioè senza alcun tempo impiegato in altri pensieri, in altre preoccupazioni, in altre fantasie, in altre aspirazioni, in altri discorsi!
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Secondo: in questi giorni rimanere sole con Gesù; lasciar tutto, rimaner sole, sole con Gesù. Non si devono quasi neppur vedere le altre suore, fuorché quanto è necessario per non imbattersi l'una nell'altra; neppure si devono,a tavola, fare quelle gentilezze che potrebbero essere occasioni di distrazioni. Non distrarsi da Gesù, non distrarsi da Gesù per noi, onde godere i giorni pienamente, perché questi giorni, se son passati bene, recheranno un gaudio spirituale, interno, grande, e si uscirà cambiate; cambiate, certamente.
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Ora, per incominciare subito, facciamo una considerazione breve sopra il lavoro spirituale, la vita interiore, perché, veramente, alle occupazioni esterne, già siete, nel corso dell'anno, molto impegnate; ma il lavoro interno, il lavoro di fervore interiore... è possibile che avendo occupazioni esterne di apostolato, si sia un po' portate via ed è anche possibile che dovendo occuparvi delle sorelle, un poco si dimentichi di occuparci di noi, di voi. Ed è anche possibile che stando un certo tempo lontane dalla Casa Madre, dalla Casa Generalizia, si affievoliscono certe convinzioni e cioè certi principi e certe abitudini e certe pratiche che si mantenevano quando si viveva in Casa Madre, quando si viveva nella Casa Generalizia, per esempio. per il noviziato. Si dice qualche volta: fervorose come novizie. Perché si dice questo? che fa male a ripeterlo a persone un po' avanti negli anni, non è vero? Allora, passando gli anni si diviene meno fervorose? No! Sempre il fervore uguale, anzi questo fuoco interiore divampare sempre di più.
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Il lavoro interiore. Vi sono persone che vivono in fervore e vi sono persone che non vivono in fervore. E qui sta tutta la ragione per cui si può dire: persone che son veramente fedeli alla loro professione, che son veramente Pie Discepole, suore, e persone che non lo sono. Perché non lo sono? pur avendo la professione, non fanno, invece, il loro ufficio, il loro dovere, perché il dovere unico della religiosa è di progredire, cioè di vivere in fervore. Se non fa questo, se non attende alla sua santificazione, è ancora suora? Sì, ma quanto agli obblighi, non sì, in quanto li eseguisce.
Se abbiamo una persona che ha studiato e ha preso la laurea, supponiamo di medicina. Ecco, ha la laurea e si può chiamare dottore in medicina. Ma se non esercisce mai la sua professione? Medico di titolo; «in re», di fatto, no, di fatto, no. Quindi bisogna che ci interroghiamo stasera: siamo veramente religiosi? vi interroghiate: siete veramente religiose? di fatto o di professione soltanto? Diciamo ai cristiani: tu non hai altro che il battesimo, qualche volta, non è vero? Sei cristiano perché hai ricevuto il battesimo, il tuo nome è registrato sui registri dei battezzati in parrocchia. Ma non vivi da cristiano. Tu sei religiosa perché quel giorno hai emesso la professione e perché quel giorno il tuo nome fu scritto nei registri della Congregazione, ma realmente non lo sei di fatto. Notando bene che vi è una diversità, poiché si poteva non prendere l'obbligazione di attendere alla perfezione; ma se l'abbiamo presa, l'obbligazione, l'abbiamo assunta con la professione, ecco non saremmo stati colpevoli di non avere atteso alla perfezione come dovere speciale, ma adesso che l'abbiamo emessa, la professione,il lavoro di perfezionamento è diventato obbligo.
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E si può dannarsi perché uno trascura il perfezionamento? Certo, certo. Se una persona, dopo aver emesso la professione, mentre come novizia era fervorosa, generosa, ecc., dopo va rallentandosi, rallentandosi, e man mano che passano gli anni crescono i difetti, non adempie il suo unico obbligo, della religiosa: lavorare per la perfezione.
Notando che, un medico, può volere solamente studiare tanto per istruzione, prendere una laurea per avere un titolo e con questo, anche se dopo non fa il medico e non prende quindi alcun stipendio, non offende la giustizia, non fa peccato. Può anche occuparsi, supponiamo, a fare il fioraio, per dire una parola. Ma la religiosa, no! Assume l'obbligo. E non c'è nulla che la dispensi, né la malattia, né l'età, né l'ufficio, né il dire: «qui non son compreso, aspetto più tardi, quando non avrò più questa difficoltà»... Non la dispensa.
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Ora, il fervore da che cosa è segnato? Da quel lavoro continuo per correggersi, e da quel lavoro continuo per l'acquisto delle virtù. Quando noi abbiamo il nostro lavoro determinato: «devo fare così; questi sono i miei propositi, li rinnovo ogni giorno, ogni settimana, ogni mese; torno sopra di essi per esaminarmi ogni giorno, ogni settimana, ogni mese; e poi dopo vigilo sui pensieri, vigilo sull'interno della fantasia e sul cuore, vigilo sui sensi, quel che dico, quel che faccio, come lo faccio». Un lavoro interiore in cui è concentrata l'attività della suora, non come una cosa che uno ricorda quando è in chiesa.
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Ma la preghiera può starci tutta senza il fervore e può anche essere che nella preghiera una senta tanta dolcezza e quasi quasi creda di aver toccato il cielo col dito, almeno, se non c'è proprio entrata. Lì non è il fervore. Il fervore è la lotta: «mi correggo di questo; con le sorelle non vado bene, con le Madri non vado bene, con le inferiori non vado bene, mi correggo; mi correggo per ciò che dico, per ciò che faccio, per ciò che penso, per ciò che sento, per ciò che aspiro. Vigilo». La preghiera è il mezzo per salire nella perfezione, ma non è la perfezione.
Ci può essere una persona che faccia anche tre ore di adorazione nella giornata e poi che non faccia il lavoro spirituale, non faccia la suora; perché se si perde in pettegolezzi, se la sua vita è tutta preoccupazione di questo, di quello; se è l'amor proprio che domina, se le eccezioni della comune vita sono frequenti e senza vere necessità, oh, allora non si attende al lavoro di perfezionamento, non si è suore.
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Quando, invece, fatti i propositi, si vigila, si combattono quei pensieri che non sono conformi alla fede o alla speranza o alla carità o alla povertà o alla delicatezza o all'obbedienza o all'umiltà o alla pazienza; quando i sentimenti son giusti, tutti indirizzati all'amor di Dio, a far bene; quando questi sentimenti sono sentimenti di umiltà, di bontà, di carità, di compatimento, di fervore, ecc.; quando si vigila sui sensi, sugli occhi, sulla lingua e sul modo di comportarsi e sulla fedeltà all'orario: ecco il vero lavoro spirituale, è qui. Persuasi che è nella lotta che ci guadagniamo i meriti e che ci perfezioniamo. Quali ricchezze acquista una suora che lavora su se stessa, ma di un lavoro progressivo, che in sostanza indica un cammino di settimana in settimana, almeno di mese in mese; che c'è qualche cosa di miglioramento, perché c'è, da una parte, la buona volontà, dall'altra parte, ci si aiuta con la preghiera.
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La preghiera deve nascere da questo: sentire il bisogno di Dio per unirci di più a lui, per perfezionarsi, per combattere bene, per conquistare ogni giorno un pochettino di quello che è la santità e cioé l'amor di Dio e l'amore alle sorelle, l'amore al prossimo che sono i due comandamenti che, adempiti bene, costituiscono la santità. Allora, persuase che è proprio nella lotta che si fanno i meriti.
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Quando, invece, il tempo si perde, quando si parla più di quanto si deve, quando si guardano più gli altri di noi stessi, quando si permettono tante cose, cioé la fantasia che vaga, la mente che passa da cose che non c'interessano ad altre che forse non sono neppure da religiose, allora non c'é il lavoro interiore. Occorre vedere se abbiamo utilizzato l'anno o se l'abbiamo sprecato, ecco. Questi Esercizi hanno il fondamento in questa meditazione.
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Quali sono i segni che una persona lavora interiormente? E quali sono i segni che non lavora interiormente? Il lavoro spirituale sembrerebbe tutto interno. Certo. Il lavoro spirituale si compie nella mente e nel cuore, in primo luogo, ma poi si manifesta all'esterno: «et ex fructibus cognoscetis eos» 1,e dai frutti conoscerete chi lavora e chi non lavora. Quindi occorre pensare se vi sono i segni esterni del lavoro interiore o se vi sono i segni esterni di mancanza di tale lavoro.
I segni esterni ce li potrebbero dire tutte le persone che vivono con noi. Vi sono persone di cui si dice: come va avanti! come diventa buona quella persona, come fa bene, quanto è spirituale! L'avete veduta nel cuore? Non avremo questo dono di vedere i cuori, ma però c'é il segno esterno. E cosa avviene? che di quella persona tutte dicono: quanto è buona, come progredisce! E invece capita il contrario: man mano che cresce negli anni, cresce nei difetti, cresce nei difetti, e di osservanza c'è poco, serve se stessa, il proprio io e si fa un modo di vivere che non è religioso, diciamolo subito, non è religioso il modo di vivere e anche di parlare.
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Oh, altro segno che si lavora interiormente è questo: che la suora gode sempre una maggior pace, anche nelle difficoltà, nelle contraddizioni, nelle tentazioni, ecc., gode sempre maggior pace e quasi diventa, sotto una certa forma, perfino un po' silenziosa in quanto che la sua anima è unita a Dio, ella sente che Gesù è nel suo cuore, se lo porta con riverenza e con amore, è il suo tesoro. Vive sempre più di Dio in una comunicazione continuata e in una pace inalterabile, pure nelle tentazioni, nelle difficoltà.
Quando invece non c'è questa vita interiore, questo lavoro su di noi, si è sempre più turbolenti; si ha sempre più bisogno di occuparsi di questo, di quello, fuori di noi, di ciò che riguarda le altre; i pettegolezzi vanno aumentando e chi avvicina non ha buona impressione. Perché? Perché non si coltiva quella unione interiore con Gesù e le passioni sono tutte un po' in rivolta: un po' è l'ira, un po' è l'orgoglio, un po' è la pigrizia, un po' è l'invidia, ecc. Agitazione.
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Terzo segno di lavorare interiormente è poi questo: che man mano che si avvicinano alla morte, vivono molto di cielo. Si potrebbe dire quasi che sono già su un terreno che non è ancora il terreno della eterna felicità, ma non sono più lontani da quel terreno, c'è qualche punto che è di confine, ma non si vede quale sia il confine e intanto esse si avvicinano al confine: «et erunt sicut angeli Dei in coelo» 1.
Altre invece perché nella loro vita trovano tanti vuoti e tanti debiti con Dio, pare che provino una riluttanza forte pensare alla morte, al giudizio di Dio e alla sentenza che segue poi il giudizio di Dio.
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Allora ecco la conclusione: vediamo se abbiam lavorato spiritualmente o se non abbiam lavorato spiritualmente. Se siamo, in sostanza, religiosi fedeli alla nostra professione, ai nostri impegni, oppure se non lo siamo. Se le Case sono piene di queste persone di vita interiore o si compongono tutte in una santa gioia, letizia, pure in mezzo ai sacrifici che alle volte non sono leggeri. Ma le Case risultano dai membri e se son membri di vita interiore, son composte, queste Case, di persone di vita interiore, godono gran pace e tutte unite, quindi, una pace moltiplicata. Che belle Case, allora! Come vi sta bene Gesù! Come vi sta volentieri! La pace che non è come la pace che dà il mondo1. La pace di Gesù è frutto di vittoria su noi stessi, di unione stretta con Gesù.
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Allora i primi giorni degli Esercizi, 5 o 6 giorni particolarmente attendere alla nostra parte spirituale; poi gli altri giorni saranno per le cose esteriori che riguardano l'andamento della comunità: gli studi, l'apostolato, ecc. Così gli Esercizi avranno grande frutto: frutti individuali e frutti sociali.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Esercizi Spirituali (14-21 giugno 1956) alle Superiore Pie Discepole del Divin maestro. Roma, Via Portuense 739, 14 giugno 1956*
* (1) Nastro 5/a (= cassetta 11/a). - Per la datazione, cfr. PM: «Primo pensiero, entrando negli Esercizi...» . - dAS, 14/6/1956: «Nel pomeriggio [il PM] va a fare l'Introduzione degli Esercizi SS. alle suore PD (Madri) di via Portuense» (cfr. PM in c500). - dAC: «SS. Esercizi, 14-23 giugno 1956. Introduzione. Primo M.» .

1 Lc 10,42.

1 Mt 7,20.

1 Mt 22,30.

1 Cfr. Gv 14,27.