Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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6. ESSERE PERSONE IN CAMMINO *


Ho fatto i miei Esercizi spirituali presso i padri Gesuiti. Le prediche si facevano tutte in refettorio perché non c’era posto, ma eravamo molto più stretti di voi. Quindi non lamentatevi ancora.
Ora, una parola sola per questa meditazione: [essere] gente in cammino, non gente ferma, in cammino! Non cominciare a fare i vecchi... Riposo, quando? Quando quelli che ci faranno la sepoltura diranno: L’eterno riposo dona loro, o Signore. Vuol dire: sempre in attività, senza spaventarsi. Ripeto, in cammino, non ferme! Case in cammino, non ferme; anime in cammino, non ferme; Congregazione in cammino, non ferma; apostolato in cammino, non fermo; lavoro interiore, ascesa continua, non fermi; e così lo studio in cammino, non fermo, e così quello che riguarda l’amministrazione e quello che riguarda il numero delle vocazioni. Non importa che diciate che avete bisogno di spazio, il numero delle vocazioni è la preghiera più efficace per ottenere dal Signore case nuove, locali nuovi e tutto in cammino, tutto in marcia. Avrete da distinguere paoline giovani e paoline anziane, [però] tutte in cammino, sempre giovani perché si finisce in paradiso eterna giovinezza... Naturalmente questo non significa che uno non debba curarsi quando è infermo, tutt’altro, anche quando si è infermi si può essere in cammino, come dice l’epistola di S. Paolo di oggi1: «Adesso che
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sono malato sono più potente»2. Perché? Allora si esercitano altre attività e l’anima resta ancora in cammino. Volevo dire così in sostanza: due esami di coscienza, uno individuale e l’altro sociale.
Individuale: Io sono in cammino? La Congregazione è in cammino, il mio reparto è in cammino? La mia casa cammina, progredisce? La mia attività, cioè quello che è apostolato, va muovendosi? Il progresso è l’amore vero di Dio, non è una esclamazione il progresso, un sentimento e non è uno sfogo di cuore. Il progresso è l’amore e l’amore il progresso. In cammino, perciò! In che cosa sta l’attività della Congregazione?
L’attività della Congregazione sta nel fare delle sante in primo luogo. Guardare che queste anime diano la maggior gloria a Dio, che raggiungano la maggior perfezione a cui sono chiamate, che nessuna si perda e vada all’inferno e possibilmente si eviti anche il purgatorio, congregate per l’amore di Dio, per il maggior servizio di Dio, per il maggior progresso spirituale e dell’apostolato nostro. Esame individuale: Cammino o sono ferma? Progredisco o sono ferma? Vi sono case dove tutto è in cammino. Là vi è la ricerca delle vocazioni, vi è l’ingegnosità, vi è lo spirito di iniziativa per gli apostolati, vi è un fervore di spirito per cui si vede che la carità là dentro si perfeziona e progredisce sempre più e i pettegolezzi non hanno tempo a nascere.
Volevo notare a questo proposito una cosa e cioè: il Signore ha fatto alle vostre anime, e a parecchie anime, proprio delle grazie molto notevoli: la volontà ferma, buona, costante di farsi santi e cioè l’impegno, lo sforzo. Molto bene! Però alcuni cadono in un certo errore. Vedete, quando c’è questa buona volontà, il Signore prende in parola e manda un po’ di croci, un po’ di difficoltà, ecco che alcune si lamentano disperate: E questo non va, e questo è contrario ai miei desideri, e sembra che [il Signore] mi abbandoni. È il Signore che ti prende. Fino ad un certo punto di lavoro spirituale è l’anima che prende Dio, ad un certo punto è Dio che prende l’anima, la conquista, entra nella sua mente, nella volontà e nel cuore e la fa sua. Poi, facendola
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sua, l’adopera come vuole. Non spaventarsi di questo, è un segno buono anzi. Dunque, distinguere bene affinché non vengano degli scoraggiamenti e sempre camminare.
Quando è che una Congregazione ha il segno di Dio, cioè il segno che Dio vi ha fatto sopra la croce e l’ha segnata con il sigillo della croce? Quando ci sono le prove, ci sono le difficoltà, e così [è] di ogni anima. Il Signore ci ha da prendere. «Chi vuole venire dietro di me prenda la sua croce, rinneghi se stesso e mi segua»3. Dunque, bisogna prendere la croce. Allora, come avviene questa prova? Alle volte viene più per pene interne e si chiama notte oscura dello spirito, e alle volte viene più per pene esterne e si chiama la notte oscura del senso. E sono passi dell’ascesa, quando cioè l’anima sale. «Quis ascendit in montem sanctum Domini?»4. Chi sale il monte della perfezione, salendo il monte un po’ si trova davanti a rovi e a sassi, e un po’ trova qualche [ostacolo]: a destra trova un precipizio, un po’ può aggrapparsi a qualche sostegno. Allora aiutarsi scambievolmente. Non scoraggiarsi, non prendere la prova come segno dell’abbandono di Dio. Dopo una grande lotta che lo aveva estenuato, S. Antonio, passata la tentazione, domandò al Signore: Ma dov’eri mentre io combattevo? Perché non venivi in mio aiuto?. Ero vicino a te e lì ti ho sostenuto5.
«Ti basta la mia grazia…»6, non è necessario che tu sia liberato dalle tentazioni. Oggi [è] la domenica di Sessagesima [che] si chiama giornata paolina, paolina perché l’Oremus è paolino: «Deus....»7. E poi il Vangelo che ci parla della semina. Uscì il seminatore a seminare la sua semenza e sappiamo che tre parti della semente caddero male: sulla strada o in terreno ghiaioso o in terreno coperto di spine e non diedero frutto, ma una parte cadde in terreno buono e ottimo e S. Matteo, che racconta più
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brevemente la parabola, dice che produsse fino al cento per uno8. S. Marco, che la racconta più lunga, dice: «Questa parte del seme caduta in buon terreno diede il trenta, il sessanta, il cento per uno»9. Le anime fanno vari progressi o un cammino più lento o un cammino più svelto. S. Paolo fu un grande camminatore non solamente perché fece lunghi viaggi, ma soprattutto nel suo spirito, nella sua santificazione, nella sua unione di mente e di cuore, di tutto se stesso a Cristo. Quali progressi! Sembrava che già fino dal primo richiamo di Gesù, corrispondendo alla grazia, fosse arrivato all’apice della perfezione. Egli dice: «Signore, che devo fare?»10. Questa è la perfezione, cioè quando uno si rimette tutto in Dio, allora c’è già la perfezione senza tanti sfoghi del cuore e senza tante proteste vuote. Vi sono anime che raggiungono una perfezione quasi immediata senza accorgersi, tale è il loro abbandono in Dio, e vi sono anime che continuano sempre a girare con parole, come i mulini a vento che girano, girano e non fanno altro che agitare l’aria. Signore, fate che io compia sempre la vostra santa volontà in ogni momento. L’anima è già con Dio e generalmente sa che vi sono varie vie nel perfezionamento che sono misteriose. Ma quello che importa a noi è di vedere se camminiamo.
S. Paolo nell’epistola racconta quanto ha sofferto, quanto ha lavorato, quanto fu perseguitato dai fratelli, dai falsi fratelli, dagli avversari, dagli ebrei, dai pagani, in tanti pericoli di ladri, nelle città, nelle campagne, nei fiumi, ecc.; narra tutte le sue sofferenze almeno in riassunto, per concludere che la grazia di Dio in lui non era stata vuota. Aveva camminato.
Ecco, bisogna dire che dopo tanti tanti anni [di vita religiosa] è sicuramente buon segno se li hai spesi bene, [quindi] ringraziare il Signore, ma non dire così per fermarti. Vi sono anime che si contentano di quello che hanno raggiunto e quasi sempre c’è questo pericolo: [che] fatta la professione, si è raggiunta la perfezione. Si sono messe per strada, ma non [è] che abbiano raggiunto la meta. Sono entrate in strada, adesso è il
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tempo di camminare, quando dopo la professione perpetua c’è la pienezza della grazia. Cosa vuol dire: pienezza della grazia? Che la suora ha raggiunto quel tempo in cui ha tutto quello che ci vuole per la sua santità, e se non si fa santa ora, spreca le grazie. Non dire: Non avrò più questa difficoltà quando sarò in un’altra casa, quando non sarò più con quella persona che ha quel caratteraccio. E tu, non hai anche il tuo caratterino? [Ora hai] tutto quel complesso di doni, di forza e di infusione di Spirito Santo che ti basta per la santità. Non sperare maggior aiuto [altrove], ora è il tempo e non bisogna fermarsi. Ma questa grazia non può aumentare ancora? [Sì,] non è da dire che chi costruisce una casa, quando ha fatto un piano non ne possa aggiungere un altro; ogni aggiunta che fa, la casa sale. Allora, aggiungendo, potrà ancora crescere, perché la nostra santificazione, dice S. Paolo, è paragonata alla costruzione di un edificio11.
Venendo quindi alla conclusione, ci interroghiamo se siamo fermi o se camminiamo, e se quello che dipende da noi, e in quanto dipende da noi, cammina. Vi sono quelli che lasciano fermare l’orologio e lo rimontano poi agli altri Esercizi [successivi]. Finiti gli Esercizi è il tempo di essere svegli e bisogna ogni giorno caricare l’orologio, come si dice volgarmente, e cioè: Messe ben sentite, Comunioni ben fatte, meditazioni profonde, Visita fervorosa, unione con Gesù, e attivare tutti i propositi [così] che niente si addormenti dei propositi: ogni giorno, in ogni Visita, confessione, ritiro mensile, leggere il taccuino. Ho camminato in questo mese, ho camminato nell’anno? Ho camminato nella giornata, nella settimana? E poi siamo membri della Congregazione e, come membra, perché la Congregazione abbia sempre più vigore, bisogna che abbia membra sempre più forti, sane, che il sangue sia veramente buono, sempre migliore, che i vari organi funzionino bene. Portiamo il nostro contributo alla Congregazione perché progredisca? O stiamo a guardare gli altri? Non stare a lagnarsi perché la prima lagnanza, se uno è saggio, la deve fare a se stesso. Ci sono di
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quelli che per migliorare sconvolgono tutto, criticano, giudicano. Bisogna eliminare il male, bisogna scopare la casa, poi pulire e ornare la casa. Per nostra parte contribuire al progresso della Congregazione, dare le nostre energie. Vogliamo tutto perfetto, e sei tu perfetto? Chi è perfetto? Dio. Dio, tu non puoi esserlo. Cominciare ad accusare noi stessi. Colui che è giusto rammenta i suoi difetti e non quelli degli altri. Ma possibile che tu sia veramente senza imperfezioni? Sempre dubitare che entri il diavolo nel cuore quando guardiamo solo i difetti altrui. È lo spirito del diavolo che fa così. Guardiamo i nostri.
In cammino! Ma c’è questa difficoltà e quell’altra. E sono le difficoltà che ci fanno santi, sono le prove che appositamente il Signore ci manda, perché noi o sopportando, o eliminando, o pregando o mettendo la nostra opera, e cercando di portare aiuto dove c’è debolezza, acquistiamo dei meriti. Adesso ciascuno farà questo doppio esame di coscienza e certamente questi Esercizi saranno di grande vantaggio e una grazia grande. Faccio io una lotta interna più intensa, più vigilante, ho maggior spirito di fede, sono proprio tutta abbandonata nelle mani di chi mi deve guidare, nelle mani di Dio? Ed ecco che si cammina: questa studia di più, perfeziona il suo apostolato, diviene più industriosa, più inventiva, ha più raccoglimento e spirito di unione con Dio e quella trova sempre più risorse per camminare. Ecco, questo è il progresso, questo è il lavoro vero. In marcia!
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* Meditazione, in dattiloscritto, copia, fogli 4 (20,5x29), tenuta il 6.2.1954,probabilmente a Roma, ma sull’originale non è indicato il luogo. Dalle ricerche fatte non risulta se in quella data ci fosse un corso di Esercizi e il Primo Maestro vi abbia tenuto una meditazione, tuttavia la macchina da scrivere e la carta usata per gli originali degli Esercizi seguenti sono le stesse. Da ciò si deduce, a motivo delle date, che si tratta di due diversi corsi di Esercizi. Dal testo risulta che la predica fu tenuta nella domenica di Sessagesima, però la data non corrisponde, perché nel 1954 la domenica di Sessagesima cadeva il 21.2.1954 (cf Cronologia, Calendario perpetuo). Probabilmente si tratta di una trascrizione da pellicola, e per questo le curatrici hanno ritenuto necessario intervenire talvolta sul testo per fare qualche spostamento e togliere ripetizioni.

1 Cf 2Cor 11,19-33; 12,1-9.

2 Cf 2Cor 12,10.

3 Cf Mt 16,24.

4 Cf Sal 24, 3: «Chi salirà il monte del Signore?».

5 S. Antonio, abate (251-356). Egiziano, di ricca famiglia, a vent’anni si ritirò nel deserto della Tebaide ove condusse vita ascetica e fu raggiunto da numerosi discepoli. È uno dei fondatori del monachesimo orientale. Cf Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio, Ed. Paoline, Milano 1995, p. 126.

6 Cf 2Cor 12,9.

7 «O Dio, tu sai che la nostra fiducia non si fonda sulle azioni umane…». Cf anche Le preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, p. 24 e p. 213.

8 Cf Mt 13,3-8.

9 Cf Mc 4, 3-9.

10 Cf At 22,10.

11 Cf 1Cor 3,9.