Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. IN OCCASIONE DEL QUARANTENNIO
DELLA FONDAZIONE DELL’ISTITUTO *


Siamo qui raccolti per compiere un triplice dovere. Il 20 agosto del 1914, con la celebrazione della Messa, un’ora di adorazione e la benedizione di una minuscola tipografia, abbiamo iniziato la Famiglia Paolina. I giovani erano pochi, la casa piccola; nella cappella non vi era neppure lo spazio per quei pochi. Ora sono passati quarant’anni e in questo tempo noi abbiamo ricevuto innumerevoli grazie; quindi il dovere del ringraziamento. Poi abbiamo commesso molte infedeltà e incorrispondenze, quindi il dovere di riparazione. Inoltre, guardando avanti, abbiamo il dovere di continuare la missione che il Signore ci ha affidato.
Quarantennio: è come un giorno di ritiro in cui però non esaminiamo soltanto un breve periodo di vita, ma i quarant’anni trascorsi. E poi, con la mente rivolta verso il futuro facciamo propositi e preghiere molto umili, ma fiduciose, al Signore. Andare avanti finché potremo dire: «Cursum consummavi: Ho compiuto il cammino»1 segnatomi da Dio.
1. Ringraziamento al Signore.
Il passato si considera per cantare il Gloria a Dio; e per imparare le lezioni che ci dà; storia che è maestra di vita. Le grazie sono state innumerevoli e di ogni ordine: di ordine spirituale, di ordine soprannaturale, di ordine materiale, di ordine intellettuale.
Fra esse è da ricordarsi specialmente il dono delle vocazioni. Questa è la volontà eterna di Dio sopra un’anima; volontà che determina la via che quell’anima ha da seguire nella sua
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vita; e, se molte sono le vocazioni all’Istituto, è chiaro che molti sono i segni che il Signore voleva la Famiglia Paolina. Dall’eternità, nella sua sapienza e nel suo amore, ha destinato le persone a comporre questa Famiglia.
Le vocazioni! E sono tante le persone nelle Case Paoline; ora circa cinquemila.
Dovere di riconoscenza per tutte le altre grazie. Particolarmente quelle che riguardano la nostra formazione. La formazione nella Famiglia Paolina è complessa e non si è mai abbastanza formati. Vediamo ogni giorno che noi siamo ancora inferiori alla nostra missione e inferiori a compiere nelle anime quel bene che è nelle intenzioni del Signore. Questa formazione riguarda l’intelletto, riguarda la volontà, riguarda il cuore. Dobbiamo sviluppare la personalità nostra. L’intelletto, con la scienza; la volontà, con la virtù; il cuore, con la preghiera, con la grazia; il corpo santificando ogni senso. Chi vive castamente di occhi, di lingua e, in generale di corpo, avrà una grande gloria al giorno del giudizio.
Ringraziamo il Signore anche per quelle grazie che neppure abbiamo avvertite, delle quali noi neppure ci siamo accorti, grazie concesse agli inizi della Congregazione e che ogni giorno continuano. Tutto è stato fatto da Dio, e soltanto da Dio. Perché? Perché noi non avevamo niente, neppure ci si pensava. Niente quanto ai mezzi materiali e neppure potevamo pensare che il Signore per i bisogni di questo secolo volesse affidare a noi questo apostolato. Tutta la vita della Famiglia Paolina è venuta dall’Eucaristia, ma fu trasmessa da S. Paolo. Dall’Eucaristia perché Gesù è la vita, ma l’Ostia santa per entrare nei nostri cuori ha bisogno di essere portata. Ed è stato S. Paolo che ha compiuto quest’opera di comunicarci la vita di Gesù Cristo.
Quando diciamo: Siamo Figli, oppure Figlie di San Paolo, non intendiamo dire che siamo di S. Paolo del Brasile ad esempio, ma intendiamo dire quello che si intende quando ci esprimiamo così: Quella persona, quel giovane è di Pietro. Cosa significa? Che è nato da lui. E il nostro padre S. Paolo: «In Christo Jesu per Evangelium ego vos genui»2. Tutto è suo! L’Istituto è
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stato ispirato da lui. Egli ne è il padre, ne è la luce, ne è il protettore, ne è il Maestro, tutto3; e allora il nostro ringraziamento a Dio. Sì, il Deo gratias di questa giornata deve essere un Deo gratias sentito che parta dall’intimo della nostra anima.
Ringraziamento fatto con Maria, recitando il Magnificat.

2. Dovere nostro in questa giornata si è di riparare le offese commesse.
L’Epistola che si legge nella Messa di S. Bernardo dice che cosa dobbiamo essere. Eccola: «Il giusto rivolgerà il suo cuore a vegliare fin dal mattino al Signore che l’ha fatto; e farà le sue preghiere davanti all’Altissimo. Aprirà la sua bocca nell’orazione e chiederà perdono per i suoi peccati. Se poi il gran Signore vorrà, lo riempirà dello spirito di intelligenza. Ed egli spanderà come pioggia gli insegnamenti della sua sapienza; e nella preghiera darà lode al Signore. Il Signore dirigerà il suo consiglio e la sua scienza, ed egli ne mediterà i segreti. Egli esporrà pubblicamente la sua educatrice dottrina; e metterà la sua gloria nella legge dell’alleanza del Signore. Molti si uniranno a lodare la sua sapienza, che non sarà dimenticata in eterno; il suo ricordo non verrà mai meno e il suo nome sarà ripetuto di generazione in generazione. Le nazioni parleranno della sua sapienza, e l’assemblea celebrerà le sue lodi»4. Ora, ognuno sente che non fu tutto quello che doveva essere e fare.
Quando il sacerdote offrirà l’Ostia: Suscipe, Sancte Pater: Accetta, o Padre celeste, quest’Ostia immacolata, accompagniamo il sacerdote che aggiunge: pro innumerabilibus peccatis et offensionibus et negligentiis meis: ti offriamo, o Signore, quest’Ostia per gli innumerevoli peccati, per le innumerevoli offese e per le innumerevoli negligenze commesse.
È ben difficile che noi possiamo enumerare le ingratitudini e le incorrispondenze di quarant’anni. Chissà quanto di più il Signore si aspettava da noi e che noi in realtà non abbiamo fatto!
Dobbiamo riparare perché non abbiamo corrisposto al primo fine della vita religiosa, [non abbiamo] del tutto procurato
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la maggior gloria di Dio. Dobbiamo riparare per non aver realizzato del tutto il secondo fine: la santificazione. Dobbiamo riparare i peccati commessi anche in riguardo all’umanità. Forse al giorno del giudizio dovremo riconoscere di non aver dato agli uomini tutto quello che potevamo dare di verità e di luce. Riparare per non aver contribuito sempre al progresso spirituale e apostolico della Famiglia Paolina.
Riparare per i peccati individuali. Abbiamo sempre dato il buon esempio? Abbiamo sempre pregato come era nostro dovere? Certamente non possiamo tutti dire di sì. Ciascheduno ha le sue responsabilità. Ognuno può fare il suo esame di coscienza.
Ma: Quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit mihi? 5. Come io potrò rendere o riacquistare presso Dio e l’umanità quello che per mia causa è mancato? Calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo6. Prendere il calice; avendo nulla da offrire, offriamo colui che si è offerto sulla croce: Gesù Cristo. I suoi meriti, il suo sangue, sono di valore infinito e bastano per ogni iniquità. Occorre solo la nostra umiliazione da una parte e la nostra fiducia dall’altra.
Qui dovrebbe seguire il Miserere7.

3. Dovere da compiere in questa giornata si è la rinnovazione dei nostri propositi accompagnati da preghiera.
Occorre guardarsi dalla tentazione di vivere di memorie o compiacersi del passato; S. Paolo insegna: «Non che io abbia già ricevuto il premio, o che sia già perfetto; ma continuo a correre per conquistare quello per cui sono stato ancora anch’io conquistato da Gesù Cristo. Però, o fratelli, non credo di averlo io conseguito; ma faccio una cosa sola, dimenticando le cose passate, mi protendo avanti, per avvicinarmi alla meta, al premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù»8. E che cosa, invece, siamo stati? Perciò: Ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae9.
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S. Paolo dice: «Imitatores mei estote sicut et ego Christi»10. Questo invito fa per tutti i fedeli e suoi devoti, ma per noi sarebbe poco, poiché siamo figli. I figli hanno la vita dal padre: vivere perciò come lui. Per noi sono più appropriate le parole ai suoi figli di Tessalonica, ai quali ricorda di essersi fatto per loro forma: «Ut nosmetipsos formam daremus vobis»11. Gesù Cristo è il perfetto originale: Paolo per noi si è fatto forma, onde in lui siamo forgiati per vivere secondo Gesù Cristo. S. Paolo-forma non lo è per una riproduzione fisica, ma per possedere al massimo la sua personalità: mente, pietà, cuore, virtù, zelo. La Famiglia Paolina, composta di molti membri, deve essere Paolo oggi vivente, in un corpo sociale.
Alcuni propositi sono generali e altri particolari.
Doveri generali: sempre si è detto che la Congregazione è come un carro che cammina su quattro ruote: lo spirito, lo studio, l’apostolato, la povertà12. Questo è il carro su cui viene portato il Vangelo alle anime e su cui noi dobbiamo stare per porgere questo Vangelo alle anime. Ricordiamoci quello che è la Congregazione, quello che è la Famiglia Paolina.
La Famiglia Paolina è suscitata da S. Paolo per continuare la sua opera; è S. Paolo, vivo, ma che oggi è composto di tanti membri. Non abbiamo eletto noi S. Paolo; è lui che ha eletto e chiamato noi. Vuole che facciamo quello che egli farebbe se oggi vivesse. E se vivesse, che cosa farebbe? Adempirebbe i due grandi precetti come ha saputo adempierli. Amare Iddio con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta la mente; e amare il prossimo senza nulla risparmiarsi perché egli ha vissuto Cristo: «Vivit vero in me Christus»13. Egli adopererebbe i più alti pulpiti eretti dal progresso odierno: stampa, cinema, radio, televisione; i più grandi ritrovati della dottrina d’amore e di salvezza: il Vangelo di Gesù Cristo. S. Paolo si è fatto per noi come la forma. Quando si mette in macchina per stampa una forma, i fogli che si fanno passare sono stampati secondo la
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forma preparata. Oppure se vogliamo dire: quando si fanno le piccole statue si infonde nella forma gesso e scagliola, ed ecco la statua che noi desideravamo.
L’originale è Gesù Cristo; la forma è S. Paolo. E S. Paolo dice: «ut forma daretur», ha voluto farsi forma; S. Paolo è stato la «forma» e noi dobbiamo formarci in lui. Vivere, cioè, pensare, operare, zelare, come egli ha pensato, come egli ha operato, come egli ha zelato la salute delle anime, come egli ha pregato. Essere veramente Paolini, Paolini! Quindi il proposito generale di diventare veri Paolini, vere Paoline.
Volendo suddividere il proposito vediamo in primo luogo: lo spirito, prima ruota del carro. Lavorare intensamente a emendare i nostri difetti, togliere ciò che vi è di imperfetto e costruire l’uomo nuovo, fatto secondo Dio, in verità e santità; essere umili, obbedienti, casti, amanti della povertà, pazienti. Lavoro spirituale, interiore, il primo e indispensabile fra tutti. Se manca questo, nessuna persona può essere ammessa al noviziato, o alla professione.
Seconda ruota del carro, lo studio. Non abbiamo mai finito di studiare. Dobbiamo accompagnare il mondo attuale che sempre si evolve; rispondere alle obiezioni di questo mondo e dare a questo mondo il nutrimento adatto, secondo la mentalità che oggi ha. Sempre studiare, studiare quello che riguarda l’ascetica, il catechismo, il nostro apostolato e, in modo speciale, la propaganda. Ecco: studiare, studiare per essere capaci nella redazione, capaci ad una tecnica sempre più perfetta, capaci alla propaganda collettiva, alla propaganda penetrante.
Terza ruota, l’apostolato, l’esercizio dell’apostolato.
Il Signore dia a noi per intercessione di S. Paolo, di S. Bernardo, per intercessione anche di S. Pio X14 (il quale è salito al cielo nel giorno in cui noi abbiamo benedetto la prima minuscola tipografia, la quale abbiamo messo anche allora sotto la sua protezione) la sapienza.
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Il Signore che conta ogni passo e che benedice ogni passo; il Signore tutto ha scritto nel libro della vita. Nulla si è perduto! Guadagnato sì, molto. Esercizio di redazione, esercizio tecnico, esercizio di propaganda.
In quarto luogo chiediamo al Signore la grazia dello spirito di povertà, e nella povertà intendiamo dire anche la salute, la buona educazione, il carattere. Intendiamo comprendere tutto quello che riguarda il vitto, l’abitazione, il vestito e quanto è necessario alla vita.
Ora, la nostra povertà è un po’ diversa dalla povertà di altri Istituti. La nostra povertà in modo particolare deve portarci qui a lavorare come ha lavorato il Figlio di Dio nella casetta di Nazaret. È una povertà che fatica, è una povertà che procura, è una povertà che fa elemosina, è una povertà che deve ottenere i mezzi di apostolato e di sussistenza; è una povertà riparatrice ed una povertà redentrice, come era la povertà riparatrice e redentrice del Figlio di Dio, quando stava lavorando nella casetta di Nazaret. I sudori della fronte di Gesù erano preziosi come il sudore di sangue nell’orto del Getsemani.
Allora, proposito generale: lavoro interiore e spirituale, lavoro intellettuale e studio, lavoro di apostolato e poi esercizio di povertà. Ciascuno di noi ha poi i suoi propositi perché ciascuno di noi, pur vivendo nella Congregazione, ha le sue necessità particolari; ognuno ha le sue grazie; ognuno ha la sua istruzione; ognuno ha la sua salute; ognuno ha la sua possibilità; ognuno ha avuto delle ispirazioni nel Battesimo, nella Cresima, nella Comunione. E a questo corrisponde un proposito speciale che ciascuno porta nel cuore e che anno per anno intende di praticare.
Tutto questo esige che noi ricorriamo alla divina misericordia. Se noi guardiamo le persone che sono a San Paolo, nella Famiglia Paolina; se noi guardiamo quanti tabernacoli sono stati eretti; se noi guardiamo quante Case si sono aggiunte anno per anno; se noi guardiamo alle varie iniziative di apostolato, dobbiamo dire: «Digitus Dei est hic»15. «Neque qui plantat, neque qui rigat est aliquid sed qui incrementum dat Deus»16. Non conta
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chi ha piantato, non conta chi ha irrigato, mediante le istruzioni, la formazione, ma conta colui che dà la vita, che dà il crescere. Non conterebbe niente chi portasse l’acqua per innaffiare un bastone secco, ma conta quel Dio che dà la vita alla pianta e infonde l’energia per succhiare l’alimento del terreno.
Allora, preghiera. Ma sia che dobbiamo adorare, sia che dobbiamo ringraziare, sia che dobbiamo riparare, sia che dobbiamo supplicare, sempre: «Per Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum»17. Mettiamo avanti i meriti di Gesù Cristo.
Signore Dio, guarda al tuo Cristo, al tuo Figlio, che fatto uomo sta là sulla croce e ha pregato per noi tutti; guarda ai suoi meriti e abbi misericordia di noi. In questo resto di anno quarantesimo noi continuiamo a domandare che la Famiglia Paolina cresca: in primo luogo di spirito, poi cresca di persone e di opere.
Dobbiamo anche umiliarci che pure oggi, dopo tanto tempo, non conosciamo noi stessi e non conosciamo del tutto cosa sia la Famiglia Paolina: «Videte vocationem vestram»18.
Sono talvolta fatte obiezioni e domande e delle proposte che fanno venire la voglia di rispondere: «Nescitis cuius spiritus estis: Non sapete quale sia il vostro spirito»19. La luce viene dal Signore: abbiamo fiducia. La virtù viene dal Signore: abbiamo fiducia. La consolazione viene dal Signore: abbiamo fiducia.
E lanciamoci avanti, fino a quando potremo dire con Gesù crocifisso sul letto di nostra morte: «Consummatum est»20. Ho compito quello che Iddio voleva da me, quello che era nei suoi disegni. Poi: «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum: Nelle tue mani raccomando, o Padre celeste, la mia anima»21. Ripensando al passato constatiamo che si è avverato la prima parte della divina promessa e siamo sicuri che, se fedeli, si avvererà anche la seconda parte: «Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo e possederete la vita eterna»22.
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* Meditazione, tenuta alla FP, [Roma, 20 agosto 1954], stampata in opuscolo, sul quale a mano è scritto 20.8.1954. Sullo stampato, che assumiamo come originale, non è indicato né il luogo né la data di stampa. Cf Diario di don A. Speciale, che alla data 20 agosto 1954 (Venerdì - S. Bernardo), scrive: “…alle 6,30 è dettata alla comunità la meditazione sulla festività di oggi: S. Bernardo e Quarantennio della fondazione della Congregazione. Nella meditazione che è stata ripresa e stampata, il Primo Maestro si sofferma su tre doveri da compiere…”.

1 Cf 2Tm 4,7.

2 Cf 1Cor 4,15: «Sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il Vangelo».

3 Cf AD 2.

4 Cf Sir 39,5-10.

5 Cf Sal 116,12: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?».

6 Cf Sal 116,13: «Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore».

7 Cf Sal 51.

8 Cf Fil 3,12-14.

9 «Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa». Dalla liturgia della Messa, orazione pregata dal celebrante dopo il Padre nostro.

10 Cf Fil 3,17:«Fatevi miei imitatori, come io sono di Cristo».

11 Cf 2Ts 3,9: «…per darvi noi stessi come esempio da imitare».

12 Cf AD 100.

13 Cf Gal 2,20: «…ma Cristo vive in me».

14 Pio X, Giuseppe Sarto (1835-1914), nato a Riese (Treviso), papa dal 1903. Il suo motto “Instaurare omnia in Christo” si tradusse in vigile attenzione alla vita interna della Chiesa. Il suo pontificato fu caratterizzato dalla lotta contro il modernismo e da interventi per riorganizzare la Curia romana. Promosse la Comunione frequente e in tenera età, riformò la liturgia, operò in campo catechistico (Catechismo di Pio X).

15 «Qui c’è il dito di Dio». Cf S. Agostino, Sermone 8, sulle dieci piaghe d’Egitto.

16 Cf 1Cor 3,7: «Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere».

17 «Per Gesù Cristo, nostro Signore, tuo Figlio».

18 Cf 1Cor 1,26: «Considerate la vostra chiamata».

19 Cf Lc 9,55.

20 Cf Gv 19,30: «Tutto è compiuto».

21 Cf Lc 23,46.

22 Cf Mt 19,29.