Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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20. LA NOSTRA VOCAZIONE *


Durante un viaggio in Spagna e precisamente nella regione dove è nato S. Ignazio1, ho pregato perché questo santo, il quale ha voluto innestare tutta la sua istituzione in Cristo Gesù, [ci ottenga] che la nostra Congregazione s’innesti tutta in Gesù Maestro Via, Verità e Vita; e ho pregato perché presso Madrid, dove ho incontrato il superiore [della Società San Paolo] della Spagna, possa sorgere il vocazionario per quella nazione: un vocazionario completo, per le Famiglie Paoline. Le nostre case vanno bene quando si fa un centro paolino in cui siano rappresentate tutte le Famiglie e vi sia la comprensione e lo scambievole aiuto spirituale, non solo di preghiere, ma anche di buon esempio e di santa emulazione nello zelo.
Nel Vangelo di questa mattina abbiamo letto delle cose così belle che tutte le volte che si torna a rileggerle, l’animo resta sempre più compreso della preziosità della vocazione che da Dio abbiamo ricevuto; è anche il Vangelo in cui il Maestro divino ripete: «Messis quidem multa, operarii autem pauci. Rogate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam»2.
Pregare per le vocazioni, perché il mondo si riempia di vocazioni belle, sante, perché dappertutto sorgano tabernacoli dove Gesù abita e spande la sua luce, la sua grazia alle anime; dove si canti Maria, si cantino cioè le sue grandezze, le sue misericordie; dove tutti gli uomini ripetano: Mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno.
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Mentre pregheremo per le vocazioni ricordiamo un poco la nostra vocazione.
Che cos’è la vocazione? Si può definire teologicamente e asceticamente, ma bisogna sempre dire che, definita in un modo o in un altro, la vocazione è: l’opera del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo in un’anima. Non voglio dire solo la chiamata, ma la corrispondenza e la consumazione nostra in CristoGesù fino al cielo. [È] qualche cosa di simile al mistero dell’annunciazione, quando l’angelo disse a Maria: «Spiritus Sanctus descendet in te, virtus Altissimi obumbrabit tibi, et quod nascetur ex te Sanctum, et vocabitur Filius Dei»3.
Interviene il Padre. La vocazione non comincia a dodici, a quindici o a vent’anni. La vocazione è nella mente di Dio; è quell’atto di amore particolare, quando Padre e Figlio e Spirito Santo convengono, diciamo così, nell’eterno consiglio, convengono nel pensiero e nella decisione: Facciamo un’anima eletta.
Fra la moltitudine degli uomini il Signore ha scelto la grande chiamata: Maria, e fra la moltitudine degli uomini sceglie i chiamati, quindi la vocazione incomincia lassù.
E come operano il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo?
Il Padre, nel creare quell’anima, infonde inclinazioni particolari: intelligenza particolare, buona disposizione a ricevere poi la grazia; dà in sostanza una mente, una volontà e forma un cuore che non siano ristretti, ma che abbiano intelligenza e desiderio di espandersi più largamente per la gloria di Dio e per la salute delle anime. Quante cose avrà disposto nella vostra anima il Signore, allorché è uscita dalle mani creatrici di Dio! E questo avviene ugualmente per il corpo. Vi sarebbe quindi ragione, sia per il corpo e sia per l’anima, di cantare veramente un grande Magnificat al Padre celeste.
Interviene quindi l’opera di Gesù Cristo, l’opera del Figlio. È il Figlio che fa rinascere l’anima e cioè, dopo che si è formato l’anima e il corpo con quelle speciali qualità, ecco che Gesù Cristo per mezzo del Battesimo, per mezzo dello Spirito Santo
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la purifica, affinché, sebbene sia nata schiava del peccato per la generazione, dipendendo tutti noi da Adamo, essa possa ricevere una seconda vita: «Nisi quis renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto, non introibit in regnum Dei... oportet nasci denuo»4.
Ecco che Gesù Cristo viene ad abitare particolarmente in quell’anima; essa aveva già attitudini originali che provengono dalla creazione, ma ora quelle attitudini sono prese e spiritualizzate. Gesù Cristo, nascendo in quell’anima, la eleva, e se prima vi era già in quella mente una certa intelligenza, ora vi infonde una fede speciale; e se prima vi era già una certa volontà originaria, per la creazione, ora vi infonde una volontà soprannaturale di bene, di virtù, di imitazione di Gesù Cristo stesso, di conformazione alla sua vita; e se prima c’era già un cuore ben disposto, per sensibilità particolare verso la grazia, voglio dire un cuore disposto a comprendere e praticare i due grandi precetti dell’amore verso Dio e verso gli uomini, lo Spirito Santo eleva questo cuore a un amore unico verso Dio, un amore che è anche espansivo, cioè una fiamma che mentre si eleva verso Dio riscalda e illumina le anime che ha attorno. Ecco come si prepara la vocazione.
Poi lo Spirito Santo, che è mandato dal Padre e dal Figlio e procede dal Padre e dal Figlio, lavora in quell’anima. Noi non conosciamo tutta l’azione sua. Quando vedremo in cielo tutta l’azione, la storia di tutto il lavoro che ha fatto in noi lo Spirito Santo, ci meraviglieremo: Oh, diremo, non credevo mai più che in una povera creatura, quale sono io, così misera, il Signore si degnasse di operare tante meraviglie, di disporre tutto perché in me la grazia crescesse, e non solo la grazia, ma la vocazione.
Il Signore ha mosso cielo e terra per la nostra vocazione, perché [ci ha dato] genitori buoni, preparati da Dio, con amore, ambiente buono: parrocchia, prima educazione buona in famiglia, poi gradatamente tutte le altre grazie ricevute o da buoni esempi, o dalla scuola, dal confessore, per mezzo della santa Comunione, o nelle comunicazioni intime della preghiera con Dio. Lo Spirito santo si è preso cura dell’anima e l’ha lavorata.
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E vi ha preparato anche la Congregazione, la quale è nata dal tabernacolo, e nella Congregazione tutti i beni che avete, cioè: una spiritualità distinta, sicurissima, bellissima in Cristo Maestro, un’istruzione, una cultura religiosa particolare, un complesso di regole e di articoli che sono nelle Costituzioni atti a condurvi alla santità, un apostolato bellissimo, larghissimo, profondissimo, un apostolato il quale è continuazione dell’apostolato di Gesù Cristo stesso, un apostolato per cui siete chiamate ad essere come gli altoparlanti di quel Maestro divino, che millenovecento anni fa ha percorso la Palestina predicando il Vangelo: «Pauperes evangelizantur»5. Se voi esaminate bene tutto il complesso di doni che il Signore vi ha preparato, certamente una grande letizia, una grande riconoscenza sentirete nell’anima. Quindi la conclusione è duplice: adorare Dio, autore della nostra vocazione e corrispondere ad essa.
Cos’è la vocazione? La volontà di Dio che chiama anime ad uno stato speciale. E Iddio, come aveva decretato: «Faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram»6, così aveva decretato di scegliere una creatura speciale: Maria, la chiamata, e con lei una schiera di anime elette che stessero vicino a Maria apostola, e fossero con lei apostole.
Ora rivedetevi in quello specchio [specialmente] quando sopravvengono le piccole sciocchezzuole della giornata... Come siamo piccole rispetto a Dio che è così grande, che di noi ha disposto cose così grandi, così belle! Allora lasciamo perdere le sciocchezzuole della giornata, tutte le piccole miserie e infermità, perché il Signore, mentre ha disposto cose grandi per l’anima, se questa corrisponde, le dà anche l’umiltà di conoscere la propria nullità. Se noi riconosciamo solo le grazie e non comprendiamo la nostra nullità, allora non rassomigliamo a Maria, la quale diceva: «Fecit mihi magna qui potens est et sanctum nomen eius... Respexit humilitatem ancillae suae: Il Signore ha fatte cose grandi, perché ha guardato la nullità della sua serva»7.
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Ecco, bisogna che siano sempre proporzionate le cose: da una parte riconoscervi, sì, dotate da Dio, favorite da Dio di molti beni, ma dall’altra, viene la seconda conseguenza: Come abbiamo corrisposto a questi doni di Dio? Abbiamo da fare un esame di coscienza davanti al Padre celeste e davanti al Figlio e davanti allo Spirito Santo.
Abbiamo sempre adoperato questo corpo e le facoltà di quest’anima quali le ha volute preparare il Padre creandoci? Abbiamo sempre adoperato tutto: e gli occhi e il tatto e il cuore e la mente e la immaginativa e la fantasia e tutto l’essere nostro, per la sua gloria? Bisogna che la lampada consumi l’olio fino alla fine, e noi ne abbiamo sprecato? E tutto quest’olio ha servito ad alimentare la fiamma dell’amore di Dio? Abbiamo letto nel Communio: «Ignem veni mittere in terram: Sono venuto ad accendere il fuoco, et quid volo nisi ut accendatur?»8. In secondo luogo dobbiamo fare un esame rispetto al Figlio.
Nel Battesimo noi abbiamo ricevuto una seconda vita che è la vita di Cristo in noi: «Io sono la Via, la Verità e la Vita»9. Ora, abbiamo seguito il Figlio che è Verità? La fede è viva? Non una fede cristiana solo, ma anche la fede religiosa? E se Gesù Cristo è Via, noi lo abbiamo seguito, imitato: «Rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua»10? E se Gesù Cristo è Vita, le nostre Comunioni sono state sempre ben fatte? E allontaniamo sempre l’offesa di Dio? E cerchiamo di vivere sempre più uniti a Gesù Cristo? Le nostre Messe, le nostre adorazioni fanno passare la vita di Cristo, la vita dell’Ostia in noi? Vi sono vasi comunicanti per mezzo di un tubo, per mezzo di un cannello, e [come] è la comunicazione di vita dall’Ostia, dal Cuore di Gesù che è nell’Ostia, al nostro cuore, in maniera che anche il cuore della Paolina sia il cuore di Gesù Cristo? Oh, se noi rassomigliassimo un po’ di più al nostro padre S. Paolo!
Bisogna inoltre che facciamo l’esame davanti allo Spirito Santo. Come ha operato lo Spirito [in noi] a sette anni, a otto
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anni, a dieci, a quindici, a vent’anni, alla professione perpetua, come ha operato?
Ma fino lì sono state grazie di preparazione alla vera vita religiosa, di lì in avanti ci sono state donate le maggiori grazie, le maggiori comunicazioni.
Vi sono anime che si fermano alla professione perpetua, non crescono più. Sentivo, in questi giorni, dire di uno: Si è fermato a quattordici anni, è ancora quasi un bambino, un giovinetto irresponsabile, è buono, ma non ha acquistato nulla di più. È la forza dell’adulto che bisogna acquistare! Fino alla professione perpetua si è come nell’infanzia, «ma quando sono diventato uomo, evacuavi ea quae sunt parvuli»11. Le cose, le fanciullaggini bisogna lasciarle, e sono fanciullaggini certe cose [che sanno] di invidia, di gelosia, di critica: sono tutti indizi di anime piccole. Oh, le cose grandi bisogna guardare! Bisogna avere un cuore grande di amor di Dio e bruciare in questo fuoco tutto quello che non è di Dio, affinché la fiamma salga pura e bella, sempre più splendente e calda verso il Signore.
Non perdiamoci in sciocchezze! La vocazione è troppo grande, è troppo grande! Non facciamo delle fanciullaggini. Se ci dicessero: Ma sei sempre bambino!... quasi quasi qualcuno si offenderebbe. Alle volte però più diventiamo adulti e più diventiamo bambini. Bambini sempre perché si hanno le virtù del bambino, cioè l’innocenza, la docilità, il candore di animo, ma bisogna acquistare anche le virtù degli adulti. Lo Spirito Santo infonde fede, speranza, carità, le virtù cardinali e i suoi doni.
Noi abbiamo corrisposto ai doni dello Spirito Santo? Li abbiamo ricevuti bene? Corrispondiamo alla nostra vocazione?
Se già avete fatto bene quando il Signore vi ha fatto sentire l’invito: «Se vuoi essere perfetta, lascia tutto, vieni»12, se già avete corrisposto fino a lì, ora seguite Gesù. Il «seguimi» è dalla professione perpetua fino alla morte, è specialmente lì. E non vuol dire solamente andare a Gesù, ma stare con Gesù e vivere Gesù per tutta la vita, cioè avere sempre il cuore distaccato
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dalle cose della terra: sempre più caste, sempre più obbedienti, praticare cioè i tre voti: «Lascia tutto, vieni, seguimi».
Alla Figlia di San Paolo non è detto solamente seguimi fino all’altare, ma seguimi nell’apostolato. Il Signore come si è degnato di far partecipe Maria santissima della grande missione salvatrice di Gesù Cristo, così si degna di far partecipi voi della grande missione sacerdotale: salvare le anime. E se Gesù è redentore, Maria è la corredentrice, e se il sacerdote deve compiere i suoi uffici sacerdotali verso le anime, voi riguardo al sacerdote avete proporzionatamente gli uffici che ebbe Maria rispetto a Gesù.
Il Signore annunziando Maria nel paradiso terrestre aveva detto: «Inimicitias ponam inter te et mulierem»13, dunque voi dovete essere nemiche del peccato e nello stesso tempo piene di grazia, cioè sante, e schiacciare con il piede il capo del serpente: «Ipse conteret caput tuum»14. Avete, per una certa parte, un ufficio misterioso, cioè quello di Maria, fra l’umanità sviata dagli errori e dai vizi, dai peccati, dalle superstizioni e da tanti disordini, mediatrici in un certo senso tra questa umanità e Gesù Cristo. Quindi avete un ufficio simile a quello di Maria e con Maria: «Per Mariam ad Jesum»15, per la suora al sacerdote.
La preparazione delle anime e l’accostamento delle anime al sacerdote deve avvenire molto [anche] per la vostra missione. Quindi moltiplicatevi, ma soprattutto siate così piene di Spirito da poter portare là dove andate la verità pura, la morale pura e il culto della Chiesa, il culto purissimo. Ecco quello che vi è stato insegnato in Congregazione.
Sì, vedete, se voi possederete queste cose, le seminerete e le diffonderete agli altri: la dottrina pura della Chiesa, perché tante deviazioni ci sono in questo tempo e non solamente dietro la così detta cortina di ferro, ma anche al di qua della cortina. Quante deviazioni di dottrina! Purissima dottrina dovete dare! In realtà il
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Signore vi ha dato una certa inclinazione alla purezza della dottrina, e mi sembra che nelle scuole di teologia abbiate preso la dottrina con fede, non solamente cercavate di mandarla a memoria, ma di cambiare questa dottrina in atto di fede. La dottrina da sola non è la fede: dalla dottrina alla fede c’è un abisso, ci vuole la grazia di Dio per attraversare quest’abisso.
Ecco, questa dottrina sia sempre semplice e purissima. Da voi non si richiedono cose difficili, discussioni alte e quelle chiacchiere e quel volersi atteggiare a sapienti, che già condannava S. Paolo nelle sue epistole; no, si richiede fede semplice e chiara, dovete predicare con quella semplicità con cui predicava Gesù Cristo. Era così nebuloso Gesù Cristo da non farsi intendere dai pastori e dai peccatori? Era chiarissimo e semplicissimo. Gli uomini, tante volte, più che dar la sapienza vogliono farsi vedere sapienti, nella predicazione, come dice S. Paolo, cercano più se stessi che non Gesù Cristo16.
E allora, che cosa bisogna fare? Bisogna dare la dottrina purissima e con semplicità. Il vostro carattere di predicazione sia quello stesso che ebbe la predicazione di Gesù Cristo. Dovete preparare le anime ad andare a Gesù. E così nella vostra vita mostrare che vivete la vita di Cristo, nella vostra semplicità, sveltezza, generosità, carità, in casa soprattutto, perché se non c’è nel cuore la carità, non ci può essere nell’apostolato, nelle relazioni con il mondo: ci sarà dell’amor proprio e non dell’amor di Dio.
E poi portare la grazia e la vita dovunque andate. Io non immagino quanto fate in propaganda, alle volte farete anche poco, ma vi sono delle anime che fanno molto facendo poco. Portano dove vanno la grazia di Dio, nei paesi dove vanno con il loro sacrificio e con la preghiera e con l’umiltà e con i desideri del loro cuore ottengono tante grazie. Sono veramente angeli che passano, che passano seminando il bene, come Gesù passava «facendo del bene: bene faciendo»17. Poi verrà il premio proporzionato. In questo senso abbiate sempre la divozione, diciamo
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così, a quello che Gesù ha detto, divozione del centuplum: «…centuplum accipietis».
Abbiate fiducia di ricevere il centuplo sulla terra e la fiducia e la fede sincera, chiarissima di possedere la vita eterna: «Et vitam aeternam possidebitis»18. E così come vi ha raccolte l’amore di Gesù Cristo «in unum»19, così l’amore di Gesù Cristo vi raccolga tutte «in unum» lassù in cielo.
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* Meditazione tenuta a [Roma, 31 luglio 1954], registrata: A6/an 5a = ac 10a, stampata in sedicesimo: Roma, sant’Ignazio 1954, ritenuto come originale.

1 S. Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù, nato ad Azpeitìa (Spagna). L’interesse di Don Alberione per S. Ignazio richiama la sua familiarità con gli Esercizi Spirituali. Cf Rolfo Luigi, Don Alberione. Appunti per una biografia, Alba 1974, p. 249; Da Silva A. F., Il cammino degli Esercizi spirituali nel pensiero di Don G. Alberione, Centro di Spiritualità Paolina, Casa Divin Maestro, Ariccia 1981.

2 Cf Lc 10,2: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe».

3 Cf Lc 1,35: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio».

4 Cf Gv 3,5.7: «Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio… deve rinascere dall’alto».

5 Cf Lc 7,22: «Ai poveri è annunziata la buona novella».

6 Cf Gen 1,26: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza».

7 Cf Lc 1,48-49.

8 Cf Lc 12,49: «…e come vorrei che fosse già acceso».

9 Cf Gv 14,6.

10 Cf Mt 16,24.

11 Cf 1Cor 13,11: «…ciò che era da bambino l’ho abbandonato».

12 Cf Lc 18,22.

13 Cf Gen 3,15: «Io porrò inimicizia fra te e la donna».

14 Cf Gen 3,15: «Questa ti schiaccerà la testa».

15 «Si arriva a Gesù attraverso Maria». Espressione che sintetizza la dottrina di S. Luigi M. Grignion de Montfort (1673-1716). Cf Trattato della vera devozione alla Santa Vergine.

16 Cf 2Tm 4,3-4; 2Cor 11,13.

17 Cf At 10,38.

18 Cf Mt 19,29: «Riceverete il centuplo e possederete la vita eterna».

19 Cf Gv 17,23: «in unità».