Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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7. DOMENICA IN ALBIS

Vangelo di san Giovanni, capo XX: In quel tempo, giunta la sera...la vita nel nome suo1.
Il Vangelo ci porta a considerare, in primo luogo, il potere che Gesù ha concesso ai sacerdoti di rimettere i peccati: «A coloro a cui voi rimetterete il peccato, sarà rimesso; a coloro a cui voi non rimetterete il peccato, non sarà rimesso».
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Gesù era venuto per scancellare il peccato, per togliere il peccato dal mondo1 e per questo era morto in croce. Morendo sulla croce aveva dato soddisfazione a Dio per i nostri innumerevoli peccati. Ma bisognava che questa remissione venisse applicata ad ognuno. E questo lo fece alcune volte, Gesù, nella sua vita, nel suo ministero pubblico: «Va' e non più peccare»2. «Le sono rimessi i molti peccati perché molto ha amato»3. Però bisognava che questa riparazione, questa remissione dei peccati venisse applicata agli uomini che sarebbero vissuti nel mondo lungo i secoli.
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Ed egli, Gesù, stabilì questo grande mezzo: la confessione. Chiunque accusa i suoi peccati, con pentimento, con proposito buono, ecco riceve il perdono. È un atto di umiliazione il confessare le nostre colpe, ma è un riconoscere i nostri torti; confessando le nostre colpe è un atto di umiliazione quindi, certamente, ma nello stesso tempo è un atto di riparazione. E sarà sempre un'umiliazione meno grande questa, accusare i nostri peccati al ministro di Dio che non vederceli poi pubblicati davanti a tutto il mondo nel giudizio universale. Occorre credere alla remissione dei peccati come si dice nel Credo: «Credo la remissione dei peccati».
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Occorre che l'anima si disponga santamente alla confessione: con l'esame diligente, ma non scrupoloso; e con il dolore: quanto più vivo è, tanto meglio prepara il cuore a maggiori grazie; e col proposito di non commetterne mai più e di fuggire le occasioni dei peccati. Occorre questo.
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Ma fatto questo occorre che noi siamo sicuri che i peccati son perdonati e che non si ritorni sopra con affanno e scrupolosamente per di nuovo volere tormentare lo spirito. Non cadere nello scrupolo e non pretendere di fare sempre confessioni. Si deve sempre conservare una certa memoria dei peccati commessi per umiliarci e per sempre camminare davanti a Dio con fiducia e con riconoscenza che egli ci ha perdonati; ma non si deve ricordare il male fatto dubitando del perdono di Dio e pretendendo ad ogni momento di fare confessioni nuove sopra i peccati già confessati altre volte e ripetere, magari, confessioni generali. Riposare sicuri nella bontà di Dio e cominciare ad amarlo di più il Signore perché è stato con noi buono e non solamente una volta ci ha perdonati, ma tante volte.
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Quindi la memoria del passato ci deve portare all'umiltà e alla diffidenza di noi; quindi ci deve portare all'amore a Dio che è stato buono con noi; e ci deve portare a quella prudenza necessaria per evitare l'occasione del male. E tanto è importante che ognuno si confessi ogni otto giorni;, sì. Moltissime volte non vi sono peccati deliberati, ma si chiede sempre, anche in quei casi, il perdono dei peccati della vita passata. Perché il figlio può sempre ricordare di aver disgustato il padre, e il padre può sempre ripetere. "Ma ti ho già perdonato, ti voglio bene, sta sempre più buono". E sì. Perciò nell'accusa, quando non vi sono colpe deliberate, è bene aggiungere sempre: "Domando perdono anche dei peccati della mia vita passata". Sì.
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La confessione poi è sempre utilissima perché non è solo ordinata a ottenere il perdono del passato, ma anche ad aumentar la grazia nell'anima e anche ad aumentare la forza per non commetterne mai più dei peccati, e per crescere nelle virtù, stabilirsi bene nell'amore di Dio, nello spirito di fede.
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La seconda considerazione che possiamo fare sopra questo tratto di Vangelo è il fatto che riguarda Tommaso.
Gli Apostoli, la prima volta che comparve Gesù nel cenacolo, non erano tutti presenti. Mancava Tommaso, il quale quando arrivò e sentì quello che dicevano gli altri Apostoli: «Abbiam visto il Signore», non volle credere e protestò di non credere se non avesse potuto mettere il suo dito nelle piaghe del Signore e la sua mano nel costato del Signore. Perciò, ecco la bontà di Gesù, comparve un'altra volta e c'erano tutti i discepoli, gli Apostoli, e con loro anche Tommaso. E Gesù lo invitò: «Metti il dito nelle fessure dei chiodi, metti la mano nel costato. E poi non essere più incredulo, ma sii credente, abbi fede».
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Nel Breviario si dice che la incredulità di Tommaso a noi giovò più che la fede degli altri Apostoli, perché non avendo voluto egli credere senza toccare le carni del Salvatore, mettere il dito suo nelle piaghe del Signore e mettere la mano sua nel costato, questo ci conferma che Gesù era veramente lui, il Risuscitato, che quindi la sua risurrezione era vera, vero che il Signore aveva voluto glorificare il Figlio suo, il Padre celeste, glorificarlo nel risuscitarlo da morte.
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Allora noi abbiamo da domandare l'accrescimento della fede. San Pio X ha concessa questa indulgenza: Chiunque, quando si celebra la Messa e si arriva al punto in cui l'Ostia è elevata e mostrata al popolo, in cui il calice è elevato e mostrato al popolo, chiunque dice: «Signor mio e Dio mio», guadagna un'abbondante indulgenza1.
Quell'atto: «Signor mio e Dio mio», ecco è la manifestazione della fede di san Tommaso, apostolo, il quale si convinse della realtà della risurrezione di Gesù ed esclamò: «Signor mio e Dio mio». E allora la risposta di Gesù: «Non volere essere più incredulo. Beati coloro che crederanno senza vedere. Tu hai creduto solo dopo aver veduto».
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Beati noi se crediamo, se crediamo realmente. Non si vede Dio, ma lo crediamo; non si vede che il peccato si scancelli dall'anima nostra nella confessione, ma lo crediamo; non vediamo ancora il paradiso, ma lo crediamo; non vediamo ancora la risurrezione della carne, ma la crediamo, ecc. «Beati coloro che credono senza aver visto». E un giorno vedranno. In paradiso vedremo la verità di tutto quanto Gesù ha detto, quanto ha predicato, insegnato; sì.
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Allora, ecco quello che abbiamo da fare noi: chiedere sempre aumento di fede, aumento di fede, così che i nostri interni ragionamenti, i nostri propositi, le nostre parole siano sempre ispirate alla fede. Non vediamo Dio in ogni luogo, ma Dio ci vede, sappiamo che è presente. E allora regolarci secondo la fede: "Io devo fare quel che piace al Signore, egli mi sta guardando; io devo dire quel che piace al Signore, egli mi sta ascoltando; io non lo vedo, ma lo credo". Vivere secondo la fede. Se faccio un'opera buona, Dio la vede; io non vedo lui, ma egli la ricorderà per il giorno della ricompensa. E se faccio un'azione non buona, Dio la vede, sì, Iddio la vede e vede che io sono un figliuolo che lo amo poco.
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Credere alla presenza di Dio in ogni luogo e operare alla presenza di Dio in fiducia, ma anche in un certo timore di non fare abbastanza bene; ma non un timore che metta scrupoli, ma un timore di non corrispondere alla grazia e di non utilizzare le grazie che si hanno. E, d'altra parte, in grande fiducia perché il Signore, mentre che ci osserva ci offre la grazia, è lì che ci aiuta, è lì che ci aiuta.
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E inoltre, mentre che noi facciamo quell'opera buona, sebbene costi, egli già la mette nel libro della vita1 e, a suo tempo, la ricompenserà. Dio ci vede, Dio ci aiuta, Dio ci premia. Sempre questo: Dio ci vede, Dio ci ci dà la sua grazia, Dio ci premierà. Sempre questi tre pensieri. E allora opereremo sotto lo sguardo di Dio e quindi l'esercizio della fede sarà continuo, continuato e ci porterà grandi frutti per la nostra vita.
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Dunque, quest'oggi, particolarmente domandare al Signore di crescere la nostra fede; in primo luogo, nel valore del sacramento della penitenza e, in secondo luogo, nel valore della fede considerata in generale. E per una risoluzione particolare, questo pensiero: Dio mi vede dovunque e vede non solo l'esterno, il corpo, ma vede i pensieri che ci sono nella mente; ma vede i sentimenti che ci sono nel cuore, vede se il nostro cuore è retto, se il nostro cuore è diretto a lui, ama Iddio, ama il prossimo; e vede se i nostri pensieri, sono buoni, conformati alla fede; e se i nostri desiderii, i nostri voleri gli sono graditi. Dio vede noi. Sempre gli occhi del Padre celeste son rivolti sopra di noi, suoi figliuoli. E sempre egli ci aiuta con la sua grazia perché possiamo fare, per il suo aiuto, quello che non sarebbe possibile fare noi stessi, da noi stessi. E sempre egli tiene pronto il premio a chi ha compito la sua santa volontà.
Sia lodato Gesù Cristo
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1 Gv 20,19-31.

1 Cf Gv 1,29.

2 Cf Gv 8,11.

3 Cf Lc 7,47.

1 Enchiridion Indulgentiarum, Typis Polyglottis, 1952, n. 133, pag.74s.

1 Cf Ap 21,27.