18. DOMENICA XXII DOPO PENTECOSTE
Lettura del santo Vangelo secondo Matteo: I farisei si radunarono e si accordarono per ottenere da Gesù... e a Dio quel che è di Dio1.
Qui vi sono tanti insegnamenti che riguardano ciò che dobbiamo alla Chiesa e ciò che dobbiamo allo Stato. Alla Chiesa, cioè a Dio, e ciò che dobbiamo allo Stato, cioè alla nazione come cittadini. Quindi siamo insieme cristiani e cittadini e allora abbiamo da compiere i doveri, da una parte, in primo luogo, verso Dio e, in secondo luogo, verso la nazione in quanto noi apparteniamo a quello Stato. Però, per il nostro caso, ecco, impariamo la sincerità.
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Volevano trovare modo di condannare Gesù, i farisei. Se Gesù avesse detto di pagare il tributo a Cesare l'avrebbero accusato che egli, Gesù, favoriva il governo, i poteri di Roma. E secondo la legge mosaica essi dovevano essere invece uno Stato, una nazione unica, il popolo di Dio. E se invece egli avesse detto: non pagate il tributo a Cesare, sarebbe stato un ribelle a Cesare; e in qualunque modo avesse risposto l'avrebbero accusato. E allora si accordarono. Vi era una fazione, un gruppo, che erano per Cesare, per il governo di Roma e gli altri erano contro il governo di Roma. Comunque avesse detto, avrebbero trovato un modo di accusarlo. «Ipocriti» - rispose Gesù -. E cioè, come se egli non vedesse nei loro cuori.
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Si presentarono così con simulazione, con ipocrisia cercando di lodare Gesù per avere poi una risposta onde accusarlo. Sì, le parole che dissero: «Sappiamo che sei veritiero, insegni la via di Dio con franchezza senza guardare in faccia a nessuno perché non temi l'opinione pubblica». Cioè, non guardi un partito o un altro partito. Quindi si presentarono come... mansueti mansueti, come fossero dei discepoli che vogliono imparare. Sappiamo - allora gli dissero - sappiamo che sei veritiero. E sì, in questo diceva la verità. Scimus quia verax es et viam Dei in veritate doces et non est tibi cura de aliquo: non enim respicis personam hominum. E cioè, sei franco, dici la verità e non ti importa che dispiaccia all'uno o dispiaccia all'altro. Tu sai dire la verità, quello che è.
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Oh, allora la domanda: «Sentiamo il tuo parere: è lecito o no pagare il tributo a Cesare?». Ecco. Allora Gesù rispose, insegnando una grande verità: «Date a Cesare quel che è di Cesare». Cioè al governo, quello che spetta al governo. «E date a Dio quello che spetta a Dio». E rimasero delusi e umiliati. E poi non osavano più interrogarlo perché ogni volta che lo interrogavano per prenderlo in parola, restavano delusi. E Gesù scopriva la loro ipocrisia. «Ipocriti, perché mi tendete un tranello?». Ecco, «Ipocriti».
Allora, che cosa domandiamo in questo Vangelo? Amare la verità, la sincerità.
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Cosa vuol dire ipocrisia? Vuol dire mostrare una persuasione, qualche cosa di esterno; per esempio, mostrarsi tutti devoti, e interiormente tutt'altro, nell'animo. Ecco un esempio che mi è restato tanto impresso nei primi tempi che ero andato in seminario. C'erano gli Esercizi Spirituali, e dopo la predica ognuno doveva andare in camerata; daccanto al letto c'era un tavolino per prendere appunti, riflettere, prendere i propositi, ecc. E qualcheduno sembrava così attento a compiere quel lavoro, cioè, di riflessione, di meditazione, e qualcheduno meno. Ma l'assistente, a certo punto, vedendo uno che era tanto raccolto, sembrava tanto raccolto, e l'assistente l'avvicinò, vedere che libro leggeva. E leggeva niente, aveva il libro rivolto al contrario e ci dormiva sopra. E così cercava di ingannare.
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Vedete, Dio è Verità. Quando noi diciamo la verità, onoriamo Dio; quando noi, invece, la falsità, disgustiamo Dio, siam proprio contrari a Dio. Perchè, cosa ha detto Gesù Cristo? «Io son la Verità»1. E in primo luogo è la fede, è la veracità che onora Dio, che onora Dio. Se siamo schietti, sinceri; se abbiamo convinzioni profondee le professiamo; se siamo convinti di una cosa e se noi esteriormente la manifestiamo, allora siamo divoti della verità, cioè di Dio stesso. «Io son la Verità».
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Può essere che nelle comunità s'induca un poco l'ipocrisia: hanno mostrato nell'aspirandato, nel noviziato tanta devozione, tanto fervore, tante proteste; e anche andando in direzione spirituale presentano le loro cose come se fossero soltanto problemi spirituali per il progresso, per la santificazione; e finita la preparazione, e cioè, arrivati alla professione perpetua, si manifestano tutt'altro. Ecco, allora non ci sarà la benedizione, non c'è la vera divozione, anche se vanno alla comunione tutti i giorni. E sembrano esteriormente tutti devoti e cercano di accaparrarsi la stima e l'affezione di chi guida. Come facciamo questo...
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Allora, se regna nell'animo l'ipocrisia, si è proprio contro Dio: «Io sono la Verità». Cioè, si ha dentro un sentimento, una convinzione, un pensiero, e si manifesta tutt'altra cosa, sì. E chiamano in parlatorio: c'è la tal persona. "Ma quella persona, perché non perde tempo e non mi faccia perder tempo; a venire adesso a parlare". E quindi si va mal volentieri. Ma poi, eh, incontrandosi: "Oh, mi hai fatto molto piacere, ti aspettavo". E invece nell'animo c'è tutt'altra cosa.
Vedete che noi abbiamo da coltivare l'interno: la vera fede, la vera pietà, il vero amor di Dio, la vera sincerità in tutto. Questo è onorare Dio.
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E sempre, la prima virtù, il fondamento di tutte le altre virtù: la fede. Fede! E credere alle verità rivelate; e credere alle verità che sono secondo la realtà nostra, secondo la nostra realtà. Si può essere schietti nel manifestarsi, schietti al confessionale, schietti fra l'una e l'altra nel parlare, nel comportarsi, nel dire le cose; allora sempre sono da Dio: e questo è andato male, è sbagliato. È finito, è chiaro. Onorare Dio. Allora si costruisce dentro, cioè si formano le convinzioni, i pensieri, secondo la fede.
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Chi merita l'elogio che meritava bene Gesù e che noi cantiamo nell'antifona: Magister, scimus quia verax es et viam Dei in veritate doces et non est tibi cura de aliquo? Cioè: Maestro, sappiamo che dici la verità e insegni la via di Dio con franchezza senza guardare in faccia a nessuno perché tu non temi l'opinione pubblica. Cioè: questo mi serve a essere stimato; oppure: questo invece, a dire la verità sarebbe preso, disistimato o in odio. Esaminare un poco se in tutto noi amiamo la verità.
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Nella preghiera che si dice al Concilio Ecumenico Vaticano II, nella preghiera con cui si apre la seduta, si parla sempre della verità: Che si ami la verità, che si cerchi la verità, che si professi la verità.
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Oh, ciò che è nell'interno si mostri all'esterno. E se anche abbiamo sbagliato: ho sbagliato. E se invece abbiamo detto una cosa e dobbiamo dire che quella è la verità: è la verità. E non fare circonlocuzioni, non adattare le parole perché si abbia da altri un'opinione, ecc.: ma quello che è. E quando noi diciamo la verità, è sempre a nostro vantaggio, infine. E quando invece non c'è la verità, è a nostro danno, infine, a nostro danno temporale anche, ma soprattutto spirituale, eterno, sì.
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Persone che, quando sono in pubblico hanno un atteggiamento; quando invece sono in una camera o in luogo non veduti, hanno un altro atteggiamento. Persone che amano la verità, con cui si sta tanto bene. E persone con cui c'è l'ipocrisia, la falsità, l'inganno, si sta tanto male; si sta tanto male in società e si sta male con Dio quando non c'è la verità. Quindi: «Sappiamo che tu sei verace», cioè sei veritiero.
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Anche per ottenere la beneficenza bisogna dire la verità, non più, non meno. E non dire parole che esprimono, per esempio, il dolore dei nostri peccati e che invece dentro non c'è ancora bene il proposito, non c'è ancora bene il dolore. La sincerità.
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Questi, i farisei, si distinguevano per l'ipocrisia, e difatti Gesù li chiamò: «Ipocriti, perché mi tendete un tranello?». Che vuol dire: perché mi tentate? E cioè: perché provate a dirmi o una cosa o l'altra per cadere così in un tranello vostro? Sì, sincerità. L'amare la verità è onorare Dio con la mente, in primo luogo.
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Oh, abbiamo esaminato la nostra vita a questo riguardo? E amiamo che, d'ora in avanti, viviamo in verità davanti a Dio e davanti agli uomini. Davanti a Dio: se son peccatore, è questo; sempre la preghiera in umiltà. Se son debole e fragile perché le passioni, il diavolo mi tentano, confessarlo: sono così, o Signore. Se invece il Signore ci ha dato una grazia, non dobbiamo mica negarla che c'è stata la grazia, l'aiuto, la vocazione, la formazione buona; quel che si è ricevuto, riconoscerlo ed essere riconoscenti.
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E come ha fatto la Madonna? Magnificat anima mea Dominum1. Perché? Perché il Signore mi ha dato dei doni. Io son niente. E mi ha dato questo perché non avevo nulla e quindi egli mi ha dato: respexit humilitatem ancillae suae2. Sincerità. E quando si dice la sincerità, si riconoscono che ci sono i doni, ammetterli e sentir l'obbligo di corrispondere. Hai più doni? hai più intelligenza, ecc.? hai più grazia? hai una vocazione? E allora? quia respexit humilitatem ancillae suae. Il Signore guardò a me che sono niente e ha dato tutto. E sia benedetto. E sono obbligata a rispondere adesso, se ho più intelligenza. Un altro, forse, avrà meno intelligenza e risponderà per quello che ha: cinque talenti, due talenti, ecc.
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Ammettere i doni di Dio, ma ammettere la corrispondenza o la incorrispondenza. Se ho corrisposto, il Signore ha aggiunto grazia a grazia; se non ho corrisposto ho aggiunto ingratitudine e ingratitudine verso Dio. La verità. Perché, tanto andiamo al giudizio di Dio. Lui guarderà nell'intimo. E nessuno può ingannar Dio, vede fino all'nterno, l'intimo dell'anima: e quello che c'è stato, dall'uso di ragione fino a questo momento, di bene, e ciò che c'é stato invece non di buono, e ciò che c'è quanto io devo fare perché ho ricevuto questi doni.
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Questa corrispondenza alle grazie, alla vocazione stessa. E sono obbligato a spendere i cinque talenti perché ne ho avuto cinque; non devo solamente spenderne due e gli altri tre se ne van perduti. Ma quello che ha ricevuto due e fa bene due, e questo ha speso bene ciò che ha ricevuto e avrà il premio. Ognuno secondo quel che ha ricevuto1. E Maria ha corrisposto totalmente. E noi corrispondiamo totalmente. Esaminiamo noi stessi; con sincerità, noi stessi. "Signore, dateci luce a vedere fino a fondo". Essere schietti con Dio, essere schietti col prossimo.
Sia lodato Gesù Cristo
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1 Mt 22,15-21.
1 Gv 14,6.
1 Lc 1,46.
2 Lc 1,48.
1 Cf Mt 25,14-30.