Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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17. DOMENICA XVIII DOPO PENTECOSTE

La domenica XVIII dopo Pentecoste. In quel tempo: Gesù salito sopra una barca... tale potere1.
Ecco, abbiamo da ringraziare il Signore perché ha istituito il sacramento del perdono, il sacramento della penitenza. Ringraziare.
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Nell'Epistola1 san Paolo dice: «Ringrazio sempre Dio per la grazia che mi ha donata in Cristo Gesù...» Ecco, «ringrazio sempre» - dice -. E questo abbiamo sempre da fare, se nello spirito di san Paolo; e cioè, ogni giorno abbiamo da ringraziare: semper et ubique gratias agere, Domine sancte, Pater omnipotens aeterne Deus2. Sempre e dovunque ringraziare il Signore.
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Ma qui c'è l'occasione di ringraziare particolarmente perché il Signore ha dato questo potere ai sacerdoti di perdonare, assolvere i peccati a nome di Gesù Cristo. Ora, se mancassimo di questo sacramento, l'anima nostra non sarebbe mai in pace, perché è vero che uno può pentirsi intimamente dei suoi peccati, ma se c'è poi la parola di un uomo di Dio, cioè che rappresenta Dio, allora siamo molto più sereni, tranquilli, sicuri che Gesù Cristo ci ha perdonati.
Nelle Costituzioni c'è un capitolo che riguarda la confessione1. È bene sempre tenerlo presente per le norme che ci sono nelle Costituzioni onde il sacramento sia ricevuto sempre meglio.
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La santificazione nostra consiste in due parti: primo, purificarci dal male; secondo, stabilire la vita di Gesù Cristo in noi. Questa seconda parte specialmente si effettua con la comunione: Gesù Cristo in noi. E quanto alla prima parte, purificazione, in modo particolare vi è la confessione.
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La confessione, la penitenza sacramento è istituita da Gesù Cristo. E vuole Gesù Cristo che gli uomini si riconcilino con Dio attraverso il ministro di Dio. Tutti dobbiamo confessarci: il Papa ha il suo confessore; i sacerdoti hanno il loro confessore; i buoni cristiani hanno il loro confessore; in modo particolare la Chiesa vuole che i religiosi si confessino ogni otto giorni1.
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A che cosa serve questo sacramento, dunque? Serve a togliere i peccati mortali; serve a togliere i peccati veniali; serve a togliere un po' della penitenza che abbiamo meritato per i nostri peccati; penitenza, soddisfazione che dobbiamo dare al Signore o di qua o di là nell'eternità; serve a togliere i cattivi difetti; serve, la confessione, a togliere le cattive abitudini, tanti pensieri che non son conformati a Dio, tanti...; serve ad aumentare la grazia santificante che già c'era; e poi serve a darci le grazie per correggerci, non cadere più in quello che abbiamo già accusato, confessato.
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Perché se una persona si confessa peccati gravi, riceve la grazia che mancava; se invece ha solamente peccati veniali, aumenta la grazia perché già c'era. Quindi, porta due specie di grazia: la grazia abituale, santificante e la grazia attuale, cioè quella grazia che ci aiuta a evitare il male.
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Ora, questo sacramento, ricevuto come vuole la Chiesa, ogni otto giorni per le religiose, deve portare qualche frutto: togliere il male. Se non togliamo niente di male mediante la confessione, bisogna dubitare delle confessioni che facciamo. Se dopo un mese che si fa la confessione settimanale e specialmente se dopo un anno, 52 confessioni, avessimo ancora gli stessi difetti, non avessimo ancora corretto niente la nostra condotta, sarebbe molto da dubitare che nella confessione abbiamo le disposizioni, disposizioni che sono specialmente due: il dolore e il proposito.
Oh, allora, il Signore ha assolto il paralitico prima di guarire: «Figliuolo, ti sono rimessi i peccati».
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Ora, se il primo e principale nostro dovere, come religiosi, abbiamo da attendere alla perfezione, cosa pensare? Pensare che qui c'è il mezzo principale, è il mezzo sacramentale, vuol dire che interviene Gesù Cristo: «Chi può rimettere i peccati se non solo Dio?»1. Solo Dio può rimetterli. Ecco, allora interviene Gesù Cristo.
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Perché c'è la preghiera individuale; poi c'è la preghiera della Chiesa; poi c'è la preghiera sacramentale, i sette sacramenti, la Messa. Ecco, qui è la preghiera di maggior valore che produce il suo frutto, sempre quando ci sono le disposizioni, nei sacramenti.
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Ci sono mezzi per correggerci: c'è la vigilanza, ci sono i propositi, c'è la lettura spirituale, c'è l'esame di coscienza, c'è l'uniformare la vita alle Costituzioni, c'è l'umiliarsi spesso nelle nostre fragilità, ecc.; tanti mezzi, ma il mezzo sacramentale, il principale, quello che ha istituito Gesù Cristo, quello che la Chiesa predica, quello che nelle Costituzioni c'è. Quello che è di maggior frutto per l'anima nostra nella emendazione è proprio la confessione ben fatta.
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Tuttavia ci vuole la preparazione e il ringraziamento. Preparazione per le disposizioni; ringraziamento per confermare i propositi e pregare per non ricadere. Se uno fa l'esame quotidiano, l'esame di coscienza quotidiano, specialmente nella Visita, - nella Visita c'è il tempo più tranquillo, più adatto per fare l'esame di coscienza -, se si fa bene giorno per giorno, quando viene l'ora, il giorno della confessione sacramentale, si è già, possiamo dire, preparati. Essere in chiesa davanti a Gesù, volersi confessare a lui con un buon confiteor. Ecco allora confessarci a Gesù, ricordare le nostre debolezze e detestare sempre, in generale, ciò che ha dispiaciuto al Signore, ciò che ci ha portato a trascurare le grazie che il Signore ci ha date. Allora sentire un gran dolore.
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Chiamati alla santità. E il Signore chiama, chiama, chiama come il Padre chiama il figlio e il figlio non risponde e non dà nessuna importanza agli inviti del Padre: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli»1. Allora, per essere perfetti, bisogna che togliamo tante imperfezioni.
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Eccitarci al dolore nell'esame di coscienza, non dobbiamo fermarci solo a cercare cosa c'è stato o non c'è stato, ma ci sia il pentimento sempre più vivo; man mano che andiamo avanti negli anni, il pentimento sempre più vivo del peccato, più vivo dolore del peccato e sentimenti più decisi, propositi più fermi. Il dolore: ho sbagliato; il proposito: non lo farò più, ecco.
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E allora, accusandoci a Gesù, nella Visita, senza intermezzo del confessore, chiediamo perdono. E il Signore ci perdona, specialmente se c'è il dolore perfetto; il dolore perfetto poi scancella anche il peccato mortale; il dolore imperfetto scancella il peccato veniale, ma che ci sia la volontà seria. Eccitarci al dolore; eccitare la volontà a buoni propositi con la grazia di Dio, pregando. E poi nello stesso esame di coscienza, si fa allora in chiesa, far subito la penitenza del male fatto; e poi chiedere la grazia di conservare la volontà ferma, non che, per un momento abbiam la buona volontà e poi lasciam cadere. Volontà ferma, perseverante.
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Allora, quando si fa l'esame di coscienza ogni giorno, si è già in gran parte preparati alla confessione sacramentale. Preparazione piuttosto abbondante, confessione piuttosto breve; perché non è il sacerdote che ci santifichi, egli può darci qualche avviso e consiglio, ma la santità dipende sempre da noi, dobbiamo noi mettere la volontà, la volontà ferma e pregare per evitare altre cadute. Poi non ha grande importanza essere un confessore o un altro; ciò che ha grande importanza è il dolore e il proposito e la volontà ferma di migliorare. Ora, quindi, la preparazione.
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Ma poi ci vuole anche il ringraziamento. Fatta la confessione, ricevuta l'assoluzione, se... conviene far subito la penitenza, se è una penitenza che si può far subito. Ma soprattutto rinnovare i propositi e pregare per non ricadere; e prendere i mezzi: evitare le occasioni, governare i nostri pensieri, i nostri cuori, le nostre volontà. Perchè la confessione non è richiesta per la comunione, di peccati veniali... è richiesta per la confessione, se ci sono dei peccati mortali; ma ciò che la Chiesa vuole che ci confessiamo spesso, è perché progrediamo...
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1 Mt 9,1-8.

1 1Cor 1,4-8.

2 Cf Missale Romanum, Praefationes...

1 Cf Costituzioni delle Pie Discepole (1960), nn.182-195.

1 Cf Codex iuris canonici, (Typis Polyglottis Vaticanis, 1956), can. 595 $ 1,3ª.

1 Mc 2,7.

1 Mt 5,48.