Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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30. AUTORITÀ E COLLABORAZIONE
Meditazione alla comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro in occasione del giorno onomastico della Superiora Generale Madre M. Lucia Ricci.
Roma, Via Portuense 739, 13 dicembre 19581
In questa giornata, in primo luogo, adoriamo Iddio, suprema autorità, Egli che ha il supremo dominio su tutte le cose e su tutte le persone e tutte le creature, compresi gli angioli del cielo; ed Egli che, come tutto ha fatto in sapienza e amore, così governa il mondo e ciascheduno di noi, in sapienza ed amore dirigendo tutto ai suoi fini di gloria e ai nostri fini, al nostro fine di felicità eterna. Egli che ha coordinato questi due fini mirabilmente: la nostra felicità eterna, la gloria sua e, mentre che noi tendiamo alla sua gloria, raggiungiamo pure la nostra. Adorarlo! Adorare, come colui che può disporre di noi in tutto e che ha disposto di noi, dal momento in cui ci ha creati, indirizzandoci per una strada che egli, Padre buono, ha preparato per noi: la vocazione.
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Secondo: ringraziare il Signore, per mezzo di Gesù Cristo. Sempre, tutto: Per Christum Dominum nostrum. Perché ha voluto esser rappresentato sulla terra da persone alle quali noi ci sottomettiamo con amore e alle quali egli conferisce parte della sua autorità e che mette come suoi rappresentanti: san Giuseppe, rappresentante del Padre celeste, per la sacra Famiglia; il Papa, rappresentante di Gesù Cristo, del Padre celeste, per tutta la cristianità e per tutto il mondo, tutti gli uomini.
Ringraziarlo, perché per mezzo dei Superiori noi siamo diretti nella via della volontà di Dio, per mezzo di chi guida la Chiesa, di chi guida la Comunità, di chi guida l'anima nostra, il nostro spirito. E allora diviene immensamente più facile compier la volontà di Dio, perché siamo assicurati: «Chi ascolta voi, ascolta me»1, egli disse ai suoi Apostoli.
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Terzo: riparare tutte le nostre disobbedienze, tutti i nostri capricci, quando abbiamo preferita la nostra volontà al volere di Dio; quando, dicendo il Padre nostro: «sia fatta la [tua] volontà come in cielo e così in terra»1, noi sentiamo un po' di rimorso. Gli angeli la fan così bene la volontà del Signore in paradiso e noi tante volte, la facciam così male, la volontà di Dio... se pure non ci ribelliamo a Dio, coi nostri capricci, con le nostre idee, con l'impuntarci e magari col ribellarci alle disposizioni che noi conosciamo che sono il volere di Dio, quando permette anche una tribolazione, un male fisico, una pena morale, quando permette che viviamo in quelle circostanze in cui dobbiamo operare e trattare in tante persone e non sempre tutte sono conformi alle nostre idee e ai nostri caratteri.
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Quarto: supplicare il Signore: d'ora avanti, sempre di più, quae placita sunt Dei facio semper1: quel che piace al Padre celeste io lo faccio sempre, diceva Gesù. E ripetere noi questa domanda perché, purtroppo, non l'abbiam sempre fatto, ma ripetere questa espressione in forma di domanda: che sempre facciamo la volontà del Padre celeste, quel che gli piace, così che il Padre celeste, affacciandosi dal cielo e guardandoci possa dire: «Quello è un figlio che mi piace, perché in lui mi sono compiaciuto»2. E il motivo si è perché lui è piaciuto a me, cioè ha fatto quel che piace a me: quae placita sunt Dei, ciò che piace a Dio.
Quattro, dunque, sono i nostri pensieri dominanti per la giornata: l'adorazione dell'autorità di Dio; il ringraziamento per avere egli messo dei rappresentanti della sua autorità sulla terra nei Superiori; e terzo, riparare le disobbedienze, le negligenze, i ritardi nel far il volere e accettare disposizioni; e quarto, supplicare che possiam sempre compier il volere di Dio. Questo, in generale.
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Tuttavia, due cose in particolare: la collaborazione a chi guida, ecco. Secondo luogo: il progresso sempre più intelligente nell'apostolato e, forse, oggi dobbiamo far l'accento sull'apostolato liturgico.
Primo, la collaborazione. Entrati in comunità, ci consacriamo a Dio, ma attraverso alla Congregazione, con la Professione e cioè consegniamo alla Congregazione il nostro essere, perché la Congregazione, che è istituzione santa appunto perché ha la sua approvazione, possa usarci ai fini della Congregazione e, attraverso a questi fini, raggiungere il fine supremo: la glorificazione di Dio e la felicità nostra, eterna. La collaborazione. Non una obbedienza forzata, continuando a conservare i pensieri, magari contrari, i giudizi contrari e strascinandoci così un po' soltanto ad oculum servientes1, a quello che viene determinato e dato e detto. Quindi, abbiamo da cooperare. In che maniera? Con la mente e poi col cuore e poi con l'attività esterna.
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[1.] Collaborar con la mente per intendere bene le Costituzioni e il fine della Congregazione. L'autorità della Chiesa è la suprema, e il supremo Superiore dei religiosi e delle religiose è il Papa. Ora, quando il Papa approva un Istituto, allora ecco che lì abbiamo da entrare nella mente della Chiesa, abbiamo da entrare nel pensiero: che cosa ha inteso la Chiesa di avere di contributo, di contributo per i vantaggi della Chiesa stessa, e poi di avere, in secondo luogo, anime che si diano del tutto al Signore, e vivano attendendo al grande lavoro della santificazione, in modo particolare con i santi voti, con la pratica della povertà, castità e obbedienza e della vita comune, affinché tutto il Corpo mistico della Chiesa ne abbia vantaggio.
Oh, noi non possiam mai dire: ho fatto tutto quel che potevo. Non diciamola mai questa parola. Neppure possiamo mai dire: io sono innocente; se i nemici della Chiesa sono ostinati, se si commettono ancor tanti peccati nel mondo, non posso mai dire: io sono del tutto innocente. Noi non sappiamo se realmente abbiamo contribuito con la nostra santità, con la nostra pietà, con la fedeltà al volere di Dio a portare un maggior benessere alla società che si chiama Chiesa e all'umanità, la quale riceverà tanto più grazie e benedizioni, quanto più noi siamo santi, quanto più i religiosi e le religiose sono santi.
Per questo la Chiesa elegge un gruppo specializzato, sì: religiosi e religiose che entrino più addentro allo spirito della Chiesa e contribuiscano a dare alla Chiesa un sangue sano e a dare all'umanità un apporto di grazia e di luce, in primo luogo con la propria consacrazione vissuta, consacrazione a Dio, poi con l'esempio e poi con gli apostolati.
Allora, collaborazione di mente. Non solamente sentire il comando, ma: perché? con che fini è dato? quali frutti deve avere? come devo pensare? quanto sottometto il mio giudizio per entrare precisamente nelle intenzioni e ottenere quel fine per cui la disposizione è data? Il nostro contributo di intelligenza, sì, è il primo. Quando si collabora con la mente, s'interpretano bene le disposizioni, gli orari e l'indirizzo che viene dato, allora noi cooperiamo a tutto l'Istituto, non solamente a chi guida, cooperiamo al suo sviluppo, e al suo sviluppo in tante maniere: prima, nella santità delle persone; secondo, nel numero delle persone, quindi le vocazioni; e poi nelle opere di apostolato della Congregazione.
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[2.] E cooperare col cuore, sì. Amare quello, perché comunque sia e ci appaia a noi, è il volere di Dio ed è il mezzo di acquistare santità, merito, intanto. E non può essere tutto mai perfetto quel che è determinato, mai. Certamente se avesse comandato Gesù, nella Sacra Famiglia, sapeva più di san Giuseppe; ma il Signore Gesù, il Maestro, ci ha dato questo esempio, di stare soggetto: subditus illis1, anche a cose che non erano sempre le migliori e non erano neppur capite: «Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose del Padre mio?»2. Et ipsi non intellexerunt3. Oh, bisogna che noi, però, capiamo che è il Signore che vuole e amarlo come il volere di Dio. È il mezzo più grande per guadagnar merito. E facessimo anche delle cose meravigliose, ma extra viam, sono extra viam: Magni passus, sed extra viam4. E quando si esce dalla strada, dove vanno a finire le macchine? E se il treno esce dalle rotaie dove finisce? Oh, dunque, collaborare col cuore.
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3. collaborare, poi, con l'attività, nell'indirizzo che è dato, nello spirito che è comunicato, nel lavoro, nell'ufficio particolare, nell'impiego - diciamo così - del tempo e poi ciascheduno secondo la propria situazione.
Alcuni confondono: Ma io ho la mia personalità. La nostra personalità dev'esser sempre in Cristo. Che viva in noi Cristo, la sua Persona, e che ci guidi e diriga. Non confonder la personalità con il personalismo e il capriccio e le idee che possono essere più o meno giuste, no! La personalità in Cristo! Quindi collaborazione di cuore, sentita, sentita, perché è collaborazione alla Congregazione e, nello stesso tempo, è collaborazione a Gesù, il quale ha i suoi fini nella Congregazione e noi ci mettiamo a sua disposizione per collaborare, cooperare ai fini. Allora, cooperatores enim Dei sumus1, siamo cooperatori di Dio.
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Seconda applicazione: l'apostolato ha da progredire, e progredire in quanto è apostolato eucaristico. E sì, c'è uno sforzo, un impegno tra le Pie Discepole di progredire in questo. Progredire nell'apostolato del servizio sacerdotale che, nella impressione che ho io, va sempre migliorando; migliorando, non soltanto quanto a quello che si fa, ma anche al modo con cui si fa e lo spirito con cui si fa. Il Signore conceda sempre più la grazia di capire e di operare secondo lo spirito della Chiesa e della Congregazione.
Ma c'è tanto da progredire riguardo all'apostolato liturgico, sì. Quanto più si produce noi, tanto più allora, si fa il vero apostolato. Poi, l'apostolato ha da essere inteso più profondamente, questa cooperazione al culto, alla Chiesa, sì, più profondamente, più largamente. Non posso adesso fermarmi sopra punti particolari, ma in generale, se si chiede questa grazia, questa luce di Dio, il Maestro Divino la darà, perché dovete pensare che si deve abbracciar tutto quello che [è] apostolato liturgico, anche le chiese che si devono costruire, ecc. Ma in particolare, si deve diventare maestre di liturgia, perché è per questo l'Istituto. Se non portasse il suo apporto di luce, di illustrazione, di maggiore intelligenza della sacra liturgia, non otterrebbe del tutto il suo fine. La liturgia studiata in sé, la liturgia studiata nel senso teologico, in modo particolare; e poi la liturgia nella sua storia, la liturgia nei documenti pontifici.
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Il Signore, mentre che preghiamo perché Madre Maestra abbia tutte le grazie e le consolazioni che può avere bisogno nel suo ufficio, riflettiamo sopra questa cooperazione: dalle vocazioni a tutto quello che riguarda l'apostolato. E se ciascheduna di noi fa bene la sua parte, ecco, il corpo delle Pie Discepole è sano. Tutti i membri, la loro parte, perché se tutti i membri son sani, il corpo è sano. E il Signore lo benedirà sempre di più e lo prospererà e lo condurrà nelle vie della sua sapienza e del suo amore.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro 18/b (= cassetta 56/a). - Per la datazione cf PM: «Preghiamo perché Madre Maestra abbia tutte le grazie e le consolazioni che può aver bisogno nel suo ufficio». (È la festa di santa Lucia onomastico di Madre Maestra Sr Lucia Ricci Superiora Generale). - dAS 12/12/1958: «Alle ore 6,30 va [il PM] a celebrare Messa dalle PD in Via Portuense e tiene meditazione (Santa Lucia)». - dAC 13/12/1958: «Celebra la Messa della comunità il PM e tiene pure la meditazione».

1 Lc 10,16.

1 Cf Mt 6,10.

1 Gv 8,29.

2 Cf Mt 17,5.

1 Ef 6,6.

1 Lc 2,51.

2 Lc 2,49.

3 Lc 2,50.

4 S. AGOSTINO.

1 Cf 1Cor 3,9.