GIORNO XXVI
SUFFRAGARE LE ANIME
ED EVITARE IL PURGATORIO
La elemosina
L’elemosina è l’esercizio pratico della carità. Essa distacca e purga il nostro cuore dagli affetti alle cose della terra; esercita la virtù della carità verso i defunti che si suffragano; soccorre il povero, lo sconsolato, l’infermo, il pupillo.
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La elemosina giova a chi la fa. Anzi è tale l’importanza della carità che quasi sembrerebbe che tutta la nostra eterna sorte dipenda dal fare o non fare carità. Ecco il Vangelo: «Dirà il giudice a quelli che saranno alla sinistra: Andate lontani da me, nel fuoco eterno: poiché avevo fame, ma non mi deste da mangiare; avevo sete ma non mi deste da bere; ero pellegrino ma non mi accoglieste; ero in carcere ma non mi visitaste; ero ignudo, ma non mi vestiste... Opporranno i tristi: Ma quando mai, o Signore, ti vedemmo affamato, assetato, ignudo, carcerato, afflitto, pellegrino... e non ti abbiamo
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soccorso? Risponderà il Giudice: Ogni volta che non l’avete fatto per questi meschinelli, non l’avete fatto a me. Dirà il Giudice a quelli che saranno alla destra: Venite, o benedetti del Padre mio, nel regno da lui preparato. Poiché, io ero affamato, e voi mi deste da mangiare; avevo sete e mi deste da bere; ero ignudo e mi ricopriste; ero afflitto e mi avete consolato; in carcere e mi avete visitato; ero pellegrino e mi avete accolto. Risponderanno gli eletti: Maestro, e quando mai fu che ti abbiamo veduto bisognoso e ti abbiamo soccorso? Dirà il Giudice: Ogni volta che l’avete fatto per uno di questi piccoli l’avete fatto a me» [cf. Mt 25,31-46].
Consideriamo la parabola del ricco Epulone: Banchettava costui splendidamente, vestiva porpora e bisso; ma alla sua porta giaceva piagato il mendico Lazzaro, che chiedeva solo delle bricciole che potevano mangiare gli stessi cani. Avevano pietà di lui i cagnolini, ma non il ricco. E come finirono? Il ricco Epulone finì nelle fiamme dell’inferno di dove invocava da Lazzaro beato una stilla d’acqua [cf. Lc 16,22-24].
Alla elemosina verso le anime del purgatorio sembra averci esortati Gesù Cristo con una bella parabola.
«Vi era un ricco, disse Gesù, che aveva un fattore il quale fu accusato dinanzi a lui come se avesse dissipato i suoi beni. E, chiamatolo a sé, gli disse: Che è quello che io sento dire di te? Rendi conto del tuo operare, poiché non potrai più essere fattore. Disse il fattore dentro di sé: Che farò,
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mentre il padrone mi leva la fattoria? Non so zappare, mi vergogno a chiedere la elemosina. So ben io quel che farò, affinché quando mi sarà tolta la fattoria, vi sia chi mi riceva in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: Di quanto sei tu debitore al mio padrone? E quegli disse: Di cento barili d’olio. Ed egli gli disse: Prendi la tua nota, mettiti a sedere, e scrivi cinquanta. Poi disse ad un altro: E tu di quanto sei debitore? Quegli rispose: Di cento staia di grano. Ed egli gli disse: Prendi la tua nota, e scrivi ottanta. Così, questo fattore infedele si fece degli amici che lo ricevessero in casa loro quando fosse cacciato dal suo ufficio. Così dico a voi: Fatevi degli amici per mezzo delle inique ricchezze; affinché, quando veniate a mancare, vi ricevano nei tabernacoli eterni» [cf. Lc 16,1-9]. Vale a dire per mezzo delle vostre elemosine condoniate qualche po’ della pena che le sante anime del purgatorio devono scontare, ed esse coi poveri da voi soccorsi vi faranno poi un bel ricevimento in Cielo.
Onde il Divin Maestro inculcava: «Facciamoci degli amici per mezzo delle inique ricchezze; affinché quando verremo a mancare ci diano ricetto negli eterni tabernacoli» [cf. Lc 16,9].
Il denaro tiene molti cuori legati: tanti sono in pericolo proprio per quei beni che assolutamente si perderanno datutti; perché la morte ce ne spoglierà. È gran cosa la elemosina, poiché richiede molto sacrificio; ed ecco perché distacca il nostro
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cuore dalle cose della terra; ci libera da affetti disordinati, che poi condannerebbero ancora noi al fuoco del Purgatorio. Mentre quindi libera i defunti dalle pene, ne preserva noi stessi, e ci aumenta il grado di gloria pel cielo. Perciò conchiude S. Ambrogio: Se la morte vi ha tolto un figlio od un parente amato, e voi soffrite un dolore profondo, voi vorreste ancora assisterlo, difenderlo, aiutarlo, servirlo. E non potrete più farlo; pensate così: che voi invece trovate modo di assisterlo, aiutarlo, soccorrerlo nella persona dei poveri. Tutto quello che darete al povero, gioverà davvero a quel caro defunto. Assistendo, poi, i poveri per affetto a lui, metterete presto lui stesso al godimento dei beni eterni. Se volete, diceva il Curato d’Ars, non arrestarvi nelle vostre elemosine, immaginate di vedere in quell’infelice ammalato, o in quel povero che bussa alla vostra porta, qualcuno dei vostri morti, venuto a chiedervi la elemosina, avrete subito coraggio a farla.
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La elemosina giova ai defunti. Nell’elemosina, come in ogni opera buona, vi è un valore soddisfattorio; e questo valore soddisfattorio è molto intenso, predominante; più che nelle semplici preghiere vocali. Tale valore possiamo sempre cederlo alle anime purganti; come nelle penitenze. La Sacra Scrittura esalta ad ogni passo il valore della elemosina: «Come l’acqua [spegne] il fuoco, così la
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elemosina toglie il peccato» [Sir 3,29]. Ed altrove: «L’elemosina purga i peccati e ci fa trovare misericordia» [cf. Tb 12,9]. Perciò S. Gregorio faceva sempre due opere assieme, come suffragio: l’offerta del Divin Sacrificio della Messa e la distribuzione delle elemosine ai poveri. Tale uso divenne regola presso i Benedettini ed in molte famiglie religiose. La Regola prescrive che, venuto a morte uno dei fratelli, si applichi per un mese la Santa Messa per lui ed intanto si dia ai poveri quella porzione di cibo che sarebbe stata consumata da lui se ancora in vita. Così si usa pure in qualche modo fare presso i ricchi, i principi, anche oggi: per qualche giorno si danno elemosine ai poveri, anzi i poveri sono invitati ai funerali con impegno di dare loro elemosina in denaro, in pane o vesti.
S. Giovanni Crisostomo consigliava, già ai suoi tempi, gli abbienti a ritenere nella propria stanza una borsa appesa al capezzale. Alla sera, facendo l’esame di coscienza, desiderava che ognuno si imponesse come penitenza di deporvi una qualche offerta da distribuirsi il giorno seguente ai poveri, in suffragio delle anime purganti.
Volete, dice S. Agostino, trafficare bene il vostro denaro, perché vi renda anche per l’eternità? «Date quel che non potete conservare sempre, affine di ottenere quello che non si potrà più perdere mai». L’elemosina libererà i defunti, i defunti dal cielo preserveranno o libereranno voi. «Date e vi sarà dato».
Un povero laico della Compagnia di Gesù cercava ogni mezzo per aiutare le
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anime purganti. Per loro offeriva anche la pena di non essere sacerdote e non poter celebrare per esse la Santa Messa. Non avendo denaro proprio, usava sante industrie per ottenerne e far celebrare delle Messe. Quando veniva all’istituto qualche ricco signore, chiedeva qualche elemosina; spesso preparava eleganti mazzetti di fiori, che sapeva coltivare, per donarli alle famiglie benestanti ed avere offerte; tante altre piccole risorse trovava il suo zelo. E così mandò tanti suffragi di Messe. Al punto di morte le anime liberate vennero a prendere la sua anima ed a condurla al cielo.2
Con questo suffragio si alleviano tante miserie; si consolano tanti afflitti: bimbi, orfani, malati, vecchi, poverelli. Due vantaggi quindi: carità verso di essi e carità verso le anime purganti.
Se si tratta di ricchi, poi, è chiaro: significa adempimento di un vero precetto: «Ciò che sopravvanza, datelo ai poveri» in tutte le posizioni, in ogni tempo, in ogni età.
L’elemosina è un dovere da cui quasi tutti, purtroppo, credono di andare esenti. I ricchi, per lo più, la ritengono soltanto un consiglio; i poveri non pensano che possono almeno far l’elemosina della preghiera; i fanciulli, i deboli, gli infermi che hanno il potere della sofferenza; chi ha famiglia [ritiene] che deve pensare a questa... Ma molte scuse non serviranno innanzi al giudice supremo: «Ogni volta che non l’avete fatto a uno di questi miei piccoli, l’avete negato a me» [Mt 25,45] dirà.
È precetto, notiamolo, non consiglio. L’anima
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lo capirà bene in morte. Dice la Scrittura: «Chi ha due vesti ne dia una al povero che non ne ha; chi ha cibo oltre il necessario ne dia a chi ha fame [Lc 3,11]. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro Celeste [Lc 6,36]. Date e vi sarà dato; a voi una misura giusta, e pigiata, e scossa, e colma vi sarà versata nel seno; poiché la misura usata per gli altri verrà adoperata per voi» [Lc 6,38]. Guai a chi trovasse sempre che nulla gli è superfluo; poiché la generosità ci fa larghi, l’avarizia è un gretto egoismo. Beato l’uomo che è sensibile ai mali dei poveri e dei bisognosi; il Signore lo libererà nel gran giorno del giudizio. A chi usò misericordia, non si applica la giustizia, ma la misericordia.
S. Pier Damiani racconta un bellissimo esempio: Un signore aveva soccorso una vecchierella intirizzita dal freddo e sotto la pioggia, mettendole su le spalle il proprio ricco mantello. Avvenne un’apparizione dopo la morte di entrambi: la vecchia fu veduta innanzi alla Vergine ad intercedere per quel signore, che era in Purgatorio, mostrandole il mantello ricevuto in quel giorno. E la supplica della vecchia fu esaudita; quell’anima fu liberata.
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Un povero vecchio, portinaio d’un Seminario, durante la sua vita avendo accumulato, soldo per soldo, coi suoi risparmi la somma di 800 franchi, non avendo famiglia a cui lasciarli, li aveva destinati a fare celebrare tante Messe in suffragio dell’anima sua quando fosse morto.
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Un giovane chierico, che stava per abbandonare quel seminario onde recarsi nelle missioni straniere, ebbe occasione di parlare della sua partenza al povero vecchio, il quale, ispirato da Dio, si decise subito di erogare a vantaggio della propagazione della fede il suo piccolo peculio. Preso in disparte il giovane missionario, gli disse che quantunque avesse destinato quella somma per fare celebrare tante Messe in suffragio dell’anima propria, preferiva tuttavia di restare dopo morte un po’ più di tempo in Purgatorio, purché il nome di Dio fosse glorificato sulla terra ed il Vangelo si dilatasse nel mondo. Il giovane sacerdote, commosso a tale offerta, volle rifiutarla; ma l’altro insistette tanto, e tanto supplicò che finalmente dovette cedere. Pochi mesi dopo, quel buon vecchio morì, e sebbene nessuna rivelazione sia venuta a svelarcelo, mi pare di potere affermare che la sua sorte nell’altra vita sia più che assicurata, in forza di quest’atto così eroico. Il Cuore di Gesù è tanto amabile e generoso, che avrà certo largamente ricompensato colui che si affidò alle fiamme del Purgatorio onde il suo santo Nome fosse conosciuto dagli infedeli, e l’avrà voluto in Cielo, dove contemplerà quel Dio che tanto aveva amato su questa terra.
Si dia da ognuno ciò che può e quanto si può:
a) Con doni materiali e con opere spirituali;
b) da tutti: ognuno quello che può: denaro, vesti, consigli, preghiere, compatimento, conforto, catechismo, libri buoni;
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c) preferendo le opere più bisognose, i poveri vergognosi, favorendo le missioni, l’apostolato stampa, le vocazioni, l’azione cattolica;
d) con generosità: vi sono molti che credono di soddisfare all’obbligo dell’elemosina con qualche soldo o con la commiserazione.
Il dovere dell’elemosina a certi ricchi impone assolutamente elargizione di centinaia o migliaia di lire, specialmente alle Chiese, ai Seminari poveri, ai poveri Istituti, ai poveri Ospizi, ai poveri Ospedali ed a quei luoghi dove, in un modo o nell’altro, si soccorre a tanti indigenti e si provvede a tanti bisogni della società. Secondo l’insegnamento di S. Tommaso, l’elemosina, possedendo la virtù di soddisfare il peccato in modo più pieno che la preghiera, è anche più utile di essa.
Che l’elemosina sia una delle opere che meglio soddisfano la divina giustizia, l’ha insegnato l’Arcangelo Raffaele, il quale disse a Tobia ed a tutta la sua famiglia: «L’elemosina salva dalla morte, cancella i peccati e fa trovare grazia presso Dio» (Tb 12,9). Lo Spirito Santo confermò le parole dell’Angelo col dire: «Come l’acqua spegne il fuoco più ardente, così l’elemosina distrugge i peccati» (Sir 3,33); e per farci intendere che le nostre buone opere sono perfezionate dalla elemosina, soggiunge: «Apri la mano al povero, affinché il tuo sacrificio espiatorio sia perfetto» (7,36). Fare elemosina adunque, ed offrirne il merito soddisfattorio per le sante anime, è lo stesso che versare acqua sul fuoco che le brucia.
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PRATICA: Ora raccomandiamoci a tutte le anime del Purgatorio e diciamo loro: «
Sante anime, noi abbiamo pregato per voi; ma voi che siete tanto care a Dio e sicure di non poterlo più perdere, pregate per noi miserabili, che siamo nel pericolo di dannarci e di perdere Dio per sempre». PREGHIAMO. – O Dio, che accordate le larghezze del perdono e che amate la salute dell’uomo, noi Vi supplichiamo nella vostra clemenza; degnatevi di concedere ai fratelli, parenti e benefattori
della nostra società, usciti da questo mondo, che, ad intercessione della Beata Maria sempre Vergine e di tutti i tuoi santi, raggiungano la società della beatitudine eterna. Per il Signore Nostro Gesù Cristo che vive e regna nell’unità dello Spirito Santo.
GIACULATORIA: «
O dolcissimo Gesù, per i dolori che avete sofferto nella vostra suprema agonia sulla Croce, abbiate pietà di queste sante anime. Abbiatene pietà, o Signore!». FRUTTO
Visita al SS. Sacramento
Preghiera di S. Alfonso Signor mio Gesù Cristo, che per l’amore che portate agli uomini, ve ne state notte e giorno in questo Sacramento tutto pieno di pietà e di amore, aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarvi, io vi credo presente nel Sacramento dell’altare, vi adoro dall’abisso del mio niente, e vi ringrazio di quante grazie mi avete fatte; specialmente di avermi data per Avvocata la vostra Santissima Madre Maria,
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e di avermi chiamato a visitarvi in questa chiesa. Io saluto oggi il vostro amantissimo Cuore, ed intendo salutarlo per tre fini: 1° in ringraziamento di questo gran dono; 2° per compensarvi di tutte le ingiurie che avete ricevuto da tutti i vostri nemici in questo Sacramento; 3° intendo con questa visita adorarvi in tutti i luoghi della terra, dove Voi Sacramentato ve ne state meno riverito e più abbandonato. Gesù mio, io vi amo con tutto il cuore. Mi pento di avere per il passato tante volte disgustata la vostra bontà infinita. Propongo colla grazia vostra di non più offendervi per l’avvenire, ed al presente, miserabile qual sono, io mi consacro tutto a Voi: vi dono e rinunzio tutta la mia volontà, gli affetti, i desideri e tutte le cose mie. Da oggi in avanti fate Voi di me e delle mie cose tutto quello che vi piace; solo vi chiedo e voglio il vostro santo amore, la perseveranza finale, e l’adempimento perfetto della vostra santa volontà. Vi raccomando le anime del purgatorio, specialmente le più divote del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima. Vi raccomando ancora tutti i poveri peccatori. Unisco infine, Salvatore mio caro, tutti gli affetti miei cogli affetti del vostro amorosissimo Cuore e così uniti li offerisco al vostro eterno Padre, e Lo prego in nome vostro che per vostro amore li accetti e li esaudisca.
Indulgenza di 300 giorni ogni volta.
Indulgenza plenaria una volta al mese.
Condizioni: Confessione, Comunione e preghiera
secondo l’intenzione del Sommo Pontefice
(Pio IX, 7 Settembre 1854).
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1 L’orfano.
2 Cit. Ann. 1656.