Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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ISTRUZIONE VII
ASPIRANTI ALLA VITA PAOLINA

Le vocazioni secondo il Maestro Divino

Apprendiamo alcuni insegnamenti del Maestro Divino in riguardo delle vocazioni.
Gesù dice agli Apostoli: Non siete voi che avete eletto me, ma sono io che ho eletto voi; e vi ho destinato perché andiate e portiate frutto, ed il vostro frutto sia stabile; affinché qualunque cosa che domandiate al Padre in nome mio, Egli ve la conceda (Gv 15,15).
Durante il cammino un tale gli disse: Ti seguirò dovunque tu vada. Ma Gesù gli rispose: le volpi hanno le tane e gli uccelli i loro nidi; ma il Figlio dell’uomo non ha una pietra su cui posare il capo (Lc 9,57).
Poi disse ad un altro: Seguimi. Ed egli rispose: Signore, permettimi di andar prima a seppellire mio padre. Ma Gesù gli disse: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti: tu va’ a predicare il regno di Dio (Lc 9,59).
Un altro gli disse: Signore, io ti seguirò, ma permettimi di andare prima a salutare quelli di casa mia. Ma Gesù gli rispose: Chiunque mette mano all’aratro
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e si volta indietro, non è atto al regno dei cieli (Lc 9,61).
Il giovane di Gerasa che da Gesù era stato liberato dal demonio gli domandò di restare con lui. Gesù non glielo permise, ma gli disse: Va’ a casa tua, presso i tuoi; ed annunzia loro quanto ha fatto per te il Signore, e come ha avuto pietà di te. Colui se ne andò e cominciò a far conoscere nella Decapoli quanto Gesù aveva fatto per lui (Mc 5,19-20).
Di qui qualche conclusione:
1. Gesù non accetta qualsiasi persona che voglia seguirlo.
2. La vocazione è cosa gratuita; e chi la possiede ha pure la grazia per corrispondervi.
3. Il Signore vuole anime generose, pronte ad ogni sacrificio.
4. Talvolta è facile riempire le case; ma occorre in primo luogo badare alla qualità, non alla quantità. Può succedere che un giovane o anche Professo temporaneo non dia i risultati sperati; non tardare troppo a dimetterli, perché abbassano il livello morale con danno di altri o dell’intera comunità.
(Costituzioni artt. 23-29: v. sopra I, 82-84).
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Per conoscere la vocazione

Per conoscere la vocazione tre sono i mezzi per l’Aspirante:
a) Preghiera, perché la luce di Dio penetri l’anima. Il Signore, creandoci, ad ogni persona assegna un posto per santificarsi in terra, in relazione alla mansione che avrà in cielo. Così come ha assegnato il posto ad ogni stella in relazione all’ufficio che ha nel firmamento. Preghiera allo Spirito Santo; interporre l’intercessione di Maria Regina degli Apostoli e Madre del Buon Consiglio; chiedere spesso a San Paolo, nostro padre, se lo vuole tra i suoi figli, o come Sacerdote o come Discepolo.
b) Pensarci su! La scelta dello stato e la susseguente corrispondenza è il grande problema della vita. Dalla soluzione dipende la serenità sulla terra ed ordinariamente l’eterna felicità. Un osso fuori posto sempre duole. Le grazie del Signore sono sparse sul cammino da Lui segnato a ciascuno.
c) Consigliarsi. Con persona che sa, che ama, che cerca il vero bene. Escludere persone ignoranti circa lo stato religioso e le qualità dell’Aspirante. Generalmente al Clero diocesano si parla per la vocazione a tale stato; al
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Clero religioso si parla per la vocazione allo stato religioso.
Persone che amano soprannaturalmente. Non sono adatti i genitori, le persone interessate, le persone di scarsa fede e virtù.
Persone che in primo luogo cercano il bene eterno, e tengono in giusta estimazione la vita presente.
Il miglior consigliere è il Maestro di spirito o Direttore spirituale.
I Superiori non hanno dovere più grave ed impegnativo della ricerca e formazione degli Aspiranti: siano indirizzati alla vita sacerdotale oppure alla vita del Discepolo.
Prima parte della formazione è il Probandato.
Per gli aspiranti al Sacerdozio è generalmente più lungo, comprendente gli anni dei primi studi. Essi hanno una triplice vocazione.
Per gli aspiranti alla vita del Discepolo è generalmente alquanto più breve, essendo duplice la vocazione.
Nella Pia Società San Paolo è disposto che il Noviziato incominci dopo compiuto il sedicesimo anno di età per i Chierici e diciassettesimo anno di età per i Discepoli.
Art. 31. Tutti gli aspiranti, prima dell’ammissione al noviziato, devono essere sottoposti ad un’adeguata prova, secondo le istruzioni della Santa Sede e le disposizioni date dal Superiore con il suo Consiglio.
Art. 32. Gli aspiranti discepoli devono fare un particolare tirocinio, secondo l’uso vigente nella Società.
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Siano ammessi quindi al noviziato solamente dopo che sia stata constatata una sufficiente preparazione morale e intellettuale, indole buona e idoneità alla vita religiosa e ai lavori di apostolato.
Art. 33. La prova e la formazione degli aspiranti devono effettuarsi in una casa adatta, nella quale venga fedelmente osservata la disciplina secondo le Costituzioni, sotto la speciale cura di un Maestro di provata esperienza.
Art. 34. Per tutto il tempo della prova, ma soprattutto nell’anno che precede immediatamente il noviziato, i Superiori e i Maestri hanno il dovere di esaminare e provare a fondo ogni singolo aspirante, per meglio conoscere le disposizioni, le qualità e le intenzioni, e li devono istruire bene sui principali obblighi della vita religiosa e su quanto prescrivono le Costituzioni, affinché abbiano ad entrare nella Società con più matura deliberazione e con più fermo proposito di volontà.
Art. 35. Agli aspiranti, e ai loro parenti o tutori, si faccia conoscere per tempo ciò che si dovrà pagare per il vestito, per il vitto e per l’abito religioso, durante il tempo della prova e del noviziato. Tuttavia è sempre lecito al Superiore maggiore ammettere aspiranti, senza esigere nulla da essi.
Art. 36. Si avvertano gli aspiranti che non possono esigere nulla come retribuzione del lavoro da essi svolto in Società, nel caso che, per qualsiasi motivo, dovessero uscire; usando ogni prudenza e cautela, i Superiori
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facciano in modo che coloro che sono usciti dalla Società non possano iniziare o promuovere alcuna causa in foro civile contro la Società stessa; a tal fine da tutti coloro che entrano in Società, sia chierici che laici, si esiga un documento scritto, debitamente firmato, da custodire in archivio.
Art. 37. Tutti gli aspiranti, prima di cominciare il noviziato, facciano gli Esercizi spirituali per otto giorni interi; e, secondo il prudente consiglio del confessore, premettano la confessione generale della vita trascorsa.
Art. 214. I Superiori sollecitamente curino che i giovani candidati discepoli siano radunati assieme nelle case di formazione per essi stabilite, affinché sotto la guida di un esperto maestro siano istruiti e preparati al noviziato, né permettano che essi dimorino sparsi in case diverse.
Di qui si conchiude:
1. Il Probandato è obbligatorio per tutti.
2. Il fine è una prova: per l’Aspirante che conoscerà l’Istituto meglio di quando è entrato e prova quali siano le sue forze; per i Superiori che conosceranno meglio l’Aspirante, studiandolo e provando se mostri idoneità ed amore alla vita paolina.
3. È preparazione al Noviziato in tutte le quattro parti: spirito, studio, apostolato, formazione umano-cristiana, affezionandosi all’Istituto.
Segni generali di vocazione per dare un giudizio: qualità morali, per cui l’Aspirante cerca realmente la salvezza e la santificazione della sua anima; qualità
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intellettuali per gli uffici e le opere della Congregazione e nella sua condizione; qualità fisiche e psicologiche, secondo le fatiche che dovrà sostenere, con l’equilibrio psicologico per una buona convivenza nella comunità. Non bastano le affermazioni dell’aspirante; occorre una lunga prova.

Segni di vocazione

Vi sono segni particolari per i paolini. In primo luogo una grande delicatezza di coscienza in fatto di uso ed abuso delle letture, del cinema, radio, televisione e le altre tecniche che servono a trasmettere il pensiero cristiano, le notizie, i fatti, ecc. L’abuso nelle letture di riviste, periodici, giornali, figure; una smoderata assistenza a proiezioni di pellicole, della televisione o della radio sono segni negativi. Mentre sono segni positivi le buone letture, le utili trasmissioni e proiezioni. Particolarmente quando si nota un vivo impegno alla redazione, tecnica, propaganda di ciò che serve alla verità, alla vita cristiana, al buon costume, alla liturgia. Ottima cosa quando si è formata una coscienza retta per un pio e saggio abstine et sustine;1 si sente gioia per i buoni successi nostri ed altrui; quando si sente pena al vedere tante cattedre erette per l’errore, contro la cattedra di Gesù Maestro, della Chiesa Maestra.
Vi sono segni che devono trovarsi in tutti i paolini, ed in modo speciale nei Discepoli. Una sensibilità per le pene che Gesù ha sofferto e che la Chiesa soffre nel dilagare dell’errore ed immoralità, nel constatare come i nuovi mezzi, portati dal progresso per gli uomini,
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vengono usati a rovina del bene e delle anime, specialmente della gioventù.
I peccati che si commettono per l’abuso di questi mezzi sono tra i più numerosi, i più gravi, i più deleteri. Numerosi, perché ogni giorno vi sono molti milioni di copie di giornali, riviste, libri, di spettatori nei cinema, o alla televisione e radio. Vi contribuiscono capitali ed organizzazioni imponenti, numerosissimi scrittori, tecnici, propagandisti.
Sono i più gravi perché si contrappongono alla redenzione, seminando l’errore, il vizio, ogni disordine.
Le conseguenze poi sono tra le più deleterie per ogni ceto di persone, in ogni continente, particolarmente per la gioventù.
I Discepoli riparano con la preghiera e con l’apostolato, contrapponendo libro a libro e pellicola a pellicola, con una vita virtuosa e consecrata al Signore.

Tre sì per decidere

Per la decisione definitiva occorrono tre sì. Il Confessore, il Superiore, l’Aspirante. Il Confessore o il Maestro di spirito, che da molto tempo seguono l’Aspirante nel suo lavoro interiore di emendazione e di costruzione del paolino; il superiore, che ha seguito, direttamente od a mezzo di bravi incaricati, l’Aspirante negli studi, apostolato, disciplina religiosa; e l’Aspirante stesso che si trova bene, che è affezionato all’Istituto, alle sue opere, Costituzioni, persone.
I tre vengono fusi in uno, pronunciato dal candidato: tutto mi dono, offro, consacro, emettendo i tre voti ed uniformando la mia vita alle Costituzioni: abbiamo il Religioso; la Chiesa lo accoglie per mezzo dell’Istituto.
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Il giudizio dei Superiori e dello stesso Aspirante va maturando, secondo le Costituzioni, durante il Probandato ed il Noviziato; eccezionalmente nel tempo dei voti temporanei.
Accertarsi della propria vocazione è doveroso e necessario; stare troppo a lungo sopra l’interrogativo è errore. Emessa la Professione, l’animo sia tutto teso verso la piena corrispondenza: pregando, vigilando, vivendo ed osservando la propria vocazione. Questo per tutta la vita. Sempre vi sono tentazioni e pericoli; sempre vi sono difficoltà, incomprensioni; ma la vita è una milizia.
In ogni stato vi sono speciali prove; ne hanno spesso i religiosi. Ma il solo ammettere un dubbio dopo la Professione perpetua è già grave rischio, peggiore di qualsiasi altro pensiero cattivo, giacché investirebbe la vita. Si considera il tempo dopo la Professione perpetua come il Noviziato dell’eternità, alla quale il buon religioso si prepara attendendo all’impegno fondamentale: santificazione e perfezione. La gioia della vita religiosa sta nel rispondere coraggiosamente ogni giorno all’immensa grazia della vocazione.
Così i santi.
Il non progredire è un regresso.
Gesù ammonì frequentemente gli Apostoli sui pericoli e le tentazioni. Prima volle egli stesso essere tentato dopo il digiuno nel deserto. La prima tentazione indicava la tentazione della carne; la seconda dell’orgoglio; la terza del denaro. Pressoché tali sono le tentazioni del
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religioso. Ma il Signore non permette di venir tentati sopra le forze nostre. Gesù poi custodisce in modo particolare le anime che gli sono consecrate, come la pupilla dei suoi occhi.
Sempre è da ritenersi che il fine chiede ed impone i mezzi.
Perciò il Probandato fornisce tanto al Discepolo che all’aspirante al Sacerdozio gli stessi mezzi per la vita religiosa e vita apostolica, cui sono ordinati tutti.
Quanto allo studio, invece, il Discepolo curerà specialmente quello che lui dovrà sapere nel suo duplice apostolato della tecnica e divulgazione; mentre l’aspirante al Sacerdozio coltiverà lo studio necessario per la redazione ed il ministero.

Quando parlare di vocazione

Si fa la domanda: quando si può parlare ad un giovane di vocazione?
Non è mai troppo presto, poiché la vocazione l’ha dalla creazione e con le grazie del Battesimo. Il fanciullo ha ricevuto nel Battesimo le grazie per vivere la vita cristiana: perciò quando arriva all’uso di ragione bisogna istruirlo, instradarlo, indirizzarlo a ricevere la Comunione, ad obbedire, a voler bene a tutti. In modo simile, e direi uguale, si deve fare per la vocazione; ché se a lui si parla di essa, in termini adatti alla sua età, quando è innocente, capirà che Gesù bisogna amarlo tanto! Se lo si invita ad amarlo più di altri e dire una Ave Maria per chi non l’ama ed è in pericolo di dannarsi, qualcosa capirà. Sarà un indizio, un germe. Lo
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si faccia pregare per i bambini che non hanno il battesimo; lo si porti vicino all’altare, perché veda bene il prete celebrante... Se si sa parlare dei desideri del Signore, della Ss. Vergine, del Figlio suo crocifisso per i peccatori... si è aperta una via; non lo si prema; si preghi, lo si tenga in ambienti sani, abbia buoni esempi.
Non in tutti si avrà una corrispondenza; i più non hanno la vocazione. D’altra parte la vocazione è un vivo amore al Signore ed alle anime, ad alta tensione, si potrebbe dire; accenderlo è preparare il terreno; il Signore farà nascere il seme, se tale è la sua volontà. Ché se non è tale, avremo almeno un cristiano buono, praticante.
Ancora: quando i vocazionisti (un po’ di quasi tutti gli Istituti religiosi e seminari) muovono alla ricerca di giovanetti, devono sempre parlare loro di vocazione e del loro Istituto; mostrarne la vita e la forma di apostolato. Ne devono parlare ai genitori, ai Parroci, ai responsabili. E più si parlerà chiaramente e si descriverà la vita che dovrebbero fare, meglio sarà. Nessun inganno o sotterfugio. Parlando della Pia Società San Paolo, si dovrà chiarire bene la condizione del Sacerdote e quella del Discepolo; perché la scelta sia fatta in partenza, con grandi vantaggi.
Si spiega: non si tratta di collegio, ricovero, seminario, scuola tipografica, o simili. Ma di un Istituto religioso; vi entra chi vuole farsi religioso, nella vita paolina; nella quale vi sono due condizioni: Sacerdote o Discepolo, secondo la vocazione e attitudini. È bene aggiungere: chi non riesce negli studi non ne ha colpa, è chiaro, ma non ha la vocazione sacerdotale.
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Aspiranti: tali si considerano tutti gli entrati in Probandato.
Tutto si compie in ragionevolezza e fede, ma si avviano alla vita paolina.
La pietà, lo studio, l’apostolato, l’orario, l’educazione umano-religiosa dev’essere in conformità agli usi tradizionali dell’Istituto.
Entrando nell’intimo: abituarli a distacchi in amore, sensim sine sensu,2 con corrispondenza, visite, vacanze moderate; a vita disciplinata e convivenza informata a carità; all’amore all’Istituto ed al suo apostolato; alla delicatezza di coscienza, obbedienza, povertà; alla riservatezza, a piccole mortificazioni, all’uso santo dei mezzi tecnici; a comprendere come è ordinata la formazione, anno per anno.
Esigere un lavoro spirituale ordinato, insistere sopra la schietta apertura con il Maestro di spirito, infondere un tenero amore alla Madre, Maestra e Regina degli Apostoli ed a San Paolo, formare il senso della vocazione ed una personalità robusta.
Volere che amino la persona del Maestro del reparto più che il Signore, l’accontentare meno cristiano, l’operare per viste umane, ecc. saranno causa di una bassa percentuale di riuscite.
Chiediamo dei Maestri modellati sul Divin Maestro per la formazione degli Aspiranti.
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1 “Astieniti e sopporta”.

2 “A poco a poco, gradatamente”.