Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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QUARTA SETTIMANA

Il quarto volume (Quarta Settimana) fu stampato presso la tipografia paolina di Ostia (Roma) nel Giugno 1962, con Imprimatur di Antonio Bergamaschi, Vescovo di San Marino-Montefeltro, datato 27 Giugno 1962.

ISTRUZIONE I
IL GOVERNO DELLA PROVINCIA

Nota sul Canonico Chiesa

Padrino della Famiglia Paolina è stato il Can. Francesco Chiesa. Da lui si è ricevuto l’insegnamento, lo spirito, la guida; l’aiuto quotidiano di molti anni, sotto molte forme. La sua vita fu eccezionale ed eroica in ogni virtù; il suo zelo rivolto ad ogni persona ed a ogni iniziativa; maestro che con la scienza comunicava lo spirito; parroco modello. Il Vescovo Mons. Grassi nell’elogio funebre lo definì il miglior figlio della diocesi. Per questo e per il desiderio della Diocesi albese e della P. Società S. Paolo venne promossa la causa di beatificazione e canonizzazione. È in corso il processo presso la Curia di Alba. Don Vigolungo, Direttore spirituale del Seminario, ne ha scritto una buona biografia.1 Conseguenze: leggerla e ricavarne frutto. Ora la venerata salma è stata trasferita dal Cimitero di Alba e la cassa è stata murata nella Chiesa nostra di S. Paolo. Là si fermano molte persone a pregare; e le notizie di grazie ricevute sono frequenti.
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Costituzione della Provincia

Per il maggior progresso è tradizione nella Chiesa che a tempo opportuno un istituto venga diviso in Province.
Il tempo opportuno viene giudicato dalle circostanze di tempo, luogo e stato di cose. Queste vengono studiate dal Superiore Generale col suo Consiglio.
In tutto, però occorre la Santa Sede: per erigere, sopprimere, cambiare i confini di ogni Provincia.

Art. 389. Quando in una regione la Società dà prova di costituzione solida e vitale quanto alle persone, alle opere di apostolato e allo stato economico, in modo che non solo sia sufficiente a se stessa, ma possa anche maggiormente propagarsi, il Superiore generale con il suo Consiglio può proporre alla Sede Apostolica che sia canonicamente eretta una provincia.

Art. 392. Erigere province, unire quelle già erette, cambiarne i confini o sopprimerle spetta esclusivamente alla Sede Apostolica. Però non si deve proporre l’erezione di una nuova provincia entro l’anno che immediatamente precede la celebrazione del Capitolo generale.
Ad evitare pericoli: occorre che nella regione vi sia una solida costituzione: per numero e qualità di persone, organizzazione degli studi, buon spirito ed apostolato,
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stato economico tale che possa vivere: e che per tutto essa non solo basti a sé, ma sia anche in grado di propagarsi.
Il territorio di una Provincia non può essere troppo ristretto; e sempre va tenuto conto dei bisogni dell’apostolato. Se in generale la Provincia segue la nazione, tuttavia il territorio di una Provincia non può necessariamente essere definito o limitato dai confini di essa.

Art. 390. Nello stabilire l’erezione delle province e i loro confini si tengano presenti le peculiari necessità dell’apostolato delle edizioni affinché tenuto conto dell’autonomia di ciascuna provincia il progresso e l’efficacia dell’apostolato non siano impediti dai confini troppo ristretti di una provincia.

Art. 391. Per la erezione di una provincia si richiede che vi siano almeno tre case; né, tenuto conto del prescritto dell’art. 390, di regola, si devono erigere più province nella stessa regione; tuttavia il territorio di una provincia non è necessariamente limitato dai confini di una regione, poiché una provincia può comprendere più regioni.

Per il personale di una Provincia si segue l’articolo 394:

Art. 394. L’assegnamento stabile dei membri a qualche provincia, per tutti gli effetti, è fatto con legittima destinazione dal Superiore generale e cioè: quando il medesimo membro avrà emesso la Professione perpetua se si tratta di Discepoli; o avrà ricevuto il sacro Presbiterato se si tratta di chierici.
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Il Superiore e i Consiglieri provinciali

Il governo della Provincia appartiene al Superiore provinciale unito al suo Consiglio.
Art. 395. Il Superiore provinciale viene nominato dal Superiore generale con voto deliberativo del suo Consiglio. È costituito nel suo ufficio per sei anni, e può essere nominato per un secondo sessennio; ma non immediatamente per un terzo nella stessa provincia.
Art. 397. Non potendo il Superiore generale promuovere efficacemente il bene dell’intera Società se non è coadiuvato dalla solerte e unanime opera dei provinciali, bisogna usare molta cura perché a quest’ufficio vengano designate persone degne ed idonee.
Art. 399. Il Superiore provinciale, legittimamente nominato, ha potestà su tutta la provincia, sulle sue case e i membri, a norma delle Costituzioni e sotto la dipendenza del Superiore generale. Permetta però che i Superiori locali esercitino la loro autorità, quantunque debba vigilare che ognuno compia sinceramente e con diligenza il proprio dovere, e che le Costituzioni siano fedelmente osservate. Ogni anno il Superiore provinciale deve visitare tutte le case della provincia personalmente, o per mezzo di un altro se fosse legittimamente impedito.
Art. 400. Devono prestare aiuto al Superiore provinciale quattro consiglieri e un economo, nominati per sei anni dal Superiore generale con il consenso del suo
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Consiglio. Essi scadono dall’ufficio assieme al Superiore provinciale. Se durante il sessennio qualcuno viene a morire, o cessa dal suo ufficio per un altro motivo, il Superiore generale, con voto deliberativo del suo Consiglio, lo sostituisca con un altro.

La prudenza richiede molta delicatezza nell’eleggere il Provinciale, nel modo di governare, nelle relazioni vicendevoli col Superiore generale.

Art. 398. Il Superiore provinciale, non come dominatore, ma come sincero modello del gregge, più con l’esempio che con le parole diriga i sudditi alla perfezione; perciò si dedichi sollecitamente al suo dovere, promuova con zelo indefesso le opere di apostolato, incrementi il progresso intellettuale, morale ed economico di tutta la provincia, sia sinceramente affezionato alla Società e al Superiore generale e in tutte le cose tratti con lui in buona armonia.

Art. 408. Sebbene il Superiore generale col suo Consiglio non sia tenuto a stare alle presentazioni e alle decisioni del Consiglio provinciale, tuttavia tenga molto conto dei suoi voti concordi; e non si allontani da essi se non per un motivo che, secondo il suo parere, sia stimato superiore.

I poteri del Superiore provinciale sono definiti dagli articoli 399 e 406:

Art. 406. Il Superiore provinciale, col voto deliberativo del suo Consiglio, decide i seguenti affari:
1. Ammette al Noviziato, alla Tonsura e agli Ordini minori.
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2. Presenta al Superiore generale i professi da dimettersi, sia temporanei che perpetui.
3. Presenta i membri da ammettersi alla prima professione e agli Ordini maggiori.
4. Presenta i Superiori locali, i loro consiglieri, gli economi locali, il Maestro dei Novizi e il suo aiutante, il Maestro o Prefetto dei chierici studenti, gli esaminatori per i confessori, predicatori e sacerdoti a norma del can. 590; così pure i due membri discepoli a norma dell’art. 401.
5. Presenta i sacerdoti da deputarsi all’ufficio di revisori dei libri da pubblicare.
6. Nomina il Maestro degli aspiranti e postulanti.
7. Approva gli affari economici della provincia e delle singole case.
8. Designa il luogo del Capitolo provinciale.
9. Giudica su nuove case da fondarsi nella provincia; però, dopo aver esaminato tutto e deliberato assieme al suo Consiglio, espone il suo parere e quello dei consiglieri, spiegandone i motivi, al Superiore generale, al quale soltanto spetta l’erezione canonica di nuove case. Lo stesso modo di procedere osserva per le case che si dovessero sopprimere.
10. Determina, dopo avere ottenuto il consenso del Consiglio generale, quale somma le singole case, in circostanze straordinarie, debbono versare all’erario provinciale.
11. Contrae debiti e altre obbligazioni e impegna i beni della provincia, salve sempre le norme del diritto
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comune e, se fosse necessario, il permesso del Superiore generale a norma dell’art. 326.
12. Approva i contratti e le spese straordinarie delle case, salva sempre la licenza del Superiore generale a norma dell’art. 326.
13. Decide infine gli altri affari di maggiore importanza che deve trattare col Superiore generale, oppure con l’autorità ecclesiastica o civile.

Il modo di esercitarli è definito dagli articoli 400, 401, 409, 410:

Art. 401. Vi siano anche due membri discepoli perpetui deputati dal Superiore generale col consenso del suo Consiglio i quali dimorino nella casa provinciale o in altra alquanto vicina e assistano alle sessioni del Consiglio nelle quali si tratta dell’economia e dell’apostolato quanto all’aspetto tecnico e divulgativo per dire il loro parere e per dare assieme agli altri consiglieri il voto consultivo.

Art. 409. Il primo consigliere tiene le veci del Superiore provinciale assente, impedito o defunto; tuttavia egli decida soltanto quelle cose che riguardano l’ordinaria amministrazione o che non possono essere differite, e sempre col consenso del Consiglio provinciale.

Art. 410. Alla fine di ogni anno, il Superiore provinciale deve compilare una relazione completa sullo stato personale, disciplinare ed economico, nonché sugli studi e le opere di apostolato di tutta la provincia. Questa relazione deve trasmetterla al Superiore generale,
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dopo che egli e il suo consiglio l’hanno esaminata e approvata.

Il Capitolo provinciale

La Provincia deve celebrare il proprio Capitolo provinciale secondo gli articoli 411, 412:

Art. 411. Ogni volta che si deve celebrare il Capitolo generale si celebra pure il Capitolo della provincia per l’elezione, cioè, dei delegati che, assieme al Superiore provinciale, devono rappresentarla al Capitolo generale. In questa occasione si trattano anche gli affari di maggiore importanza riguardanti la provincia che devono però avere l’approvazione del Capitolo generale.
Art. 412. È convocato dal Superiore provinciale in un tempo opportuno prima della celebrazione del Capitolo generale, per mezzo di lettere circolari firmate e dirette ai Superiori locali.

Ad esso intervengono i membri designati dalle Costituzioni nell’articolo 413:
Art. 413. I membri del Capitolo provinciale sono:
1. Il Superiore provinciale, i quattro consiglieri, l’economo, il segretario e i due membri discepoli di cui si parla nell’art. 401.
2. I Superiori delle case.
3. Due delegati, uno sacerdote e l’altro discepolo, per ogni casa maggiore, eletti a norma degli art. 414-416.
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4. Due delegati, uno sacerdote e l’altro discepolo, per ogni ceto di case minori, eletti secondo gli art. 417-418.
Quanto alla celebrazione valgono gli art. 419, 422:
Art. 419. Il Capitolo provinciale è presieduto dallo stesso Superiore provinciale. Fatti i dovuti riferimenti, si devono osservare le norme stabilite negli art. 299, 300, 301, 304, 305, per il Capitolo generale.
Art. 422. Finita l’elezione e fatta la promulgazione dal Superiore provinciale in qualità di presidente, si redigono i documenti autentici che, sottoscritti dallo stesso presidente e dai due scrutatori, dovranno essere consegnati ai delegati sia principali che sostituti, dai quali risulti la loro legittima delegazione al Capitolo generale.

Unione e carità

L’unione tra il Superiore provinciale ed i suoi Consiglieri è il gran mezzo di progresso per le vocazioni, lo spirito, lo studio, l’apostolato, l’economia.
In ogni cosa, così anche qui, occorre un buon spirito di carità e di abnegazione: saper sacrificare qualcosa anche per sé utile in vista del bene comune; e per lo stesso bene comune portare il proprio contributo al Superiore provinciale, ai Consiglieri ed all’Economo.
Rigide prese di posizione possono causare dissensi difficilmente sanabili.
San Paolo ha scritto nelle sue lettere contro i dissensi
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e le divisioni degli spiriti; e tanto ha esortato alla concordia, alla pace secondo lo spirito cristiano.
In tutti i sensi è dannoso per voi aver litigi gli uni contro gli altri. Perché non sopportate piuttosto qualche torto? perché non preferite soffrire qualche danno? Non solo, ma invece siete voi a far dei torti, siete voi a danneggiare, e questo tra fratelli! (1Cor 6,7-8).
Più spesso avviene che discussioni un po’ forti e l’irrigidimento su le proprie vedute avvengono sotto pretesto e l’apparenza del meglio... Ma non è migliore la carità?
In ogni cosa il bene facciamolo bene: Vince in bono malum.2 In umiltà tante volte si scoprirà che aveva ragione il fratello.
Beati i pacifici perché sono chiamati figli di Dio [Mt 5,9], dice il Divin Maestro.
La carità è longanime, la carità è benigna, non è invidiosa, la carità non si vanta, né s’insuperbisce; non rifiuta nessun servizio, non cerca il proprio interesse, non s’irrita, non tien conto del male che riceve, non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1Cor 13,4-7).
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1 A. VIGOLUNGO, “Nova et Vetera”. Il Canonico Francesco Chiesa, Edizioni Paoline, Alba 1961, 269 p.

2 “Vinci con il bene il male” (Rm 12,21).