ISTRUZIONE XI
PROMOZIONE E GUIDA DELLE VOCAZIONI
Opere per le vocazioni
Dall’inizio della Famiglia Paolina la maggior parte degli Aspiranti sono venuti per Vita Pastorale e per Il Cooperatore Paolino.
Da aggiungersi che tra i mezzi più efficaci vi è questo: la propaganda per mezzo dei nostri stessi Aspiranti: quando scrivono alle Famiglie, ai Parroci, a ex compagni di scuola o fanciulli della parentela; e nelle lettere si mostrano contenti e rivolgono un invito; ciò è efficace a persuadere.
Vi sono due Opere Pontificie per le vocazioni: una per il Clero secolare, l’altra per i Religiosi, che vale pure per gli Istituti Secolari.
Il nostro Istituto Regina Apostolorum ha l’impegno di pregare ed operare per tutte le vocazioni e per tutti gli apostolati. Risulta il loro spirito dalla preghiera che le Suore recitano ogni giorno:
Preghiera delle Apostoline per le vocazioni
Padre nostro che siete nei cieli, io vi offro con tutti i Sacerdoti Gesù-Ostia e me stessa piccola vittima:
1. In adorazione e ringraziamento perché nel Figlio
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vostro siete l’autore del Sacerdozio, dello Stato religioso e di ogni vocazione.
2. In riparazione al vostro cuore paterno per le vocazioni trascurate, impedite o tradite.
3. Per ridonarvi in Gesù Cristo quanto i chiamati hanno mancato alla vostra gloria, alle anime, a se stessi.
4. Perché tutti comprendano l’appello di Gesù Cristo: La messe è molta, gli operai pochi; pregate perché siano mandati operai alla mietitura.
5. Perché ovunque si formi un clima familiare, religioso, sociale adatto alla custodia e corrispondenza delle vocazioni.
6. Perché genitori, Sacerdoti, educatori aprano la via con la parola e gli aiuti materiali e spirituali ai chiamati.
7. Perché si segua Gesù Maestro Via, Verità, Vita nella ricerca e formazione delle vocazioni.
8. Perché i chiamati siano santi, luce del mondo, sale della terra.
9. Perché in tutti si formi una profonda coscienza vocazionaria: tutti i cattolici, con tutti i mezzi, per tutte le vocazioni ed apostolati.
10. Perché tutti noi conosciamo la nostra ignoranza e miseria e il bisogno di stare sempre, umilmente, innanzi al santo Tabernacolo per invocare luce, pietà, grazia.
L’Istituto è adolescente. Tuttavia ha già dati alcuni frutti: il Corso di orientamento nella vita per corrispondenza; il libro E tu, che farai?; propaganda
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spicciola; la rivista vocazionaria: Vieni e seguimi. Tutto ebbe buona accoglienza.
Se corrisponderà ai disegni di Dio, darà un buon apporto al massimo problema della Chiesa: le vocazioni.
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Art. 64. Il novizio che si trovasse in pericolo di morte, a sua spirituale consolazione, può essere ammesso, dal Superiore maggiore, oppure dal Superiore della casa del noviziato, o da un loro delegato, a fare la professione, quantunque non abbia ultimato il tempo del noviziato, secondo la formula ordinaria della professione, per quanto è possibile, e senza alcuna limitazione di tempo.
Art. 65. Il novizio che avesse emesso in tal modo la professione, acquista l’indulgenza plenaria a modo di giubileo e diviene partecipe di tutte le indulgenze, dei suffragi e delle grazie di cui godono i religiosi professi che muoiono nella Società; ma questa professione non ha altri effetti giuridici.
Art. 66. Perciò se il novizio guarisce, si trova nella medesima condizione di prima, come se cioè non avesse emesso alcuna professione; è quindi libero, se vuole, di ritornare al secolo; i Superiori possono dimetterlo; è tenuto a completare il tempo del noviziato, e, se sarà stato perseverante, trascorso il tempo del noviziato, dovrà emettere la vera professione.
Art. 67. Il novizio può lasciare liberamente il noviziato,
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o essere dimesso dal Superiore maggiore, dopo che ha udito il parere del Consiglio, per qualunque giusto motivo, senza che lo stesso Superiore sia tenuto a manifestare al novizio la causa della dimissione. Le cose che il novizio aveva portato con sé e non vennero consumate con l’uso, se esce dalla religione senza avere emessa la professione, devono essergli restituite, fermo sempre restando ciò che prescrivono gli art. 35 e 36.
Art. 68. Terminato il noviziato, se è giudicato idoneo, il novizio sia ammesso alla professione, a norma dell’art. 76; diversamente, sia dimesso. Se dovesse rimanere qualche dubbio sulla sua idoneità, il Superiore maggiore, sentito il parere del Consiglio, può prorogare il tempo di prova, non però oltre sei mesi.
Art. 69. Prima della professione dei voti il novizio, per tutto il tempo in cui sarà legato dai voti, deve cedere l’amministrazione dei suoi beni a chi crederà meglio, e disporre liberamente del loro uso e usufrutto. Tale cessione e disposizione non ha più valore in caso di uscita dalla Società.
Art. 70. La cessione e disposizione di cui all’art. 69, venga effettuata per atto pubblico o privato, ma in modo tale che possa prevenire ogni difficoltà, e possa sempre essere revocata.
Art. 71. Il novizio, avanti la professione dei voti, deve pure fare liberamente testamento dei suoi beni presenti o di quelli che in seguito potrebbe ricevere.
Art. 72. I novizi destinati al sacerdozio, avanti la
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professione dei voti, presentino per iscritto domanda al Superiore: in essa diano esplicita testimonianza della propria vocazione allo stato religioso e clericale, ed esprimano al tempo stesso il fermo proposito di consacrarsi in perpetuo, per quanto sta da loro, alla vita sacerdotale, nello stato religioso; domanda e dichiarazione devono essere conservate nell’archivio della Società.
La direzione spirituale
La direzione spirituale è parte del ministero pastorale: la cura individuale di anime; viene dalla missione segnata ed esercitata dal Maestro Divino: Insegnate a fare quanto io vi ho comandato [cf. Mt 28,20]. È l’arte pastorale di condurre anime progressivamente dagli inizi della vita spirituale sino alla sommità della perfezione, secondo la rispettiva vocazione e secondo i doni e le grazie di ognuno.
Nel progetto di Catechismo proposto per la Chiesa universale vi sono queste domande e risposte:
1. Che cos’è la direzione spirituale?
Dicesi direzione spirituale il dare ed anche il ricevere norme di condotta del tutto concrete e adatte allo stato d’animo di colui al quale si rivolgono.
2. Quale differenza c’è tra la confessione e la direzione spirituale?
Tra la confessione e la direzione spirituale c’è questa differenza, che la confessione tocca solo l’accusa
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delle colpe; mentre la direzione spirituale risale alla causa dei peccati per trovare i vari rimedi che impediscono il progresso spirituale.
3. È utile la direzione spirituale?
La direzione spirituale è utilissima per progredire con sicurezza nelle virtù e per non cadere con facilità in illusioni sul proprio conto senza una buona guida.
4. Chi è il direttore spirituale?
Il direttore spirituale è quel Sacerdote che aiuta le anime a progredire nella via della perfezione, e al quale, a questo scopo, si manifestano i segreti della coscienza buoni e cattivi.
5. Che cosa deve fare il direttore spirituale?
Il direttore spirituale deve conoscere intimamente l’anima che si è affidata alle sue cure per dirigerla secondo i disegni di Dio.
6. Che cosa deve conoscere della nostra anima il direttore spirituale?
Il direttore spirituale deve conoscere della nostra anima le inclinazioni, il temperamento, il carattere, le abitudini contratte, le tentazioni, le imprudenze e soprattutto il grado di volontà.
7. Chi dobbiamo scegliere per direttore spirituale?
Per direttore spirituale dobbiamo scegliere un Sacerdote di vita interiore, prudente ed esperto nella direzione delle anime.
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8. È opportuno che il direttore spirituale sia il confessore stesso?
È molto opportuno che il direttore spirituale sia il confessore stesso, perché può meglio conoscerci e dirigerci.
9. Quali obblighi abbiamo verso il direttore spirituale?
Verso il direttore spirituale abbiamo l’obbligo di aprirgli con sincerità l’anima nostra, di pregare il Signore perché lo illumini e di seguire con docilità i suoi consigli.
Necessità. Dice la Scrittura: Consilium semper a sapiente require (Tb 4,19). Sempre chiedi consiglio al sapiente; non avrai a pentirtene. Fili, sine consilio nihil facias; et post factum non pœnitebis1 (Sir 32,24).
La ragione è ovvia: chi deve fare per la prima volta un viaggio ne domanda la strada a chi l’ha già fatta e forse anche ha veduto altri a farla. E quale viaggio può trovarsi più difficile che il cammino sempre insidiato della perfezione cristiana?
Gesù Cristo ha fondato la Chiesa come Società gerarchica; vi è chi guida e regge; perciò sempre dobbiamo rivolgerci ai rappresentanti di Dio, che hanno le grazie di ufficio. Dio nei casi ordinari non parla alle singole anime; ma si manifesta nei suoi ministri. Quando San Paolo, su la via di Damasco, atterrato da cavallo, domandò: Signore, che vuoi che io faccia?, Gesù Cristo gli rispose: Alzati, entra in città, lì ti verrà
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detto che cosa devi fare. Là il Signore gli mandò Anania che lo istruì e battezzò [cf. At 22,6-16].
Leone XIII insisteva in una lettera al Card. Gibbons sulla utilità della direzione spirituale, affermando che fu sempre praticata nella Chiesa. In ogni Istituto religioso essa è stabilita e praticata; più ancora che nei Seminari, dove pure vi è l’obbligo di avere un Direttore spirituale sempre a disposizione degli Aspiranti.
Il Maestro di spirito o Prefetto dovrà a suo tempo dire la sua parola sopra la vocazione; ora in religione è necessario conoscere intimamente l’Aspirante.
Specialmente si richiede la direzione spirituale in alcuni periodi della vita: il momento critico della giovinezza, il primo esercizio del ministero, più tardi quando si iniziano opere nuove e di particolare impegno. A fianco delle anime più perfette, secondo la storia, si trova costantemente un saggio Direttore spirituale.
Le doti del Direttore spirituale
Il Direttore spirituale. In lui si richiedono:
a) Scienza teologica, morale, ascetica e mistica.
b) Discrezione degli spiriti, per la penetrazione degli spiriti; il che richiede molta prudenza nelle decisioni, chiarezza nei consigli, fermezza nell’esigere. Molto importano il dono del consiglio ed insieme la virtù della prudenza.
c) Esperienza di anime. Se saprà diffidare, pregare, esaminare, essa sarà più presto maturata. Vi sono, però, casi in cui è necessario uno speciale lume dello Spirito Santo.
d) Intensa pietà. È la principale dote. Non si può
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dare ciò che non si ha. Una pietà Cristocentrica, considerando Gesù Cristo Via, Verità e Vita che si ha da vivere in noi, facilita la direzione.
e) Zelo. Farsi tutto a tutti. Non vi è un’anima perfettamente uguale ad un’altra: perciò sapersi adattare. Una buona direzione è lavoro faticoso.
f) Bontà. La vera bontà non spezza la canna incrinata, apprezza le anime pie che aspirano alla perfezione. Si ottiene più con un’oncia di miele che non con un barile d’aceto, dice San Francesco di Sales.
g) Profonda umiltà, disinteresse, distacco nelle relazioni con le anime. Dove entra l’umanità non si fa parte allo Spirito Santo. San Lorenzo Giustiniani avverte di non fare un furto sacrilego, cioè di farsi amare anziché portare le anime al Signore.
h) Soprattutto un grande amore alla Congregazione; amore soprannaturale ed illuminato.
Azione del Direttore: a) Conoscere l’anima; b) istruirla in dottrina e pazienza; c) controllare la sua vita spirituale; d) correggere i difetti; e) procedere progressivamente; f) osservare i segreti; g) stimolare al vero lavoro spirituale.
Il Diretto. a) Scelta di un santo Direttore, tra diecimila dice San Francesco di Sales; b) piena e sincera apertura di coscienza; c) docilità piena e costante; d) preghiera, discrezione, fiducia, amore soprannaturale.
Particolarità. Raramente la direzione spirituale per lettera; e solo nei casi in cui già si conosce per contatti diretti. Quasi mai con donne; e mai con Suore.
Se interrogato per qualche ragione particolare, il
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Direttore spirituale risponderà con un monosillabo od una sola parola.
Commetterebbe un gravissimo errore un Direttore che pretendesse di imporre a tutte le anime i suoi punti di vista, per quanto buoni; peggio se esigesse che tutte seguano un genere di vita da lui creduto il migliore.
Il vero Direttore di anime scopre i doni di natura e di grazia, i disegni di Dio, le circostanze, ecc.; egli sa che il vero Direttore è lo Spirito Santo; a noi accompagnare l’azione illuminando, richiamando, esigendo la fedeltà alla grazia ed alla vocazione ed ai doveri quotidiani. Il medico e la medicina non creano, ma aiutano la natura; così il medico delle anime.
È necessario che il Confessore e Direttore spirituale siano la medesima persona?
Non è necessario, perché sono due funzioni distinte. Presso gli Istituti religiosi tanto meno, perché il Maestro dei Novizi non può essere confessore.
Fuori di questo caso, è tuttavia molto conveniente che il Confessore ed il Direttore spirituale siano un’unica persona; sarà più facile e più efficace la direzione tanto per parte del Sacerdote che per parte della persona diretta.
Una difficoltà. Si dice: presso di noi si cambia spesso il Maestro di spirito o Prefetto; e l’Aspirante si trova disorientato per la varietà delle direzioni.
Se si fa bene da parte del diretto e del Direttore, vi sarà anziché disorientamento un maggior stimolo.
Il Direttore ha in principio una parte direi negativa:
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sentire i propositi dell’Aspirante, i consigli che ha già ricevuti, ecc.; poi, passando alla parte attiva, lo stimola, gli ricorda propositi e avvisi già ricevuti, ecc.; così da rafforzarlo, assicurarlo, dargli un nuovo sigillo; di modo che il diretto più facilmente si formerà un carattere ed una personalità decisa, mediante la continuità in un lavoro costante ed uguale.
Santità e ambiguità dell’amicizia
Un buon Direttore spirituale è l’ideale di un vero amico; quello che si può dire vero tesoro. A questo punto conviene una parola per distinguere.
Le sante e le perverse amicizie
È stato scritto che la vera amicizia è una cosa rara e divina, è il segno certo di un’anima nobile ed una delle ricompense visibili annesse alla virtù.
Un amico fedele è una forte protezione, e chi lo trova ha trovato un tesoro. Nulla può essere paragonato ad un amico fedele; il suo prezzo è incalcolabile. Un amico fedele è rimedio salutare; coloro che temono il Signore lo troveranno. Così parla lo Spirito Santo nel libro dell’Ecclesiastico (Sir 6,14-16).
L’esperienza conferma tutti i giorni questa verità. Lo stimolo di un vero amico è uno dei più efficaci per il dominio di se stessi e la pratica del bene. Difatti la vera amicizia, come dice Bossuet, è una alleanza tra due anime che si uniscono per operare il bene. La vera amicizia è disinteressata, paziente fino all’eroismo, sincera e trasparente. Non conosce la doppiezza, né l’ipocrisia, loda l’amico per le sue buone qualità, però
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gli scopre con santa libertà i difetti e le debolezze allo scopo di correggerlo. Non ha nulla di sensuale. Essa apprezza e ama unicamente il valore morale dell’amico. L’amicizia, dice ancora Bossuet, è la perfezione della carità. Per questo, non ci può essere vera amicizia se non si appoggia alla virtù. Scrive il P. Lacordaire: Non posso amare qualche persona senza che l’anima se ne vada dietro al cuore e in mezzo vi passi Gesù. Non mi sembrano intime le comunicazioni se non sono soprannaturali. Quale intimità ci può essere dove non si vede fino in fondo pensieri e affetti che riempiano l’anima di Dio?. Aristotele distingueva tre specie di amicizie: una fondata nel piacere (sensuale), un’altra nell’interesse (utilitarista), e la terza nella virtù (onesta). Solamente quest’ultima è vera amicizia.
Tre sono i principali vantaggi di un’amicizia vera e santa: quello di trovare nell’amico un consigliere intimo, al quale confidiamo i problemi della nostra anima perché ci aiuti a risolverli; un prudente correttore, che ci dirà la verità sui nostri difetti e ci impedirà di commettere innumerevoli imprudenze; un consolatore, infine, che ascolterà con bontà le nostre pene e troverà nel suo cuore le parole opportune per addolcire. Così opera un buon Direttore spirituale.
Come evitare le deviazioni
Ma nel mondo si incontrano talvolta deviazioni pericolose. È necessario essere guardinghi affinché l’amicizia sia contenuta sempre dentro i suoi veri limiti e non esca dall’alveo della virtù. Non si può trovare una forza
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distruggitrice del bene tanto formidabile quanto una cattiva amicizia.
Comincia taluno – scrive San Francesco di Sales – coll’amore virtuoso, ma se non sarà molto cauto, vi si introdurrà l’amore vano, poi l’amore sensibile, indi l’amore carnale.
I segni caratteristici per conoscere che il cuore incomincia a deviare verso la sensualità sono i seguenti:
a) il cercarsi senza vero bisogno vicendevolmente; il prolungare per vari pretesti la conversazione;
b) il frequentarsi con contatti o corrispondenza; l’appartarsi ed il discorrere misterioso; forse l’amico appare nel sogno, poiché manca il controllo dell’intelletto e della volontà. Infine la passione si manifesta in tutta la sua forza.
La condotta pratica:
a) Quando comincia con una certa insistenza il primo movimento, interromperlo energicamente. Si è ancora in tempo. Non soffermarsi su quella persona neppure un istante. Se occorre, si faccia su ciò l’esame particolare.
b) Se si è giunti ad un punto grave, forse non conviene interrompere bruscamente codesto moto; la qual cosa aprirebbe una breccia nel cuore e produrrebbe un disturbo psicologico forse peggiore della stessa malattia. È meglio smorzarlo progressivamente, impedendogli nuove manifestazioni con una vigilanza costante e una lotta tenace fino alla sua totale estinzione.
L’azione del Direttore è del tutto necessaria e paziente assieme.
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È da notarsi che nelle comunità questi pericoli sono frequenti tra coetanei, particolarmente quando vivono assieme piccoli e adulti. Sono difficilissimi a correggersi; spesso occorre il taglio, sempre almeno allontanare le occasioni.
Ritengo che è pericolosissimo, sotto pretesto spirituale, scambi particolari di preghiere, piccoli doni, fotografie; [occorre] pregare sempre per tutti, in generale; eccetto per casi di singolari necessità. Tra religiosi e persone di diverso sesso, anche se pie e religiose, non si usino patti: tra la mamma spirituale, la sorella spirituale, ed il figlio od il fratello spirituale, ecc..
Ai Superiori qui un dovere molto ingrato, ma è dovere.
Che fra i due ci stia sempre l’Angelo Custode!, diceva un savio ed esperto Direttore di spirito.
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1 “Non far nulla senza riflessione: alla fine dell’azione non te ne pentirai”.