PREFAZIONE
1. Il titolo dell’opera
Ut perfectus sit homo Dei (UPS) è un’espressione estratta da 2Tm 3,17 – ut perfectus sit homo Dei ad omne opus bonum instructus – in un contesto che per tema ha la lettura della Bibbia come una via alla perfezione pastorale di Timoteo. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. La formazione, o una preparazione completa del discepolo di Paolo a uomo di Dio, o a religioso pastore, sembra il motivo per cui è stato scelto questo versetto come titolo per la raccolta di istruzioni, meditazioni e conferenze tenute dal Fondatore e da altri Paolini ai Paolini durante il mese di aprile 1960 ad Ariccia (Roma).
Il titolo per i quattro volumi, pubblicati tra il 1960 e il 1962, sarebbe stato suggerito da Giuseppe Mariani SSP, secondo una lettera del 12 marzo 1982 inviata dallo stesso Mariani in risposta ad un’altra di Don Andrea Damino.1 Don Alberione, che da sempre intendeva il religioso come uomo perfetto in senso dinamico, non faticò ad assumere l’espressione di Paolo a Timoteo come sintesi generale del suo corso straordinario di Esercizi.
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2. L’adunata di un mese ad Ariccia
Il presente volume, unico, è composto delle 50 istruzioni di Don Alberione, precedute da una introduzione, anch’essa autografa,2 e di una conclusione con l’indirizzo del Primo Maestro a papa Giovanni XXIII e della risposta del Papa a tutti i partecipanti.
UPS I-IV (1960-1962) conteneva molto più materiale, come le 54 meditazioni (dettate a turno da Don Giovanni Roatta, Don Desiderio Costa, Don Pierino Marazza, Don Stefano Lamera e Don Guido Paganini) e le circa 18 conferenze a carattere pratico, tenute anch’esse da vari conferenzieri, tutti paolini.
L’adunata del 1960 era stata preparata bene e per tempo.3
Un programma, vicino a quello definitivo, era apparso sul San Paolo del febbraio 1959.4 Allora già si parlava del corso speciale di Esercizi Ss., per una più perfetta vita paolina, segnata nelle Costituzioni. Si sarebbe trattato di giorni di preghiera e di aggiornamento, allo scopo di vivere lo spirito genuino paolino. Su quello stesso numero del San Paolo si chiariva inoltre che l’aggiornamento riguarda la pratica delle Costituzioni nelle circostanze della vita, di luoghi, di tempo; in relazione ed attuazione degli apostolati. Il Primo Maestro era allora preoccupato del pericolo di venire frainteso sull’aggiornamento. Spiegava infatti subito che la Famiglia Paolina si è completata ora; non ha da aggiornarsi al modo di benemeriti Istituti esistenti da vari secoli. In grassetto evidenziava la frase: Non è da aggiornare l’Istituto ai tempi, perché piuttosto li precede; ma da aggiornare noi stessi all’Istituto, in conoscenza, amore, vita, apostolato.
L’Istituto era la Società San Paolo, ma inserita nell’intera Famiglia Paolina: Aggiornamento – dunque – nell’approfondimento della vocazione specifica, nella piena conoscenza della famiglia paolina (sic, minuscolo) completata... Infatti piacque al Signore di completare la Famiglia Paolina, secondo la sua grazia, sapienza, e secondo il disegno con cui è nata.
I principali punti da svolgere erano le quattro parti o le quattro ruote del carro: a) vita spirituale; b) studio; c) apostolato (redazione, tecnica, propaganda); d) povertà.
Tra gli argomenti per i tempi liberi erano incluse le relazioni interne, esterne e quelle tra le Famiglie Paoline, cioè tra congregazioni e istituti e con la Società San Paolo. Il governo, come argomento importante e a sé stante, doveva venir bene articolato in nove punti.
Anche il San Paolo dell’aprile-maggio 19595 fu praticamente dedicato per intero all’adunata aprile 1960. Corso speciale di Esercizi Ss., per rafforzare meglio la pedana di lancio; per prendere meglio quota; per rinvigorire le forze; per stabilire definitivamente la vita in Gesù Cristo Via, Verità e Vita; per l’ibi fixa sint corda ubi vera sunt gaudia; per procedere sotto la protezione della Regina Apostolorum; per camminare sopra la strada di S. Paolo in santità e apostolato.
Don Alberione motivava quel programma con un presentimento di morte: Io sto all’epilogo della vita; in preparazione prossima alla morte; consummatum est. Esortava pertanto la Società San Paolo sparsa per il mondo con un augurio: A voi, in generale, ancora lunga è la strada: lo auguro e prego: sino al cursum consummavi paolino.
Il corso di Esercizi sarebbe stato una specie di resoconto finale del cammino fatto fino allora dalla intera Congregazione, con il Primo Maestro a 76 anni di età, ma ancora pienamente presente, alla guida della Congregazione e dell’intera Famiglia Paolina. Le intenzioni erano chiare: l’adunata – voluta come pausa in risposta all’evangelico requiescite pusillum ad Ariccia, in una casa, tutta e sola per gli Esercizi Ss.,6 – sarebbe stata l’occasione giusta per raccogliere, precisare e sviluppare i vari elementi carismatici che dagli inizi erano venuti strutturando soprattutto la Società San Paolo, per confluire finalmente nelle sue Costituzioni7 del 1957.8
Il corso straordinario, primo della serie dei tre previsti e da distribuire entro il 1960, 1962 e 1964 per permettere a tutti i Sacerdoti e i Discepoli paolini di parteciparvi e intervenirvi,9 può essere considerato un’eredità carismatica alla quale i Paolini, della prima ora e quelli che sarebbero succeduti, dovevano aggiornare la vita per poter progredire senza ripensamenti lungo la via intrapresa.
Ancora il San Paolo dell’aprile-maggio 1959 iniziava con le parole: Si è camminato assai nel corso dei 45 anni (1914-1959) (CISP 190). Più avanti, però, Don Alberione chiariva che era ormai necessario camminare assieme, nello stesso spirito, e non solo più come Società San Paolo ma come famiglia ingrandita. Il corso si proponeva, infatti, come altro scopo, l’aggiornamento dei membri alla Congregazione ed alla Famiglia Paolina; e come il testamento spirituale, conclusivo della missione che mi impose il Signore.
A camminare insieme si impara andando avanti e non indietro. Infatti il Signore accende le lampadine, in avanti, man mano che si cammina ed occorre: non le accende tutte, subito, all’inizio, quando ancora non occorrono; non spreca la luce; ma le dà sempre a tempore opportuno.
Da un libretto-guida – Raduno Paolino, Aprile 1960, Casa degli Esercizi 1960 – che era nelle mani dei partecipanti, si apprende l’elenco dei partecipanti al corso speciale, provenienti sia dall’Italia,10 la maggioranza, che dall’estero.11 Dall’Italia i partecipanti previsti erano 77, di cui 21 Discepoli e il resto Sacerdoti. Dall’estero, per la maggior parte anch’essi italiani, dovevano essere 59, di cui 11 Discepoli e gli altri Sacerdoti.
Questo grande numero (125-126)12 di presenti ad Ariccia, a scuola dal Primo Maestro e da altri membri esperti di cose paoline, è un altro indicatore della importanza di questo raduno.
La giornata era strutturata in modo spirituale come quella tipica di un corso di Esercizi. La levata suonava alle 5,30 e alle 6,00 si iniziavano le preghiere seguite da una prima meditazione. Dalle 7,00 alle 8,30 si celebravano, individualmente, le Messe lette, mentre alle 9,00 partecipavano tutti alla Messa solenne, seguita dalla prima istruzione del Primo Maestro e da riflessioni personali. Alle 11,30 iniziava l’ora di Visita, in comune, e alle 12,30 si andava a pranzo. Alle 15,30 ancora il Primo Maestro dettava la seconda istruzione, seguita dai riflessi e dal caffè. Alle 17,00 si celebrava la Via Crucis nel parco; e alle 18,30 si recitava il Rosario, seguito da una seconda meditazione. Alle 19,30 era impartita la benedizione eucaristica preceduta da preghiere e canti paolini. Seguiva la cena. Durante la seconda, terza e quarta settimana, la Visita era anticipata di mezz’ora per fare spazio, alle 12,00, ad una conferenza di un’ora, mezz’ora di esposizione e mezz’ora di dibattito. Il pranzo veniva spostato alle 13,00 e il resto dell’orario rimaneva per lo più invariato. Le Domeniche erano libere. La stessa celebrazione del Triduo Pasquale apportò variazioni di orario minori all’intenso programma di lavoro e preghiera. Il tempo per la recita dell’Ufficio Divino era lasciato alla libera scelta di ognuno. Durante la prima settimana (1-9 aprile) il silenzio era assoluto, come si esigeva per gli ordinari otto giorni di Esercizi spirituali. Nelle successive tre settimane si poteva anche parlare (o mormorare), ma solo dopopranzo, e moderate, submissa voce. Durante i pasti si ascoltava invece la lettura della Bibbia. Per l’immediato dopopranzo era raccomandata una visitina al Tabernacolo con la recita del Pange lingua.
Anche questa suddivisione del tempo, mentre fa fede di come pensava, agiva ed esigeva allora Don Alberione dai suoi, può suggerire una chiave di interpretazione – o di attualizzazione – delle varie istruzioni raccolte in questo volume.
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3. L’ambiente ecclesiale in cui l’opera si inserisce
La data da considerare leggendo questi testi è l’aprile 1960.
Angelo Giuseppe Roncalli (nato il 25 novembre 1881, qualche anno prima di Don Alberione) era già papa dal 28 ottobre 1958, con il nome di Giovanni XXIII, e dal 25 gennaio 1959 aveva annunciato la celebrazione di un prossimo Concilio ecumenico.
Negli anni immediatamente precedenti si discuteva vivacemente di cinema cattolico, ma anche di radio e televisione,13 soprattutto dopo la pubblicazione della Miranda prorsus, del 1957. Come già per la stampa, si riconoscevano ormai apertamente limiti e potenzialità pastorali e apostoliche dei nuovi mezzi offerti anche alla Chiesa per esprimersi.
Nelle sue istruzioni sull’apostolato, sulla formazione dei giovani e su quella continua di tutti i membri dell’Istituto, Don Alberione recepisce i documenti con l’insegnamento della Chiesa al riguardo.
Ma nel corso di aprile, è troppo presto per percepire quel radicale e profondo cambiamento che sta per verificarsi con il Concilio. È percepibile una certa fatica ad aggiornarsi insieme, in sintonia con il resto della comunità ecclesiale.
La Domenica pomeriggio del 25 gennaio 1959, festa della conversione di San Paolo e giornata conclusiva dell’ottavario per l’unità dei cristiani, il Papa aveva convocato un concistoro segreto nella basilica di San Paolo fuori le mura, del quale L’Osservatore Romano (26-27 gennaio 1959) pubblicò una breve relazione e un compendio dell’allocuzione pontificia tenuta in quell’occasione. Per andare incontro alle presenti necessità del popolo cristiano, il Sommo Pontefice, ispirandosi alle consuetudini secolari della Chiesa, ha annunciato tre avvenimenti della massima importanza, e cioè: un sinodo diocesano per l’Urbe, la celebrazione di un concilio ecumenico per la Chiesa universale, e l’aggiornamento del Codice di Diritto Canonico, preceduto dalla prossima promulgazione del Codice di Diritto Orientale. Per quanto riguarda la celebrazione del Concilio ecumenico, esso, nel pensiero del Santo Padre, mira non solo alla edificazione del popolo cristiano, ma vuol essere altresì un invito alle comunità separate per la ricerca dell’unità, a cui tante anime oggi anelano da tutti i punti della terra.14
Secondo una testimonianza di Don Renato Perino, la fisionomia di Chiesa come fortezza assediata, sulla difensiva, cominciò allora a trasformarsi in casa aperta al mondo intero, ecumenica nel senso più universale. Don Alberione, pur nella sua fedeltà e devozione incondizionata al Papa, sentiva da tempo la necessità per la Chiesa di un profondo rinnovamento. Conversando confidenzialmente con qualcuno dei paolini,15 pur apprezzando il magistero di Pio XII per i suoi interventi pressoché quotidiani sulle più disparate realtà umane e spirituali, non esitava ad auspicare per la Chiesa riforme concrete e incisive.
Dal canto suo, quando Giovanni XXIII indice il Concilio ecumenico e vi invita il nostro Fondatore, Don Alberione partecipa con entusiasmo sia alle sessioni sia alla grande impresa dell’aggiornamento della Chiesa,16 e non tanto teoricamente o in astratto, quanto a piccoli passi e lungo la sua Via, la linea retta, che per tutti i cristiani è sempre il Cristo Maestro e primo Pastore della Chiesa. La validità di questo metodo evangelico gli fa percepire la necessità di dinamismo e novità, e di insistere ancora sulla validità di iniziative apostoliche concrete, sempre rispondenti ai nuovi bisogni e ai segni dei tempi, e utilizzando i mezzi sempre più celeri ed efficaci.
Se nell’universo ecclesiastico si inizia ora a parlare di fratelli separati non più per condannarli come protestanti, ma per invitarli ad un cammino verso l’unità, e se si parla di concilio ecumenico, Don Alberione raduna di fatto, e ancora prima della celebrazione del Concilio, da tutto il mondo ad Ariccia, una sua piccola ONU 17 per illustrare a tutti i suoi un rinnovato spirito di Famiglia, che è universale quanto ai tempi, ai luoghi, ai mezzi e ai contenuti della grande missione ricevuta dal Signore.
Forse, per questo nuovo modo di affrontare le cose da parte del Primo Maestro, particolarmente significativa era stata la sua partecipazione al I Congresso generale – internazionale – degli istituti religiosi, che si era tenuto a Roma dal 26.11 all’8.12 nell’Anno Santo 1950.18 Tema di quel convegno era stato proprio l’aggiornamento degli istituti di perfezione al tempo e alle circostanze attuali, rispetto alla vita e alla disciplina, alla istruzione e alla formazione dei membri, all’apostolato ordinario e straordinario. Dall’8 al 14.12.1957, il II Congresso generale era stato invece ordinato, come disse Pio XII nel discorso di chiusura, a fare un bilancio dei progressi registrati dovunque nel movimento di organizzazione e di rinnovazione degli istituti stessi.
Assieme ai temi della universalità e unità, anche Don Alberione ad Ariccia fece emergere quello di una organizzazione internazionale, riflettendo sulla necessità di assumere totalità e modernità di linguaggio e di mezzi, per arrivare realmente a tutti gli uomini di oggi con il Vangelo di sempre. La sinodalità, che sarà esaltata dall’imminente Concilio, come necessità della Chiesa di camminare assieme incontro a Dio e incontro al mondo del proprio tempo, sembra anch’essa un metodo valido che Don Alberione fa proprio attraverso la completezza della Famiglia coestesa con la parrocchia del Papa, al mondo intero.
Camminare insieme può rinnovarci.
La stessa complessità della missione aperta a tutti e con tutti i mezzi nuovi e vecchi, diventa un principio di aggiornamento continuo,19 se questo è inteso come crescita spirituale e insieme come adattamento pastorale alle mutevoli circostanze del tempo.
Altro argomento del corso, che insieme vale anche come una proposta di interpretazione, Don Alberione lo lascia consapevolmente in eredità, quando parla del progresso come di un dovere, cercando il meglio per l’apostolato.
Il religioso Paolino – egli diceva in una istruzione – ha scelto la parte migliore, cioè la perfezione,20 intendendo per perfezione quel dinamismo perseverante alla base della formazione del singolo religioso, sia egli Discepolo o Sacerdote, come dell’Istituto e della Famiglia.
La storia è maestra della vita. Le esperienze altrui possono utilizzarsi per noi; le esperienze nostre ci ammaestrano anche più. Vivere con le persone più istruite, utilizzare le conversazioni, le corrispondenze, prenderne consiglio, indirizzo. Il saggio preferisce le conversazioni, le conferenze, i libri migliori. Le migliori scuole, i migliori maestri, i migliori centri di cultura.21
Secondo Don Alberione, bisogna migliorarsi incessantemente, non isolandosi ma imparando anche dagli altri.
A un rinnovamento pastorale,22 che sarà il motivo melodico dell’imminente Concilio, Don Alberione era molto sensibile da sempre. Nel 1960 uscì anche la terza edizione dei suoi Appunti di Teologia Pastorale.23 La commentava Domenico Grasso, S.I.:
La pubblicazione della costituzione Sedes Sapientiæ del 31 maggio 1956, integrata dall’altra non meno importante del 3 giugno 1958, con la quale Pio XII costituiva il Pontificio Istituto di Pastorale presso la Pontificia Università del Laterano, ha fornito l’occasione a Don Giacomo Alberione di curare una riedizione aggiornata dei suoi Appunti di pastorale usciti nel 1912. La scienza pastorale, come si sa, è della massima attualità. Ogni libro che viene pubblicato in questo settore suscita interesse e discussioni. L’idea, perciò, di rivedere un libro che ai suoi tempi ebbe un grande successo, è stata quanto mai opportuna. Il compito della revisione è stato affidato da Don Alberione a mons. G. Pistoni del Seminario di Modena. Ne è risultato uno studio che ogni sacerdote in cura d’anime dovrebbe conoscere, perché è un’autentica miniera di consigli pratici e di iniziative sul come rendere fecondo il nostro apostolato (cf. Civiltà Cattolica, 1961, II, 408)
In breve, anche con il raduno del ’60, oltre che con altri scritti, Don Alberione indica come sua volontà che la Famiglia cammini sempre più con la Chiesa e con i tempi, mirando all’essenziale della sua vita religiosa e apostolica.
Come uomo del suo tempo, Don Alberione adotta una modernità permanente, come contemporaneità e adattabilità del Vangelo a ogni tempo, a tutti i luoghi, a tutte le persone, con tutti i linguaggi che l’uomo di oggi usa e comprende.
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4. Storia della composizione-raccolta
Nella lettura di queste cinquanta istruzioni che stiamo presentando è necessario tuttavia tener presente anche la storia di UPS, un’opera complessa che si è andata formando in varie tappe, precedenti e successive a quanto detto nell’aprile del 1960 ad Ariccia.
Si è già accennato al fatto che un programma e la descrizione dei contenuti e finalità dell’adunata erano stati pubblicati almeno un anno prima su due numeri del San Paolo.
Secondo la testimonianza di Fratel Silvano De Blasio (segretario personale di Don Alberione) a Don Antonio da Silva, nella dettatura delle sue istruzioni Don Alberione seguiva appunti manoscritti,24 contenuti in un suo taccuino.
Nell’atto della dettatura dell’istruzione, egli si ispirava al programma pubblicato sul San Paolo del febbraio 1959, articolato secondo le quattro parti e seguendo il metodo generale Via, Verità e Vita (dogma-morale-culto; mente-volontà-cuore).
Immediatamente prima del corso, era stato pubblicato il libretto-guida sopra citato,25 con il dettagliato elenco dei partecipanti, degli orari settimanali e quotidiani, ma anche dei titoli delle istruzioni (del Primo Maestro), delle meditazioni e delle conferenze (da tenersi da altri Paolini).
Nell’esposizione degli argomenti Don Alberione non seguiva alla lettera né il programma, né il libretto, né probabilmente gli stessi appunti personali. Scrive Don Damino:
Di solito egli [Don Alberione] iniziava leggendo alcuni articoli delle Costituzioni dai quali prendeva spunto per svolgere le Istruzioni che aveva preparato accuratamente. Ogni tanto, lasciando lo scritto, faceva osservazioni e aggiunte di carattere pratico, molto vivaci. Le istruzioni furono registrate, poi dattiloscritte. Non tutto quello che fu pronunziato nelle istruzioni è passato nella stampa. D’altra parte, lo stesso Fondatore ammise, quasi rammaricandosi, che molte cose restavano da dire, anche su temi importanti, come l’apostolato e il governo della Congregazione: ...e non posso neanche dir tutto in questo corso!.26
Egli aveva incaricato personalmente Don Paganini di incidere su nastro magnetico tutte le istruzioni.27
La trascrizione dattiloscritta della registrazione contiene essa stessa correzioni, cancellature ed aggiunte autografe di Don Alberione. Tuttavia i quattro volumi stampati, anche rispetto al dattiloscritto corretto, riportano varianti, segni evidenti di successive e laboriose revisioni a più mani, sotto la finale approvazione del Primo Maestro.
Nell’edizione che presentiamo, abbiamo considerato definitivo il testo stampato nel 1960-1962.28
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5. Idee principali
Tra gli argomenti importanti dell’attuale edizione non vanno trascurati per lo meno i seguenti:
1. Le Costituzioni (ovviamente nella edizione 1957), quasi una enciclopedia spirituale del Paolino, una sintesi carismatica approvata dalla Chiesa. Abbiamo voluto il massimo: perciò con gioia prendiamo il libro delle Costituzioni, baciamolo, meditiamolo, poiché in esso sono indicati i mezzi migliori, l’optimam partem, per il massimo: la santità.29 Le nostre Costituzioni sono tra le migliori; dalle migliori che vennero consultate si è ricavato il meglio... e la Santa Sede ha messo il suo supremo sigillo.30 Le Costituzioni descrivono autorevolmente la spiritualità paolina. Le leges credendi, orandi et agendi sono così intime e costituiscono in fondo un’unica legge; come l’uomo, sebbene abbia tre facoltà (intelligenza, sentimento, volontà), è una sola persona. Ed ecco lo spirito che ha guidato tutto il lavoro per costituire la Persona Morale della Pia Società San Paolo: Le Costituzioni Paoline, la pietà paolina, l’apostolato paolino. I canoni e gli articoli sono freddi come il marmo; ma ad essi si è data la vita spirituale. Il libro delle nostre orazioni è più importante per le introduzioni – spirito – che per le formule. All’inizio vi è... un’introduzione speciale che spiega come la pietà dà l’anima alle regole e singoli articoli; comunica lo spirito che informa la giornata paolina e l’apostolato. Così che tutto sia ordinato al fine della gloria di Dio e pace degli uomini. Sopra tutto entra la grazia dello Spirito Santo, che è l’anima dell’anima.31
2. La spiritualità è poi chiaramente articolata nella descrizione di Gesù Cristo Maestro, Via Verità e Vita, come il metodo per la vita spirituale, gli studi e l’apostolato; in secondo luogo è descritta ed esaltata la figura di Maria, Madre, Maestra e Regina degli Apostoli, alla quale appartiene l’ora presente; e in terzo luogo è presentato, seppure in modo non sistematico, San Paolo, come l’Apostolo delle genti, che vive di Cristo con Cristo e per Cristo.
3. Le quattro ruote, o quattro parti in cui è suddiviso lo stesso corso (vita spirituale, studio, apostolato, povertà), devono essere tutte curate dai superiori e funzionare unitamente, in modo equilibrato e al massimo dei loro giri, per spostare in avanti e non indietro il carro che è la comunità ma anche la intera Famiglia Paolina.
4. La Famiglia Paolina ormai è completa,32 con le sue dieci istituzioni, tra le quali la Società San Paolo è altrice.
5. L’Apostolato, considerato il fine speciale dal secondo articolo delle Costituzioni (del 1957): che i membri, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, si applichino con tutte le forze alla divulgazione della dottrina cattolica per mezzo dell’Apostolato dell’Edizione, cioè: stampa, cinema, radio, televisione, e gli altri mezzi più fruttuosi e più celeri, ossia le invenzioni fornite dal progresso umano e richieste dalle necessità e dalle condizioni dei tempi. Facciano quindi in modo i Superiori che tutto quello che, per disposizione di Dio, il progresso sarà riuscito ad inventare nel campo delle scienze umane e della tecnica industriale... abbia veramente a servire per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, ossia per la diffusione della dottrina cattolica. Il pensiero di Don Alberione sul progredire apostolico è espresso anche dagli articoli 242-243: L’Apostolato, secondo il fine speciale della Pia Società S. Paolo, richiede i mezzi tecnici adatti, che diventano come sacri nella divulgazione del vangelo e della dottrina della Chiesa. Perciò Le macchine e gli altri mezzi di apostolato siano i migliori che il progresso dell’arte tecnica in queste cose somministra. All’apostolato è orientata anche la vita comune: Lo stato di perfezione importa una certa vita comune... La Chiesa vuol così indicare pubblicamente l’importanza della comunità per l’opera della santità cristiana. La vita comune non ha sempre lo stesso significato profondo. Per esempio, nell’abbazia benedettina ha un compito molto vasto ed importante ed informa la vita cristiana stessa dei membri, sia nella santità personale come nell’irradiamento apostolico. Invece per molti chierici regolari, e anche per noi, la vita in comune è nata dall’apostolato ed in vista dell’apostolato. Questo carattere di società finalizzata da uno scopo, comprende bensì il bene comune dei membri; ma insieme la stessa osservanza della vita conventuale ha una organizzazione che tiene conto di questo: siamo a servizio di anime: religiosi-apostoli; dare quanto si è acquistato; su l’esempio del Maestro Divino.33
Altri temi importanti sono elencati negli indici in fondo al volume.
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6. Suggerimenti per una letturaLa lettura di un’opera come questa, non più immediatamente percepita come attuale, ci pone qualche problema.
Don Alberione parla e scrive prima del Concilio Vaticano II, prima di un cambio piuttosto profondo nel modo abituale di percepire la realtà del mondo in cui viviamo; prima della promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico e prima delle nuove Costituzioni della Società San Paolo (1984). Egli citava le Costituzioni del 1957 che sono state successivamente aggiornate. Che cosa resta dunque di sempre valido delle cose che egli disse nel 1960?
Un approccio paolino a questi testi può aiutare.
Paolo, a proposito delle Scritture, parla di una lettera che uccide e di uno spirito che fa vivere. Egli ha in mente l’antica Legge che conosceva, osservava e zelava. Tale Legge però, dopo Damasco, è considerata da lui una perdita dinanzi all’incontro personale con il Messia crocifisso ma vivente.
Anche per noi, l’interpretazione di un’opera carismatica come questa non può essere solo o principalmente un ritorno al 1960, bensì una rilettura a partire dal Maestro che è sempre vivente e attuale, oggi.
Da un punto di vista paolino non sarebbe valida una fedeltà alla lettera che ci riportasse indietro senza spingerci anche in avanti.
Altro pericolo da evitare è quello di ritenere falso, o senza importanza per noi lettori di oggi, ciò che è vecchio. Certo, è presumibile che Don Alberione non userebbe oggi lo stesso linguaggio di allora. Sicuramente egli era condizionato, come noi oggi, dalla età e dal tempo. Forse non direbbe più
certe cose mentre ne direbbe altre, per esempio circa la condizione femminile,
34 o sull’uso dei mezzi più celeri ed efficaci di apostolato. La consapevolezza della dignità della donna e il progresso tecnologico hanno fatto qualche passo avanti rispetto agli anni ’60, sia nella società civile che nella Chiesa. La stessa teologia post-conciliare si è sviluppata lungo altri sentieri. In generale è mutata la prospettiva e il modo di percepire la Chiesa.
Tuttavia, se è da evitare il rischio di fondamentalismo, neppure lo scetticismo è l’approccio giusto dinanzi a un testo che, per quanto sia del 1960, per il suo stesso carattere carismatico supera anche il nostro tempo.
Dietro quest’opera c’è l’autorità del Fondatore, così come, per capirci, invisibile nel terreno ma sempre presente e attiva, c’è la radice che fa vivere, e ancora crescere e portare fiori e frutti all’albero. Se si vuole morta la radice, muore l’albero. Perdere il passato è perdere l’identità e la proiezione al futuro.
Che orientamento dunque derivare dalle istruzioni dell’aprile 1960 nella nostra vita paolina di oggi?
Descrittive di una fedeltà creativa al carisma paolino, si rivelano le parole e le espressioni, in questi come in tanti altri testi – segnalazioni di un percorso di lettura, – che esprimono movimento, un’esigenza di dinamismo e perfezionamento continuo: come suggeriscono la stessa immagine del carro con le quattro ruote, il riferimento all’oggi, la spinta ad andare ancora più avanti, a progredire in tutto; l’indicazione del metodo della Via, Verità e Vita; la necessità del camminare con i tempi, cioè con la Chiesa e con il mondo; il camminare assieme, sinodalmente, come Istituto o Congregazione e ormai sempre più anche come Famiglia Paolina, in unità, organizzandosi sempre più e sempre meglio; l’assunzione dei mezzi più moderni, più celeri ed efficaci necessari per l’apostolato; il mirare all’universalità dei contenuti, dei destinatari, dei luoghi; il migliorarsi fino alla perfezione, che sarà definitiva solo con la convalida della corona di gloria.
Don Alberione dunque sposta tappe e traguardo più in alto e più in là di dove siamo arrivati in questi anni. Anche con queste istruzioni, egli offre indicazioni sicure per un cammino che resta da fare; offre un metodo per operare con spirito di iniziativa insieme a quello di conservazione. Ci propone una spiritualità perenne, che si rinnova in una visione della Via del Maestro, e che diventa paolina nel
vivit in me Christus.
* * *In conclusione, le cinquanta istruzioni dettate dal nostro Fondatore nell’adunata del 1960 hanno una rilevanza carismatica che integra l’
Abundantes divitiæ e, in certo senso, lo supera. Qui pulsa l’ansia di trasmettere ai figli la sua eredità spirituale e istituzionale con garanzie di fedeltà e dinamismo. Più volte, infatti, egli dichiara la sua preoccupazione testamentaria e insiste ripetutamente sull’unità, compattezza, complementarietà della Famiglia Paolina.
35Chi legge questi testi espone mente, volontà e cuore ad una sintesi, forse la più matura e autorevole del pensiero di Don Alberione; e può anche finire con l’entusiasmarsi della sua modernità ed eccellenza.
Roma, 1997IL CENTRO DI SPIRITUALITÀ PAOLINA
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1 Al riguardo, Don Rosario F. Esposito ssp considera ininfluente il suggerimento del Mariani. Tale titolo era già nell’ordine delle idee di Don Alberione, il quale comunque l’ha fatto suo (Da una testimonianza scritta il 10 giugno 1995).
2 Pubblicata anche sul San Paolo, aprile-maggio 1960 (cf. Carissimi in San Paolo [CISP] 197-198).
3 Al riguardo, Don Esposito dà una testimonianza personale (in data 10 giugno 1995): “Gli “esercizi ignaziani” del 1960 segnano una svolta molto seria nella storia della spiritualità paolina; i due corsi seguenti [del 1962 e del 1964] non ebbero la medesima carica pentecostale sia al momento della progettazione e della preparazione che per la creatività, l’inventiva, il fervore del momento celebrativo. Don Alberione non aveva eccessiva simpatia per le assemblee molto numerose, a meno che non si trattasse semplicemente di rivolgerle un discorso. Se si trattava invece di partecipare ad un “lavoro” comunitario, sentiva un certo disagio; la dialettica non era il suo forte, mentre la riflessione, il lavorio interiore e dialogo diretto evidenziavano una sensibilità e carica eccezionale. Nonostante tutto, l’esperienza vissuta in quella sala, che allora veniva chiamata “del cinema”, anticipava in qualche modo, a livello domestico, di Cenacolo, alcuni tratti di quella che di lì a poco si sarebbe sentita nell’Aula del Concilio”. Don Esposito elenca poi alcune “esigenze suggestive che nacquero effettivamente dalla comunità radunata”: 1) un rafforzamento della coesione fraterna e del recupero apostolico nella sua trina dimensione: scrivere, produrre, diffondere, con un’accentuazione specifica alla prima dimensione; 2) un’articolazione organizzativa di carattere multinazionale; 3) attenzione all’aspetto antropologico del “reclutamento” e soprattutto della formazione delle vocazioni; 4) accentuazione dell’appartenenza paolina di tutte le congregazioni, istituti, e dei cooperatori viventi nel mondo. Don Esposito conclude con un suggerimento al lettore: “Non direi che il livello degli interventi alberioniani sia sempre altissimo. Ma le pagine di calda ispirazione sono tantissime e ripagano abbondantemente la piccola pazienza a volte richiesta nell’attraversamento di qualche pianura meno variegata”.
4 Cf. CISP 193-195.
5 Cf. CISP 190-193.
6 Cf. San Paolo dell’aprile-maggio 1959 (CISP 190-193).
7 Il corso sarebbe stato una lettura e una spiegazione, ma anche un libero commento agli articoli di queste Costituzioni, intese come la summa paolina, approvata dalla Santa Sede. Un corso simile a questo, Don Alberione lo promosse anche per le Figlie di San Paolo: cf. Spiegazione delle Costituzioni. Istruzioni degli Esercizi straordinari (Ariccia, 15 maggio – 6 giugno 1961), Roma, Figlie di S. Paolo, 1962. Per le Pie Discepole si tenne dal 12 maggio al 1 giugno 1963: le istruzioni del Primo Maestro sono contenute in Alle Pie Discepole del Divin Maestro, vol. VIII, 1963. Nella Introduzione a UPS I (1960) pp. 7-10, riportata anche sul San Paolo n. 3 dell’aprile-maggio 1960 (CISP 197-198), Don Alberione scriveva: “Si terrà per tutti [i Paolini]. Così sono già state annunziate le adunate-Esercizi Ss. per il 1962 e per il 1964”. Sul San Paolo dell’agosto 1961, p. 4, si legge: “Come più volte annunziato, gli Esercizi spirituali straordinari si celebreranno nel 1962. Avranno inizio la sera del 30 giugno; verranno chiusi nel pomeriggio del 30 luglio”. Dovevano parteciparvi tutti i Sacerdoti ordinati entro tutto il 1945 e i Discepoli che avevano emesso la Professione perpetua entro il 1945. Nel n. 8 del San Paolo del giugno-luglio-agosto del 1962, se ne dà un resoconto: “Si sono avute quest’anno due adunanze nella Casa Divin Maestro; mossi tutti dal più vivo desiderio di santità paolina, amore alla Congregazione e generosità nell’apostolato... Ci siamo poi raccolti per il corso straordinario di Esercizi spirituali, durato l’intero mese di luglio, 130 Religiosi, tra Sacerdoti e Discepoli” (cf. CISP 201).
8 Le Costituzioni che Don Alberione aveva tra le mani e leggeva durante il corso erano quelle finite di stampare il 9 marzo del 1957, con cambiamenti e aggiunte riguardanti specialmente lo stato giuridico dei Discepoli. Tali modifiche erano state approvate con un decreto della Sacra Congregazione dei Religiosi del 18 aprile 1956.
9 Cf. il San Paolo dell’agosto-settembre 1959 (CISP 195-196). Don Alberione qui faceva una sorta di catechismo a domande e risposte. “Che cos’è l’adunata del 1960? È un corso straordinario, di Esercizi Ss. di quattro settimane. Qual è il fine principale? Aggiornamento della vita di ciascuno e delle case secondo le Costituzioni... Vi saranno altre adunate come quella del 1960? Sì, come scritto: una seconda nel 1962, una terza nel 1964, per dare a tutti, come chiesto, la possibilità di fare Esercizi Ss. simili e per medesimi fini”.
10 Dalla Casa Generalizia, Alba, Albano, Bari, Catania, Firenze, Milano, Modena, Ostia, Pescara, Roma Vocazionario, Roma Buon Pastore, Roma Sampaolofilm, Sanfrè, Torino, Vicenza, Città del Vaticano.
11 Dall’Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Congo Belga, Cuba, Francia, Germania, Giappone, India, Inghilterra, Irlanda, Isole Filippine, Messico, Portogallo, Spagna, Stati Uniti.
12 Nel registro della Casa Divin Maestro in Ariccia, risulta, al mese di aprile 1960: “1-30 - Corso speciale di esercizi per i Sacerdoti Paolini e Discepoli Divin Maestro (95 Sac. e 30 Disc.)”.
13 Cf. G. PASQUALI, Stampa, cinema, radio nella parola di Pio XII, Roma, Edizioni Paoline, 1953, pp. 158; Le cinèma dans l’enseignement de l’Eglise, Città del Vaticano 1955, pp. 548. Del Magistero della Chiesa sul cinema sono l’enciclica Miranda prorsus di Pio XII, del 1957, che aveva preso il posto della Vigilanti cura (1936) di Pio XI, e il motu proprio di Giovanni XXIII Boni Pastoris, del 22 febbraio 1959, primo solenne documento del pontificato di Giovanni XXIII, sul cinema, la radio e la televisione.
14 Cf. Civiltà Cattolica, 1959, I, 316. A cura della segreteria della Pontificia Commissione Centrale Preparatoria del Concilio Ecumenico Vaticano II. Contemporaneamente al corso dei Paolini ad Ariccia, nel 1960 escono gli Atti del Sommo Pontefice Giovanni XXIII, che si riferiscono al Concilio (Acta et Documenta Concilio Œcumenico Vaticano II apparando, Roma, Tipografia Vaticana 1960, pp. 168)
15 Con lo stesso Don Perino.
16 Si veda in proposito Don Alberione al Concilio Vaticano II, Proposte, Interventi e Appunti, a cura di Andrea Damino SSP, Edizioni dell’Archivio Storico Generale della Famiglia Paolina, Roma 1994.
17 Cf. l’articolo apparso su Orizzonti, n. 8, 1960 su “L’ONU dei Paolini”, firmato da Don Eugenio Fornasari e ripreso dal San Paolo n. 3, del 1960.
18 La meditazione tenuta dal Primo Maestro, la mattina del 6 dicembre nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella, a Roma, dinanzi a religiosi provenienti da tutto il mondo, ebbe per titolo “Gesù Cristo è l’apostolo” e per punti aveva a) lo zelo; b) l’apostolato di Gesù Cristo Via, Verità e Vita; c) alcuni principi pratici. Concludeva con un elenco dei principali apostolati per rispondere alle necessità del mondo moderno. Cf. San Paolo del gennaio 1951 (CISP 557-563). Per tale convegno, in realtà Don Alberione si sentì autorizzato a commissionare interventi di altri paolini. Lo fece con Don Federico Muzzarelli e con Don Esposito, al quale non solo affidò il tema della stampa cattolica, ma diede anche lo schema della trattazione, discutendone poi e correggendone il testo. Gli Atti furono curati dal Muzzarelli e in pratica dalla Famiglia Paolina (Don Esposito, 10 giugno 1995).
19 Già attorno al 1953, Don Alberione rifletteva sulla modernità delle nostre Costituzioni: “Vi sono articoli nelle Costituzioni che non permettono alla Famiglia Paolina di invecchiare o rendersi inutili in società”, cf. AD 130.
20 Cf. III, 58.
21 Cf. II, 213.
22 Cf. il programma dell’“Anno di Pastorale” sul San Paolo, dicembre 1957, II.
23 Alba, Edizioni Paoline, 1960, pp. 422.
24 Don Esposito al riguardo testimonia: “È certo che Don Alberione scrisse per esteso prediche e istruzioni. I testi li vidi quando preparavo il CISP; non ho mai visto manoscritti alberioniani tanto tormentati, rifatti, pasticciati, come quelli del “Raduno 1960””. Di tali manoscritti, però, non è stata finora trovata traccia nell’Archivio della SSP.
25 Il Raduno Paolino è stato rintracciato da Don Antonio da Silva, ascoltando e riascoltando la registrazione delle istruzioni di Don Alberione. Il Primo Maestro in una istruzione ne fece un accenno: “Poi adesso lasciamo da parte altre cose per accennare a ciò che riguarda questi giorni. Settimana di totale silenzio, la presente settimana che abbiamo incominciato, cioè, sì, la prima. Nel libretto-guida è stato scritto... Quindi ringraziamo il Signore di questo corso, particolare, e grazia unica nella vita, forse, per pensare all’anima nostra... E pensare com’è la vita paolina, con le sue quattro ruote: spirito, studio, apostolato, povertà...”. Cf. A. DA SILVA, Il Cammino degli Esercizi spirituali nel pensiero di Don G. Alberione, Centro di spiritualità Paolina, Casa Divin Maestro, Ariccia, 1981.
26 Cf. A. DAMINO, Bibliografia di Don Giacomo Alberione, Roma 1994
3 , 34.
27 Sul San Paolo dell’aprile-maggio 1959, Don Alberione scriveva del corso: “Tutto dovrà essere registrato per il futuro e per gli assenti” (cf. CISP 192).
28 Nella edizione multimediale che il Centro di Spiritualità sta preparando, di questa come di tutte le altre opere di Don Alberione, potranno essere messi contemporaneamente a raffronto la voce del Primo Maestro, quando esiste, con il manoscritto, il dattiloscritto e lo stampato.
29 Cf. I, 43.
30 Cf. I, 52.
31 Cf. I, 310-311.
32 Nonostante che Don Alberione più volte dica, nelle sue istruzioni, che la Famiglia è completa all’aprile 1960 (cf. I, 19; 357; III, 184), non bisogna probabilmente intendere questo aggettivo come se la Famiglia fosse arrivata al suo capolinea, definitivamente ferma. Da un foglietto inserito nel risvolto di un taccuino personale che comincia con l’ottobre 1957 e finisce con il 1963, è riportata una dichiarazione a firma per intero dello stesso Sac. Giacomo Giuseppe Alberione (con data: Ariccia, 10 Agosto 1963) in cui egli afferma: “Questa la santa eredità ai miei successori di completare l’opera”, con riferimento agli istituti femminili che, tutti, dovrebbero avere “a fianco con parallelo fine un rispettivo istituto maschile”.
33 Cf. I, 285.
34 Addebitare comunque a Don Alberione scarsa attenzione al movimento femminile sembra del tutto fuori posto.
35 Testimonianza scritta di Don Renato Perino il 10 giugno 1995.