11. VOI SIETE MIEI AMICI11 1. Chiedere a san Giuseppe che nelle case ed in tutto l'istituto delle pastorelle vi sia tra superiore ed educande un'intimità, familiarità e cooperazione simili a quella che vi fu tra Gesù e san Giuseppe.
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2. Tra l'educatrice e l'educanda deve intercorrere un amicizia tutta santa, un'unione di intenti e di cooperazione, un'alleanza di forza per una migliore formazione. Da una parte la madre che con ogni cura vuole crescere la figlia in sapienza, età e grazia, sino a formare una buona religiosa; dall'altra parte la figlia che, soggetta alla madre, tutto apprende, tutto asseconda, tutto confida; sempre docile, sempre pia, per seguire la sua santissima e bellissima vocazione.
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3. L'amicizia modellata su quella tra il Maestro divino ed i suoi educandi, i futuri apostoli: "Voi siete i miei amici se farete quello che vi comando. Non vi chiamerò già servi perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici perché quanto ho inteso dal Padre mio l'ho manifestato a voi" (Gv 15,14-15). Amicizia che forma, eleva, fa delle sorelle. Poiché in religione un giorno la madre e la figlia si designeranno col nome di sorelle.
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4. Un'amicizia che non si comprende, ma si intuisce vivendola; in questo gioverebbe tanto leggere almeno uno dei libri: "Gesù formatore degli apostoli" o "Gesù maestro dei suoi novizi". La pedagogia divina di questo Maestro è quella da seguirsi. Anche qualche libro del professor Nosengo servirebbe di guida.
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6. L'amicizia di cui parla la Santa Scrittura, è il tesoro prezioso, amicizia quale si strinse tra Davide e Gionata: due anime che si confidavano, si sostenevano, si incoraggiavano.
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7. San Giovanni Bosco era solito salutare così il giovane che veniva a lui: "Amico". Perciò richiamò quel sacrestano che aveva trattato male un birichino di Don Bosco. "Non sai che è mio amico?" L'atteggiamento di superiore genera timore; il comportamento filiale e la dignitosa familiarità formano l'amicizia santa. La nostra educazione vuole trasformare delle giovanette buone, in religiose che cercano la vita perfetta e l'apostolato e piacendo a Dio, la pienezza dell'apostolato, cooperazione allo zelo sacerdotale.
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8. L'educazione non è semplice istruzione o cura della disciplina o avviamento ad una professione; è formazione di una mentalità, di una volontà, di uno spirito veramente pastorale. E' la formazione di tutto un essere nuovo.
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9. San Giuseppe rappresenta sulla terra, verso il Verbo incarnato la paternità di Dio Padre. Egli era pieno di rispetto, stima, venerazione, amore verso il figlio putativo; conosceva pure il suo ufficio verso di lui. E Gesù da parte sua aveva per san Giuseppe riverenza profonda, amore devoto, fiducia serena, docilità costante. San Giuseppe con Maria, dovevano preparare al mondo il Maestro unico, il Sacerdote, l'Ostia Gesù, con perfetta dedizione, mirava al pieno compimento del volere del Padre suo: fine unico, quindi cooperazione cordiale.
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10. Intimità. Non parlo di confessione o direzione riservata al confessore. Parlo dell'accordo intimo, cooperativo, sincero; parlo dell'amicizia intesa secondo la parola ed esempi scritturali; parlo nella lettera e nello spirito delle costituzioni.
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11. E' direzione morale, è comunicazione frequente tra educatrice ed educanda; è vita familiare; è sorgente di molte e molte consolazioni; assicura una percentuale più alta di riuscire. Illuminare, incoraggiare, richiamare, allietare le singole. La predica generale è necessaria; la cura particolare ne garantisce meglio il frutto. Non si lasci mancare un tale aiuto.
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12. Quando si hanno pensieri giusti, la vita prende il suo cammino diritto, in piena coscienza Per questo, si capisce come la educatrice sia via, verità e vita. E' bene penetrare diversi punti dell'enciclica "Illius Divini Magistri".
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13. La confidenza però non s'impone, né si pretende, è cosa che si guadagna mostrandosi buone, premurose, sempre operando fortemente e soavemente. L'educanda non indotta dalla forza o dal timore o da seccanti suppliche, si sentirà di aprirsi da se stessa e per nulla spinta. Questa premura si mostri per la salute, per gli studi, per le difficoltà di apostolato, di vita comune, di scoraggiamenti.
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14. Gode stima e confidenza chi è davvero il bene delle educande, anche con sacrificio. L'egoismo respinge. Illuminare le anime! Accenderle di fiamma divina verso Gesù e Maria, cogliendo le belle occasioni, specialmente le feste liturgiche e i ritiri mensili che sono i giorni in cui Gesù parla meglio alle anime e le anime sentono meglio Gesù.
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15. Ricerca e formazione delle chiamate dai 15 ai 25 anni. Certamente il Signore manda alla sua Chiesa un sufficiente numero di vocazioni. Che nessuno fallisca per causa nostra!
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16. Lo spirito del mondo è contrario a Gesù Cristo. Esso è guidato dal maligno. Lo spirito del mondo è contrario alla vita religiosa. Gesù attestava dei suoi apostoli: "Questi non sono del mondo, come neppure io sono del mondo" (Gv 17,16).
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17. E' una grande battaglia vinta quando si arriva alla professione; ma anche dopo continua la lotta, perché vi sono le lotte contro la perseveranza, e come vincere, camminare sicuri, nonostante la umana fragilità?
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18. Bello il quadro di Gesù fanciullo che si appoggia alla destra sul braccio di Maria ed alla sinistra sul braccio di Giuseppe: ecco l'insegnamento per noi, devozione fiduciosa a Maria ed a Giuseppe, specialmente nell'età giovanile.
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19. Prima di iniziare l'istituto vidi come in un quadro il complesso del suo inizio e lo sviluppo di persone ed opere. Cosa entusiasmante. Ma notai pure ombre che gettarono nell'animo una certa tristezza; e dovetti molto lottare è pregare per vincere la tentazione di desistere dall'opera.
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20. Le ombre rappresentavano quelle che dopo molte cure si sarebbero voltate indietro: dopo aver messo mano all'aratro. Se tutte, sempre, ovunque, si appoggiassero a Maria e a Giuseppe, non ci sarebbero le defezioni e non avremmo la grave pena di pensare alla responsabilità innanzi a Dio, di ognuno di noi, madri e figlie. Occorre in primo luogo, reclutare le vocazioni. Ognuno può qualcosa.
Roma
24 aprile 1950
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11 Roma, 24 aprile 1950
N.B. Nella numerazione si passa dal 4 al 6; il numero 5 è stato saltato.