Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XIV.
LA PERDITA E RITROVAMENTO DI GESU'

Il giovinetto Gesù cresceva in grazia agli occhi di Dio e degli uomini nella casetta di Nazaret con Maria sua madre e con Giuseppe, suo padre putativo: «Et Jesus proficiebat sapientia et aetate et gratia apud Deum et homines» (Luca II, 52). Maria vedeva con gioia questo suo figliuolo, «il più bello tra i figli degli uomini» (Salm. XLIV, 3), il più modesto, il più buono, il più affezionato. Madre fortunata! Ella aveva con sé quel figlio la cui giovinezza era un incanto di bellezza e di bontà. Gesù lavorava col padre ed ebbe l'educazione che si conveniva ad un fanciullo ebreo: educazione tanto curata dal padre e dalla madre.
Appena il giovanetto ebbe raggiunto i dodici anni, la madre lo condusse a Gerusalemme per la solennità della Pasqua. A quell'età, infatti, il fanciullo ebreo diventa «figlio della legge», responsabile dei propri atti e vien chiamato per la prima volta, in giorno di sabato, davanti ai volumi sacri della Legge per benedire l'Eterno che li ha scelti fra tutti i popoli per farli depositari della sua legge. Maria ebbe dunque la gioia di assistere alla presentazione di Gesù al Tempio, gioia che non fu però senza angoscia. Un doloroso
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incidente venne infatti a ricordarle che suo Figlio era destinato ad una missione che esigeva strazianti separazioni. Compiuti i sette giorni delle feste, i genitori presero la via del ritorno, ma Gesù rimase in Gerusalemme senza che essi se ne avvedessero. Nel giorno della partenza vi è tutto un viavai di guide, ordini e contr'ordini, grida di gente che si cerca, calpestio di cavalcature, una gran confusione di uomini e di animali. Con grande fatica riescono a raggrupparsi e a mettersi in viaggio e soltanto durante questo si stabilisce un po' d'ordine. Ben presto però la stanchezza si fa sentire e a quindici chilometri circa dal luogo di partenza si fa la prima tappa. Allora si riuniscono i membri della famiglia. Anche Maria e Giuseppe si ritrovarono. Gli sguardi si incontrano, il cuore palpita, il silenzio chiude loro la bocca, un medesimo pensiero li agita immediatamente: dov'è Gesù? Affannati, corrono di gruppo in gruppo tra le persone che conoscono. Ma né parenti, né conoscenti hanno visto il loro figliuolo. Forse Gesù si sarà fermato con degli amici incontrati alla festa? Verrà da un momento all'altro... ma sopraggiunge la notte e Gesù non appare! Ansanti di amore e di angoscia, Maria e Giuseppe rifecero la via e ritornarono a Gerusalemme in cerca del loro tesoro. Interrogarono le guardie della città, le donne che andavano alla fontana, i facchini, ed i mendicanti, ma nessuno ha visto il loro figliuolo. Finalmente, il terzo giorno, lo trovarono nel Tempio seduto tra i Dottori, ad ascoltarli ed interrogarli mentre tutti i presenti stupivano della sua sapienza e delle sue risposte: «Stupebant omnes, qui eum audiebant, super prudentia, et responsis ejus» (Luc. II, 47).
La Vergine SS.ma si ferma e così pure Giuseppe.
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Avrebbero potuto precipitarsi da lui, abbracciarlo, baciarlo, ma qualcosa di misterioso li trattiene: avevano cercato Gesù tra angosce mortali, immaginando che anche lui li cercasse ed invece lo trovano occupato come se non avesse bisogno di loro! Maria allora, addolorata, lo chiama esclamando: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!» Gesù calmo e sereno: «E perché cercarmi? risponde, non sapevate che io devo occuparmi di ciò che spetta al Padre mio?» (Luc. II, 48-49).
Davanti a Giuseppe, che Maria chiama il Padre di Gesù, il celeste fanciullo si richiama all'altro Padre, al vero Padre suo ed ai suoi imperscrutabili diritti. Egli è venuto al mondo per compiere la volontà del padre e salvare gli uomini: «Descendi de coelo, non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem ejus qui misit me: Son disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma quella di Colui che mi ha mandato» (Giov. VI, 38).
Maria non comprendeva ancora tutta la vastità della missione a lui affidata, tuttavia: «Maria conservabat omnia verba haec conferens in corde suo: conservava nella mente tutte queste cose, e le meditava nel suo cuore» (Luc. II, I9).
Gesù insegnava col suo esempio che, per amore del regno dei cieli, bisogna saper distaccarsi dal proprio Padre, e dalla propria madre e da tutti quelli che amiamo. «E se ne andò con loro a Nazaret e stava soggetto ad essi: Et erat subditus illis» (Luc. Il, 5I).

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Quali ammaestramenti dobbiamo ricavare per noi? Sarebbero molti: la scelta della vocazione, la ricerca di Gesù allorché si perde col peccato,
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l'obbedienza al Padre celeste, la considerazione di Maria sopra i fatti. Notiamo invece una sola cosa: nella vita vi sono molti fatti misteriosi, fatti che Iddio permette per il nostro profitto, per il nostro progresso spirituale. Sono progressi e regressi, fervori e scoraggiamenti, dolorose cadute, tanto che certe anime giungono ad esclamare: ma perché, o Gesù, permetti questo? Proprio come aveva detto Maria: Figlio mio, perché ci hai fatto questo? In queste circostanze bisogna amare Gesù, amarlo tanto e credere che tutto ciò che avviene, avviene per una disposizione divina ed è il meglio per noi. Temiamo di noi, ma confidiamo in Dio, nella sua grazia divina. Quando Gesù ci colma di benefici e ci attira, pensiamo che è la grazia divina che opera; quando sentiamo le tentazioni, pensiamo che siamo noi. Umiliamoci da parte nostra ed eleviamoci tanto per mezzo dell'unione con Gesù. Non aspettiamo la ricompensa sulla terra: il Signore permette tante sofferenze perché vuole che abbiamo maggior merito.
Obbediamo; pensiamo che cosa vorremmo aver fatto in punto di morte; scegliamo quello che ci costa di più: ecco tre regole preziose per superare felicemente gli ostacoli e gli avvenimenti misteriosi della vita.

PENSIERO DI S. BERNARDO. - Nei pericoli, nelle difficoltà, nelle perplessità, pensa a Maria, chiama Maria: il suo nome risuoni sempre sul labbro, ti resti sempre scolpito nel cuore.

ESEMPIO: S. ALFONSO RODRIGUEZ

S. Alfonso Rodriguez fu uno dei più grandi devoti ed apostoli mariani ed è assai venerato per le grazie straordinarie largitegli dal Signore e per la sua tenera devozione verso Maria SS.
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Nacque a Segovia, industriosa e commerciale cittadina della Vecchia Castiglia il 25 luglio 1531. Bambino, dimostrò la sua devozione a Maria, divozione che andò sempre crescendo con gli anni. Dopo una vita un po' agitata, Alfonso conobbe nella prova la voce di Dio che lo chiamava tra i Gesuiti e vi rispose prontamente. Pianse la vita passata, si armò delle potentissime armi della penitenza e dell'orazione e Maria gli mostrò anche sensibilmente quanto questo gli fosse gradito.
Passati esemplarmente i due anni di noviziato fu ammesso ai voti Religiosi. Soleva onorare la SS. Vergine con la recita quotidiana del Rosario, dell'Ufficio dell'Immacolata, delle Litanie, di 12 Salve Regina, e 12 Ave Maria indirizzate a santificare le ore della giornata e della notte.
L'Ave Maria diventò come il suo sospiro, la giaculatoria più spontanea, tanto che dopo morte gli si scoprirono dei calli nel pollice e nell'indice della mano destra per il continuo far scorrere della corona del Rosario. Inoltre aveva fatto il patto con l'Angelo Custode che mentre egli dormiva, l'Angelo avrebbe recitato l'Ave Maria affinché non venisse a mancare il saluto alla sua Regina.
Progrediva ogni giorno più nella virtù dell'orazione e della mortificazione: virtù che lo portarono alla più alta e continua unione con Dio, tanto che alle volte col solo dire: «Signore» oppure «dilectus meus mihi et ego illi» si trovava rapito.
Ma ciò che fece di Alfonso un eroe ed un martire, furono le grandi tentazioni con cui il Signore lo provò e che egli, da valoroso soldato seppe superare.
Grandissimo fu lo zelo di Alfonso per la salute delle anime; pregava incessantemente per i missionari e predicatori della sua Congregazione.
Strumenti del suo zelo furono pure gli scritti tutti ripieni del più grande amor di Dio.
Dopo una vita tutta spesa per il Signore e dopo un'estasi di tre giorni consecutivi, Alfonso volava ad unirsi ai «suoi amori« com'era solito chiamare Gesù e Maria, pronunziando per l'ultima volta i loro nomi adorabili. Il 15 gennaio 1888 Leone XIII lo annoverava insieme con S. Pietro Claver e con l'angelico S. Giovanni Berchmans nel numero dei Santi, mèta promessa a coloro che sono devoti di Maria.

POESIA: INVOCAZIONE

Vorrei volar con rapidissim'ale
come colomba del tuo trono al piede,
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vederti, udirti, come s'ode e vede
cosa quaggiù sensibile mortale.

Ma se il gran cielo in sua beltà ti fascia,
idea perfetta di bontà e clemenza,
Tu ne precorri co' tuoi santi ardori.

Vedi se triste è questa nostra ambascia
fuori di speme e fuor di conoscenza!
Soccorri a noi, o Madre dei dolori!

SEVERINO FERRARI.

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