Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VIII.
L'ANNUNCIAZIONE DI MARIA

Narra S. Luca che, «giunta la pienezza dei tempi, l'Angelo Gabriele, fu mandato da Dio in una città della Galilea detta Nazaret, ad una Vergine sposata ad un uomo della casa di David, di nome Giuseppe, e la Vergine si chiamava Maria. Ed entrato da lei l'Angelo le disse: Salute, o piena di grazia; il Signore è teco! Benedetta tu fra le donne» (Luc. I, 26-28).

I. UMILTÀ DI MARIA. - Al saluto dell'Angelo, scrive S. Agostino, «Maria è riempita di grazia, Eva è mondata dalla sua colpa; la maledizione di Eva si cambia nella benedizione di Maria: «Impleta est Maria gratia, et Eva vacuata est culpa, maledictio Evae in benedictionem mutatur Mariae». Una giovane Vergine concepisce un Dio per dar la pace al mondo, il trionfo al cielo, la salute agli uomini, la vita ai morti, per congiungere l'uomo a Dio. Maria si turbò alla voce dell'Angelo e pensava qual saluto fosse quello. Ma l'Angelo soggiunse: «Ne timeas Maria, invenisti enim gratiam apud Deum: Non temere Maria, tu hai trovato grazia presso Dio» (Luc. I, 30).
«Ah, non temere, Maria, commenta qui S. Bernardo,
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non stupirti se viene un angelo, perché qui viene a te colui che è ben più grande dell'Angelo. Come mai ti sorprende la venuta di un Angelo, mentre hai con te il Signore degli Angeli? Forse che non sei degna di vedere un Angelo visitare una compagna della tua vita, giacché la verginità è veramente vita angelica? In prova di questo, «Tu concepirai, continuò l'Angelo e partorirai un Figlio, cui porrai nome Gesù». (Luc. I, 31).
A questo punto l'inviato di Dio, s'arresta e tace, aspettando rispettosamente la risposta di Maria.
«O Vergine benedetta, esclama S. Bernardo, i Patriarchi, i Profeti, il mondo tutto prostrato ai vostri piedi, sta aspettando ansioso il vostro consenso liberatore. E non senza ragione, perché dalla vostra bocca dipende la consolazione degli afflitti, la redenzione degli schiavi, la liberazione dei dannati, la salute di tutti i figli di Adamo e dell'universo intero. Date, o vergine incomparabile, una pronta affermativa risposta. Deh, affrettatevi, o Signora, a proferire questa parola, che aspettano, trepidando, la terra, il limbo, il cielo. Ma che dico? Il Signore, il Re dell'universo, desidera egli stesso il vostro consenso con tanto ardore come tanto si compiacque della vostra bellezza, poiché per questo consenso egli vuole salvare il mondo».
«Cielo, limbo, terra, rallegratevi e tripudiate, Maria consente! Maria risponde: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola». In quel punto Maria diventa la Sposa e la Madre di Dio!. «Il Verbo si è fatto carne, scrive S. Pier Damiani, ecco quello che la natura ammira, che l'angelo riverisce, che l'uomo anela, che stupisce il cielo, che consola la terra, che sgomenta l'inferno».
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«Un Angelo annunzia, la virtù dell'Altissimo copre Maria, lo Spirito Santo sopravviene, la Vergine crede e, credendo, concepisce restando vergine» (S. Bern.).
Consideriamo la provvidenza divina che conduce Maria e Giuseppe ad abitare a Nazaret, città silenziosa sperduta fra i monti, città che godeva poca fama, tanto che Natanaele parlando di Cristo con Filippo, disse: «A Nazareth potest aliquid boni esse?» (Giov. I, 46). Ma Iddio dispose così perché egli compie le più grandi cose nel silenzio. E' nel silenzio che l'anima progredisce nella virtù, mentre nel troppo parlare facilmente si nasconde il peccato: «in multiloquio non deerit peccatum» (Prov. X, I9). Il silenzio è il germe dei santi pensieri, delle opere generose, dei fatti eroici, «tesori nascosti stanno riposti in una bocca chiusa!» (Eccl. XXX, I8). Il silenzio, scrive S. Giovanni Climaco, è la madre dell'orazione, la liberazione dalla schiavitù, il mantenimento del fuoco dell'amor divino, l'ispezione diligente dei pensieri, la specola donde si scorge il nemico, l'amico delle lacrime salutari; il silenzio ci tiene vivo il pensiero della morte, ci ricorda il giudizio, porta con sé la scienza e la quiete: Taciturnitas est mater orationis, captivitatis revocatio, cogitationum diligens inspectio, specula hostium, lacrimarum amica, memoriae mortis operatrix, iudicii iudicatrix, quieti coniux, scientiae adiectio». Il silenzio è la scuola di ogni virtù. Ecco perché Maria e Giuseppe andarono ad abitare nel silenzio e nel nascondimento. Maria si umiliò e Dio la esaltò: «Fecit mihi magna qui potens est» (Luca I, 49). Da più secoli l'umanità attendeva il Messia liberatore e sapendo che era ormai prossima la sua venuta, ogni fanciulla ebrea sperava di diventare
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l'avventurata Madre del Messia aspettato dalle genti. Soltanto Maria non vi aspirava, volle anzi escludersi dalla possibilità di diventarlo, facendo il voto di verginità. Ella si stimava indegna di poter essere serva di tanta Madre. Ebbene proprio lei che non se l'immaginava, viene scelta da Dio a Madre sua.
O profonda e meravigliosa umiltà di Maria! scrive S. Bonaventura. Un Arcangelo la saluta; le dice che è piena di grazia, le annuncia che lo Spirito Santo scenderà sopra di lei; si vede innalzata alla dignità di Madre di Dio, si vede posta al disopra di tutte le creature, è fatta sovrana del cielo e della terra; e dinanzi a tutte queste grandezze Maria non si inorgoglisce, anzi ognuna di queste grandezze non è per lei che un motivo di più per sprofondarsi nell'umiltà più meravigliosa. Ella proclama: «Ecco l'ancella del Signore» (Luca I, 38).
Maria fu tanto esaltata perché tanto si era umiliata. L'umiltà è il segreto della santità. «Su chi riposa il mio spirito se non sull'umile e sul quieto?». Se Maria non fosse stata umile lo Spirito Santo non si sarebbe posato su di lei. E se non si fosse posato su di lei, non sarebbe diventata Madre di Dio. E' chiaro che se diventò Madre per opera dello Spirito Santo, Iddio, come affermò Ella stessa, guardò l'umiltà della sua serva, più che la sua verginità. «Virginitate placuit, sed humilitate concepit». «O vera umiltà che hai partorito un Dio agli uomini, hai dato la vita ai mortali, hai rinnovato i cieli, purificata la terra, aperto il Paradiso, liberato le anime dalla schiavitù!».
Umiliamo le anime nostre, diceva Giuditta e serviamo a Dio in ispirito di umiltà: Humiliemus illi animas nostras et in spiritu constituti humiliato
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servientes illi» (Giuditta VIII, 16). Si progredisce nella virtù quanto si progredisce nell'umiltà.

II. MARIA FU PURISSIMA. - Maria col voto di verginità si chiuse la via a divenire la Madre del Salvatore e ad avere la lecita soddisfazione d'una prole affezionata. E Iddio fece di lei la più grande Madre. La purezza di Maria fu così esimia, che secondo S. Bernardo, per essa attirò compiacente su di sé lo sguardo del Signore e lo determinò a sceglierla per Madre: «Virginitate placuit». L'apostolato delle anime vergini è molto efficace. Le anime religiose, totalmente consacrate a Dio, diverranno madri di tante anime e più il loro amore verso Gesù sarà intenso, più faranno del bene alle anime.

III. MARIA FU OBBEDIENTISSIMA. - Afferma S. Tommaso da Villanova, che Maria non contraddì mai il Signore, né coi pensieri, né colle parole, né colle azioni, che anzi, spoglia di ogni volontà propria, obbedì sempre ed in ogni cosa alla volontà di Dio. Il cuore di Maria fu continuamente penetrato dal sentimento di sottomissione alla divina volontà, come si espresse all'Arcangelo Gabriele quando le annunciò i progetti dell'Altissimo: «Ecco l'Ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola» (Luc. I, 38).

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Ecco la regola che diresse Maria in tutta la sua vita, in tutte le sue opere e che La rese così grande allo sguardo di Dio. Sia dunque anche la regola d'ogni nostra azione: obbediamo a Dio e ai legittimi Superiori e grande sarà il premio che ne avremo.
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PENSIERO DI S. BERNARDO. - Ecco la Vergine ed ecco l'umile: se non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della Vergine. La Verginità è virtù lodevole, ma l'umiltà è necessaria. L'una è consigliata, l'altra è comandata. All'una sei invitato, all'altra sei obbligato. Dell'una è detto: Chi può comprendere comprenda. Dell'altra invece: Se uno non si fa piccolo come questo fanciullo non entrerà nel regno dei cieli. Quella si premia, questa si esige; puoi insomma salvarti senza la verginità; ma non lo puoi senza l'umiltà. Un'umiltà che piange sulla verginità perduta può piacere; ma senza l'umiltà oso dire che neppure la verginità di Maria sarebbe piaciuta.

ESEMPIO: S. CIPRIANO

Si convertì al cristianesimo circa l'anno 245 e poco dopo venne eletto Vescovo di Cartagine. Il cambiamento di vita operato in lui fu davvero profondo: si votò quasi subito alla pratica della castità e vendette gran parte dei suoi beni elargendone il prezzo ai poveri. Possedé in pieno tutte le qualità d'un autentico uomo di governo e d'autorità davanti a cui s'inchinavano istintivamente anche coloro che non gli erano sudditi. Fu un vero capo nel dirigere la sua Chiesa, sapendo benissimo, a tempo opportuno mostrarsi condiscendente, senza che la sua autorità ne soffrisse il minimo detrimento. La maggior parte dei suoi scritti sono di indole pastorale e danno un'idea esatta di ciò che era il suo spirito squisitamente pratico, che badava a tutto, e che nel governo degli uomini, realizzava la più felice armonia della discrezione e della forza.
Scrisse anche cose bellissime di Maria e della nostra confidenza in Lei. Ne esaltò la verginità e la chiamò «l'albero che ha prodotto il frutto meraviglioso, maturato per sua virtù; casa posseduta dallo Spirito Santo, porta del Salvatore, Santuario custodito dallo Spirito Santo, dimora dell'umanità di Cristo, casa della santità che la terza Persona della SS. Trinità ha voluto ornare, vaso di elezione, nel quale la divinità ha versato ogni pienezza».
Durante la persecuzione di Valeriano, Cipriano fu esiliato a a Curubis, sulle rive mediterranee, ove rimase un anno continuando a governare la sua chiesa e a comporre libri.
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Richiamato a Cartagine nel settembre del 258 fu arrestato e decapitato davanti a tutto il suo popolo. S. Cipriano rimarrà una delle più splendenti figure di Vescovo che sia possibile incontrar nella storia del cristianesimo.

POESIA: L'UMILTA' DI MARIA VERGINE

Non treccia d'oro, non d'occhi vaghezza,
Non costume real, non leggiadria,
Non giovinetta età, non melodia,
Non angelico aspetto, né bellezza,

Poté tirar dalla sovrana altezza
Il Re del Ciel in questa vita ria
Ad incarnare in Te, dolce Maria,
Madre di grazia e specchio di allegrezza;

Ma l'umiltà tua, la qual fu tanta,
Che poté rompere ogni antico sdegno
Tra Dio e l'uomo, e fare il Ciel aprire;

Quella ne presta dunque, Madre Santa,
Sì che possiamo al tuo beato regno
Seguendo lei devoti ancor salire.

GIOVANNI BOCCACCIO.

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