Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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GIORNO DECIMOSETTIMO

Temperanza

S. SCRITTURA

Il Signore parlò ad Achaz dicendo: Domanda a tuo piacere al Signore Dio tuo un segno dal profondo dell'inferno, o lassù nell'eccelso. E Achaz rispose: Nol chiederò e non tenterò il Signore. E disse: Udite dunque casa di David: E' forse poco per voi far torto agli uomini, che fate torto anche al Dio mio? Per questo il Signore vi darà egli stesso un segno: Ecco, una Vergine concepirà e partorirà un figlio, e il nome di lui sarà Emmanuele. E mangerà burro e miele, affinché sappia rigettare il cattivo ed eleggere il buono (Is. 7,10-15).
(Dal Messale: Messa della Madonna nel Sabato).

E' la virtù che frena le passioni e modera l'uso dei cibi, del riposo, della sensibilità secondo la retta ragione e secondo la fede.
La temperanza è virtù principale o cardinale. Se la moderazione è lodevole in ogni virtù, lo è principalmente nell'uso delle cose naturali: cibo,
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riposo, danaro ecc. Benché la bellezza convenga a qualsiasi virtù, alla temperanza si attribuisce in modo eccellente per due ragioni: perché vuole una cosa conveniente e proporzionata in cui consiste il bello; poi perché le cose da cui ci raffrena la temperanza sono infime all'uomo, come quelle che gli si adattano secondo la carne.
Concorre alla temperanza: la verecondia, ossia il timore che S. Tommaso d'Aquino chiama «rossore». Vi concorre l'onestà, cioè il decoro.
Sono frutti della temperanza: la mortificazione, l'astinenza, la sobrietà, la pudicizia, una giusta regola nel riposo e nelle ricreazioni. Le cose create sono buone. Dice infatti la Scrittura: «Tu fai crescere il fieno per i giumenti e gli erbaggi a servizio dell'uomo. Tu fai che venga fuori dalla terra il pane, e che il vino rallegri il cuore dell'uomo; fai sì che l'olio ne renda ilare la faccia, e il pane sostenti il cuore dell'uomo» (Sal. 103,14-15). L'uso quindi è buona cosa; il peccato sta nell'abuso.
La temperanza insegna anche la modestia, virtù la quale vuole una buona convenienza nel vestito, nell'ornamento, nel passo, nella voce, nei giuochi. ecc. «Dove c'è Cristo c'è pure modestia» (S. Gregorio). «Componi l'abito, la voce, il volto, il passo, in modo che riesca di gradimento a Dio, a te di ornamento, al prossimo di edificazione» (S. Ambrogio). Scriveva S. Paolo a Timoteo: «Voglio che le donne si vestano in modo decente, con verecondia e modestia, non riccioli, oro, perle e vesti preziose, ma come s'addice a donne che fanno professione di pietà, con opere buone» (1 Tm. 2,9).
Anche l'umiltà viene dalla temperanza. Essa,
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consiste essenzialmente nel frenare la smania di cose grandi e di lodi umane secondo la stima esatta e non esagerata di noi stessi. E' la virtù propria dei figli di Dio. S. Bernardo la dice «verissima cognizione di sé, per cui l'uomo diventa vile a se stesso».
La Santa Vergine fu temperante nel cibo, mortificata nel riposo, regolata negli affetti e nell'espansione del suo cuore.
S. Giovanni M.Vianney fu temperante nel cibo così da recar meraviglia come potesse vivere ed operare; S. Tommaso d'Aquino fu così privilegiato che per una celebre vittoria venne liberato dagli stimoli della carne; S. Carlo Borromeo riduceva il suo riposo a pochissime ore... Tutti i santi seppero imporsi regole, astinenze, mortificazioni. Maria però li superò tutti come Maestra e Regina. In Lei non eccessi, né abusi, né immoderazioni; per il dono dell'integrità tutto in Lei era ragionevole, moderato, regolato. Prendeva il cibo senza curarsi del gusto, ma solo e sempre per mantenersi nel servizio di Dio. Riposava col suo corpo, ma il suo cuore vegliava con Dio. Il suo cuore con tutte le forze, aveva per unico oggetto il Signore; nel Signore e soltanto in Lui amava S. Giuseppe, il suo Gesù, i suoi parenti, gli uomini tutti. Mai la ripugnanza la tratteneva, mai alcuna voglia immoderata la trascinava.
Nell'uomo vi sono passioni le quali sono forze che ci possono servire e spingere al bene o al male, ma purtroppo divenute ribelli per il peccato originale, spingono spesso verso il male.
In Maria non fu così; esse servivano solo al bene.
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L'amore era diretto sempre al bene; l'odio rivolto sempre contro il male. Desiderava sempre il Regno di Dio e la sua giustizia; aveva una inimicizia irreconciliabile col peccato. Si rallegrava di ogni cosa che piacesse al Signore, temeva solo l'offesa di Dio. E così tutte le passioni erano come docili pecorelle sulle quali era pieno il suo domino e che sempre Ella guidava all'ovile di Gesù Cristo.

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La superbia è un'immoderazione nella stima di noi e nel desiderio della gloria, quindi essa gonfia, è ambiziosa, si compiace vanamente. Maria fu perfettamente umile: nella mente, ove solo la verità dominava: nella volontà che solo e sempre cercava la gloria di Dio; nel «Magnificat anima mea Dominum»; nelle vesti sempre conformi alla semplicità, alla povertà, alla modestia; nelle azioni, poiché serviva a tutti, si metteva all'ultimo posto per quanto stava da Sé, obbediva sempre devotamente seguendo tutte le disposizioni che le venivano comunicate.
La superbia è il principio d'ogni peccato; l'umiltà il principio d'ogni virtù. Maria fu umilissima: Come non vi fu creatura tanto innalzata - dice S. Bernardino da Siena - così non vi fu creatura che tanto si abbassasse nel concetto di se stessa: Sicut nulla... creatura tantum ascendit... sic nec tantum descendit in abyssum humilitate. Non si credeva peccatrice, anzi conosceva i singoli suoi privilegi; ma li riferiva tutti alla bontà di Dio, ritenendosi come una povera ancella gratuitamente beneficata. Nel sublime suo canto Ella non parla che di Dio, e di sé: ma di Dio
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per esaltarlo, di sé solo per abbassarsi. «Magnificat anima mea Dominum, et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo» [Lc. 1,46-47].
Come dicesse: Voi, o Elisabetta, mi esaltate, per la dignità che mi è conferita, ma io esalto il Signore che me l'ha data, avendo compassione della povertà della sua serva.
E l'umilissima fra tutte le creature tenne con somma cura celato il suo tesoro. Apprende dall'Arcangelo, i più sublimi misteri; ma perché ridondano a gloria sua rimangono sepolti nel suo cuore; non ne fa parola con alcuno, neppure col sacerdote Zaccaria suo congiunto, non con Elisabetta alla quale sapeva averli Dio rivelati; nemmeno con Giuseppe nella circostanza più delicata, in cui pareva che ogni ragione dovesse indurla a parlare. Non basta: quando il suo divin Figliuolo operava strepitosi prodigi: saziare con pochi pani tante migliaia di uomini, liberare ossessi, risanare infermi, risuscitare morti, Maria si tenne nascosta: non fece mai direttamente cenno d'essergli madre. Quando invece saliva il Calvario e spirava come un malfattore sulla croce, allora si fece conoscere per madre di Gesù, e assistette fra gli scherni alle sue mortali agonie. Non vi è pura creatura che abbia congiunta tanta umiltà con tanti doni. Iddio, dicono i santi Padri, glieli versò in seno senza misura: nobiltà di natali, talenti di spirito, perfezione di corpo, pregi d'ogni maniera nel grado più eminente; bellezza ma senza ostentazioni, sapienza ma senza arroganza, affabilità ma senza leggerezza. L'alba nascente, il sole nel suo meriggio, la luna argentea, i fiori più vaghi, le piante più belle sono immagini per rappresentarcela. Ricca poi di doni
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interni: immaginazione tranquilla e pura, volontà retta, libertà più perfetta di quella degli Angeli e di Adamo nello stato d'innocenza, passioni sempre regolate, carne sì santa da meritare d'esser la carne dell'Uomo Dio; nessuna inclinazione disordinata, nessuna lusinga, orrore ad ogni male, attrattiva ammirabile per la virtù; calma imperturbabile nei pensieri, negli affetti, nelle operazioni; soavità di carattere senza esempio. Eppure in mezzo a tanta ricchezza di doni qual fu il portamento di Maria? Quanto più si vedeva esaltata, tanto più s'abbassava; e come non vi fu anima di Lei più ricca, così non vi fu anima di Lei più umile. «Omnis vallis implebitur» (Lc. 3,5). Maria, dice S. Bonaventura, fuit vallis vallium, quia fuit humillima humilium.
Esercizio perfetto di temperanza
: La moderazione insegna a non lasciarci abbattere nelle contrarietà, non esaltarci nelle cose prospere. La vita dei giusti sulla terra è intessuta di tribolazioni e di consolazioni: Misericors Deus moestis rebus quaedam etiam jucunda permiscuit, dice S. Giov[anni] Crisostomo; quod certe cum sanctis omnibus fecit, quos neque tribulationes, neque iucunditates sinit perpetuas habere. Così fu di Maria.
Dopo lo sposalizio con S. Giuseppe ebbe la consolazione di visitare Elisabetta e di riempire quella santa casa della gioia più pura; ma di lì a non molto fu trafitta nel più profondo dell'animo dalle angustie del suo Sposo. Fu inebriata di gioia alla nascita del Verbo incarnato, ma fu subito amareggiata nel vederlo nascere in tanta povertà. Fu consolata dalla adorazione dei Magi, ma fu tosto turbata dalla profezia di Simeone che, a guisa di spada, le trapassò l'anima. Per evitare
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le ricerche di Erode, fu costretta a fuggire in Egitto. Dopo qualche tempo ricevette il comando di rimpatriare; ma anche il gaudio del ritorno fu intorpidito dal timore di Archelao. Per alcuni anni godette in Nazaret la compagnia del suo caro Gesù; ma nel ritorno da Gerusalemme lo perdette e passò tre giorni in un mare di angustie.
Ebbe gran consolazione quando Gesù diè inizio alla sua predicazione; ma non fu minore l'angustia per le persecuzioni degli Scribi e dei Farisei che terminarono col fare di Lui l'Uomo dei dolori e di Lei Regina dei Martiri. A questi dolori seguì poi l'allegrezza della risurrezione e dell'ascensione al Cielo.
Maria fu sempre uguale a se stessa; penava, ma non si abbatteva nel dolore; gioiva nelle consolazioni, ma non si esaltava; virtù perfetta!
Senza l'umiltà è impossibile salvarsi: «In verità vi dico, se non mutate e non divenite come pargoli, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt. 18,5). «Se tu domandassi qual sia la strada per raggiungere la verità; qual cosa sia principale nella religione, nella scuola di Cristo, ti risponderò: la prima è l'umiltà. Qual è la seconda? L'umiltà. Qual è la terza? L'umiltà. E se cento volte mi interrogassi, cento volte ti darei la medesima risposta» (S. Agostino). «Vuoi innalzare una gran fabbrica che non solo vada fino al cielo, ma fino al cospetto di Dio? Pensa prima al fondamento dell'umiltà, e quanto più in alto si vuole spingere la mole dell'edificio, tanto più profonde si scavino le fondamenta dell'umiltà» (Sant'Agostino).
La moderazione dell'ira produce la mansuetudine. Gesù disse: «Imparate da me che sono mansueto
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ed umile di cuore» (Mt. 11,29). Giustamente Gesù associa la mansuetudine all'umiltà, perché questa non può praticarsi senza di quella. La mansuetudine non è debolezza di carattere, ma virtù interna; richiede grande fortezza il dominare noi stessi. I veri mansueti non solo temperano l'ira, ma se ne astengono secondo disse Gesù Cristo: «lo vi dico di non resistere al malvagio, anzi, a chi vi percuote nella guancia destra, porgetegli anche l'altra» (Mt. 5,38).

DIVOZIONE A MARIA

FESTA DELL'UMILTA' DI MARIA

La Vergine divenne la gran madre per l'umiltà.
L'umiltà, dice S. Bernardo, è il fondamento e la custodia delle virtù. Dio è sì amante dell'umiltà che subito corre dove la vede. Questa virtù era sconosciuta prima di Gesù Cristo, il quale venne in terra per insegnarcela col suo esempio e volle che noi l'imitassimo specialmente nell'umiltà: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore». Or siccome Maria fu la prima e più perfetta discepola di Gesù in tutte le virtù, così si distinse anche nell'umiltà. La Chiesa oggi ci pone sott'occhio l'esempio d'umiltà della nostra Madre celeste.

PREGHIAMO MARIA

Orazione: O Dio, che poni lo sguardo sulle cose umili e le superbe le guardi solo da lontano, concedi ai tuoi servi di imitare con purità di cuore l'umiltà della beata e sempre Vergine Maria, la quale per la verginità ti piacque e
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per l'umiltà concepì nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figliuolo,

Secreta: Quest'offerta ci ottenga, o Signore, per l'intercessione della B. Vergine e Madre di Dio Maria, la grazia della vera umiltà e sradichi dal nostro cuore la concupiscenza della carne e degli occhi e l'ambizione del mondo così, che vivendo sobriamente, secondo la giustizia e secondo la pietà conseguiamo i premi eterni.

Dopocomunione: La comunione di questo sacramento cancelli, o Signore, le macchie dei nostri peccati, e, per l'intercessione della beata e sempre Vergine Maria, ci conduca, per la via dell'umiltà, al regno celeste.

ESEMPIO

S. GABRIELE DELL'ADDOLORATA

Uno dei Santi che maggiormente si distinsero ai nostri giorni nella divozione a Maria, è senza dubbio S. Gabriele dell'Addolorata. Il suo amore verso la S. Vergine, lo portò ad uno studio indefesso e sempre crescente per togliere dal suo cuore tutto ciò che a Lei potesse non piacere. Lo portò ancora ad imitare le virtù per esserLe maggiormente accetto; ad operare e patire per lei. A ben riuscire in quest'opera non vi fu difficoltà e sacrificio capace ad arrestarlo: tutto affrontò con slancio e generosità. «Nessun giorno, diceva, mi passerà senza compiere atti di virtù da coronare il capo verginale della Madre mia» ed in questo suo mortificarsi per amore della Vergine, adoperava le più squisite maniere.
Frenare la naturale curiosità di riguardare gli oggetti più innocenti; concentrare i sentimenti esteriori per non farli troppo vagare in immagini
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distrattive; conservare un predominio continuo sui proprii affetti... Questa serie di piccole vittorie vinte nel campo del proprio spirito, era da lui indirizzata al nobilissimo scopo di piacere sempre più a Maria.
Non negava cosa alcuna a chi gliela chiedesse per amor di Maria. Se anche qualche cosa non gli andava a genio la eseguiva con gioia per piacere alla celeste Madre. E questo chiaramente si constatò nell'ultima sua malattia in cui non poteva prendere il ristoro che gli veniva somministrato. Ma se il fratello infermiere lo pregava dicendo: Ne gusti qualche altro sorso per amore della Madonna, allora si levava subito sul letto, arrendendosi dolcissimamente.
Per piacere a Maria si spogliò totalmente del suo giudizio e della sua volontà rendendosi docile e pieghevole a chicchessia; imparò a sopportare i disagi con allegrezza, le noie e le tentazioni con coraggio e confidenza: si studiò insomma di ricopiare in sé quanto fu possibile, l'immagine di Gesù per amore di Maria.

LODE

Regina del cielo, t'allieta, alleluia.
Perché colui che meritasti portare, alleluia,

E' risuscitato, siccome disse, alleluia.
Prega per noi Dio, alleluia.

Godi e rallegrati, Vergine Maria, alleluia.
Perché il Signore è veramente risorto. Alleluia.
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