Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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GIORNO VENTESIMO

Povertà

S. SCRITTURA

Ed avvenne che mentre quivi si trovavano, per Lei si compì il tempo del parto, e partorì il Figlio suo Primogenito, Lo fasciò e lo pose in una mangiatoia perché non c'era posto per Loro nell'albergo (Lc. 2,6-7).
Beati i poveri di spirito perché di essi è il Regno dei cieli (Mt. 5,3).

La povertà di Maria SS. - La povertà nel senso evangelico non è penuria di beni materiali; ma amore alla povertà, spirito di povertà, distacco dai beni della terra, a preferenza dei quali si cercano i beni del cielo «Regnum coelorum». La virtù della povertà può stare tanto con la scarsezza come con l'abbondanza degli averi. Dice S. Bernardo «Non paupertas sed amor paupertatis virtus est». S. Paolo nel suo alto spirito di povertà diceva: «Scio et humiliare et abundare; et satiare et esaurire et abundare et penuriam pati» (Fil. 4,12).
Aspirare al cielo, cercare il regno di Gesù Cristo
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e la santità è la prima e la sola cosa necessaria: il lavoro poi e la cura delle cose che occorrono per la vita materiale si compiranno come doveri, come mezzo per conseguire i beni eterni: «Thesaurizate vobis thesaurum in coelis» (Mt. 6,20). La povertà ha vari gradi: alcuni sono di vero dovere, altri di consiglio. «In sudore vultus tui vesceris pane» (Gen. 3,19). E' legge comune; perciò intìma: chi non lavora, non mangi (2 Ts. 3,10). Può essere il lavoro di indole materiale, morale, intellettuale. Anche il rispetto alla roba altrui è grave obbligo derivante da natura.
«Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli» (Mt. 5,3). La prima beatitudine è annunciata da Gesù Cristo al mondo che stupisce di questa dottrina affatto nuova.
Vi sono coloro che lasciano tutto per amore di Gesù Cristo, seguendo il consiglio evangelico: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto, danne il prezzo ai poveri, poi vieni e seguimi» (Mt. 19,21).

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Chi ama con affetto sregolato i beni della terra non sarà mai santo, dice S. Filippo Neri. Santa Teresa si spiega così: Giustamente si perde chi segue cose perdute, o che si perderanno in morte.
Sono beati i poveri perché quelli che cercano solo Dio, in Dio trovano ogni bene; trovano nella povertà il loro Paradiso in terra, come lo trovò S. Francesco nel dire: Deus meus et omnia. «Ama quell'unico bene in cui sono tutti i beni», esortava S. Agostino: «Ama unum bonum in quo
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sunt omnia bona». S. Ignazio pregava: «Amorem solum cum gratia tua mihi dones, et dives sum satis». Quando ci affligge la povertà, consoliamoci pensando che Gesù e la Madre sua sono stati anche poveri come noi: «Pauper, - disse S. Bonaventura, - multum consolari potes de paupertate Mariae et de paupertate Christi».
Madre mia SS., ben Voi avete ragione di dire che in Dio era il vostro gaudio: «Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo» [Lc. 1,47]: perché in questo mondo voi non ambiste né amaste altro bene che Dio. Trahe me post te. Signora, staccatemi dal mondo e tiratemi appresso voi ad amare quell'uno che solo merita d'essere amato.
La povertà dai pagani e da molti cristiani stessi è riguardata con spavento, pur ammettendo in teoria che le ricchezze non sono quelle che rendono felici; Gesù Cristo invece la praticò, l'insegnò ed elevò ad essere uno dei tre più grandi consigli dati agli uomini. La povertà non è in sé il consiglio principale, quindi nemmeno il voto principale, ma è il punto di partenza. Di qui s'incomincia il distacco reale dal mondo ed essa è il primo gradino della scala verso i beni eterni, verso Dio, Bene infinito.
Perciò la rinuncia delle ricchezze e il distacco reale ed effettivo da esse, è il primo atto che impose Gesù agli Apostoli, al giovanotto che chiedeva la via della perfezione ed a quanti lo vogliono seguire. S. Francesco d'Assisi che è il dottore, l'amante e lo sposo della povertà, imponeva per prima cosa, a coloro che chiedevano di entrare fra i suoi seguaci, di vendere quanto avevano e distribuirlo ai poveri, come aveva praticato Gesù stesso nel Vangelo.
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Inoltre la povertà, come è il primo passo per entrare nello spirito cristiano e religioso, così continua a rimanere la prima condizione affinché lo spirito cristiano e religioso possano mantenersi e svilupparsi. L'umile vince il superbo, il casto vince il vizioso, il povero vince il ricco e lo trasforma in suo cooperatore, poiché rimane armato di quella forza divina insita nella povertà che vince il mondo.

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Maria fu povera per affetto. - La S. Vergine, illuminata dello Spirito Santo, comprese quale segreto di meriti e di pace sia nella povertà. Ella cercò quella beatitudine che, poi, Gesù Cristo annunziò al mondo: «Beati i poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli» (Mt. 5,3).
Dice S. Pier Canisio, che dei beni paterni Ella avrebbe avuto di che vivere comodamente; ma per amor della povertà, toltane una piccolissima parte, volle spropriarsene, distribuendoli fra i poveri ed il Tempio. Anzi aggiungono antichi e gravi autori che avendo appreso come l'aspettato Messia sarebbe stato povero e nelle fatiche fino dai suoi primi anni: «Pauper sum ego et in laboribus a iuventute mea» (Sal. 87,16), per imitarlo si obbligò alla povertà con voto. Così fu povera pel distacco da tutti i beni terreni, povera per la rinuncia dei medesimi, povera pel voto fattone a Dio. Il suo cuore, poi, si accese per sì bella virtù nella grotta di Betlemme. Progredì assai in quella scuola dove vide il Verbo Incarnato scegliere per suo albergo una stalla, per suo trono una mangiatoia, per suo corteo due animali,
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quando contemplò, fatto povero per nostro amore, quel Dio che è padrone del Cielo e della terra! La più rigida povertà divenne la sua delizia: la rozza grotta e le povere lane le furono più care di una reggia e di preziose vesti. Impariamo la stima che dobbiamo fare delle ricchezze: il Figliuolo di Dio chiama beati i poveri di spirito, nasce povero, vive e muore povero. La sua SS. Madre abbraccia la povertà, vive e muore nella povertà, condivide con perfetto cuore la vita poverissima del Figlio suo Gesù. Ecco il nostro Maestro! Ecco la nostra Maestra!

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Maria fu povera in effetto. La vita di Maria fu in ogni circostanza priva non solo di agiatezze, ma spesso mancante del necessario. Dio Le dà per isposo un uomo santo, ma così povero che è costretto a guadagnarsi il pane col sudore della fronte. Quando va a Betlemme non trova un albergo, perché vi compare in tutto l'aspetto di povera; per questo «non erat eis locus in diversorio» (Lc. 2,7).
Costretta ad uscire di città cerca un ricovero e lo trova in una stalla esposta ai venti ed alle piogge, priva di tutte le cose necessarie alle circostanze. Nell'Egitto come vive? Col lavoro delle sue mani e colle fatiche del santo suo sposo. Quante volte si sarà trovata in tale scarsezza di mezzi da poter a mala pena sostentare la vita! Quante volte avrà trovato nel cibo, nell'alloggio, in tutte le cose gli effetti della più rigida povertà!
Fu un giorno invitata a nozze; ma a quali nozze? Di sposi che nel più bello della mensa
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mancarono di vino; gli inviti in simili circostanze si sogliono fare tra uguali ed amici; or se chi invitò, fu sì povero, non molto dissimile doveva essere la condizione degli invitati. Il suo Divin Figlio poté dire: «Vulpes foveas habent, volucres coeli nidos, Filius autem hominis non habet ubi caput reclinet» (Lc. 9,58; Mt. 8,20). Se il Redentore non aveva dove posare il capo, poteva essere molto dissomigliante da Lui la sua Madre SS.? La povertà di Maria si estendeva a tutte le cose; le vesti che al dir di S. Epifanio, portava sempre di lana e di lino; all'abitazione povera: la S. Casa di Loreto ce ne persuade; al cibo scarso e comune: «Cibus, dice S. Ambrogio, plerumque obvius quit mortem arcere, non delicias ministrare». L'Apostolo S. Paolo era contento di avere di che sostentarsi e coprirsi, non cercando altro; così Maria desiderava solo di rassomigliare sempre più al suo Divin Figlio morto povero su d'una croce. Il Calvario dove Gesù morì ignudo su di un duro legno fu per Maria altra scuola per la quale progredì ancor più in questa virtù.

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Maria si mostrò povera. Ella non nascondeva la sua povertà, ma voleva apparire ed essere stimata tale da tutti. Dopo la nascita di Gesù offrì al Tempio un paio di tortorelle o colombi che era l'offerta dei poveri. Non avrebbe potuto con l'oro ricevuto dai Magi fare l'offerta dei ricchi? Certamente. Ma l'oro, dice S. Bonaventura, passò ben presto dalle sue alle mani di Giuseppe, e da queste a quelle dei poveri. Rimasta così nella sua indigenza, gode di essere annoverata nel
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numero delle povere e di comparire in faccia a tutti quello che era.
Quando Gesù dalla croce pensò di dare un sostegno alla sua SS. Madre, l'affidò ad un povero: l'apostolo S. Giovanni. Avrebbe potuto consegnarla a qualche discepolo già agiato, come a Giuseppe d'Arimatea e a Nicodemo, ma non lo fece, dice S. Agostino, per assecondare le mire e lo spirito di Maria, che voleva vivere povera ed essere riconosciuta come tale.
Gli apostoli raccoglievano le elemosine dai fedeli e le dividevano tra le vedove bisognose dell'altrui carità; Maria non si vergognò di ricevere come le altre la sua parte: anzi volle pubblicamente appartenere a questo numero come affermano S. Beda Venerabile, l'Abate Ruperto e altri.
L'esempio di Maria ci animi a comparire in faccia a tutto il mondo coi segni della povertà di Gesù Cristo: Se per amor suo hai lasciato i beni della terra, fa' in modo che tutti conoscano che non te ne penti e non ti vergogni di apparire suo vero seguace.
La povertà toglie uno degli ostacoli più grandi alla perfezione, ch'è la concupiscenza del denaro. Le ricchezze sono occasioni di molti peccati: l'ozio, la superbia, la sensualità, l'egoismo ecc.
La povertà unisce l'anima al Signore che dice: «Io sono la tua ricompensa grande oltre misura»; il povero che ama Dio è felice esclamando «Deus meus et omnia».
La povertà accresce le virtù teologali: infatti S. Ambrogio chiama la povertà madre e nutrice di ogni virtù. Al cuore dei semplici umili poveri il Signore parla; all'anima loro dà la sapienza
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delle verità celesti. Il povero si apre facilmente a sperare e desiderare il Paradiso, nulla aspettandosi dalla terra. Nella povertà il cuore si unisce al Signore, liberamente e con più facile slancio. S. Bernardo scrive: la povertà non si trovava in cielo mentre abbondava in terra: ma l'uomo ne ignorava il valore. Perciò il Figlio di Dio volle scendere dal Cielo per manifestarne il pregio agli uomini; Gesù volle sua compagna la povertà dal presepio alla vita pubblica, dal Calvario al sepolcro.

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Mantenere il cuore distaccato dalle ricchezze è di stretta necessità per salvarsi. Dice Gesù: «Chi non rinunzia a tutto quello che possiede, non può essere mio discepolo» (Lc. 14,33). «Guai a voi, o ricchi! E' più facile che passi un cammello per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli» (Mt. 19,24).
S. Agostino diceva: «Le ricchezze sono un vischio per le ali; impediscono all'anima di elevarsi verso le cose celesti. Dimentica infatti il cielo chi ha la sua consolazione quaggiù». S. Gregorio Magno afferma all'incontro: I poveri volano e quasi non toccano la terra; mantengono il cuore staccato da quel che passa e attendono il loro fine beato in Cielo, secondo l'esempio di Gesù Cristo; acquistano il vero, infinito, eterno Bene, Dio.
Di più: occorre avere pazienza nelle strettezze e privazioni. «Ove è il vostro tesoro, ivi è il vostro cuore» (Mt. 6,21). La povertà è sempre un po' umiliata: per l'abitazione, il vestire, il cibo; per istrada, in Chiesa, in Società. Queste
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umiliazioni però sono glorie; S. Paolo scrive: «Omnia detrimentum feci et arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam: ho stimato spazzatura tutte le cose allo scopo di guadagnare Cristo» (Fil. 3,8).
Diceva il Divin Maestro: «Facite vobis amicos de mammona iniquitatis ut cum defeceritis recipiant vos in aeterna tabernacula: fatevi degli amici colle ricchezze ingiuste, affinché quando veniste a mancare, vi ricevano nelle tende eterne» (Lc. 16,9). Ciò che diamo al povero sarà nostro in eterno. Chi dà al bisognoso riceve da Dio. L'uomo caritatevole troverà misericordia nel gran giorno del Signore. L'elemosina è la banca più sicura.
In ultimo chi ha la vocazione religiosa può imitare più dal vicino la S. Vergine, il Divin Maestro, S. Paolo, S. Francesco d'Assisi, i Santi Religiosi.
S. Alfonso esclama: Madre mia SS. ben Voi avete ragione di dire che in Dio era il vostro gaudio: «et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo: ed il mio spirito esultò in Dio mio Salvatore» (Lc. 1,47); perché in questo mondo Voi non ambiste né amaste altro bene che Dio. Trahe me post Te. Signore staccatemi dal mondo e attiratemi presso Voi ed amare quell'uno che solo merita di essere amato.

DIVOZIONE A MARIA

SPOSALIZIO DI MARIA SS.MA

La Divina Provvidenza, dispose il Matrimonio fra Maria e S. Giuseppe per vari motivi: 1) per
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far vedere che Maria come Giuseppe era della stirpe di Davide; 2) per salvare l'onore della divina Madre; 3) per celare al demonio il Mistero dell'Incarnazione del Verbo; 4) per dare a Gesù chi facesse le veci del Padre Celeste; 5) per dare a Maria un fedele custode della sua Verginità.
Tutti i fedeli hanno da imparare: I coniugi devono ispirare la loro condotta agli esempi di amore e di virtù che rifulgono in Maria e Giuseppe; gli altri a riporre la loro fiducia in Dio.

PREGHIAMO MARIA

Orazione: Dispensa, Te ne preghiamo, Signore, ai tuoi servi il dono della grazia celeste; e come il parto della Vergine fu loro principio di salvezza, così la solennità votiva del Suo Sposalizio apporti loro accrescimento di pace.

Secreta: Ci venga in soccorso, o Signore, l'umanità del tuo Unigenito, e come Egli, nascendo dalla Vergine, non diminuì, ma consacrò l'illibatezza della Madre, così nella solennità dello Sposalizio di Lei, spogliandoci Gesù Cristo Signore nostro dai nostri delitti, ti renda accetta la nostra offerta.

Dopocomunione: Abbiamo ricevuto, o Signore, i Sacramenti votivi della celebrazione annuale, fa', te ne preghiamo, che ci procuriamo i rimedi per la vita temporale e per l'eterna.

ESEMPIO

S. PIER DAMIANI

Ancora piccolo fanciullo trovò un giorno, una moneta d'argento, Egli povero ed orfano era stato ricoverato per carità da un fratello, il quale
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lo trattava poco bene. «Come impiegherò questa moneta?» domandava a se stesso. Vedeva il suo abito sdruscito, sentiva lo stimolo della fame. In quel momento vede passare un Sacerdote, ricorda il padre e la madre defunti, fa una risoluzione: corre dal Sacerdote e: «Prendete, gli dice, fatemi la carità di celebrare una Messa per i miei poveri morti!».
Da quel giorno protetto dalla Vergine, che tanto gradì tale generosità, e favorito dalle anime sante del purgatorio, la sua condizione mutò. Un altro fratello chiamato Damiano, lo accolse, lo mandò a scuola, e Pietro crebbe in sapienza e virtù. Visti un giorno due monaci di S. Romualdo, andò con essi a Fonteavellana e vestì l'abito camaldolese. Divenne un modello di monaco, esemplarissimo e di una ardente divozione a Maria SS. Fu creato Vescovo, quindi Cardinale dal Papa Stefano IX.
Combatté strenuamente gli eretici, ridusse all'obbedienza della sede Apostolica gli abitanti di Ravenna; richiamò al dovere Enrico IV Imperatore di Germania. Fervente Apostolo di Maria ne propagò ovunque il culto, promosse la recita del Suo ufficio speciale nel sabato, giorno a lei consacrato.
Morì serenamente a Faenza l'anno 1072 e fu canonizzato da Leone XII col titolo di Dottore della Chiesa.
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LODE

O gloriosa Virginum,
Sublimis inter sidera,
Qui te creavit, parvulum
Lactente nutris ubere.

Quod Heva tristis abstulit,
Tu reddis almo germine:
Intrent ut astra flebiles,
Caeli recludis cardines.

Tu regis alti janua,
Et aula lucis fulgida:
Vitam datam per Virginem,
Gentes redemptae plaudite.

(Si china il capo dicendo:)

Jesu, Tibi sit gloria,
Qui natus es de Virgine,
Cum Patre et almo Spiritu,
In sempiterna saecula. Amen
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