Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XVII. VITA INTERIORE IN COMUNE (1)
L'anima che veramente ama il Signore trova in lui la pace, trova in lui quel conforto, quella dolcezza la quale supera ogni altro sentimento. E quindi il conservare la bella virtù è più facile, non solo, ma si ha un altro vantaggio, che si verifica ciò che è stato scritto: il voto di castità è il maggior amore, e cioè tutto il sentimento, tutto il cuore si effonde in Dio e nelle anime, si dirige verso il cielo.
Questo è l'amore più santo, è l'amore eterno, è l'amore spirituale, e viene da Dio e ci conduce a Dio.
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Però noi abbiamo un termometro per misurare se interiormente c'è il vero amore al Signore.
Il termometro materiale che serve a misurare la temperatura non vale in questo caso, non vale per misurare l'amore che c'è al Signore nel cuore.
Un altro amore serve come termometro a misurare l'amore verso Dio, cioè l'amor verso il prossimo.
Quando si fa bene l'apostolato, quando c'è impegno a progredire ogni giorno nell'apostolato, allora si può dire che si ama il Signore.
Occorre sempre però l'intenzione retta, che l'apostolato sia fatto in ordine alla salvezza delle anime e in ordine alla gloria di Dio. La rettitudine delle aspirazioni, delle intenzioni.
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E un altro termometro c'è anche ed è l'amore al rinnegamento di noi stessi, alle piccole sofferenze, alle piccole mortificazioni, perché, tolto l'amor proprio, l'amore di Dio può penetrare nell'anima. Quando si toglie l'io il cuore resta pieno di Dio con la preghiera.
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Fra i sacrifici c'è la vita comune. Questo <è un> è veramente un modo di crescere nell'amor di Dio, che è dato alla religiosa. Odisse ut pestem, dispensationem in regulis. Odiare come la peste il dispensarci dalle cose disposte, comandate. Odiare come la peste il chieder così facilmente licenze, permessi, eccezioni. Odiare <come> come peste il facilmente adattarsi alle circostanze. Quando c'è la coscienza e la coscienza ben formata, non si va secondo le circostanze, secondo le attrattive, secondo le impressioni, ma si va secondo i princìpi dati, le disposizioni avute.
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Facilmente viene in certe occasioni questo sentimento, questo desiderio o questo modo di vedere: "E' vero che si farebbe così, che hanno detto così, ecc., ma in questo caso, come mi trovo io, nelle circostanze di tempo, nelle circostanze di persone, si tratta magari di una persona che sta sopra". Oh! quando invece si sta veramente alle disposizioni, agli orari, alle regole, questo importa una continuità di mortificazioni. E quindi è proprio abbracciare la croce della religiosa.
Abbracciare la croce della religiosa.
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Quando san Giovanni Berchmans stava per morire diceva: "Posso attestare che dopo che sono entrato nell'istituto non ho mai trasgredito nessuna regola" (a). Mentre che vi sono persone che si danno alla vita comune, ma con facilità sotto ogni pretesto si disperdono: un po' vogliono più vacanze, un po' vogliono più frequenza di relazioni coi parenti, un po' vogliono cercarsi il posto e preferiscono l'ufficio, la scuola o altra occupazione che è gradita. Resistono alle volte a quello che viene comandato. E se una cosa è imposta, tante volte stentano ad accettarla, non ci mettono l'impegno che dovrebbero metterci.
Allora non c'è la vita comune.
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Della professione religiosa si dice: uniformare la vita alle costituzioni, che vuol dire abbracciare la vita comune. La vita che è descritta nelle costituzioni, la vita che porta all'osservanza di quello che è comandato, di quello che è voluto, sì.
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Che cos'è dunque la vita comune? La vita comune è una vita che s'incentra in Gesù buon Pastore per voi, si incentra nell'Ostia. Perché si è in tante persone, non è vero?, ma un solo spirito, un solo amore, un solo pensiero, un solo volere. Quale? Quel di Gesù, e tutti abbiamo i pensieri, i sentimenti, i voleri di Gesù, allora siamo comuni nei pensieri.
Perché <una quali> una quantità uguale ad una terza, anzi due quantità uguali a una terza sono uguali fra di loro. E due persone che sono uguali nei sentimenti di Gesù, allora sono uguali fra di loro.
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Uguaglianza di pensieri, di desideri, di spirito, di modi di far la pietà, di attendere all'apostolato, di vivere in sostanza: allora si ha la vita comune. E questo quando si vive in Gesù buon Pastore. Si è anche uguali, conformati e comuni nei pensieri con gli altri, <con> lo sarete con le altre, perché saran sempre gli stessi pensieri, gli stessi desideri, gli stessi voleri.
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La vita comune non consiste tanto nel fare questo: aver lo stesso cibo, lo stesso alloggio, lo stesso abito, lo stesso orario... Questo è manifestazione esterna di vita comune e ci deve essere ed è il frutto di quel che c'è dentro. Ma propriamente la vita comune è nell'interno quando si ha comunione di pensieri, di desideri, di voleri; quando si amano le costituzioni, quando si amano le madri, si amano le sorelle, si ama l'orario, si ama l'occupazione, si ama l'ufficio che è assegnato.
Si ama in sostanza la congregazione.
E si è come fuse.
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Che cos'è la formazione? La formazione è un fondere insieme anime. Un fonderle in che maniera? Uniformando pensieri e sentimenti e desideri, abitudini e qualità, uniformandoli alla vita dell'istituto, uniformandoli ai desideri di Gesù buon Pastore. <Uniforma> Fondere i pensieri, i sentimenti, i desideri, le aspirazioni. Ecco /Congregavit nos in unum [Christi] amor/ (a), ci ha radunato lo stesso amore, quindi lo stesso fine.
Si abbraccia allora il primo articolo, la gloria di Dio e la santificazione nostra. Questo articolo, che è il primo delle costituzioni, è comune a tutti gli istituti.
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Il fine generale degli istituti è sempre quello: la gloria di Dio e la santificazione, il progresso dell'anima mediante i santi voti e la vita comune.
E viene qualche volta l'inganno: "Qui non posso santificarmi abbastanza, qui trovo questa difficoltà" ecc. Se non sei buona per un istituto <diffici> difficilissimamente sei buona per un altro istituto. Perché il primo e sostanziale articolo è quello.
Il secondo fine si consegue, si ama, si desidera, si promuove quanto c'è di calore spirituale, quanto c'è di volontà di procurar la gloria di Dio e la santificazione, come dice il primo articolo.
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Fondere, fondere le anime. E per questo bisogna purificare, togliere ciò che è mondano, umano. Alle volte si trovano delle persone che dopo un anno ragionano ancora come in famiglia, come sentivano a casa, come vedevano o si faceva dalle persone mondane. Delle massime, dei sentimenti che sono ancora del mondo.
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Ma allora come può dire Gesù dal tabernacolo può dire al Padre: "Costoro non son del mondo. /Hi/ de mundo non sunt sicut et ego de mundo non sum" [Gv 17,16]. Come può dire Gesù al Padre e può attestare che queste non sono mondane "come non sono anche mondano io". Può dir così? Può dire che egli non è mondano; ma non può dire che loro, che qualche volta loro non sono mondani.
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Delle massime che vanno proprio <ad accu> a riprodurre, ripeter le massime del mondo. Sì. Faccio un esempio strano. Viene la mamma:
- [Voglio] parlare alla mia figlia che è suora.
- Ma sono a scuola.
- E me la chiami, son venuta di lontano.
E non l'han chiamata. E dopo la suora, al modo delle mamme, al modo delle persone del mondo, si lamentava poi con le sorelle:
- Cuore crudele, far aspettar mia mamma che vien da lontano -. Ma c'era l'orario. Dopo un anno da che era suora ragionava ancor così. Ma allora si è ancor del mondo in certi sentimenti.
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Esser veramente le suore di Gesù buon Pastore.
Spose di Gesù.
E' la famiglia nuova che avete da seguire, che avete abbracciato. Quella la famiglia. L'entusiasmo per la famiglia vostra.
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Ecco, quando si arriva a casa madre e si sente una gran gioia e si aspettava il giorno e si previene, - e persino qualcheduno ha sognato il momento di arrivo - allora il cuore è lì. Si ama la vita comune. Si ama la congregazione che è il segno principale della vocazione.
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Ma quando si guarda la casa madre con una certa indifferenza, ma poco vi si interessa o delle pene o dei bisogni o delle gioie o delle solennità. Indifferenza indica poco amore alla vita comune, poco amore alla comunità, poco amore alla congregazione.
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E invece quell'espansione, quel sentire, venendo in casa, [in] casa madre, il cuore contento. Si aspetta il momento di poter conferire, di dir tutto con chi si deve e si vuota il cuore e si vuota l'anima <in poche, in pochi dis> in poche parole, senza bisogno <di gi> di giri e di preamboli e di scuse.
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Oh, allora: cuore aperto! Il cuore dato alla congregazione, consegnato a chi deve dirigere, consegnato a Gesù che è il gran superiore della casa Gesù buon Pastore, a Maria madre del divin Pastore che è la madre dell'istituto, ai santi Apostoli che sono i custodi, Pietro e Paolo, dell'istituto. Ecco l'amore.
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Allora la vita comune. Qualche cosa di pratico. Già detto veramente, ma per discendere tuttavia: far bene le cose comuni di pietà, non cercare altro, né spiritualità né direzione da questo, da quello.
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Spiritualità paolina secondo il buon Pastore. Quello che avete appreso, quello che ho dovuto comunicarvi per volontà di Dio, e che è secondo Iddio. E se tornassi indietro comunicherei di nuovo quello perché so che è nel volere di Dio. E prima di comunicarlo è dal 1908 che prego, e quando ho cominciato a entrare nella parrocchia e come avente la cura di anime allora.
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Oh, quindi lo spirito, la spiritualità. Sentirete tanti consigli. Specialmente vi sono persone che hanno <questo di> questo, diciamolo, desiderio che sembra tutto ispirato da Dio, ma se confessano una persona, se fanno degli esercizi a una comunità per loro c'è solo una spiritualità, per loro c'è solo il loro modo di vedere. Eh no!
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Bisogna che chi confessa, chi predica, chi si avvicina a voi abbia letto le costituzioni, capisca l'istituto e dia quello.
Non vi porti a un'altro spirito. E' buono per chi lo ha abbracciato e chi l'ha professato un altro spirito, o si chiami domenicano o si chiami salesiano o francescano.
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Voi siete le sorelle, le Suore di Gesù buon Pastore. E suore vuol dire sorelle, eh, di Gesù buon Pastore. Non siete contente <di avere> di essere sorelle di Gesù buon Pastore?
Nessuna deviazione. Perdita di tempo eh!
"E ma c'è questo, altri fan quello". Non andate a mangiare la pasta asciutta alla casa del vicino; mangiare il pane di famiglia, della vostra famiglia, sì.
"Altri dicono così". E anche che sia santo per altri, per voi c'è una volontà di Dio precisa, c'è quella vocazione precisa, quello spirito preciso!
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La vita comune prima di tutto dell'interno, nell'interno, sì. E leggevo appunto questo nel libro della Teologia della perfezione *, come vi sono persone che fan perdere tempo alle suore volendo comunicare non quello che le porta nel volere di Dio, <nel segui> nel seguire la loro vocazione, ma in un altro spirito, un'altra forma. Persone quindi che sanno poco. Bisogna pensare quello che è scritto là.
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Si tenga a memoria che il direttore vero delle anime è Dio, il quale ha creato per quello, ha dato la grazia per quello già dal battesimo, l'ha aumentata questa grazia e nella fanciullezza e nella gioventù, nel tempo di formazione e vi ha condotto a vivere in questa forma.
Ecco, il vero direttore di anime è colui che ha formato l'anima vostra, è colui che vi ha comunicato la sua grazia, la sua luce dal battesimo fino al momento attuale.
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Poi, parlando [di] cose particolari: ricevere molto bene gli avvisi da casa madre, e scrivere nelle difficoltà a casa madre, e stare alle decisioni di casa madre. E le circolari interne che siano ben meditate davanti a Gesù buon Pastore, nel santissimo Sacramento, sì.
"Ma noi sentiamo sempre la predica del parroco". E allora si prende quello che fa per voi, ma quello che non fa per voi non lo prendete. "Ma dobbiamo allora star <con gli occhi> con le orecchie chiuse?". No! Prenderlo per dare agli altri quello, non per mangiare voi, ma per dare agli altri cioè ai parrocchiani.
Distinguere bene quello che è il vostro cibo da quello che è il cibo dei semplici fedeli. Voi siete le sorelle di Gesù buon Pastore.
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Oh, altra cosa: avere una devozione, un culto ai voti, sì, per l'osservanza continua, soprannaturale. Inoltre l'osservanza dei regolamenti, degli orari. Poi non cercarvi il posto, l'ufficio, la casa. Non essere curiose di quello che succederà e dove sarete mandate. Non commentare le disposizioni: è difficile che si commentino in senso soprannaturale.
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Non mostrarvi scontente, ma subito, se quell'ufficio dato vi sembra un po' pesante, subito andar da Gesù il quale ha detto: Jugum [enim] meum suave est, et onus meum leve [Mt 11,30], il mio giogo è soave, il mio peso è leggero, ma per chi prega. Per chi prega. Può ripugnare alla natura, ma per chi prega viene caro allo spirito e dolce per lo spirito. Ecco, dopo accettar tutto.
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Scriveva quel santo canonico Chiesa: "Io entrato in seminario, ho cercato di prendere al massimo ciò che mi veniva detto e fare in tutto come mi veniva insegnato, anche nella calligrafia, nel conservare i margini dei quaderni, nel modo di foderare i libri perché non si sporcassero: e i miei libri alla fin dell'anno sembravano quasi nuovi eccetto le annotazioni che ci facevo". E dopo la morte si son trovati ancor tutti i suoi libri già usati dalla prima media fino all'ultimo anno di studi, sì! Oh!
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Far bene quel che viene insegnato, prendere tutto. E particolarmente nel tempo di postulato e nel tempo di noviziato il proposito dominante: "Accetterò tutto quel che mi verrà detto. <Mi> Cercherò di penetrarlo, di amarlo, di seguirlo". E allora si forma la pastorella vera.
La pastorella vera.
E avete tanta buona volontà e il Signore aggiungerà la sua grazia.
Abbiate fede, sì!
Vi ha chiamate, ma chiamandovi, ha già preparato la grazia da darvi giorno per giorno.
E vi ha preparato il posticino in paradiso.
Il premio eterno!

Albano Laziale (Roma)
30 agosto 1960

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(1) Albano Laziale (Roma), 30 agosto 1960

477 (a) Cf. A. Royo Marin, Teologia della perfezione, EP 1963, p. 63.

482 (a) R: Congregavit nos amor unum, unus. Cf. Inno Liturgico del Giovedì Santo in Coena Domini.

485 (a) V: Omette.

* Testo, di A. Royo Marin, che il Fondatore aveva raccomandato di approfondire nella formazione.