Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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IX. GLI OSANNA E I CRUCIFIGE *(1)
L'altro giorno abbiamo parlato della vita comune. La vita comune che esige tanta pazienza, tanta carità, tanto spirito di obbedienza. La vita comune richiede che ognuna accetti i pesi della vita comune e nello stesso tempo abbia i frutti, i vantaggi della vita comune.
Accettare i pesi cioè gli uffici, gli incarichi, le disposizioni e i vantaggi della vita comune che sono: primo, l'arricchimento di meriti. Poi la cooperazione di tutte assieme, perché come se si è due, tre a pregare insieme la preghiera è più efficace perché Gesù prega con questi due o tre, così operare insieme il bene, fare ciò che nella vita comune c'è da fare arricchisce maggiormente di meriti. E poi i vantaggi che sono dallo studio, dalla formazione, dall'apostolato. Le opere apostoliche prenderanno vigore e progresso.
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Ho detto che occorre sempre progredire. Progredire perché il mondo progredisce.
Dieci anni fa il catechismo si faceva, e si faceva come era richiesto allora; ora deve essere molto migliorato. Così il modo di tenere i fanciulli, i bambini, così tutte le attività parrocchiali: tutte vanno migliorate.
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Dieci anni fa la liturgia non era così diffusa come adesso è capita e come adesso è seguita. Vi è un grande impegno e dovere di seguirla, di migliorare quello che riguarda le funzioni liturgiche e lo spirito da portare alle funzioni liturgiche.
Chi si arresta non è fervoroso.
Chi dice basta non è più una suora di buon spirito.
Occorre sempre camminare.
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Oh, stasera però volevo dire che in questo è necessaria una grande docilità. Si dice: il terzo voto è l'obbedienza. Sì. Quando si fa la professione si mette sull'altare la nostra testa, cioè la nostra mente, si mette sull'altare il nostro cuore, si mette sull'altare la nostra volontà e se ne fa un'offerta a Dio, della mente e del cuore.
Allora l'obbedienza con la volontà.
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Offrire la volontà al Signore e poi trovare dei cavilli, dei pretesti per non accettar l'ufficio, per voler piuttosto quell'altro, per rimanere in un luogo, per andare in un altro... Cavilli.
Ognuna si disfa i voti e disfa la professione, perché si riprende la volontà: alla volontà di Dio sostituisce la sua. E se a poco a poco si riprende la propria volontà, alla fine la suora si è disfatta, si è disfatta!
Vivrà ancora in comunità, avrà l'abito, forse prenderà parte a tutte le pratiche di pietà, ma non è più nello spirito della comunità; come se una venisse agli esercizi e stesse agli esercizi, ma non facesse gli esercizi pur andando alle pratiche di pietà e pur sentendo le istruzioni e poi facendo le sue riflessioni e le occupazioni e seguendo gli orari come le altre.
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Altro è star in casa e altro è viver la casa, altro è venire agli esercizi e altro è fare gli esercizi.
Fare gli esercizi vuol dire entrar nell'intimità con Gesù, vuole dire entrare nella nostra coscienza. Vedere come siamo davanti a Dio.
Vi è un giudizio alla fine che è il giudizio di Dio, ma chi vuole sfuggirlo giudica se stesso, e chi si esamina non sarà esaminato e chi si giudica non sarà giudicato, ecco.
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Ora volevo dire <che>: non disfare i voti, viverli i voti particolarmente l'obbedienza. Ma più ancora che l'obbedienza c'è qualche cosa che perfeziona l'obbedienza, perché c'è l'obbedienza virtù, c'è l'obbedienza voto e c'è lo spirito di obbedienza.
Lo spirito di obbedienza!
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Lo spirito di obbedienza che cos'è? Questo è più perfetto del voto, eh, perché il voto riguardo all'obbedienza eh, impone ben poche cose, però la virtù è più larga del voto e lo spirito è più perfetto della virtù e del voto.
La docilità!
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Cos'è la docilità? Quella disposizione lieta e serena di fare in tutto il volere di Dio. Sempre pronte e sempre liete di accettare quel che dispone il Signore, quel che viene disposto da chi ha l'incarico di disporre.
La docilità anche a accettar la malattia e a accettare un rimprovero, la docilità a sentire una correzione e la docilità ad un avviso del confessore, la docilità a andare alla scuola e la docilità a stare a una predica per disporre il cuore ad accettare.
La docilità è l'abbandono in Dio, alla sua volontà.
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Quae placita sunt ei, facio semper [Gv 8,29b], io faccio sempre ciò che piace al Signore. Io sono abbandonato nelle mani di Dio. Egli può darmi la povertà e farmi vivere in difficoltà e in privazione, può mandarmi la malattia e può mandarmi la salute, può mandarmi il disprezzo e può mandarmi la lode.
Sempre docili e sorridenti accettare tutto.
Questa è la perfezione dell'obbedienza e la perfezione anzi propriamente supera il voto, tanto che non si potrebbe subito spiegare <con> in poche parole in una predica. La docilità.
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Docilità vuol dire essere come la cera molle, come la pasta che prende la forma che le si dà. E la cera [è] molle perché fu liquefatta e può mettersi in un bicchiere e prende la forma del bicchiere (e allora forse servirà per accendere come lampada in chiesa) e può prender la forma invece di un pupazzo, può prendere la forma di una candela o un'altra forma: non /è/ (a) resistente, si adatta alla forma in tutto.
Persone che si adattano a tutto, senza difficoltà, pure con sacrificio perché molte volte non è mica facile. Pure con sacrificio.
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Ma Gesù accettò tanto gli osanna quando entrava in Gerusalemme a cavallo di un asino e: "Benedetto colui che viene <nel Signore> nel nome del Signore" [Mc 11,9] quanto il crucifige [Mc 15,13b] che gridavano sulla piazza; tanto quando gli dicevano: Vere Filius Dei erat iste [Mt 27,54] come quando lo bestemmiavano; "E' un gran profeta <che è nato> che è venuto in mezzo di noi" [cf. Lc 7,16], e accettava. E accettava pure la sentenza di Pilato di condanna a morte senza aprir parola. Con tutta la stessa disposizione di spirito innanzi alle privazioni, ai dolori e agli insulti come innanzi alla lode e innanzi al trionfo. Sempre uguale!
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La vita di san Vincenzo de' Paoli specialmente fa notare questo: com'era sempre uguale di spirito. E pure delle vicende ne ha passate tante, delle vicende liete ma anche tante vicende difficili, contraddizioni, persecuzioni, sì.
La docilità. Il rimettersi a Dio!
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Ma quando si ha una volontà nostra fissa e la volontà di Dio è un'altra, che cosa succede? Che si opera diversamente da quello che è il volere di Dio. Ci sono due esseri in contraddizione - diciamo così -: Gesù nel tabernacolo, Gesù buon Pastore, e la persona che invece [dice]: "E io voglio così, e questo non mi piace, e questo che mi vien detto non è conforme a quel che penso io, ai miei gusti".
La ripugnanza al volere di Dio. La resistenza al volere di Dio!
Povere suore! Come arriveranno allora allo spirito di obbedienza se non arrivano neppur al voto, cioè quando una cosa è comandata sotto l'impegno, in virtù cioè dell'obbedienza?
Docilità!
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Docilità a accettare gli uffici, <le di> il luogo dove si è mandata e tutto quello che viene proposto.
Docilità a viver nelle parrocchie, dove i parroci sono superiori per quel che riguarda l'apostolato. Mica ci imponiamo noi!
Il parroco nella sua parrocchia rappresenta il vescovo. Rappresenta il vescovo come il vescovo nella sua diocesi rappresenta il Papa.
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Umili cooperatrici dello zelo pastorale.
Fin che c'è questa volontà, questa disposizione di umili cooperatrici, sarete sempre gradite e sempre ricercate. Quando non siete in questa disposizione arrivano le lettere: "Faccia il favore, mi mandi un'altra". Oh, fa pena dirlo!
Ma invece quando [c'è] questa disposizione che pure non è una debolezza no, è virtù, assecondare, seguir: e il metodo e di fare il catechismo e il modo di assistere alle funzioni e il modo di trattare i fanciulli e quel che si deve dire nelle conferenze alla gioventù e la disposizione dell'orario perché sia a servizio dei fedeli e tutto quello che viene organizzato e in cui la suora deve avere la sua parte <e può> e docilmente accettarla, la sua parte.
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Oh, certamente la prima docilità va verso l'istituto, va verso chi dirige l'istituto.
Viene un cambiamento. Oh! Resistenza o giudizi contrari o lagnanze che non si finiscono più, oppure docile assecondamento, /lieto/ (a) che riempie l'animo di entrambi, e di chi dispone e di chi accetta.
Riempie l'animo di consolazione, e riempie l'animo, cioè riempie il cuore di Gesù di consolazione, pure, e nello stesso tempo è garanzia di benedizioni e di grazie su quell'ufficio. Docilità!
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Docilità poi in quello che vuol dire <muta> mutazioni, avvertimenti, incoraggiamenti, richiami, indirizzi che vengono dati, parole che servono a migliorare sia la pietà sia l'osservanza religiosa e sia l'apostolato.
Docilità! Così che se le suore hanno tutte un cuore docile, allora hanno un cuore e i loro cuori son tutti conformati al cuore di Gesù buon Pastore. Formano come un cuore solo con lui e allora vi vive la letizia.
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Ma quando si vuole far l'apostolato come si crede e imporsi (tanto più che poi si fa compassione alle volte perché non sanno e non han fatto gli studi, non si sono aggiornate nelle cose e d'altra parte è il parroco che è il superiore, è lui che conosce le necessità), allora si crea un ambiente di freddezza e l'apostolato avrà poco risultato.
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Questa docilità, questa disposizione ad assecondare, ad accettare, a capire i bisogni e a sentirli e a prestarsi, che cosa fa? Di lì a un po', sei mesi, il parroco scrive: "Oh, questa suora è proprio, è veramente benvoluta, ed opera in tante maniere e il suo apostolato pur silenzioso è così fruttuoso! Così fruttuoso!".
C'è l'occhio di Dio, ma c'è anche l'occhio degli uomini. Persone che stanno sei mesi in un posto sono già tutte venerate; persone che stan poi sei mesi in un posto e cominciano a contare gli anni che passano perché venga il cambiamento, il triennio sia finito.
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Oh, allora docilità.
Ma se c'è il povero
ma se c'è il bambino
ma se c'è il peccatore
ma se c'è quell'anima scoraggiata
ma se c'è quell'anima che dimostra una buona tendenza
ma se meditando forse si rivela una traccia di vocazione
in quella anima, in quel cuore
ecco che chi ha questo spirito di docilità
è illuminato da Dio, capisce.
Non guarda quel che suggerisce l'amor proprio.
Non guarda i sacrifici che costa [no]
ma [è] pronta
pronta per poter sempre far del bene
sempre far del bene.
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E <mi ri> mi scrivevano: "In questa persona non si vede <altro che> altra gioia che questo: quando può fare un po' di bene a qualche persona, a qualcheduno, quello che può far di bene. Prova proprio una gioia, una soddisfazione nel far del bene, nel sacrificarsi, nel prestarsi a tutti e a tutte le necessità.
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Docilità, e vuol dire anche in casa docilità. Che cosa, c'è da obbedire? Ma la docilità è più che l'obbedienza. C'è da adattarsi ad un altro che ha un altro carattere. C'è da mutare l'orario perché vi è stata una circostanza speciale e perché l'orario della parrocchia va mutato, altro è l'estate altro è l'inverno. C'è da cambiare l'ufficio, c'è da prendere un'altra classe di fanciulli per il catechismo, oppure vi è da prestarsi perché domenica prossima c'è il tale ufficio, c'é la tale conferenza da fare, bisogna allora andare qua, andare là...
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La docilità, perché anche in casa sia facile disporre delle cose. Quando manca questa docilità, ecco che ognuna si fissa nei suoi pensieri, <nei suoi> nei suoi progetti o si chiude come se non avesse più da conferire, da viver con le altre o avesse una tale durezza nel giudicare e condannare, non saper compatire che renderebbe la vita tanto pesante.
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Occorre la docilità anche col tempo: e beh, quest'oggi fa caldo, eh, volete prender un po' il sole? E domani farà forse fresco e a gennaio farà freddo, bisognerà pensare.
Docilità a tutto quel che viene, sempre pronte a far faccia serena a tutto quel che dispone, quel che permette il Signore.
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E se anche ci contraddicessero e anche ci calunniassero e anche ci volessero pestare e nessun ci comprendesse: docilità al volere di Dio, a quel che permette il Signore!
E quante volte vi è proprio da accettare ciò che ci ripugna. Vi è proprio da assecondare quella persona nonostante che sia così molesta. Vi è proprio da sopportare quell'altra la quale ha pretese che non son ragionevoli.
La docilità! La docilità è la sorgente di meriti, sì.
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Bisogna guardare a Gesù, bisogna guardare a Maria. Maria, sì! Quando il suo Figlio è stato condannato a morte, ella non si è mica messa a imprecare contro i carnefici o contro chi <l'aveva> aveva condannato suo figlio. Abbandonata nelle mani del Padre, ella accompagna il figlio suo al calvario e assiste alla sua crocifissione, assiste alle sue agonie, assiste alla sua morte, assiste alla deposizione dalla croce, assiste al seppellimento, sempre in serenità.
La volontà del Signore sovrana nella sua mente, nella sua volontà. La sua volontà era pienamente fusa, formava una sola cosa con la volontà di Dio. Quali meriti! Quali meriti allora!
Il Signore a quest'anima che gli è docile darà tante grazie, le darà innumerevoli occasioni <di far> di far del bene.
200
Quando si ha questa durezza poco a poco si fa il deserto attorno. Nessuno più ha confidenza. Si vede che c'è il gelo. E difatti c'è il gelo nel suo cuore e c'è il gelo attorno, nell'ambiente in cui vive, sì. Non ha più, diciamo, influsso verso quelle persone a cui è mandata, sì. Verrà a sentirsi sola. Oppure si perderà in chiacchiere inutili che non servono altro che a distrazione e a perdite di tempo.
E quando si abbonda in parole e chiacchiere che non riguardano le nostre cose, che cosa avviene? Non è solo la perdita di tempo, ma è di renderci incapaci di fare il bene.
201
Chi molto parla di cose che non lo riguardano e non interessano l'apostolato o la propria comunità, cosa fa? Diviene vuoto, scontento, turbato in se stesso e poi scoraggiamento e poi fino a sentire peso della propria vocazione.
202
Docilità. Docilità a tutto e in tutto e con tutte le persone. Perché la stessa birichinata che può fare un bambino può incitare la suora all'ira, a un nervosismo, e invece può a un'altra suora suggerire un modo nuovo <di renderla contenta quella> di render contento quel bambino, quella bambina e di portarla meglio al Signore.
Le stesse cose per una persona servono alla santificazione e al miglioramento e a un'altra persona servono di occasione <di> o di peccato o almeno di difetto notevole.
203
Le persone che hanno docilità han sempre il cuore aperto alla grazia di Dio come <un> il calice di un fiore in cui può /cadere/ (a) la rugiada celeste. Sono come liquefatte nelle mani di Dio, lasciano che il Signore operi pure in loro.
Lo Spirito Santo allora le domina queste persone, lo Spirito Santo le conduce per le sue vie ed esse lo lasciano lavorare. Anche nella meditazione lo lascian lavorare, anche nelle visite lo lascian lavorare. E allora lo Spirito Santo si fa guida a queste anime le conduce per la via della santità: Dux eis fuit. Lo Spirito Santo le condusse per le vie della santità.
204
Dunque chiedere al Signore la docilità che è ben diverso da qualche cosa come la dolcezza, ma qualche volta include anche la dolcezza.

Albano Laziale (Roma)
31 luglio 1960

205

* Di quando in quando in questa meditazione c'è qualche punto del nastro deteriorato con qualche parola di non facile comprensione.
(1) Albano Laziale (Roma), 31 luglio 1960

184 (a) R: ha.

190 (a) R: liete.

204 (a) R: scadere.