Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XVI. SE VUOI ESSERE DI DIO(1)
Ricordare quello che viene sovente ripetuto e cioè che attualmente il mondo si materializza. Tutto è la vita materiale secondo quelli che hanno poca fede, tutto l'esteriorità, il guadagno, il piacere, il salire in autorità e poi tutta la tecnica e tutto ciò che è <lo sp> il turismo, il divertimento.
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Allora le vocazioni restano più rare, e trovano più difficoltà a corrispondere anche le figliuole che sentono la vocazione, anche i figliuoli che in fondo all'animo sentono una chiamata di Dio.
L'ambiente quindi è sempre più difficile e, come diceva il Papa, vi sono nazioni e ambienti in cui il numero delle vocazioni scarseggia.
E vi sono istituti i quali vanno diminuendo di numero di persone e poi anche di opere, per cui abbandonano molti dei loro impegni, delle loro opere che prima curavano.
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E c'è anche la tendenza per gli istituti specialmente femminili a fare l'apostolato là dove rende di più materialmente e lo spirito dei fondatori se ne va in fumo.
E così mentre erano nate quelle suore, fondate quelle suore per l'assistenza ai malati poveri, assistenza gratuita, a poco a poco si trasformano in cliniche a pagamento alto. E la prima domanda che vien fatta: "Quanto si pagherà?" "Quanto potete pagare?" Ecco.
Allora questo spirito materialista che si va diffondendo, da una parte rende più rare le vocazioni e dall'altra parte guasta le vocazioni anche formate.
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Le vocazioni che cosa sono? Le vocazioni sono la volontà di Dio che destina un'anima per la via più perfetta. Tutti sono chiamati al paradiso, ma per il paradiso vi sono varie strade. Vi è la strada del semplice cristiano e vi è la strada invece <del> della perfezione, cioè della vita religiosa.
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Lavorare per le vocazioni è una delle più grandi opere di carità, poiché da una parte c'è l'amore al Signore: procurare al Signore una gloria sempre maggiore, la gloria sempre maggiore che possono dare a Dio le anime a lui consecrate; e procurare al prossimo quegli aiuti spirituali come fa e come porta la pastorella alle popolazioni nelle parrocchie.
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E' quindi un'opera scelta di carità questa: cercare e formare le vocazioni.
Così ha fatto Gesù in riguardo agli apostoli e durante la sua vita terrena in primo luogo si è curato di cercar le vocazioni iniziando il suo ministero pubblico, e poi occupando la maggior parte del tempo per la formazione dei suoi chiamati, dei suoi novizi cioè, dei suoi religiosi che sono stati gli apostoli e i discepoli più fedeli.
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La vocazione dunque è la volontà di Dio che destina un'anima, la quale sceglie liberamente la strada della perfezione, destina quest'anima a vivere per lui, vivere per Dio, vivere per le anime ed avere una maggior gloria in paradiso, raggiungere una maggior santità.
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Una suora mostra di voler la santità quando si compiace delle mortificazioni, <delle> si compiace dei piccoli sacrifici, si compiace di quello che importa rinnegamento di se stessa.
Il segno che veramente si ama Dio è l'amore alla croce. Il segno che si toglie ciò che impedisce all'amore a Dio si ha in quello che dice Gesù: "/Chi vuole venir/ (a) dietro di me, rinneghi se stesso /e/ (b) prenda la sua croce" [Lc 9,23].
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Rinneghi se stesso nell'osservanza degli orari, nel[l']assecondamento docile alle disposizioni, agli uffici, a quello che vien determinato, a quello che vien consigliato. Il rinnegamento degli istinti naturali che sono contro la castità, istinti che tutti hanno e quando si tratta di farne un sacrificio è preparato il giglio per l'altare. Abnegazione poi di quello che piace di più, di quello che è più onorato, di quello che importa maggior lode o approvazioni.
Rinnegamento: Abneget semetipsum [Lc 9,23].
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E fin che la suora non è ancora arrivata ad amar la croce, le mortificazioni, non si è ancor messa sulla via della santità. Non si è ancora messa.
La suora che cerca la libertà, l'indipendenza, il soddisfacimento della gola, dei sensi, la suora che vuol andare fino al limite del lecito, finisce col cadere nell'illecito. Non si può permettersi tutto il lecito per fermarsi su una linea di dir: lascio l'illecito; perché si è troppo preparata la tendenza, si è troppo assecondata la spinta.
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Quando una macchina è lanciata <tro> a velocità troppo forte, <e se> non può all'improvviso, in un istante arrestare la sua corsa, e allora capitano le disgrazie.
Capitano le disgrazie spirituali perché chi va sopra l'orlo della strada, sul ciglio della strada corre sempre il rischio di mettere un piede in fallo e di precipitare <La>.
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Quindi portare anime all'amore alla croce, quindi non far tante lusinghe nel parlare di vocazioni: "E starete bene, avrete una bella casa, e vi sono anche maggiori libertà" ecc. Bisogna sempre dire: "Se vuoi esser tutta di Dio, consacrata a Dio".
Quindi il rinnegamento: "Prenda la [sua] croce e mi segua" [Mc 8,34], cioè l'amore, dopo vien l'amore. Ma se non c'è il rinnegamento dell'amor proprio non ci può entrare l'amor di Dio. Ma [il] rinnegamento di noi stessi permette che entri nei cuori l'amore a Dio.
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Coltivare le vocazioni. Oh!
Vi è un errore che si va diffondendo, ha detto il Papa, questo, che oggi la società ha più bisogno di buoni padri e di buone madri di famiglia che non di anime che vivono nei conventi, di persone che vivono nei conventi, perché i buoni padri e le buone madri di famiglia educano dei buoni figliuoli. E poi c'è bisogno di esempi di vita cristiana nel mondo. E allora che non siano le figliuole così invitate alla vita di perfezione, tanto che qualche volta vien dato il consiglio proprio da chi non dovrebbe darlo - dice il Papa - e cioè: "Non pensare alla vocazione, ma pensa alla santificazione del mondo, a una vita di buona cristiana nel mondo".
E' un errore grave questo, dice il Papa.
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Le anime che son consecrate a Dio danno un esempio più meraviglioso nella Chiesa di Dio, esempio di virtù, perché rinnegano tutta la concupiscenza, e cioè tutto l'amore agli averi della terra, tutto l'amore ai /piaceri/, (a) tutto l'amore agli onori, alla distinzione, se veramente una non va a cercare i posti distinti e gli uffici che piaccion di più.
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Ecco, allora <dà la> la suora, l'anima consecrata al Signore dà un esempio maggiore di virtù. E di più la suora se non fa del bene a una famiglia, finisce col farne del bene a una famiglia più grande e cioè ad una parrocchia, e dopo aver lavorato in una parrocchia va in un'altra.
Confutare l'errore!
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Poi un altro errore è: c'è bisogno di persone che lavorino nell'azione cattolica più che di suore. Errore. Perché nell'azione cattolica si fa qualche cosa per Dio, per esempio la domenica si lavora. Ma la suora pastorella lavora sette giorni e tutta la settimana e tutte le ore. E se la presidente di azione cattolica fa due [o] tre ore alla domenica di lavoro per l'azione cattolica, la suora ne fa, quante ore? Quante rimangono libere dalle sue necessità che sono del tutto, del tutto da curarsi cioè il riposo e poi il cibo che è necessario prendere. Errore. Anzi il Papa dice che i membri dell'azione cattolica devono aiutare a formare anime consecrate a Dio, quindi spingere alla vita religiosa proprio le migliori persone dell'azione cattolica.
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O dicono: "Ma il matrimonio è sacramento, la professione non lo è!". Il matrimonio è sacramento e quindi dà le grazie ai coniugi di sopportarsi vicendevolmente, di allevare cristianamente la famiglia, se lo ricevono bene, ma non è uno stato di perfezione. E' un sacramento perché i coniugi portino i pesi gravissimi della vita coniugale, i pesi gravissimi.
Ma la vita religiosa, la professione per entrar nella vita religiosa non è un sacramento. E' però una donazione perfetta a Dio.
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E se i coniugi si danno vicendevolmente, si scambiano vicendevolmente il dono, la suora fa il dono a Dio di sè.
Altro che a un uomo! Altro che a un uomo! Allora lo sposo resta lo sposo celeste, Gesù Cristo.
Quale immensa diversità! Tanto quanto il cielo è più alto della terra, è più alto della terra, sì.
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E perché - dicono - è una vita chiusa, una vita sacrificata.
Ora, quando Gesù ha spiegato i pesi della vita coniugale, eh, i discepoli han detto: "Ma se i pesi della vita coniugale, eh, sono tali, così enormi, non conviene più sposarsi". E Gesù cosa ha detto? "Non lo capiscono tutti" [Mt 19,10-11]. Ecco la risposta.
Non lo capiscono tutti, ma coloro che si danno a Dio, coloro che si consacran al Signore fanno un sacrificio, ma un sacrificio per godere le ineffabili dolcezze delle comunicazioni intime col loro sposo celeste. Soffriranno. E la suora buona si accompagna con Gesù al calvario.
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Non illudetevi, dobbiamo sacrificarci, ma [c'è] chi si sacrifica per sè o per il mondo e chi si sacrifica per Dio. Ecco. Chi si sacrifica per una piccola famiglia e chi si sacrifica per la famiglia che è la parrocchia e che son tante anime, le quali aspettano l'aiuto delle preghiere o l'aiuto della carità, della bontà, dell'apostolato della suora.
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Occorre allora ricordare poi quello che aggiunge il Papa e quello che invece è contraddetto dai discorsi del mondo.
Se l'osservanza del voto è difficile, c'è l'aiuto celeste. Una può aver sbagliato, dice il Papa, anche a fare il voto. Supponiamo una novizia che errasse non per sua colpa o forse anche per sua colpa facesse il voto, cioè facesse i voti e dopo trovasse troppo difficile l'osservanza della castità.
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Ora vedete, il Papa aggiunge: Quando sei entrata nella vita religiosa hai fatto il dono di te stessa al Signore. Non avevi forse allora il dono della castità perfetta, <non avevi ancor la gra> non avevi ancor la grazia per quello. Ma una volta entrata nello stato religioso, la grazia allora c'è. E non stare a dire che è troppo difficile, che non avevi questo dono: si ottiene con la preghiera. Se prima non c'era, <dopo> dopo fac ut voceris, prega un po' di più e avrai il dono che prima non avevi.
Ma sii fedele!
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E neppure ascoltare quei medici i quali, perché alle volte vi sono degli esaurimenti, si cade in un poco di squilibrio psichico, e magari anche medici cattolici, - dice il Papa - sono facili a dire: "Oh, avresti dovuto passare a un altro stato, dovresti passare a un altro stato" e consigliano come avviene anche di persone che son per sé istruite. "Dovresti rinunziare alla via che hai preso". No. Mettiti a pregare e prega bene. E fuggi le occasioni e tienti lontana dai pericoli. Osserverai il gran bene che è la vita religiosa, che è la castità perfetta.
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Ma sempre occorre allontanare <quel> quella tendenza che adesso c'è nel mondo. Molte volte la si sente esprimere questa tendenza anche da persone che dovrebbero pur conoscer meglio com'è la natura umana e conoscere meglio i princìpi del Vangelo.
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E cioè: bisogna che questa figliuolanza, che questi giovani, giovanette da dodici, quindici, sedici, diciott'anni conoscano un po' tutto il mondo, siano un po' aperte al mondo, non si stupiscano poi più di niente. E leggono questo e assistono a quelle pellicole e vanno con certe compagnie e seguono una moda già che è <sul> forse ancor sul terreno lecito, ma già si avvicina al terreno illecito. E spingono le figliuole magari ai divertimenti, a mostrarsi, e tutti intenti ad avviarla ad altra strada. Ecco.
Errore gravissimo.
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Perché: bisogna esporre le persone al male? E non si sa che esponendole al male c'è già la natura corrotta, la quale contiene e dà una tendenza al male? E come si resisterà allora? Meno preghiera, maggiori pericoli, la gioventù la quale un po' sempre sogna... E allora la vita religiosa, la vocazione si va spegnendo come una candela la quale è consumata o una lampada in cui finisce l'olio della grazia.
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Bisogna avviare alla mortificazione.
La vocazione va custodita.
Occorre che attorno a quel giglio si faccia una siepe di difesa. Voglio dire: allontanar dai pericoli, avviare la figliuola a frequentare i sacramenti, a schivare ciò che è mondano e ciò che è mondanità o le persone mondane stesse.
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Non si soffochi la vocazione in un'anima.
E magari vanno sino lì: se la figliuola si sposa vada anche a rompersi la testa o rompersi il collo, non importa. Ma sembra a certe mamme e a certi papà che sia perduta la loro figliuola, che sia una disgrazia l'aver la vocazione e il voler corrispondere alla vocazione e il prendere il velo.
Per fortuna i vostri genitori non son stati così, per grazia di Dio.
Oh, quindi c'è un falso concetto di educazione il quale falso concetto di educazione bisogna che sia corretto.
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Si dirà: "Ma bisogna che sappiano <tutte le> tutto".
Bisogna che si sappia tutto, ma bisogna che si sappia gradatamente. Si sappia secondo l'ordine di Dio. E cioè secondo viene detto, viene insegnato <la perso> la figliuola viene illuminata da chi ha autorità e dovere di farlo.
Perché allora <vi> si trova la via di Dio? Poiché il Signore ha messo dei genitori buoni - o almeno devono esser buoni - ha messo dei confessori buoni, ha messo delle madri che son buone. E devono considerare anche questo, che è un grande problema della formazione della gioventù e della formazione stessa delle novizie, e anche prevenire, aiutare per quando si va nelle parrocchie.
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Vi sono parecchie cose lì da dire e bisognerebbe discendere forse nei particolari. Però queste cose sono da dirsi piuttosto dalla madre, nelle piccole conferenze e poi specialmente quando si ha l'incontro spirituale e voi andate a parlare e sentite o la maestra delle novizie oppure le altre consigliere o, quando c'è tempo perché siete un certo numero, la madre.
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Allora si è ammaestrate bene, seriamente, utilmente, perché anche quella scuola è un merito. E' un merito come insegnare, insegnare a scrivere, insegnare l'aritmetica. Anzi è molto più grande perché quella insegna a vivere la vita spirituale, mentre che la grammatica e l'aritmetica, ecc. sono per la vita normale, umana.
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Tuttavia non bisogna considerare che, fatti i voti, siano scomparsi i pericoli. Uscendo per andar nell'apostolato i pericoli son maggiori.
Premunirsi con molta pietà, con istruzione, sapendo che cosa si può fare e cosa non si può fare. Le costituzioni sono /molto/ (a) chiare e la spiegazione delle costituzioni è riservata alle madri e nel noviziato e fuori del noviziato e nelle conferenze, come ho detto, che si tengono durante i corsi di esercizi.
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E poi che ci sia sempre quello che [è] chiamato il pudore che è - diciamo - la grande salvaguardia dal male, dal peccato, il pudore, il tenersi (a) un po' indietro. Non andare sull'orlo: "Fin qui è ancor lecito". Ma come credete che sia lecito ogni relazione e ogni modo di relazione <col> con i padri, coi fratelli delle suore o con i fratelli delle figliuole che vengono per l'azione cattolica alla conferenza, e sia sempre possibile andare sul limite anche quando si tratta col clero?
Riservate. Non scrupolose.
Va molto bene quella semplicità disinvolta, ma riservatezza.
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Pregare sempre il Signore che vi dia questa grazia: "Dovunque comparirò - dice la suora - intendo di portare come un raggio di luce". Che lì c'è tutta <sempli> santità, lì ci son solo da elevarsi, aver pensieri elevati verso la salvezza, verso Dio.
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Che grazia se potete fare questa predica tutta la vita: "Dove comparirò, dove passerò, il buon odore di Cristo. Con chi incontrerò, lasciare una impressione di spiritualità per dare come una luce, un raggio di luce spirituale, luce celeste".
Sarà l'apostolato più efficace che la vostra parola. Ma a custode della castità il santo pudore, la riservatezza la quale è fatta di umiltà. Cioè si diffida, si diffida delle nostre forze. "Eh, ho già tanti anni!". Il diavolo tenta anche a ottant'anni. Oh.
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Poi l'altro grande mezzo, oltre la vigilanza, la preghiera. Vigilate, et orate [Mt 26,41], pregate sempre, sì.
Pregare più per la mortificazione, e perché sopra il punto proprio della castità bisognerebbe quasi neppur nominarlo.
Pregare per conservare il pudore, per conservar l'umiltà, per conservar la riservatezza, per la delicatezza <da> da voi stesse quando siete sole <e in co> e quando siete con altri. In <qualun> qualsiasi ambiente, anche tra le suore, le mani a posto. Le dimostrazioni di affetto non si devono scambiare così forti né coi parenti né con le mamme. <Avete da> Avete fatto il dono a Dio.
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E tutto va amato in ordine a Dio. Niente neppure un sentimento umano <troppo senti> troppo forte neppur con la mamma. A Dio, a Dio a cui avete consecrato l'affetto, e avete mantenuto sì in mente il quarto comandamento, ma questo anche in ordine a Dio, lo stesso affetto naturale e santo che ci può essere verso i genitori.
Formare adunque le vocazioni e prima /caricarle/ (a).

Albano Laziale (Roma)
30 agosto 1960

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(1) Albano Laziale (Roma), 30 agosto 1960

442 (a) V: Se uno vuol venire.
(b) V: Omette.

448 (a) R: piacere.

466 (a) R: molte.

467 (a) R: ritenersi.

471 (a) Probabilmente nel senso di entusiasmarle.