X. UT UNUM SINT (1)Una grande grazia e benedizione sopra la vostra congregazione è questa: quando il consiglio direttivo dell'istituto vive in piena armonia, quando <troè> cioè tra la madre e il consiglio vi è piena intesa.
206
Un'altra grazia pure grande quando le singole madri delle case sono /in/ (a) piena intesa con la madre generale. Se sapeste quale tesoro è questo! E se poi nelle singole case vi è non solo armonia e buona intesa, ma proprio anche un po' di umanità in questo senso: di trovare sempre nella casa del bene.
Non rilevare il male!
Il male è da seppellirsi, come si porta via la spazzatura; invece il bene come ad esempio i fiori: si mettono sopra la tavola, si mettono davanti all'immagine di Maria, davanti a Gesù <nel> al tabernacolo.
Questa armonia, questa carità, ecco.
207
Allora ricordiamo che Gesù ha domandato quattro volte al Padre celeste: Ut unum sint [Gv 17,21], che siano una sola cosa gli apostoli fra di loro, e io voglio dire le madri con la madre; e poi i fedeli che avrebbero creduto alla predicazione degli apostoli: Ut unum sint.
Vedete la rovina è la divisione di sentimenti, di cuori. Pensate solo a questo: come potrebbe venire del male per le divisioni.
208
/Nella/ (a) Chiesa noi avremmo 800 milioni di persone e invece ne abbiam 400 milioni. E questi altri? Eh, si son divisi dal Papa, dai vescovi, han fatto le loro sette, le eresie e scismi.
Oh, che forza saremmo noi cattolici!
E che forza avrà sempre l'istituto se sarete uno! (b). Che toccata una si tocca l'istituto, quindi: "Guai a chi mi tocca l'istituto".
209
Ma ho domandato una sera a un prete che era andato un po', un po' irritato, eh, <ed era> si era un po' riscaldato: Perché? "Mi hanno toccato il superiore. Io non posso sopportarlo anche per natura. Guai a chi me li tocca i superiori". E usciva appunto di là uno dalla sua camera a cui aveva fatto un predicozzo molto forte eh, e sta bene!
Toccare l'unità è portare la rovina. Unum sint [Gv 17,21]. Che siano una cosa sola!
210
Volevo parlare appunto di questa carità, ma fino a spingerla alla bontà, fino a spingerla allo spirito della carità. Che vi vogliate bene lo so già, ma progredire fino allo spirito della carità, sì.
Carità!
"In questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amate a vicenda" [cf. Gv 13,35].
211
Ecco, in questo conosceranno se siete le pastorelle buone, se avete l'amore che il Pastore porta alle pecorelle.
Avete voi un cuore per i fedeli, per i bambini per i malati, per i peccatori, per gli ostinati, ecc. un cuore come il cuore di Gesù?
Amate?
Certo voi amate
e la vostra vita è tutta consumata in amore.
Perché vi movete, perché vi sacrificate?
Per amore delle anime.
212
E tutto lo sforzo che si fa in casa madre e tutto l'insegnamento che si dà e tutta la formazione spirituale, morale, didattica, psicologica, pedagogica, religiosa, civile, è tutto in amore e perché si porti questa carità, questo amore, questa benedizione, si portino questi frutti, questi beni nelle parrocchie.
Oh, penso la congregazione un centro di carità, penso la congregazione rappresentata tutta dalla lampada del santissimo Sacramento.
Allora diverrete centinaia di migliaia eh, se sarete sempre uno.
Le divisioni portan la sterilità.
213
Perché noi guadagnamo, con tutta l'opera missionaria nella Chiesa, guadagnamo degli africani, guadagnamo qualcheduno della Oceania, guadagnamo un po' nell'India... e perdiamo dall'altra parte quelli che si stanno dividendo, suddividendo. E quante sette quindi abbiamo! Guai a chi fa un focolare suo.
Guai a chi si forma e vive in un egoismo, perché l'egoismo è contrario direttamente alla carità, contrario alla carità!
214
Ora voi vi riconoscerete sempre per pastorelle se vi volete bene e se amate le anime come le ha amate Gesù, pronte a sacrificarvi per le anime.
Ma il riflesso e l'apostolato che si può fare nelle parrocchie, questo riflesso e questo apostolato dipendono dall'amore che si ha in casa madre e dall'amore che c'è fra tutte le sorelle sparse nelle varie diocesi e nelle varie parrocchie.
Questo è il mio precetto, hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem [Gv 15,12], che vi amiate. Sì.
215
Allora la vostra divisa non è tanto l'abito esterno, no; non è l'avere il velo così, l'abito così, la cintura così, ecc. La vostra divisa non può essere che quella del Maestro Gesù, che quella di Gesù buon Pastore: "Ecco quel cuore che tanto ha amato e nulla ha risparmiato per gli uomini, nulla".
216
Ecco (a) in quel paese, in quella parrocchia ci son tre suore, ci son quattro suore che sono esempio di carità e che non fanno altro che spargere bene, verità, pace, santità, coraggio, fede.
Sono le apostole del bene.
Sono le apostole della carità.
Son le apostole della salvezza.
217
Quest'anno l'azione cattolica per programma ha il messaggio della salvezza: chi lo porta? Le suore pastorelle!
Lo porta questo messaggio la suora pastorella nelle varie località, nelle varie parrocchie dove si trova.
Volersi bene, volersi bene.
La vita è più lieta allora, particolarmente quando si è in una casa dove ci sono tre, quattro persone soltanto. E se una vuol far valere il suo carattere e se l'altra ha il muso ogni volta che la luna cambia, e se quest'altra invece ha esigenze e non sa fare una conversazione che porti la letizia, ecc.
Oh, volersi bene. Volersi bene, sì!
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Allora adesso qualche applicazione.
La carità prima nel darsi buon esempio.
Non è fatta di sorrisi la carità, soltanto; è fatta di opere. Quando si porta nella congregazione il fervore di spirito, quando si dà l'esempio di osservanza religiosa, quando si vive nell'umiltà e nella bontà verso di tutti, quello è un apostolato: l'apostolato della bontà, l'apostolato dell'esempio, l'apostolato dell'edificazione e... "Imparate da me, disse Gesù, /che son mansueto/ (a) ed umile di cuore" [Mt 11,29].
219
Specialmente quando si ha una certa autorità o un ufficio particolare, che ci sia la bontà, l'umiltà, la mitezza di cuore. Suore che si fanno amare dappertutto dove vanno, amare e rispettare e anzi esigono che chiunque viene stia alla sua distanza, al suo posto, ma hanno la vera bontà.
220
Secondo, la preghiera vicendevole.
Preghiera per le defunte vostre, preghiera per i defunti della parrocchia: saperli ricordare nei catechismi!
In qualche parrocchia, che ho visto non in Italia, il parroco tiene notato alla porta della chiesa il nome di tutti i defunti degli ultimi tre anni, perché chi entra, ricordando quei nomi, abbia un pensiero buono e dica anche un requiem aeternam.
Anche il cimitero va tenuto bene.
221
E d'altra parte che ci sia nella parrocchia l'apostolato della preghiera e che ci sia in casa. Sì, in casa fra di voi c'è quando dite Cuore divino di Gesù, ecc. Ma anche nella casa stessa e nella parrocchia stessa questa offerta di tutte le nostre azioni, orazioni e patimenti che si faccia, affinché il Signore voglia usare la sua misericordia sulla parrocchia.
222
Sapere quanti ci sono in quella parrocchia che non fanno Pasqua, quanti bambini non vengono al catechismo, quanti infermi che non chiedono il parroco; sapere quali giovani potrebbero appartenere o alle figlie di Maria o all'azione femminile giovanile. Essere al corrente, sapere /delle/ (a) anime e quelle che sono sulla via di Dio e quelle che non sono sulla via di Dio, quelle che vivono in grazia e quelle che non vivono in grazia, che non son figli di Dio. Conoscenza della parrocchia, oh. E pregare!
223
Vedete il canonico Chiesa, che mi fu direttore spirituale per tanto tempo, il canonico Chiesa teneva sempre davanti a sé <tutte> tutti i fogli dov'erano registrate le famiglie, anzi aveva fatto questo: sul petto portava come un abitino (ma non era veramente un abitino), vi era dentro a quella piccola pezzuola di stoffa il nome registrato piccolissimo di tutte le famiglie della parrocchia che raccomandava in ogni messa, che teneva presente in ogni visita al santissimo Sacramento, sì.
224
Carità nella parrocchia. Carità di preghiera. Ma questa preghiera poi tanto più per lo sviluppo della congregazione, per le vocazioni. Non basta che vadano le vocazioniste, queste fanno un bel lavoro, prezioso, ma in ogni paese, in ogni parrocchia, la vocazionista è la suora stessa che sta lì, o la madre o una destinata in modo particolare a curarsi delle vocazioni, ma non solo femminili ma anche maschili.
Ora il numero delle vocazioni è piuttosto scarso.
225
Volersi bene con l'esempio, con la preghiera. Poi col tratto: col tratto benevolo, col tratto dignitoso sempre, ma nello stesso tempo abbastanza affabile e che <si> sa portare un raggio di letizia in casa.
"Eh ma quest'oggi sono preoccupato di questo, preoccupato di quello...".
Le preoccupazioni le rimanderai ad altro tempo: adesso sei a tavola, adesso c'è la ricreazione, adesso si sta facendo il tal lavoro, tutti insieme.
226
E allora in letizia: che risuoni qualche lode, che si faccia una buona conversazione, anche qualche scherzo dignitoso, sempre da suora, e in costanza si sappia portare ovunque la gioia, un raggio di quella gioia che hanno i beati in cielo.
Siamo destinati per la gioia eterna.
Siete creatori e apostole della gioia, della bontà.
227
Poi [in] terzo luogo, carità, ma che sia sincera, schietta. Mostrarsi molto gentili con una persona e poi criticarla, questo è pessimo. Ma lì oltre che ipocrisia è anche qualche cosa d'altro e cioè mancanza vera, anzi proprio peccato contro la carità.
Se vi è qualche cosa da dire se si può si dice, se non è conveniente dirlo non si dice; ma in ogni modo il giudicare e il condannare gli assenti, o siano vicini o siano lontani, è tanto male e mostra un animo poco buono, un animo non retto, sì.
228
Certamente che alle volte vengono correzioni, vengono avvisi ma... E allora? Ringraziare. Vi sentite di ringraziare? "Ma e mi ha ferito...". E sicuro, tante volte il nostro cuore è ferito, ma anche il cuore di Gesù è stato ferito. Bisogna allora che diciamo il Deo gratias perché possiam migliorare.
229
Dopo, una carità umile, non solo sincera ma umile.
Vedete, sono passati tanti anni da che ha cominciato la Famiglia Paolina. Naturalmente quei che son venuti su, io li ho fatti studiare di più di quel che ho studiato io; molti, anzi senz'altro tutti li faccio studiare di più perché portino l'aggiornamento e portino la dottrina che è più necessaria oggi davanti a tanti errori e portino quel bene.
Ora se noi volessimo dire: "Ecco questi qui vogliono saperla, questi qui vogliono dar lezioni a me, questi qui vengono a insegnarti in questa casa adesso come orgogliosi perché sanno di più, perché hanno fatto...".
230
Quando amiam davvero le anime, ci facciamo istruire anche da un bambino per far meglio, per aiutarle di più, non è vero?
C'è questa carità verso /le/ (a) anime?
Anzi, quando si va in una casa che è lontana e arriva una suora che è di buon spirito e che forse ha fatto più studi, ecc. quelle che sono lì già da tempo in quella casa se hanno vero spirito sono sollecite ad interrogare: "Cosa avete imparato, che cosa vi hanno insegnato, questo come si deve fare e quell'altra cosa come oggi si farebbe, l'aggiornamento che avete avuto in questo punto e in quell'altro...".
Eh, devo mandare bene della gente a fare degli <istituti> studi superiori in continuità!
231
Ora bisogna che noi abbiamo questa umiltà di farci insegnare e a nostra volta far profitto e poi insegnare a loro la virtù che si deve praticare nelle case dove si va: le virtù pastorali, le virtù religiose e le virtù anche teologali, sì.
Sapere essere umili: carità umile.
Carità umile.
L'orgoglio porta poi a disprezzare: "Guarda che vuol insegnare a me...".
232
E [la persona umile] domanda continuamente: "Come si pensa oggi sopra questa questione o quell'altra, che cosa la pedagogia dice su questo punto, che cosa dice la pedagogia su quell'altro punto, la psicologia. Come viene spiegato questo punto. Il catechismo che va per le mani adesso dei bambini è proprio il miglior catechismo? Che metodo ha?".
Vi sono persone che sono felici di essere illuminate e di ricevere il buon esempio. E allora tutta la congregazione progredisce.
233
Quando una si mette lì eh, e s'impanca e: "Nessuno deve e può insegnarmi". E' finito! Quella rimane ferma e le altre corrono avanti e allora progrediscono e tu resti inchiodata lì nelle tue idee.
Carità umile. Carità umile, sì, occorre!
234
Poi carità universale. Non distinguer fra l'una e l'altra e l'altra. Guardiamo solo l'immagine di Dio. Tante volte un carattere è più felice oppure ci è più simpatico, ma noi guardiamo alle anime non all'esteriorità, non all'esteriorità. Non che si vada solo con una e con quella tutte le confidenze e all'altra invece riservare quasi i sospetti, i giudizi <poco pro> poco favorevoli e le invidie, le gelosie e fino al punto che: "L'ho messa là perché cadesse in errore e forse facesse brutta figura". Poh! L'egoismo non si sa dove va a finire quando è nutrito come un serpe nel seno.
235
Dunque carità. Ma quale carità?
Soprannaturale.
Non solamente una benevolenza naturale, ma carità soprannaturale. Cioè considerare l'immagine di Dio in quelle anime. Considerare le sorelle come persone consecrate che piacciono a Gesù, che son le spose di Gesù. Considerare che quei peccatori hanno tanto ferito Gesù coi loro peccati e d'altra parte Gesù è morto per loro. Gesù li aspetta in paradiso, vuole che si convertano e vivano.
236
Amare poi bene i fanciulli, neh, i bambini: amarli dignitosamente. E certe particolarità poi è bene che vi vengano spiegate <dalle> dalla madre perché può discendere a cose più particolari. Ora: "Congregavit nos Christi amor, unus amor Christi, unus" (a). Vi siete radunate per amore di Gesù Cristo. Ubi caritas et amor, ibi Deus est (a), dove c'è la carità e l'amore ci sta Dio.
237
Se vogliam conoscere a che punto amiamo il Signore, quanto siam perfetti davanti a Dio, misurarlo quanto amiamo il prossimo: come siam perfetti nel comportarci con le persone della congregazione e con le persone a cui dovete arrivare e portare il bene.
Dall'amore del prossimo si misura l'amore a Dio, la perfezione di un'anima.
Albano Laziale (Roma)
31 luglio 1960
238
207 (a) R: di.
(1) Albano Laziale (Roma), 31 luglio 1960
209 (a) R: Della.
(b) Espressione pronunciata con particolare forza.
217 (a) Don Alberione pronuncia quell'ecco con particolare forza.
219 (a) V: perché sono dolce.
223 (a) R: le.
231 (a) R: delle.
237 (a) Cf. antico inno liturgico inserito tuttora nella liturgia, in Coena Domini del giovedì santo.