Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XXVII. DOCILITÀ TOTALE
Le suore pastorelle in modo particolare avranno la devozione al sommo Pastore, cioè al Papa. Perciò l'accompagneranno sempre con le loro preghiere. Vedete anche come il papa Giovanni XXIII abbia dato l'intonazione al suo ministero [pontificio]: «Io sono il buon Pastore!». La sua intonazione è stata tutta lì. Il papa non è uno scienziato, non è uno che si occupi di interessi materiali o che sia un abile politico; il papa è in primo luogo e sempre il buon Pastore, e nel discorso dell'incoronazione (a) ha anche descritto le qualità del buon Pastore. Di conseguenza, voi armonizzate la vostra vita con il programma di pontificato che ha preso Giovanni XXIII. Questa mattina però bisogna ancora aggiungere un'altra cosa. Gesù buon Pastore dice: «Io conosco le mie pecorelle e le mie pecorelle conoscono me e vengono dietro di me, mi seguono» [cf. Gv. 10,14.4].
Il segno di essere buone pecorelle è questa docilità: seguire Gesù buon Pastore!
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La docilità, che cosa significa? La docilità è una virtù la quale dispone l'animo sia a credere le cose che vengono dette, sia a fare le cose che vengono ordinate e sia ancora a ricever le grazie che procedono da Dio, ecco. Docilità: buona disposizione, in primo luogo, a credere, a credere le verità che ci sono nel Credo, si capisce; ma a credere anche agli insegnamenti che vengono dalle madri. L'insegnamento che viene dalle madri! Supponete che uno vada a scuola di aritmetica e la maestra spiega come si fa, supponiamo, la sottrazione e l'alunna dicesse: «Ah, non si fa così, io la faccio al rovescio, non va bene anche farla al rovescio?» Eh, una non imparerà mai l'aritmetica! L'alunna deve esser docile alla maestra. E le aspiranti e tutte le novizie e tutte quelle che sono in periodo in cui han bisogno di irrobustire lo spirito, devono credere: credere agli insegnamenti, credere alle correzioni, credere agli indirizzi che vengono dati. Essere docili di mente.
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La docilità di mente è il primo amor di Dio perché l'amore a Dio in primo luogo sta nella mente. Certamente Gesù dice: «Chi crederà [e sarà battezzato] sarà salvo, chi non crederà, /è già/ (a) condannato» [Mc. 16,16]; quello riguarda le verità essenziali, ma chi crede diverrà una buona pastorella; chi non crede è già votata a non riuscire una buona pastorella. È già scontata la cosa. Perché? Perché il piccolo meccanico impara dal meccanico che è già formato; e chi si mette a suonare oggi, deve imparare da chi ha imparato a suonare e magari ha già qualche titolo <di> per insegnare, o almeno ha già tanta pratica, e se volesse muovere un tasto al posto dell'altro, non come dice la maestra, ma come è più comodo subito muovere il tasto vicino senza saltar di qua e e di là, allora che cosa imparerà? A rompere le orecchie a chi sente!
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Oh. La docilità di mente (a): ai consigli, agli indirizzi, agli insegnamenti!... Prendere! Siete tutte qui per prendere e si deve prendere quello che viene dato, come prendete la minestra che arriva dalla cucina. Lì si prende la minestra perché nutre il corpo e si fa bene; ma quando vi è la conferenza, quando vi è la direzione spirituale, quando vi è l'insegnamento, ecc., allora vi è da prendere con lo stesso gusto, con lo stesso appetito. L'appetito in riguardo al pane e alla minestra è un appetito corporale, e invece riguardo alla verità, agli insegnamenti, agli indirizzi, ai consigli... questo è un appetito di spirito - non di corpo - un appetito spirituale. Allora, vedete, quando c'è questa disposizione, anche le visite al santissimo Sacramento si fan più bene, perché si viene con appetito, cioè si appetisce, si desidera la grazia, la luce di Dio. E allora, ecco il Signore, quando chiedete questa luce, è come alla sera se viene un po' di buio, non ci vedete più, dite: «Maestra, un po' di luce»,(b) e la maestra, la madre tocca l'interruttore e la luce viene, e voi toccate il tabernacolo e la luce viene nell'anima. La docilità!
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Secondo: la docilità alle disposizioni, non solo a credere ma anche alle disposizioni, a fare. Le disposizioni a fare sono di nuovo quel sentimento dell'anima che porta ad accogliere volentieri quel che è dato. Accogliere volentieri quello che viene segnato: e gli orari e gli uffici e la scuola che vien fatta, l'insegnamento e poi tutte le cose varie che si devono fare in casa, e le disposizioni che riguardano mutamenti di persone, cambiamenti, anche alle volte di orario o di ufficio o di casa... Quella docilità: «Signore, parlate, io vi ascolto!» [cf. 1Sam. 3,9] Questa disposizione lieta, serena della Madonna: Fiat mihi secundum verbum tuum [Lc. 1,38]. E si trattava di un gran mistero da credere e di un grande fatto, di una grande disposizione di Dio: che il Padre celeste voleva che il suo Figliuolo si incarnasse, si facesse uomo e venisse a redimerci e Maria fosse colei che lo introduceva in mezzo all'umanità: Verbum caro factus est, et habitavit in nobis [Gv. 1,14].
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Questa rassomiglianza a Maria, questa disposizione sincera, lieta nel prendere le cose, come piace al Signore! (a) Quell'anima lì si attira le grazie di Dio. Siccome prende le cose volentieri allora: ampie benedizioni da Dio da una parte, e poi le cose costano meno fatica e dan più risultato. Se invece le cose costano tanta fatica, ci si strascina, allora ecco il risultato: «Cosa fatta per forza non vale una scorza» (b), cioè guadagna poco davanti a Dio e forse produce nessun frutto a chi deve eseguire. Docilità di volontà, docilità di volontà!
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Oh. Poi vi è la docilità che riguarda tutto quel che è soprannaturale. Dire queste preghiere e conservar lo spirito delle suore pastorelle; quel prenderlo nelle costituzioni, che poi vien commentato nelle conferenze, negli avvisi, nei consigli o in comune oppure in particolare; e cose che vengono date a tutte, <cose che vien data> cose che vengono date a quella persona in particolare perché ne ha bisogno, ecc. Questa disposizione alle cose soprannaturali!
Perché allora si capisce che cosa voglia dire: povertà evangelica perfetta, castità evangelica perfetta, obbedienza evangelica perfetta, vita comune vissuta in carità, in collaborazione, in collaborazione di «tutti per una e di ognuna per tutte». E allora nasce <questo> questa docilità per cui si amano tutte le sorelle e si amano anche le persone che non sono ancor sorelle, voglio dire quelle fanciulle, quelle giovanette che hanno la vocazione e che noi desideriamo che entrino nella via di Dio. Docilità alle cose spirituali! Questa docilità a ricever la grazia di Gesù, questo cuore aperto alle ispirazioni, alle grazie che vengon dalla comunione!
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Quante resistenze, alle volte, si notano: si impediscono... chiudono la mano a Dio... Non viene più! Non resistere alla grazia! Quando san Paolo era ancora Saulo, persecutore della chiesa, Gesù lo richiamò: «Perché mi perseguiti?» [At. 9,4], e poi Chi sei, /tu/ (a) o Signore?» [At. 9,5]. «È duro per te - rispose il Signore - resistere sempre al pungolo della grazia» [cf. At. 26,14]. Vi sono anime che resistono alla grazia, credono di sapere di più, oppure hanno il cuore che è già legato, oppure vi è orgoglio, vedute magari particolari, anche qualche volta bizzarre, per cui: Timeo Dominum transeuntem [s. Agostino] il Signore passa e la grazia non è ricevuta e quella non verrà più. Potranno venirne delle altre se ti farai umile, ma quella lì intanto è passata inutilmente e hai perduto una occasione preziosa e forse una occasione la quale poteva decidere una vita.
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Vi sono nella vita dei momenti di grazia e di luce che non tornano più, dei momenti di grazia e luce che, assecondati, forse determinano tutta una vita. E vi sono momenti di grazia e di luce che, non assecondati, fanno perder totalmente la strada della vita e forse anche, qualche volta, si decide l'eternità in quelle occasioni di momenti di speciali grazie e di speciali luce. Se san Paolo non si arrendeva: «Perché resisti?», <cosa> sarebbe continuato ad esser persecutore della chiesa, ma egli si è arreso, è diventato il più grande apostolo.
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Docilità quindi di mente, docilità di volontà e docilità di cuore a tutte le cose del Signore. Vi vuol bene Gesù! Avete una bella vocazione e siete anche le prime e quindi l'istituto è giovane e avete più merito e allora: coraggio! Però il Signore vuole che siate come la Madonna: «Sia fatto di me come hai detto» [cf. Lc. 1,38].

Albano Laziale (Roma)
8 novembre 1958

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374 (a) L'incoronazione è avvenuta il 4 novembre 1958.

376 (a) V: sarà.

377 (a) L'espressione è pronunciata lentamente e ben scandita.
(b) L'espressione ha la tonalità della domanda.

379 (a) Don Alberione in questa espressione che comincia lentamente, sottolinea la profondità del suo sentire.
(b) Proverbio popolare.

381 (a) V: omette.