III. FORMAZIONE PROFONDA
Si vede sempre di più che /nel/ (a) mondo, e parliamo adesso per il caso nostro dell'Italia, vi è un abbandono delle pratiche di pietà. Era sempre la domenica segnata da più abbondanti preghiere: vi era la funzione serale, nelle parrocchie il vespro o il rosario con la predica o catechismo degli adulti, la benedizione. E dolorosamente questo va sempre diminuendo. Vi è tutto un preoccuparsi di divertimenti, vi è una superficialità in tanta parte delle popolazioni e una mondanità che sempre più penetra anche nelle famiglie.
Oh, le pastorelle, se hanno buon spirito, formano il sale della terra e la luce del mondo [cf. Mt. 5,13] in quelle parrocchie, e possono spargere il profumo di Gesù Cristo [con] il loro esempio, la loro preghiera, la loro attività, le loro iniziative. Prepararsi bene alla bellissima vocazione, [prepararsi] a compierla bene.
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Però, vedete, occorre che questa preparazione sia profonda: una profonda fede, un profondo amor di Dio, amor delle anime, lo spirito di mortificazione più di tutto l'attaccamento all'istituto, alle sue regole, al suo indirizzo, alle costituzioni, alle madri che appartengono al consiglio o che compiono la parte di formazione in casa.
L'attaccamento. Il quale attaccamento poi frutta questo: anzitutto considerar bene quello che si è sentito, meditarlo, conservarlo nel cuore e amarlo.
Poi frutta un'apertura di cuore per cui non solo non si nasconde ma si ha desiderio che in casa madre si sappia tutto da chi governa l'istituto, per ricevere quegli avvisi, quei consigli, quegli aiuti di preghiere e anche quelle correzioni che servono a mantenersi non solo nello spirito ma a crescere nello spirito buono, nello spirito buono!
Poi questa comunicazione continuata, quest'apertura di cuore continuata con chi vi ha diretto, chi vi ha aiutato in casa madre, è una garanzia di perseverar bene e di crescere, pure in mezzo all'apostolato che alle volte è tanto intenso: quasi si avvera quello che dice il vangelo di Gesù e degli apostoli: non trovano più il tempo da mangiare tant'era il lavoro [cf. Mc. 6,31].
Oh, l'attaccamento all'istituto e a tutto quel che c'è nell'istituto e alle persone dell'istituto, specialmente quelle che guidano, così da essere sempre il buon profumo di Gesù Cristo dovunque si vada, da essere sempre le pastorelle del buon Pastore Gesù!
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La formazione profonda. Allora vedere che non ci sia soltanto l'esteriorità, ma ci sia l'interiorità in tutto. Le cose siano fatte con convinzione profonda, con amore profondo, con generosità quotidiana, senza orgoglio, ma volendo sempre contentare il Signore. Voi potete andare in cortile o andare a studio, uscire o andare in camerata a fare questo o quel lavoro, ma il cuore deve avere un centro verso cui sempre si orienta: il cuore di Gesù nel tabernacolo. E questo Gesù nel tabernacolo lo troverete dovunque andrete, e questa abitudine di orientare il cuore a Gesù buon Pastore nel tabernacolo sarà di immenso aiuto, sia nelle difficoltà, nelle tentazioni e sia anche nell'apostolato, nella contrarietà dell'apostolato.
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Non andate mica in mezzo a gente che vi accoglie come la manna dal cielo. Non crediamo di dover accontentare la gente anche. Contentar Gesù! Vedete le parole del Signore come sono chiare: «Ecco io vi mando come /agnelli/ (a) in mezzo ai lupi» [Mt. 10,16]. Capiamo cosa vuol dire? * * * Agnelli! E i lupi cosa aspirano? A mangiarli, gli agnelli.
Agnelli! Cioè dovete sempre essere candidi come gli agnelli, innocenti come gli agnelli in mezzo a questa generazione prava, guasta. Sì, agnelli di candore, agnelli di semplicità! E temere perché subirete delle contrarietà, delle contraddizioni, e tante volte le contraddizioni e le contrarietà che vi vengon da fuori indicano proprio che fate il vostro dovere. /Se cercassimo/ (b) l'amore e la stima, la simpatia di certe persone non saremmo più amici di Gesù, dice san Paolo. Non saremmo più amici di Gesù, dovremmo romperla con Gesù. O che dispiacciamo al mondo o che dispiacciamo a Gesù.
Piacciamo a Gesù! Il suo amore ci inonderà l'anima e poi il suo amore durerà in eterno: Charitas manet in aeternum [cf. 1Cor. 13,13], sarete felici in paradiso!
In mezzo ai lupi! Quindi non lavoriamo per accontentare gli uomini, ma per accontentare Dio!
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È certo che se accontentiamo il Signore le persone rette saranno anche contente, ma le persone che non son rette vi faran guerra. Agnelli in mezzo ai lupi. E quello che si teme di più è questo: il lupo mangia l'agnello; il mondo, se non si vigila, vi mangia lo spirito. Il parlare con questa o con quella persona e le relazioni che dovete avere per il vostro ufficio sono cose buone, sante, son doveri, sono apostolato; però che sia fatto come va fatto, diversamente lo spirito mondano mangia lo spirito religioso e di lì a un poco si diventa persone comuni. Persone comuni che portano l'abito.
Ma invece se noi stiamo sempre con Gesù alla fine acquisteremo il rispetto anche dei mondani, che potranno odiarci apparentemente, ma in fondo in fondo devono ammetterlo che noi facciamo bene e che seguiamo la via nostra, la via di Dio, la via della vocazione. E poi ne avranno del bene anche loro.
Del resto quelli che han <di> buona volontà saranno contenti e accompagneranno la vostra opera, vi aiuteranno, come tanti cooperatori nel modo che abbiam meditato, mi pare l'ultima volta che ho parlato qui.
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Oh, sì, temere che lo spirito del mondo entri nell'anima. E entra sempre sotto l'aspetto di bene, eh, credendo di far meglio, quasi credendo che sia dovere comportarsi così o comportarsi così; no! Prima «sante» religiose poi apostole. Quindi prima salvare la vostra santità, il vostro spirito religioso, e poi dare agli altri, nell'apostolato, quello che si può dare.
Oh, per questo, per aiutare la vostra buona volontà, teniamoci sempre umili. Vedete, l'umiltà assicura sempre la luce di Dio, la grazia di Dio in noi. Attira sempre benedizioni dal Signore. Che cosa sia l'umiltà già lo sapete.
L'umiltà sta nella verità e cioè considerare che tutto quel che abbiamo è di Dio, quel che abbiamo di bene; e se c'è qualche male è nostro, è nostro! Quell'umiltà che porta e ha questi effetti: primo, l'obbedienza, sottomissione; poi apertura di cuore, sincerità; poi rispetta tutte le persone che convivono con noi e [ha] stima di loro; poi carità, sia con le persone con cui si convive e sia con le persone con le quali si esercita l'apostolato. Amore! Amore!
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Considerare poi il nostro apostolato un servizio alle anime. Un servizio alle anime, perché Gesù lo ha benedetto: «Non son venuto per essere servito, ma per servire» [cf. Mt. 20,28]. Non entriamo in mezzo alle popolazioni, nelle parrocchie per essere serviti, ma per servire, per servire le anime nei loro bisogni spirituali e qualche volta anche nei loro bisogni materiali.
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Conservare l'umiltà. Questa umiltà in primo luogo, ho detto, porta all'obbedienza. Sì, il sottometter la volontà è sottometter il giudizio, sì, accettando con serenità tutto quello che viene disposto, perché chi fa l'obbedienza non sbaglia mai, non sbaglia mai!
Poi, in secondo luogo, l'apertura di animo: non chiudersi, non chiudersi!
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La vita religiosa non è la vita di una collegiale. Colei che va in collegio supponiamo per far degli studi, basta che osservi la disciplina esterna e che compia quello che è comandato, osservi gli orari, ecc. Ma nella vita religiosa si ha da formar lo spirito, l'animo.
E allora bisogna che noi forgiamo il nostro spirito, facciamo conoscere il nostro animo, le tendenze belle, le tendenze brutte, i pericoli e gli aiuti che abbiamo, la divozione che si pratica, quello che si fa e quel che non si fa, perché possiamo essere lavorati, possiamo venir lavorati nello spirito. Se invece chiudiamo - diciamo - il nostro spirito, se noi nascondiamo, allora la vita religiosa non ottiene il suo fine che è proprio la formazione dello spirito.
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Oh, se si ha da lavorare, supponiamo si ha da fare un abito, bisogna aver la stoffa in mano! E così se si ha da formar lo spirito religioso, bisogna conoscerla la persona, conoscere l'animo, conoscere il cuore. Quindi, grande confidenza.
Grande confidenza! E non abbiam paura che ci conoscano! Appositamente noi dobbiamo farci conoscere, appositamente perché ci aiutino. Coprire certe tendenze, ecc. che cosa fa? Fa sì che noi conserviamo i nostri difetti e li portiamo fino alla tomba; ma li portiamo anche al giorno del giudizio: meglio toglierli. E quando poi vi sono grazie interiori, tendenze buone, ecc. se si manifestano si è aiutati a sviluppare quelle buone tendenze, a sviluppare, a corrispondere a quelle belle grazie che ci ha fatto il Signore.
Non aver paura di manifestarsi, sì!
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Il demonio ha bisogno di lavorare nell'occulto, nelle tenebre, come i ladri han bisogno dell'oscurità, vengon di notte, quando meno si aspettano; e invece l'angelo buono porta la luce. Il demonio ha bisogno che si faccia in segreto, che non venga a sapersi, che non si conosca, che non si dica.
E invece quando noi abbiamo detto e ci siamo aperti abbiamo già riportato la prima vittoria e dopo seguiranno altre vittorie.
Quindi molta apertura.
Fino a che punto?
Eh, non posso dirlo fino a che punto, perché ogni anima ha le sue necessità e le sue condizioni. Perciò è come il mangiare: ognuna deve prendere quanto si sente e quanto /le/ (a) occorre per la salute. Ma certo deve nutrirsi bene e conservare la sua salute e potersi rendere utile alla comunità e utile nell'apostolato vostro.
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Poi se c'è l'umiltà, vi è un altro frutto: si confida in Dio, nella sua grazia, nel suo aiuto, nella sua misericordia; si prega bene con la condizione che è tanto necessaria, della confidenza in Dio e il sentimento del bisogno che si ha di Dio, sì. Oh allora che cosa abbiamo? Che le preghiere sono molto più efficaci e che si sa ricorrere a Dio in ogni bisogno della nostra giornata.
Sì, l'umiltà ci rende cari a Dio e ci fa confidare in Dio, e l'umiltà apre la via alla grazia: humilibus [autem] dat /gratias/ (a) [Gc. 4,6], le preghiere sono efficaci. E allora si faranno tutte le preghiere e non si lascieranno le preghiere perché si sentirà il bisogno di Dio, della sua grazia, non è vero? Sì, si sentirà il bisogno.
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Poi con l'umiltà si va bene anche <con le perso...> con le sorelle. Chi è orgoglioso non è amato, chi è umile è sempre amato. Non ci può essere che un insipiente o una persona strana che non ami l'umile. L'umiltà vince tante cose: l'umiltà! Vince tante cose! Si vince il male con il bene, vince in bono malum [Rm. 12,21], col bene si vince il male e si trionfa del male, sì.
Di conseguenza in quelle case regnerà la pace, la concordia, la buona armonia e la cooperazione e l'aiuto vicendevole. E giacché il mondo ci odia e non possiamo noi fare confidenze con le persone esterne, le persone estranee, trovar la pace, la confidenza, la gioia, il conforto nell'interno della casa.
Lì, nell'interno della casa vi è Dio, vi son le sorelle e la giornata passa in serenità e si prova quanto la vita religiosa sia bella, come sia un anticipo di paradiso, pur avendo le difficoltà, pur trovando le croci perché dobbiam farci santi. E chi vuol andare presso Gesù bisogna che rinneghi se stesso e prenda la sua croce e segua Gesù [cf. Mt. 16,24]. Ecco, l'umiltà. Questa assicurerà la santità e assicurerà i frutti dell'apostolato.
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Come è bella la vita in una casa dove regna l'umiltà, l'apertura di cuore, la cooperazione intima! La giornata si riempie di meriti e si evitano tanti mali e d'altra parte si fanno tanti meriti in più. Oh, avanti dunque! Cacciamo l'orgoglio, il quale genera poi anche l'invidia. Cacciamo sempre l'orgoglio, la superbia, la vanità, l'ambizione dai nostri cuori e impariamo da Gesù che ci dice appunto questo: «Imparate da me, /che son mansueto/ (
a) ed umile di cuore» [Mt. 11,29]. Non solo esteriormente ma mansueto ed
umile di cuore.
Albano Laziale (Roma)
2 febbraio 1958
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36 (a) R: il.
39 (a) V: pecore.
(b) Così T. Omette R.: nastro deteriorato.
46 (a) R: gli.
47 (a) V: gratiam.
49 (a) V: perché sono dolce.