Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XV. EFFETTI INVISIBILI MA SICURI
/In questi giorni si respira tutta un'atmosfera di spiritualità, di soprannaturalità, di fede.
Il Signore certamente ci dà la sua luce per conoscere noi stessi e la sua grazia per emen/ dare (a) la nostra vita e per incominciare una vita religiosa. Dicendo religiosa intendo dire la vita di perfezione, perché lavoro di perfezione e vita religiosa son la stessa cosa, sono la stessa cosa. Il primo punto dunque sta nel penetrare noi stessi: «Conosci te stesso» (b). Il principio di una vita [di perfezione è dete]stare quel che non fu santo, quello che fu meno perfetto; finché noi non detestiamo e [lavoriamo per correggere i nostri difetti, non possiamo] arrivare a desideri, e propositi e opere migliori. Sì.
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Conosci te stesso. Si leggono alle volte dei libri, ma il primo libro da leggersi è il libro della propria coscienza.
Che il Signore ci dia la luce di leggerlo così bene come lo leggeremo poi quando ci presenteremo al giudizio e quando vedremo le due facciate del libro: la facciata di sinistra e la facciata di destra. [A] sinistra quello che potevamo e dovevamo fare, secondo le grazie e la vocazione ricevuta, e a destra quello che abbiam fatto. Per carità (a), per tutto quello che abbiamo di amore a noi stessi, all'anima nostra, non aspettiamo il giudizio perché là ci siano rinfacciate cose umilianti! Allora, non c'è più il tempo di ottener misericordia, perdono, ma là, c'è la giustizia. Di conseguenza adesso, mentre che abbiamo tempo, pensiamo. Avvicinarsi alla morte così e senza avere potuto penetrare il fondo della nostra anima, il fondo dei nostri pensieri, sentimenti, desideri, è la disgrazia maggiore per un religioso, per una religiosa.
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La perfezione religiosa si consegue in misura che è fatto bene l'esame di coscienza, nella misura in cui è fatto l'esame di coscienza. Quando noi conosciamo noi stessi, perché facciam l'esame di coscienza, allora siam sempre umili; sempre umili, perché allora poco ci resta di tempo da pensare ai difetti degli altri e giudicare gli altri, e avremo abbastanza di lavoro da fare per arrivare alla conoscenza di noi stessi, alla conoscenza piena. E quindi lavorare <per la> sulla nostra anima per la emendazione e poi impegnarci per una vita di perfezione, di santità. Considerare: quale grazia è la vocazione! E che cosa significa corrispondere o non corrispondere! Se negli esercizi arriviamo a dir tanti mea culpa (a) <perché> non perché ce l'abbiano detto gli altri, ma perché l'abbiam conosciuto noi, allora gli esercizi sono /cominciati/ (b) bene, sono /cominciati/ (b) bene!
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Tanti mea culpa! E l'indizio e il segno certo che si progredisce è questo: di trovar sempre più difetti in noi, sempre maggiore incorrispondenza alla grazia e sempre poco conto delle costituzioni, degli avvisi, degli indirizzi ricevuti. È quel vivere in comunità come se si fosse soli, perché si guarda di tutelare l'amor proprio e noi stessi.
Sentire la comunità! La religiosa si santifica solo se è osservante. Se non è osservante non può arrivare alla santità, e allora osservante delle piccole cose. Ma le costituzioni danno i princìpi generali, poi c'è la vita quotidiana, c'è l'ufficio proprio, c'è l'ambiente in cui si vive, ci sono le particolari occupazioni della giornata, vi è l'apostolato, vi è tutto il nostro carattere e il nostro cumulo di miserie che abbiam dentro da togliere, e vi è tutto quel complesso di grazie che abbiamo da - non sfruttare che è parola brutta - ma da utilizzare, da far rendere, da far rendere!
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Dire al Signore: «Datemi un cuore di carne e non un cuore di pietra». Perché, vedete, quando cade la pioggia sulla pietra se ne va via, non penetra, se cade invece in terreno smosso, in terreno friabile, allora penetra e va, la pioggia, quell'acqua, quella goccia, va alla radice delle piante le quali potranno svilupparsi, crescere, non è vero? Nessuno può dire di fare bene gli esercizi se non recitando il Confiteor. Prima: «Mi confesso a Dio onnipotente, alla beata Vergine Maria, ai santi apostoli Pietro e Paolo e a tutti i santi, a tutto il paradiso perché ho peccato troppo, troppo ho mancato; mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa». Lì è la prima parte degli esercizi.
Poi vien la seconda, che è poi la parte della risurrezione: Ideo precor, e prego il Signore, prego la Vergine, prego i santi apostoli Pietro e Paolo, prego tutti i santi, perché mi ottengano misericordia e che mi emendi. Lì è la seconda parte degli esercizi. Sì.
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Oh, allora cooperare alla grazia di Dio, alla grazia degli esercizi, cooperare. Non cadete in questa illusione: «Ma noi siamo qua, noi siamo là», e «Oh, non ci vedono», oppure «Gli altri non capiscono, quelli che stanno in casa madre non capiscono le nostre circostanze...» ecc. Lì sono tentazioni del diavolo.
La vita della suora pastorella! La vita della suora pastorella come è stata segnata nelle costituzioni, ma nelle <particolare> particolari istruzioni, nelle circolari, negli avvisi, nei consigli che vengono dati e negli usi, nelle abitudini che fan le suore migliori. Far progredir la congregazione vuol dire progredire ognuna... perché la congregazione è un corpo. Se ogni membro del corpo è sano, sta bene, la congregazione è sana e sta bene; ma però se c'è qualche membro che non è sano, per esempio, eh, in generale le membra del corpo son sane ma il cuore funziona male, ecco, oppure se il sangue non circola bene, oppure vi sono i polmoni o i reni o, va a sapere, qualche altro membro... Quindi ognuno porta il suo contributo alla congregazione e perché la congregazione sia perfetta bisogna che la perfezione ci sia in ciaschedun membro dell'istituto.
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Oh, notando che questo amore alla congregazione poi si dimostra anche nella ricerca delle vocazioni, ma le vocazioni le ricercano quelle che sono infiammate dal desiderio di santità (a)!
E può essere che anche una che abbia poco desiderio di santità faccia un po' di lavoro vocazionario: però può anche esserci l'illusione di aver lavorato noi mentre che lo Spirito Santo in quell'anima ha lavorato lui; mentre che forse è un confessore, o un esempio di qualche persona, di qualche suora santa che si è impresso in quel cuore, oppure son le ispirazioni dell'angelo custode... Oh, il Signore ha tanti mezzi che noi non conosciamo! Ma lassù il merito allora non sarebbe nostro ma di altri. Sì, la suora che fa un buon lavoro vocazionario assicurerà la grazia di corrisponder meglio alla propria vocazione, e il primo mezzo per far vocazioni è di corrisponder bene alla nostra. Corrispondere bene alla nostra!
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Consideriamo la congregazione come tutta una fabbrica una casa di santificazione e una casa di preparazione all'apostolato, sì, ma non così in generale! Vedete, l'istituto si è sviluppato come sapete e naturalmente ci sarebbe stato bisogno di ripetere a tutte il noviziato e un buon noviziato, ma le cose sono andate come sono andate, e sono andate come ha voluto il Signore nella sua sapienza - qualche volta ci sono stati degli uomini che hanno mica facilitato l'opera di Dio -.
Ma, voglio dire, non eravate tutte preparate ancora all'apostolato, né tutte avviate per la vita della santificazione e tuttavia si è detto: bene, la volontà buona c'è, lavoreranno spiritualmente mentre che vanno nelle parrocchie intanto a portare la loro opera, il loro contributo nelle cose parrocchiali e, mentre che faranno l'apostolato, riceveranno maggiori grazie. Però sempre portarsi appresso questa convinzione: abbiamo ancora bisogno di molta formazione. Molta formazione! E non pensare all'istituto, /ognuna/ (a) pensi a se stessa. Si deve pensare però all'istituto? Sì, dopo; prima a noi stessi, ciascheduno di noi: ciascheduno di noi bisogna che si migliori, che si santifichi.
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Adesso che cosa capiterà nella vostra anima a sentire queste cose? Io ho fiducia nella vostra buona volontà, ma - ora sono più di cinquant'anni che lavoro sulle anime e lavoravo già prima di esser sacerdote - ho sempre veduto questo: si dava un avviso [a] cento persone; su cento persone tra diciotto e venti facevano frutto. Qualcheduna, un cinque o sei, generalmente venivano dopo ad accusarsi: «Ma non ha fatto bene...» ed esageravano, erano le persone più delicate e quelle che non avevan bisogno; quelle che ne avevan bisogno non si muovevano, come se avessimo parlato al muro. Se una crede di non averne bisogno è «muro». Il muro: la voce sbatte là contro la parete e ritorna in qua e la parete non si muove, sta com'era. Oh! Veder bene se in fondo alla nostra anima ci applichiamo la cosa e diciamo: «Ne ho bisogno. Ne ho bisogno!».
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Oh, dunque, non avendo ancora potuto fare tutta la preparazione e neppure tutto il noviziato per ognuna, si supplisca con la volontà buona, con la pietà, con la vita di raccoglimento nelle parrocchie, stando bene <in> in applicazione, in vigilanza: Attende tibi [2Tm 4,16], bada a te, bada a te! Vi son persone che, quindi, fanno questa vita interiore in cui riflettono e lavorano su se stesse e vi sono persone che vivono una vita esteriore: han sempre bisogno di fare, di dire, di andare, di giudicare e di approvare, di condannare o di parlare di se stesse o di esagerar le difficoltà... Oh! Quante volte si va in case in cui si è proprio edificate: persone che lavoran su se stesse! Siccome l'azione e l'apostolato è fruttuoso in proporzione del lavoro che facciamo su di noi, se lavoran su se stesse, l'apostolato avrà i suoi frutti, state sicure, state sicure! O si farà direttamente, cioè la persona lo farà <lui> lei, oppure farà il Signore, supplirà.
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E se non [ci] fosse altro in una parrocchia che un gruppo di tre, quattro o cinque suore, le quali son veramente sante e si santificano e lavoran su se stesse, quella parrocchia è già fortunata. In quella parrocchia vi è l'apostolato della preghiera, dello esempio, anche della sofferenza, soprattutto l'apostolato della vita interiore. La Madonna ha fatto soprattutto l'apostolato della vita interiore, della sua santificazione: per questo ella ha collaborato alla redenzione (a), perché ha collaborato con l'accettare di essere madre di Dio, /conformarsi/ (b) [a] Gesù che è il nostro Maestro, la nostra Ostia, il buon Pastore, la vittima e il sacerdote, sì, e ha collaborato poi <colla passione> nella passione di Gesù Cristo.
Ma soprattutto quello che vale di più nella chiesa e per tutte le anime voglio dire - perché la chiesa è il popolo, eh?, è il popolo cristiano che ha un suo capo, si capisce, ha dei capi - quella santità interiore di Maria, quella abbondanza di grazia che ha accumulato in se stessa, quella perfezione e sempre più intensa per la fede, la speranza, la carità, quello è il maggior contributo alla salvezza delle anime, alla santificazione delle anime; la vita interiore di Maria, la santità sua!
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Così le suore in un paese, in una parrocchia. In una parrocchia. Persone che fanno un bene immenso e non è notato magari e neppur si accorgono loro di farlo e se parli con loro, il primo pensiero è di accusarsi di non far bene. E il giusto accusa in primo luogo se stesso, è il primo accusator di se stesso; non aspetta che vengano a dire gli altri i suoi difetti, egli li studia ogni giorno, li studia ogni giorno! E quante volte si sente /dire/ (a) questa risposta: «Lei mi avverte di questo, ma io ho ancora altre cose più importanti, più gravi ancora che dovrei dire!». Oppure dicono anzi tutto... Allora queste anime che veramente operano! E la loro efficacia si mostrerà, se non subito, si mostrerà però, adagino ma sicuramente. Ecco, il titolo deve esser questo: Effetti invisibili ma sicuri. Effetti invisibili di un lavoro interiore, di un lavoro di santificazione che si va compiendo ogni giorno, sì!
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Dunque, nella conclusione: primo, conoscer noi stessi; secondo, uniformare bene la vita <a> alle costituzioni e a tutti gli indirizzi e a tutti gli avvisi, consigli, istruzioni, circolari che vengono date, che pervengono ad ognuna.
Poi meditare tutto davanti al santo tabernacolo per applicare a noi stessi, e Gesù buon Pastore istruirà ogni anima, istruirà sicuro la suora pastorella. Quindi quel lavorio che risulterà di gara, di progresso insieme, sì. Aemulamini [autem] charismata meliora [1Cor. 12,31], progredire, emularsi, non di quella emulazione che è l'invidia, chè l'invidia è il tarlo delle comunità, è il tarlo delle comunità! Sapete cosa fa il tarlo? Rode il legno e i mobili vanno in briciole. Dei aemulatione [2Cor. 11,2] dice s. Paolo, quella gara di perfezionamento che è una gara che procede dallo spirito ti Dio: Dei aemulatione. L'una per l'altra, più perfette, ma non per invidia!, ma perché si ha da migliorare ognuna, affinché la congregazione sia migliorata, sia migliorata, sì!
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Oh, poi un'altra cosa che volevo dire era questa: siete già suore non ai primi passi; suore, o superiore o suore, che rivestite una responsabilità maggiore o per gli uffici che avete oppure per l'età e per le grazie già ricevute, non è vero? Quindi vi è sopra di voi un complesso di responsabilità rispetto alle giovani. Quando ti mandano una suora devi santificarla, quella è prima cosa!
La superiora deve prima di tutto santificare le suore, quello è il primo lavoro, che riguarda gli altri eh, primo apostolato. Certo precede ancora quello che riguarda la sua santificazione, ma, quanto agli altri, il primo lavoro è santificare le persone; santificarle non tanto con le parole, ma soprattutto con gli esempi e col custodirle dai pericoli, coll'aiutarle, col pregare e poi con sapere anche avvertire secondo i casi, secondo i casi! Ma sempre sempre le suorine impareranno dalle suore maggiori.
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Dicevano: come è il parroco così sono i parrocchiani. Come son le suore maggiori così son le suore minori.
Se una suora maggiore - dico così per indicare quelle che han già delle maggiori responsabilità - si permettesse critiche, giudizi avventati... E le altre imparano! Si riceve una suora: è un'anima bella che vi affida Gesù buon Pastore perché l'aiutiate in primo luogo nella sua perfezione e poi nell'avviamento all'apostolato e agli uffici che le sono assegnati, non è vero? Sentir la responsabilità che viene dall'età, dalle maggiori grazie ricevute e da tutto il complesso di istruzioni e di <formazioni> e formazione che si è ricevuta.
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Oh, pregate che le suore pastorelle rassomiglino proprio a Gesù buon Pastore! Sono pastorelle mica tanto perché fanno i catechismi e perché sanno tenere una scuola di taglio o un'altra cosa... Sono pastorelle perché vivono come Gesù buon Pastore e in quanto vivono Gesù buon Pastore. Il Signore, che vi ha dato una così grande vocazione e per la quale vi siete, in generale, date con impegno a corrispondere pienamente, sì. Avanti dunque in questa via, in questa via, sì.
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La seconda parte degli esercizi è più importante della prima perché della prima abbiamo da conoscer noi stessi e dolerci del male e ringraziare il Signore del bene che c'è stato, ma la seconda abbiam da provveder per l'avvenire. Gli esercizi sono il punto di partenza per un nuovo anno di spiritualità, per un lavoro spirituale, il quale sarà determinato su punti particolari oppure, per qualche anima, anche su punti generali. I punti generali sarebbero la fede, la speranza e la carità; i punti particolari sono le necessità di ogni anima che può essere: maggior pietà, maggior docilità, maggior spirito di povertà, maggior delicatezza nel tratto e nelle relazioni, ecc.
Oh, la suora poi, anche nelle parrocchie, [ha] un'influenza sul parroco. Se la suora si trova troppo spesso col parroco, col sacerdote, dà cattivo esempio; tutti e due. Sapete che il popolo, anche quando è comunista, quando non vuol saper di religione, vuole che il sacerdote, rassomigli a Gesù Cristo e la suora sia un'altra Maria, un'altra Madonna. È allora più che mai, e propriamente qui, che si deve dire: «Sì, sì; no, no» [Mt. 5,37]; il vostro parlare sia così, cioè brevissimi.
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Vi ha mai fatto impressione questo: Andate senza bisaccia, senza sporta, senza scarpe? /sine calcamentis/ (a), et neminem per viam salutaveritis [Lc. 10,4], non salutate nessuno per istrada. Cosa avete pensato a quel versetto lì? Di non restituire i saluti? No! C'era l'usanza là, che si incontravano due e le chiacchiere non finivano più. Le chiacchiere non finivano più e [duravano] anche due ore: che saluti lunghi, eh? Questi, voleva il Signore, che si evitassero, quindi il: «Sia lodato Gesù Cristo» è un buon saluto che potete sempre fare, ma le conversazioni lunghe... Vi toglie l'amore al tabernacolo quello! Queste confidenze fuori! Ma Gesù, ma Maria divina Pastora, ma i santi apostoli Pietro e Paolo, gli apostoli che sono i maggiori pastori, sì! Ricevere, voglio dire, fare le vostre confidenze con loro e ricever da loro i consigli, gli avvisi, eccetto per quelle cose esteriori che son di necessità, ma sempre in breve, sempre brevissime.
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Vedete di far del bene solo, non di sparger mai del male. Avete passato un anno. Attorno a voi avete solo sparso il buon profumo di Gesù Cristo [?] Vedete un po' se avete solo sparso il profumo di Gesù Cristo. Oppure si è sparso qualche cosa che si può dire «mondanità»? Ii (a) de mundo non sunt, sicut et ego /de mundo non sum/ (b) [Gv. 17,16], dice Gesù. Gli apostoli non sono mondani, come anch'io non son mondano. Ecco, così.
Vi siete sempre mostrate anime (c) privilegiate, di vita superiore, anime di fede, persone che solo a vederle fan ricordar Dio e l'eternità? Persone che lasciano questa impressione: «Già, l'anima deve esser pur una cosa preziosa se vi sono persone che sacrificano tutto per Gesù e per santificarsi, per la salvezza». E allora viene una riflessione, solo nella loro mente e nel loro cuore: «E io?» Sono le prediche che possono ancor capire; se andate a dir tante altre cose alle volte si irritano, s'impuntano... (d).

Albano Laziale (Roma)
29 luglio 1958

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186 (a): Omette R e T. Preso dal taccuino di appunti conservati nell'archivio generale, di sr. M. Letizia Turra sgbp
(b) Tale dicitura si trovava sul frontespizio del tempio di Delfi.

187 (a) Il periodo inizia con tono supplichevole.

188 (a) Dal Confiteor, Ordinario della messa, atto penitenziale.
(b) R: cominciato.

191 (a) La frase è particolarmente vivace nel tono ed è accompagnata da colpo della mano sul tavolo per renderla più significativa.

193 (a) R: a ognuna.

196 (a) Tono espressivo.
(b) R: conformare.

197 (a) R: a dire

203 (a) V: neque calceamenta.

204 (a) V: Omette.
(b) V: non sum de mundo.
(c) R: anima.
(d) Interruzione del nastro.