Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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9. LA PROFESSIONE RELIGIOSA1

Predica alle neo-Professe e neo-Professe perpetue Pie Discepole del Divin Maestro durante la Santa Messa.
Roma, Via Portuense 739, 25 marzo 1959*

Giorno felice, questo, per presentare al Signore il dono di voi stesse. È il giorno che ci ricorda quel felice momento in cui Maria, accogliendo l'invito, la proposta dell'arcangelo Gabriele, entrò nella sua missione, quella missione che s'iniziò in quel momento quando ella pronunziò il Fiat2 e che ella compì totalmente fino all'estremo della sua vita terrena.
È giorno anche felice per un'altra ragione, questa: in questo tempo della Settimana Santa, la Chiesa ci ricorda gli ultimi momenti della vita terrena di Gesù Cristo. Gesù aveva già dato a noi i suoi esempi di santità, di perfezione e aveva già dato a noi la sua dottrina nel ministero pubblico. Avvicinandosi il momento di ritornare al Padre egli accelerava, intensificava i suoi doni all'umanità. E primo: il dono dell'Eucaristia; poi il dono del sacerdozio; poi il dono della Madonna a noi come Madre; e poi il dono della sua vita. Cosi egli diede tutto se stesso all'umanità, tutto. E va bene oggi pronunciar le parole: Tutta mi dono, offro e consacro3 da parte vostra. Giacché il Signore si è dato tutto a noi, noi rispondiamo: "Ed io mi dono tutto a te, tutto". Il che significa: amare il Signore con tutta la mente e con tutto il cuore e con tutte le forze, in tutto il tempo della vita, sì, fino all'estremo momento, finché poi lo ameremo perfettamente in cielo. Il dono intiero. La forza dell'amore sta precisamente in quel tutto in modo di non riservarci niente; in modo, primo, di riempir la nostra mente di quella santissima dottrina che Gesù Cristo ha insegnato al mondo e ragionare in conformità; riempire tutto il cuore di lui, lo stesso amore, tanto che il cuore nostro divenga il cuore di Gesù o che sia sostituito dal cuore di Gesù, sempre volto verso la gloria del Padre celeste, sempre volto verso le anime, il tesoro di Gesù; e poi tutta l'attività, tutto il tempo della vita, tutte le energie, tutte le facoltà, i sensi esterni, il corpo, tutto, ecco. Tutto intieramente. Rispondere a Gesù che ha donato tutto a noi stessi, ha donato, egli, se medesimo.
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Occorre che Gesù riempia tutta l'anima, tutto l'essere, sì, di ognuna, ma che riempia anche la comunità, la Congregazione di se stesso, in modo che vi sia sempre un'unione intima: unione di pensiero, unione di sentimenti, unione di attività, unione di apostolato. Sempre unione! E questa unione si ha nell'adempimento dell'obbedienza e nella pratica della carità poiché la Congregazione è un Corpo, il quale deve avere una testa, oh! ed è la testa che deve comandare a tutte le membra del corpo e tutte le membra del corpo, soggette al capo; e tutte le membra del corpo sempre intese a supplicare il Maestro Gesù che illumini chi guida e che egli guidi chi deve guidare la comunità, sempre.
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In secondo luogo, che ci sia unità di cuori, unione di cuori. Quindi togliere ogni cosa che dispiace al Signore, dal cuore. Noi dobbiamo ricordarci che la religione cristiana è fondata sopra due comandamenti e son due comandamenti di amore. E che cosa significa farsi religiose? Praticare meglio, più perfettamente che si può, questi due comandamenti di amore: amore al Signore, amore alle anime. Amore alle persone, in primo luogo, che ci circondano, quelle persone a cui abbiamo più obblighi; quelle persone con cui si condivide la vita, si condividono le aspirazioni, con cui si fa il viaggio verso l'eternità, verso il paradiso. Amarsi, amarsi tanto in modo che cadano tutte le invidie, tutti i giudizi contrari. E ricordare ciò che dice quel santo Padre che leggiamo qualche volta nel Breviario: le critiche in una famiglia religiosa, significano distruggere sé medesimi perché, quando la famiglia religiosa è fervorosa, ecco che tutte ne hanno vantaggio; quando, invece, si spargono i difetti con i giudizi non buoni, allora tutta la comunità ne viene a perdere.
Perciò, uniti nell'obbedienza e uniti nella carità, ecco si vivrà perfettamente la vita religiosa. La comunità sarà innestata in Cristo totalmente e non solamente ognuna di voi potrà dire: Vivit vero in me Christus1: vive in me Cristo, ma sì, ma la comunità dovrà dire: nella comunità vive Cristo, in questa comunità vive Gesù Cristo Maestro. Perciò allietatevi pensando al giorno felice in cui le prime Pie Discepole vestirono l'abito religioso; allietatevi nel ricordo delle sorelle che sono sparse nelle varie parti del mondo; allietatevi per i grandi beni che il Signore ha concesso alla Congregazione. E quanto maggiori sono i benefici, tanto cresca il vostro fervore.
Ora potete avanzarvi2 e pronunziare il tutto con profondità di sentimento, con piena fede, con piena conoscenza di quello che si fa, piena coscienza di quello che si fa, e con piena volontà di essere fedeli. Poi, se sarete fedeli fino alla morte, ecco il premio eterno.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 * Nastro 25/e (= cassetta 59/b.2). - Per la datazione, cf PM: “... e va bene oggi pronunciare le parole: "Tutto mi dono, offro e consacro" (...). Ora potete avanzarvi e pronunziare il tutto... con piena conoscenza di quello che si fa”. “In questo tempo della Settimana Santa...”. - dAS, 25/3/'59 (mercoledì santo): “Va [il PM] in via Portuense (PD) per la funzione (Professioni)”. - dAC, 25/3/'59: “Il PM presiede alle Professioni”.

2 Lc 1,38.

3 Formula della Professione religiosa delle PD, Costituzioni (1948), art. 89.

1 Gal 2,20.

2 Riferimenlo al rito della Professione religiosa delle PD in uso in quel tempo al momento in cui il celebrante, rivolto alle candidate, diceva: “Se intendete perseverare nella vostra decisione, in nome di Dio fate un passo avanti”.