Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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11. OGNUNO Sl COSTRUISCE LA PROPRIA ETERNITA'1

Meditazione alla Comunità delle Pie Discepole del Divin Maestro.
Ariccia, Casa Divin Maestro, 5 agosto 1959*

Santa Maria ad Nives ricorda il miracolo che decise la costruzione di Santa Maria Maggiore a Roma.
Due coniugi non avevano figli ed erano molto ricchi. Volevano lasciare erede Maria. E pregavano Maria che significasse, in qualche maniera, che cosa gradiva che si facesse a suo onore. E nella notte del 5 agosto, ecco che il colle Esquilino fu coperto di neve (e non è questa la stagione della neve) miracolosamente. E avvertì, Maria, separatamente in sogno i due coniugi che gradiva che in quel luogo dove al mattino avrebbero trovato la neve, si costruisse, in suo onore, una chiesa grande. I coniugi, scambiatesi i pensieri, ricorsero al Papa, il quale pure disse di avere avuto il medesimo sogno, il medesimo avvertimento da Maria. E così nacque Santa Maria Maggiore.
Occorre, allora, che noi ricordiamo l'origine del Santuario, che siamo riconoscenti a Maria che tante volte si degna di visitare i suoi figli o personalmente o con qualche prodigio.
Avendo trovato la neve, al mattino, sul colle Esquilino, fu segnato - diciamo così - lo spazio che avrebbe dovuto occupare la chiesa. Il che avvenne.
E voi potete anche mettere l'intenzione per il Centro vicino a Santa Maria, il Centro liturgico, affinché sia sempre più bello, più corrispondente alla missione che avete in riguardo alla sacra liturgia.
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Domani è la Trasfigurazione di Gesù sul Tabor. Fu, quella trasfigurazione, come un saggio di cielo perché Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e, salito poi sul monte, si trasfigurò. Il suo volto divenne risplendente come il sole, le sue vesti bianche come la neve e poi apparvero vicino a lui Mosè ed Elia. Mosè ed Elia rappresentavano il Vecchio Testamento: Mosè, la legge. Elia, la profezia. E innanzi a loro, ecco i tre Apostoli: Pietro che rappresentava la fede; Giacomo che rappresentava la speranza, e Giovanni che rappresentava la carità. E queste son le tre virtù che sono la base di tutta l'opera della santificazione e della salvezza.
Se noi vogliamo andare in cielo: fede profonda, speranza ferma, carità ardente. È vero: fede, speranza e carità possono essere in varia misura nelle anime. Vi è chi è appena insufficiente e vi è chi, invece, arriva ad un grado elevato. E così vi è chi arriva al paradiso appena appena con i meriti che ha potuto farsi in una vita, forse, breve, oppure anche in una vita lunga, ma non sempre consacrata al servizio di Dio, forse; oppure in una vita che poi è stata penitente. Vi sono tanti gradi.
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E difatti in paradiso vi sono molte mansioni, che vuol dir, molti posti. Mansione vuol dire manere, dove si resta, dove uno sta. Manere vuol dire fermarsi, stare, perché là è il posto definitivo. Passati da questa terra, una volta che l'anima esce dal corpo, non si può più fare alcun merito, come non si può più fare alcun peccato. Il corpo da sé non può fare il peccato perché non ha la coscienza, l'intelligenza. L'anima da sé non può fare più peccati perché è entrata nel suo stato definitivo. E quindi ognuno resta in quel grado di meriti che ha raccolti nella vita. E vi è chi raccoglie zero, anzi, chi raccoglie responsabilità e peccati. Vi è chi, invece, raccoglie per il paradiso frutti buoni e son le buone opere. E allora, ecco, possiamo distinguere chi dà il 30 per uno, chi il 60 per uno, chi il 100 per uno. Vuol dire, seminare un grano e raccogliere 30; oppure, seminare un grano e raccoglierne 60; oppure, seminare un grano raccoglierne 100. Mansiones multae sunt1.
Vi è una grande gerarchia in paradiso, gerarchia di santi, come vi è una grande gerarchia degli angeli divisi in due cori. Gerarchia di santi, numerosissima gerarchia, una grande varietà, un'immensa varietà fra di loro, un'immensa varietà di meriti, prima Maria; un'immensa varietà, quindi, di gloria; un'immensa varietà, poi, di potenza di intercessione presso Dio per coloro che sono ancor sulla terra; un'immensa varietà di glorificazione di Dio, perché ognuna darà la gloria a Dio secondo i meriti che avrà. Qui, non abbiam tutti la stessa intelligenza, la stessa memoria. E vien dalla natura. Però, invece, possiamo crearci - diciamo così - o meglio, procurarci una visione più profonda di Dio. Ognuno l'avrà secondo che avrà fatto lui, perché noi ci prepariamo l'eternità e il posto dell'eternità, il grado di felicità, con le nostre mani e cioè, con le nostre opere.
E vi è una grande diversità di occupazione in cielo, quindi, come vi è una grande diversità di occupazioni fra angeli e angeli. Là è tutto un mondo nuovo, non possiamo immaginarlo con la fantasia. E san Paolo stesso non volle o non poté dircene che delle parole misteriose. Nessun occhio vide quel che ha preparato il Signore, nessun orecchio udì ciò che ha preparato il Signore lassù, nessun cuore provò tanta gioia, tante consolazioni come ne preparò il Signore a quelli che lo amano2. Non vogliam penetrare i misteri del cielo, ma invece lavorare per il cielo, ecco.
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Adesso, con fede profonda, con speranza ferma, con carità ardente, possiamo aumentare, giorno per giorno, i meriti. Ognuno lavora per sé, anche quando si lavora per tutti, si preparasse pure la minestra per tutti, lavora per sé. Sì, che dà da mangiare ai poveri, dà da mangiare agli affamati, dà da bere agli assetati, veste gli ignudi, ecc., ma ognuno, in fondo, lavora per sé, cioè, aumenta la sua felicità, guadagna lui. Gli altri mangiano e poi se ne vanno. I meriti si fanno e restano, e nessun ce li toglie se non vogliamo noi stessi perderli col peccato grave. I meriti, anzi, vanno sulle porte del paradiso per accompagnarci al premio.
Ecco stella a stella differit in claritate1, in cielo. Una stella si diversifica, è differente dall'altra per splendore. Così le anime dei giusti in cielo, sì. Oh, perché c'è la diversità di meriti e quindi c'è la diversità di premio. Se uno vi fa un lavoro, supponiamo fa un vestito, e lo si paga per quel vestito; se uno ne fa due, lo si paga per due, se ne fa cinque, dieci, ecc. si paga per cinque, per dieci. Così il Signore. Dipende, quindi, da noi il prepararci un posto o un altro, in cielo. Fede profonda, speranza ferma, carità ardente, le quali virtù teologali poi fruttificano tutte le altre virtù: cardinali, morali, religiose; fruttificano la pietà e fruttificano anche la perfezione. Il grado di perfezione dipende dalla profondità di queste tre virtù teologali, sì. Sono, queste tre virtù teologali, come tre piedi di un candeliere. Con un piede il candeliere non sta diritto, con due piedi non sta diritto, con tre piedi sta diritto e porta la candela, la quale brucia, cioè si consuma ad onore e gloria di Dio. Così, chi possiede solo una virtù, solo la fede [e] non ha le opere, eh, non sta in piedi, cioè non guadagna meriti. Chi possiede solamente la fede e la speranza, presume di andare in paradiso senza amore al Signore, senza la grazia del Signore, eh, non va in cielo. Con due virtù non si va in cielo, ci vogliono tutte e tre: fede, speranza e carità.
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Ecco, san Giacomo risponde a chi dice: Io ho la fede risponde così: Anche i diavoli dell'inferno credono, ma tremano e sono sotto il peso della giustizia di Dio1. Purtroppo vi è più fede che carità, cioè, manca più sovente la carità e mancano, soventissimo, le opere. La carità che è lo stato di grazia, che è l'unione con Dio che può aver tanti gradi. Allora, lavoriamo per noi stessi e cerchiamo di guadagnare il più bel posto in paradiso. Ecco, se noi abbiamo queste tre virtù e le domandiamo ogni giorno, allora ecco che la fede profonda, l'amor di Dio sentito, profondo, la speranza ferma, ci mettono in condizione di guadagnare in continuità meriti anche con le opere più umili. Non c'è distinzione. Vi può essere un contadino semplice, il quale è vestito male, ma essere molto più santo di uno che ha abiti speciali, che davanti al mondo, magari, fa una bella figura e che, magari, lo si rispetta, ci si toglie il cappello. Ma tutto quello, è cosa di quaggiù. Al di là c'è una sola cosa che merita ammirazione, rispetto: essere santi, essere ricchi di meriti. Solo quella ricchezza lì rende gloriosa l'anima e la rende ammirata, l'anima, da quelli che son lassù in cielo, dai compagni di felicità.
Non consideriamo quel che dicono gli uomini, quel che pensino gli uomini di noi, che possono tanto ingannarsi. Pensiamo, invece, come pensa Dio di noi, se è contento di noi, se noi con la vita che facciamo gli diamo piacere, gusto, ecco. Che importa quel che possono dire. Sono parole che il vento se le porta via, no? Eh, suonano e quando han finito di suonare è finito tutto. Ma i meriti fatti e custoditi sono eterni. Nessuna opera buona va perduta. Dio, Dio è giusto, premia, e premia più abbondantemente di quello che noi meritiamo, mentre non castiga mai più di quello che uno ha meritato di castigo. Aggiunge: A chi ha sarà dato1, ecco, [a] chi già ha, sarà dato. E [a] chi non ha, verrà tolto anche, a costui che non ha, quello che può ancora avere2. L'espressione del Vangelo va studiata bene, però, si capisce.
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Oh, due pensieri devono rimanere: che noi ci fabbrichiamo il paradiso, il nostro posto in cielo, il nostro seggio di gloria, momento per momento. Si aggiunge qualche cosa quando si fa il bene, si passano bene le giornate. Noi. Dipende da noi. Non dipende né dalle sorelle, né dalle superiore, né dalle persone che incontriamo, no, dipende da noi. Qui, sulla terra, non dipende da noi la salute, noi possiamo un po' conservarla come è possibile, come è dato a noi, ma la salute, la robustezza viene da Dio. Oh, invece, la santità, sì, dipende da noi; la sanità, no, santità, sì.
Primo pensiero: ognuno si costruisce la sua eternità e per costruirsela proprio con sicurezza, senza ingannare noi medesimi, abbiamo sempre da assicurarci: aumento di fede, aumento di speranza, aumento di carità. Questo è da ripetersi fino alla fin del mondo perché in questo è incluso tutto: e il catechismo, tutta la dottrina cristiana e tutto il Vangelo, in fondo, eh?
Naturalmente va considerata la fede nel suo largo senso, la speranza operosa, non una speranza vuota, ma quello che è certezza. E speranza perché riguarda il bene futuro, ma è certezza che questo bene futuro si può avere se noi mettiamo le condizioni, delle opere. E la carità, la quale ci unisce a Dio ed è lo stato di grazia il quale può aumentare e quanto aumenta, tanto cresce la santità. Sempre chiedere queste virtù.
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La prima parte dell'adorazione, chiede specialmente la fede. La seconda parte dell'adorazione, chiede specialmente la speranza. La terza parte dell'adorazione, chiede specialmente la carità. E dividere così la Visita al Santissimo Sacramento, e proprio secondo lo spirito della Pia Discepola, di coloro cioè, che amano Gesù Maestro, di coloro che sono, anzi, di Gesù Maestro.
Avanti, dunque, con fiducia e serenità, sì. E poi, non basta guardare il lago1, guardar sopra al lago: il cielo. Sursum corda! Elevare il cuore verso Dio, nostro Bene Sommo, eterna felicità. Tutto passa, Dio solo rimane . Tutte le cose sono un niente, Dio solo è il Tutto e quindi: Dio solo mi basta.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 * Nastro 167/a (= cassetta 60/b). - Per la datazione, cf PM: “Santa Maria ad Nives. Domani è la Trasfigurazione di Gesù sul Tabor”. “E poi non basta guardare il lago. Guardar sopra il lago, il cielo!” (cf dAS in questa stessa nota). “E voi potete mettere anche l'intenzione per il Centro vicino a Santa Maria, il Centro liturgico, affinché sia più bello, più corrispondente alla missione che avete in riguardo alla sacra liturgia”. (Il Centro di apostolato liturgico si è poi aperto nel gennaio del 1960). - dAS, “giorni 3-4-5 (agosto del '59) rimane [il PM] sempre nella casa "Divin Maestro" (Ariccia), nel nuovo appartamento...”.

1 Gv 14,2.

2 Cf 1Cor 2,9

1 1Cor 15,41.

1 Cf Gc 2,19.

2 Cf Mt 25,29.

1 La Casa di Ariccia, dove il PM sta predicando alle PD, si affaccia sul lago Albano.