Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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63. L'ORGOGLIO63
1. Voi avete fatto l'adorazione per riparare i peccati del carnevale e Gesù è contento di voi, di questo omaggio. Quando Gesù agonizzava nell'orto del Getsemani, andò a svegliare gli apostoli che dormivano e raccomandò loro di vigilare e di pregare per non cadere in tentazione.
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2. San Filippo Neri era il santo della letizia e per evitare che i ragazzi facessero il male, inventava ogni tipo di divertimento. Certamente è una santa industria quella delle pastorelle che in certi periodi inventano cose allegre per distornare le giovani dal peccato e dal divertimento cattivo. Come occorre stampa buona di contrappeso a tanta stampa cattiva, così occorre una sana allegria che si contrapponga a tanti divertimenti illeciti. La gioventù ha bisogno di letizia. Da una parte riparare e dall'altra distogliere.
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3. Consideriamo stasera l'orgoglio e l'umiltà insieme affinché comprendiamo con l'aiuto di Gesù buon Pastore qui presente la via dell'umiltà. L'orgoglio è stimarsi di più di quel che siamo, è avere ambizione, vanità, desiderio che gli altri ci stimino più del necessario. Se noi contassimo tutte le grazie e i benefici del Signore ci sarebbe da piangere di consolazione e di riconoscenza. Quando abbiamo riconosciuto che in noi c'è qualcosa di buono, vocazione salute, intelligenza e virtù, ringraziare il Signore.
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4. Se l'orgoglio fosse totale, sarebbe un ateismo come se ci fossimo creati da noi stessi. Fino a questo punto però le anime buone non arrivano, ma c'è il pericolo che arrivino a considerare solo il bene che c'è in loro. Questo porta a sbagliare perché se abbiamo certe qualità buone, non sono poi tanto numerose e sono accompagnate da molti difetti. Una può essere intelligente ma orgogliosa, può riuscire nello studio, ma riesce meno nell'apostolato, avere buon tratto, ma essersi messa nel pericolo e aver offeso Dio.
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5. Non mettere l'occhio solo sul bene, ma considerare che se anche avessimo commesso un solo peccato veniale, non basterebbe una lunga vita di penitenza per espiarlo, se non intervenisse il sangue preziosissimo di Gesù. Ci sarà sempre da umiliarsi perché senza peccato non c'è nessuno.
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6. L'orgoglio pretende dagli altri stima e porta anche alla millanteria, cioè a vantarsi di quello che non si ha o ad esagerare quello che si ha e se non c'è nulla che vantarsi si dicono bugie. Può portare anche all'ipocrisia e a degli atteggiamenti particolari per essere credute pie. L'eccesso sarebbe tacere i peccati in confessione, ma senza arrivare a questo, si possono raccontare cose diversamente dalla realtà e dire parole che conciliino la stima degli altri. Il parlare di noi senza necessità è sempre pericoloso.
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7. L'orgoglio porta anche a presunzione: si presume di poter fare tutto in un giorno, anche il cammino della santità, oppure di poter mettersi nei pericoli, di potersi fidare delle proprie virtù. Presumere delle proprie forze e mettersi nelle occasioni è un ingannarsi. Tutte le precauzioni che sono scritte nelle costituzioni per evitare i pericoli, riguardo alla clausura, alla castità, bisogna osservarle. Disprezzarle e mettersi nei pericoli è presunzione che porta a infiniti guai.
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8. E' invece umiltà stare serenamente alle costituzioni e stare agli avvisi che si ricevono. I rimedi saranno:
- confessare il nostro orgoglio. Riconoscere: sono stato superbo, ambizioso, vanitoso, mi sono fidato di me. Umiliarci specialmente della superbia perché dalla superbia nasce l'invidia. Umiliarci nella confessione, negli esami di coscienza, nei momenti in cui ci sentiamo pieni di noi stessi e di vanagloria.
Pensare così: se mi prendessero la fotografia dei miei pensieri, dei miei sentimenti, se mi leggessero dentro, che cosa direbbero? Eppure saranno tutti noti nel giorno del giudizio universale!
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9. L'orgoglio allontana le grazie di Dio. Dire così: sono proprio stolta perché mi privo di tanti meriti, di tanti beni, di tante grazie, di tanta luce, di tante consolazioni, di tante benedizioni, di tanto apostolato. Sempre umiliarsi per l'orgoglio.
- Altro rimedio è lodare il Signore ed amarlo di più per le cose che sono andate bene. Ricordarsi che il Signore ci chiederà conto di quel che ci ha dato: disposizioni al canto, doni di intelligenza, istruzione, preghiera. «A chi molto ha ricevuto, molto sarà richiesto». Le suore si possono paragonare a colui che aveva ricevuto cinque talenti perché hanno molto.
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10. Se noi togliamo l'orgoglio dalla radice, il Signore ricolmerà il nostro cuore. L'orgoglio può essere un po' dappertutto: nella preghiera, nella scuola, nell'apostolato, nelle relazioni con le sorelle e con l'autorità.
L'orgoglio porta alla disobbedienza, alla mancanza di carità. La carità non pensa male. Non giudicare, pregare per le altre: scusarle e aiutarle.
Umiliamoci dell'orgoglio che c'è in noi, se lo sradichiamo togliamo anche la radice di ogni male e di ogni peccato.

Albano Laziale (Roma)
3 marzo 1957

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63 Albano Laziale (Roma), 3 marzo 1957