Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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55. SPIRITO DI UNIONE55
1. Dio è amore e nella creazione, redenzione e santificazione delle anime, il timbro che imprime è sempre l'amore. Si amano tra di loro i componenti di una famiglia. Si amano tra di loro i cittadini di una medesima nazione. Si amano le persone che tendono ad un medesimo ideale. Per amore Gesù si fece uomo, per ridare la vita agli uomini. Gesù ci amò e si sacrificò per noi. Ugualmente il regno di Dio in noi è opera di Spirito Santo che è amore. L'amore unisce anche noi, come diciamo spesso, e dovremmo scriverlo anche nelle nostre case: «Congregavit nos in unum, Christi amor!». Unione tra tutte le persone che tendono ad un medesimo ideale.
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2. Che cos'è questo amore? E' unione di mente e di cuore. L'unione in una famiglia non c'è solo perché i membri vivono nella stessa casa, non basta venire solo a mangiare, a dormire o per altre necessità. Ci deve essere anche unione e fusione di sentimenti e di ideali. L'unione è qualcosa di intimo: è unione di pensiero, di mente, di volontà; è vedersi bene.
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3. Da notare che il nemico della carità è sempre l'egoismo. Ci può essere egoismo nel disporre gli orari, guardando al proprio interesse e non a quello delle sorelle. Ci può essere egoismo nel far preparare i cibi a tavola, perché siano tutti di nostro gradimento. E' egoismo voler sempre le stesse persone in casa o volerne altre. L'egoismo si può manifestare con le simpatie e le antipatie. L'egoismo si manifesta con l'invidia. Anche Caino commise il suo peccato per invidia.
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4. L'egoismo si manifesta ancora nell'attaccamento alle cose di questa terra. La carità è invece la virtù che unisce e ci fa lavorare per uno stesso ideale e sacrificarci per i bisogni dell'istituto. Io non so ancora capire questo: come non si sappia fare qualche sacrificio per la povertà per aiutare di più casa madre, col chiedere offerte. Mi sembra che si possano fare dei passi avanti. Non vuol dire sacrificare la salute delle suore, ma cercare di aiutare anche economicamente casa madre con industrie proprie.
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5. Sentirvi in famiglia. Tutte contribuire per tutte. Tutte debbono portare il loro contributo e penso che già tutte le case pensino in qualche modo a casa madre. Chiedere la beneficenza: del resto tutte le opere di Dio si formano per la carità di tanti. Che vi sia una vera cooperazione per l'incremento dell'istituto. C'è ancora maggior bisogno dove ci sono persone da formare, come qui in casa madre. Vedete un po', in questi giorni, come ci si può industriare per la beneficenza. Vi potrei accennare diversi modi, ma è meglio che ne parliate tra di voi. Anzi è bene che conosciate anche il bilancio di casa madre. Altro contributo assai prezioso è il cercare e formare vocazioni.
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6. Unità di azione: la tavola pressappoco uguale nelle stesse case; gli orari pressappoco uguali, i corredi uguali senza cose in più o ricercate. Così saper fare anche sacrifici nella convivenza quotidiana. Ci sono uffici che in generale nessuno ama. Le persone che amano il sacrificio, scelgono e si addossano sempre il peso maggiore. Scegliere sempre il peggio per noi, pensare che se c'è qualche sacrificio in più da fare, spetta a noi. Non essere pretenziose: le pretese sono frutto di amor proprio e di egoismo.
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7. La pastorella buona ha l'impegno di servire il prossimo, di essere sempre a disposizione per la necessità dei fratelli. Nelle case vedere che ci sia collaborazione e unione nel compimento del dovere. Le piccole dovrebbero pian piano essere avviate all'apostolato. Prima del noviziato è bene che vadano in qualche casa per vedere l'apostolato al pratico. Che vedano che cosa si preparano a professare, così se non sono chiamate, possono prendere per tempo un'altra strada. Ma perché vadano in case filiali occorre, di Diritto Canonico, che in queste case viga il fervore della vita religiosa. Ciò che vedono, rimane loro impresso. Avranno sempre da dire: «quella superiora faceva così, si comportava in quel modo ecc.». Vedere che possano dirlo solo per il bene che abbiamo fatto. Pensiamo perciò a dare l'impronta buona.
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8. Eravate molto addolorate ieri per la morte di madre Claudia. Mi fa tanto piacere sentire i diversi commenti favorevoli su di lei. Ora ognuna si chieda: «E se morivo io che avrebbero detto di me? Avrebbero potuto dire solo bene anche di me, oppure: beh! tacciamo, copriamo tutto con la carità del silenzio?».
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9. Formatevi bene e formate bene, alla virtù soda. Sopra tante cose si può passare e pazientare, ma non si può passar sopra al fatto che una è senza umiltà e carità. Si può passar su se si ha poca salute, se si è un po' ignoranti, se non si è ancora esperti nell'apostalato, ma non si può non avere umiltà e carità. Se la suora ha carità e umiltà, saprà fare il vero bene alle anime.
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10. Quest'anno è l'anno in cui fanno il capitolo nella Pia Società, le Figlie di san Paolo e le Pie Discepole. Anche voi dovete fare un passo avanti; se avete qualche cosa da aggiungere alle costituzioni, lo dite e lo scrivete. Ora che avete fatto anche l'esperienza nell'apostolato e conoscete tanti pericoli, è bene che li esprimete per dare alle costituzioni quelle modifiche necessarie per un maggior bene.
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11. Soffrire per l'istituto. Madre Claudia ha detto tante volte che offriva le sofferenze per l'incremento dell'istituto, per la santità nella casa, per le vocazioni. Saper offrire le sofferenze, sia fisiche che morali per il bene dell'istituto e delle sue opere.
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12. Guardarsi bene dal dire: sono superiora, perciò non mi sporco tanto le mani. No, dobbiamo essere noi a sostenere le fatiche maggiori e le pene, sempre pronte a tacere, a lasciar passare... Far del bene senza stancarci, senza porci dei limiti. Tante volte si pensa e non si sa come facciano tante persone che sanno moltiplicarsi facendo del bene, sebbene abbiano poca salute. Ecco, esse sanno crearsi dei collaboratori, che portano avanti l'opera che viene loro affidata.
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13. Insegnate anche voi alle vostre suore ad aiutarsi, a prendere le responsabilità, a portare dei pesi, così che possiate dedicarvi sempre a nuove e migliori opere. Si trovano certamente tante difficoltà nell'apostolato di pastorelle. C'è sempre anche tanto lavoro. Ma ci sia sempre il tempo per raccoglierci insieme per pregare e dare un po' di tempo anche per il sollievo, per una sana ricreazione.
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14. Riguardo alla formazione e alle vostre relazioni con le suore, si potrà dire che vi sono confidenze da farsi e confidenze da non farsi. Nella correzione, vi sono dei difettucci che non occorre subito correggere, specialmente in principio, ma portare pazienza. Nel correggere non correggere tanto il fallo quanto l'abitudine al fallo. Molti difetti poi bisogna correggerli in privato: ci sono certi caratteri che già s'impegnano con buona volontà e soffrirebbero troppo sentirsi riprendere in pubblico. Tanto più che a certe persone basta un cenno, perché subito si accorgano del male e si correggano. Non insistere tanto nel correggere, dicendo una infinità di volte le stesse cose: diventiamo pedanti e alla fine non ci ascoltano più.
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15. Sappiate sempre utilizzare in bene il vostro tempo. Non perdersi in chiacchiere inutili, in discorsi non necessari. Nel molto parlare non può mancare il peccato. Certe cose poi a noi non interessano, stiamocene ritirate e nel riserbo. Ad esempio, che c'entriamo noi col consiglio comunale? Ci pensino gli altri, noi facciamo solo quanto è di dovere nel votare e suggeriamolo anche agli altri, poi basta. Così non possiamo metterci a correggere i maestri o certi difetti della parrocchia. Pensare che non siamo venute per fare del male, chiacchierare, criticare, ma per aiutare e fare del bene a tutti.
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16. Se basta una parola, non dirne due. Essere semplici e schiette con tutti. Molte volte vi invitano a casa e vi fan parlare per parlare poi di voi. Stare ritirate, amarvi fra di voi e quel che c'è da dire, dirvelo fra voi. E' perdendo l'affetto alla casa che poi si va a cercare l'affetto fuori. La suora sta bene in casa sua. Vogliatevi bene. Le relazioni con estranei portano sempre disguido e disunione.
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17. Volersi bene e quando si viene in casa madre, essere felici, dire tutto ai superiori, dire anche i nostri difetti, per averne una correzione e un consiglio. Le superiore soprattutto precedano le suorine con l'esempio e con la buona volontà. Non manchi mai in noi il desiderio di farci sante.
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18. Chiedere in questi giorni tanti lumi dello Spirito Santo perché nelle nostre case fiorisca la santità, l'amore di Dio. Oh! come vi vorrei unite tutte, vorrei che tutti potessimo ripetere la preghiera di Gesù con il suo stesso desiderio e amore: che siano uniti, «che siano una sola cosa come tu sei in me, o Padre, ed io in te» (Gv 17,21).
Piaccia al Signore che questa carità, questo spirito di unione, progredisca.

Albano Laziale (Roma)
15 febbraio 1957

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55 Albano Laziale (Roma), 15 febbraio 1957