POTENZA DELLA PREGHIERAGIORNO II.
ISTRUZIONE II.
SACRA SCRITTURA
IL GIUDICE INIQUOGesù propose ai discepoli una parabola intorno al dovere di pregare sempre senza mai stancarsi, dicendo: C'era in una città un giudice che non temeva Dio, né aveva rispetto ad alcuno. E c'era in quella una vedova che andava da lui a dirgli: Rendimi giustizia del mio avversario. E per molto tempo non volle, ma poi disse tra sé: Quantunque io non tema Dio, né abbia riguardo agli uomini, pure, siccome questa vedova mi dà molestia, le farò giustizia, ché non venga finalmente a rompermi il capo. Ascoltate, prosegui il Signore, quel che dice il giudice iniquo: Dio non farà giustizia ai suoi eletti che giorno e notte lo invocano, e sarà lento con essi? Vi assicuro che presto renderà loro giustizia. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, credete che trovi della fede sulla terra?
(Luc. XVIII, 1-9).
* * *La preghiera è elevazione della mente a Dio, la preghiera è domanda delle cose che convengono all'anima. Vi è la preghiera
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sacramentaria, quella sacramentale e l'orazione.
Pregare... Ma a che serve pregare? Gli uomini comprendono che vale lo studio, che fa qualche cosa l'artigiano, che dà un utile il lavoro dei campi. Ma la preghiera è buona a qualcosa? Le braccia incrociate producono qualche cosa? Invece di tanta preghiera non sarebbe meglio operare? Ricordiamo il detto: buono il lavoro, meglio la preghiera, ottimo il soffrire.
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Fermiamoci perciò a considerare ora brevemente: 1) la potenza ed efficacia della preghiera; 2) quali grazie ci ottiene; 3) quanti gradi abbia.
I. - Potenza ed efficacia della preghiera.
La preghiera è efficace, anzi è onnipotente. Principio generale.
Sulla terra la preghiera è quella che stabilisce un divino equilibrio fra il debole ed il potente. Il potente è forte delle sue armi; il debole gli è pari e spesso superiore colla preghiera. Il dotto sa perché ha studiato, perché ha ingegno, ecc.; colui che prega sa perché Iddio gli dà la sua scienza. Il ricco possiede sostanze; il povero se prega, spesso ha di più che il ricco. Dice la Sacra Scrittura: «Nonne Deus elegit
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pauperes in hoc mundo, divites in fide, et heredes regni, quod repromisit Deus diligentibus se?»1.
Un sacerdote che fa il suo dovere, ancorché debole di forze, ancorché povero di mezzi, ancorché scarso di scienza, di salute, di doni, se veramente è pio, se veramente prega, eguaglia l'altro, non solo per i meriti della vita eterna, ma anche per il bene che fa sulla terra.
È un divino equilibrio la preghiera. Anzi, spesso, la preghiera, siccome ha forza divina, è anche più potente: Dio, il quale vuole la sua gloria, ha eletto le cose che non sono per confondere quelle che sono, ha eletto le cose ignobili per confondere le nobili, ha eletto gli ignoranti per confondere i sapienti: «Quae stulta sunt mundi elegit Deus, ut confundat sapientes: et infirma mundi elegit Deus, ut confundat fortia: et ignobilia mundi, et contemptibilia elegit Deus, et ea, quae non sunt, ut ea quae sunt destrueret»2.
Un soldato armato, quando trova un bambino che supplica, quando trova una donna inerme che lo scongiura, cede: sembra che sia inferiore. All'incontro, il soldato assale con tutto l'impeto e mostra la sua potenza contro il soldato che gli resiste e l'assale. Questa cavalleria,
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che ebbe tante esagerazioni, ha un fondo di spirito cristiano.
La preghiera è divino equilibrio. Quindi la S. Scrittura ci dice che il Signore ebbe pietà del popolo d'Israele, perché vi erano tanti bambini. Giona, vedendo che Dio non distruggeva Ninive, passati i quaranta giorni da lui profetati, se ne afflisse e si lamentò col Signore. Ma Dio rispose: «Non parcam Ninive civitati magnae, in qua sunt plusquam centum viginti milia hominum, qui nesciunt quid sit inter dexteram et sinistram suam?»3. E chi erano, questi che non sapevano distinguere la destra dalla sinistra? Erano i piccoli. Dio ne prende le difese: «Sinite parvulos venire ad me»4.
Per la preghiera, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza a Torino, si vive bene. Non si soffre mai crisi. Là manca mai nulla. Non si dice: facciamo economie, che l'anno è triste. Vi è quanto occorre, con semplicità, con povertà evangelica, sempre, ogni giorno. Allorché le strettezze si facevano sentire, il fondatore, S. Giuseppe Benedetto Cottolengo, moltiplicava le opere di carità, accoglieva più infermi per impegnare di più la Divina Provvidenza.
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Chi ha poca fede, non comprende i Santi; quindi, a tutte le loro opere cerca di dare una spiegazione naturale; è ancora una delle malattie più estese e perniciose ai nostri giorni, il naturalismo e razionalismo pratico, spesso anche fra i cristiani e le stesse anime che si dicono pie.
Ma noi non dobbiamo lasciarci trascinare dall'andazzo comune degli uomini. Quando abbiamo maggior bisogno, accresciamo la nostra fede. E quella Divina Provvidenza, che sempre nutre le anime ed i corpi dei suoi figli, che non patisce crisi, che non dà le dimissioni, che non rinunzia ai suoi poteri, che non conosce fallimento, continuerà a fare come sempre ha fatto.
Quanti sacerdoti dottissimi non han fatto il bene di tanti sacerdoti semplici, dotati di scarsi mezzi materiali, fisici, intellettuali, ma ricchi di fede e di preghiera!... Se voi avete da cercarvi un confratello per le mansioni che vi aspettano, per i campi futuri che vi attendono, fra qualche anno, voi, sono persuaso, cercherete sempre colui che più prega ed ama Dio. Perché con lui si sta in pace, si lavora con tranquillità, si ottiene con sicurezza.
Si geme e si soffre. sulla terra, ma quando vi è la ricchezza della fede, la vittoria finale vi sarà. Sconfitte e disprezzi sono la porzione
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che dobbiamo attenderci, per essere più a parte della vita poverissima, umilissima e mortificata di G. C.; ma poi si ha anche parte al successo, al risultato, ai frutti, ai meriti ed alla gloria del nostro Salvatore stesso: «Plorabitis et flebitis vos, mundus autem gaudebit: vos autem contristabimini, sed tristitia vestra vertetur in gaudium»5.
Preghiamo! Ovunque manchi qualcosa, mettiamo il Pater noster, riempiamo con i meriti di Gesù Cristo ogni valle vuota: essi colmano ogni scarsità. Non siamo mai poveri se non vogliamo esserlo; sempre possiamo pregare. Quando ci mancheranno tutti gli argomenti, avremo ancora un crocifisso, un tabernacolo, avremo ancora Dio. E «si Deus pro nobis, quis contra nos?»6. Colui che ci ha dato suo Figlio, come col suo Figlio non ci donerà anche tutto il rimanente? Non c'è nessun sacerdote su cui si possano far obiezioni, se prega. Se egli prega, non sappiamo di che egli sia capace: operando nell'umiltà, perché si sente debole, egli farà un bene che è ancor più accetto, un bene che non rumoreggia, che non s'impone, ma che è più sicuro, più soave, più intimo. Poche parole, ma molta sostanza: res, non verba.
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Nella S. Scrittura quattrocento volte almeno si parla di preghiera, e più di duecento volte è promesso che il Signore ascolterà chi prega. Vale qualche cosa la parola di Dio o vale niente? È forse come quella degli uomini, ingannevole? Iddio è forse incapace di mantenere le sue promesse? Oppure è infedele? Vien forse meno alla parola data? No.
L'Antico Testamento dice: «Clamavit Moyses ad Dominum... Fecitque Dominus juxta verbum Moysi»7; «Si clamaverit ad me, exaudiam eum, quia misericors sum»8; «Et clamantes ad Dominum, dixerunt: Peccavimus tibi... Quibus locutus est Dominus:... Clamastis ad me, et erui vos de manu eorum»9; «Et clamavit Samuel ad Dominum... et exaudivit eum Dominus»10; «Voce mea ad Dominum clamavi, et exaudivit me de monte sancto suo»11; «Ego clamavi, quoniam exaudisti me, Deus: inclina aurem tuam mihi, et exaudi verba mea»12; «Clamabit ad me, et ego exaudiam eum: cum ipso sum in tribulatione: eripiam eum, et glorificabo eum. Longitudine dierum replebo eum: et ostendam illi salutare meum»13. E potremmo continuare a lungo, poiché la S. Scrittura è profusa
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di queste e simili espressioni! Quali promesse!
E nel Nuovo Testamento: «Chiedete ed otterrete; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto»14; «Omnis enim, qui petit, accipit; et qui quaerit, invenit; et pulsanti aperietur»15; «De omni re quamcumque petierint, fiet illis a Patre meo, qui in coelis est»16; «Propterea dico vobis, omnia quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis»17; «In verità, in verità vi dico: qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, egli ve la concederà»18. E altre simili espressioni, che tutte stanno ad inculcare la potenza della preghiera.
Nell'Antico Testamento abbiamo fatti che ci provano bene la potenza della preghiera. Il popolo ebreo era in Egitto, gemeva sotto durissima schiavitù, si rivolse a Dio, pregò. E vedete quanti prodigi fece il Signore! Suscitò Mosè; mandò le dieci piaghe; obbligò il Faraone a lasciar partire il suo popolo; divise le acque del Mar Rosso; guidò il popolo per quarant'anni nel deserto; lo portò alla libertà nella Terra Promessa! «Vidi afflictionem populi mei in Aegypto, et clamorem ejus audivi propter duritiam eorum qui praesunt operibus:
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et sciens dolorem ejus, descendi ut liberem eum de manibus Aegyptiorum et educam de terra illa in terram bonam et spatiosam, in terram quae fluit lacte et melle»19.
Quando Amalec venne a combattere contro Israele, Mosè diede ordine a Giosuè di scegliersi degli uomini atti alla guerra, per combattere gli Amaleciti, che assalivano e volevano distruggere il popolo ebreo. E soggiunse: «Cras ego stabo in vertice collis habens virgam Dei in manu mea»20. E salì e pregò. E finché egli pregava, il popolo vinceva; quando per la stanchezza non poteva più sostenere le braccia alzate verso il cielo, Amalec aveva il sopravvento. Allora gli fu data una pietra, su cui sedette, e due uomini, uno a destra e uno a sinistra, a sostenergli le braccia: così rimase in preghiera finché la vittoria fu completa, e il nemico passato a fil di spada.
Quando gli Amorrei assalirono il popolo ebreo, il condottiero, Giosuè, vedendo che ormai era vicina la notte, per paura che la vittoria non fosse completa, con gran fede si rivolse al Signore e disse: «Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sopra la valle d'Aialon»21. E il sole si fermò finché il popolo ebbe fatto vendetta dei suoi nemici.
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Quante grazie si possono ottenere con la preghiera! E come entrarono gli Ebrei nella Terra Promessa? Portando l'Arca, cantando salmi, mentre i re congiuravano contro di loro ed erano armati: «Hii in curribus, et hii in equis: nos autem in nomine Domini Dei nostri»22: quelli verranno contro di noi coi carri, montando cavalli, «nos autem in nomine Domini».
Nella Chiesa di Dio in tutti i tempi vi furono delle eresie: vinsero più le preghiere che non le dotte dispute. San Domenico, contro gli Albigesi, si servì dell'arma del Rosario; la battaglia di Lepanto fu vinta più con la corona che non coi fucili e coi cannoni e con le navi cristiane. Il razionalismo francese, che s'impancava sulle cattedre a negare Dio, in molte filosofie; che si vantava di possedere libri, università, professori, aveva invaso la Francia, l'Italia, la Germania. E chi lo vinse? Un'ignorante contadinella che non sapeva leggere, Bernardetta Soubirous. Per lei si iniziò una serie di prodigi, a cui i razionalisti francesi dovettero inchinarsi, ammirare, tacere. È Iddio che vinse! «Veni, vidi, Deus vicit!» scrisse Giovanni Sobiescki dopo la vittoria di Vienna; vinsero la preghiera, i Rosari, la Messa, le Comunioni.
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Oh, la potenza di Dio è più grande che la potenza delle armi e degli uomini!
Se vogliamo anche considerare fatti recenti e particolari, dobbiamo dire la medesima verità. La divozione all'Ausiliatrice diede tanti trionfi a S. Giovanni Bosco; la preghiera continua, «laus perennis», costituì e costituisce nella Piccola Casa della Divina Provvidenza quel miracolo perenne che è la sua sussistenza; il B. Cafasso, convertendo qualche condannato a morte, conchiudeva: La S. Madonna ha fatto la grazia.
Non basta; la preghiera comanda a Dio... «Oboediente Domino voci hominis»23. Quando si prega e si supplica, quel Dio onnipotente si piega alle sue creature. Maria può per la preghiera ciò che Dio può per sua natura. Un'anima sempre dolce ed umile possiede il cuore di Dio, e lo piega come vuole: «Oboediente Domino voci hominis»; «(Deus) voluntatem timentium se faciet»24. Quando un'anima teme Iddio ed è pia, Iddio fa la volontà di quest'anima e l'ascolta.
«Che cosa negherà Dio all'orazione? Vi è solo l'orazione che è capace di vincere Dio. Cristo le ha dato ogni potere. Perciò l'orazione
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può irrobustire i deboli, sanare i malati, espiare i peccati, aprire le porte del carcere, sciogliere le catene degl'innocenti. Essa cancella i delitti, caccia le tentazioni, fa cessare le persecuzioni, consola i pusillanimi, rallegra i coraggiosi, conduce alla meta i pellegrini, mitiga i flutti, fa temere i ladri, nutre i poveri, regola i ricchi, rialza i caduti, trattiene quelli che sono per cadere e sostiene quelli che stanno in piedi»25. «Oratio cum sit una, omnia potest», dice Teodoreto. E S. Bernardo: «Oratio daemonibus omnibus praevalet»; «per ipsam impetratur obtentio omnis boni et liberatio ab omni malo», come afferma S. Bonaventura.
Quindi diceva quel grande amatore di preghiera, il B. Cafasso, che bisogna presentarsi audacemente al Signore; parlando come chi in Gesù Cristo ha ogni diritto alle grazie.
Infatti la preghiera è audace, si eleva, entra nel paradiso, si presenta al cospetto divino e insiste finché non è esaudita. Chi arriva con le mani supplichevoli, con gli occhi dimessi, col cuore umile, sta in sicurezza di avere le misericordie, di vincerla con Dio stesso. E la preghiera, presentatasi al tribunale di Dio, non discenderà giù finché Iddio non l'abbia esaudita,
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non abbia detto: «Sicut credidisti, fiat tibi»26. Gesù aveva risposto alla Cananea che gli andava gridando: misericordia! «Non è bene prendere il pane dei fìgliuoli e gettarlo ai cani». Ed essa: «Dici bene, Signore, ma anche i cani - si umiliò fino a questo punto! - mangiano delle briciole che cadono dalla mensa dei loro padroni». Allora Gesù le disse: «O donna, è grande la tua fede: ti sia fatto come desideri»27.
Oh, quanto sono ricchi il povero, il peccatore, il bambino, il sacerdote quando possiedono la grande ricchezza, l'abito della preghiera, che tutti possiamo acquistare se lo vogliamo!
II. - Quali grazie ottiene la preghiera.
Nella preghiera dobbiamo chiedere due specie di grazie: la gloria di Dio e la pace degli uomini.
a) Pace degli uomini, ossia la salute dell'anima nostra, le grazie ad salutem ducentia, le cose che conducono a salvezza le nostre anime. Noi dobbiamo chiedere la fede, la speranza, la carità; l'osservanza dei comandamenti; lo spirito religioso; lo spirito sacerdotale; la grazia di evitare il peccato, di aumentare il merito. Dobbiamo chiedere di celebrar bene il santo
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sacrificio della Messa; di imparare la scienza sacra ed anche profana in quanto ci serve a maggior merito; di aver sempre retta intenzione nelle nostre opere.
Ed oltre che la salvezza della nostra anima, anche le grazie per la salvezza del prossimo: prima dei più prossimi, poi dei meno prossimi, e cioè, prima delle persone verso cui abbiamo degli obblighi di giustizia, o di riconoscenza, o di pietà, o di carità. Prima le anime che sono più vicine a noi per qualche ragione soprannaturale o naturale; poi la salvezza delle anime che sono un po' più lontane da noi, ma che tuttavia in Gesù Cristo ci sono care, perché redente col medesimo sangue, rigenerate al comune fonte battesimale, figliuole anch'esse in lotta contro il demonio e le passioni, se si tratta della Chiesa militante; in purgazione, se si tratta delle anime della Chiesa purgante. Dice lo Spirito Santo: «Et mandavit illis unicuique de proximo suo»28.
Con la preghiera s'impetra la misericordia e la pazienza; s'impetrano gli aiuti materiali; si ottiene il pane; si ottiene il dolore dei peccati; si acquista la purezza, la salute, la sapienza celeste: «Si quis autem vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus
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affluenter»29; con la preghiera si ottiene il paradiso.
Quel peccatore, che forse è macchiato da capo a piedi di peccati, se mormora, con cuore contrito: Gesù mio, misericordia! è mondato. È breve questa giaculatoria, questa preghiera, ma detta con le dovute disposizioni: di cuore e con volontà, ottiene perdono. Invece che l'inferno, in quel cuore viene ad abitare il Signore stesso, e se quella persona vuole, avrà per eredità, porzione e possesso, per tutta l'eternità Iddio. Disse il buon ladrone: «Domine, memento mei, cum veneris in regnum tuum»30. Rispose Gesù a quell'ostinato, che tanto male aveva fatto nella sua vita: «Hodie mecum eris in paradiso»31.
Inoltre, pregar per tutti gli uomini. Dice San Giacomo: «Pregate l'uno per l'altro, per essere salvati, perché molto può l'assidua preghiera del giusto»32. E S. Paolo, il nostro Padre: «Obsecro igitur primum omnium fieri obsecrationes, orationes, postulationes, gratiarum actiones pro omnibus hominibus»33. Il Divin Maestro Gesù ci ha insegnato il Pater noster in plurale: «Padre nostro, che sei nei cieli... Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e
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rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male»34. Preghiamo in plurale, per tutti gli uomini.
Se tutti gli uomini hanno un posto nel Cuore di Gesù, lo trovino anche nel nostro cuore. Amiamoli, perché Gesù li ama; abbiamo un cuore largo; al luogo del cuore nostro egoista dovremmo chiudere nel nostro petto il Cuore sacratissimo di Gesù: «Cor Pauli, Cor Christi erat» (S. Giov. Grisost.).
Chiedere i doni che servono a salvarsi: la conservazione dell'innocenza ai bambini; la vittoria contro le passioni alla gioventù; l'umiltà agli adulti; la rassegnazione ai vecchi. Dobbiamo chiedere che si allontani il vizio della bestemmia, la moda indecente, la stampa cattiva, il divertimento cattivo; che si allontani la diffusione dell'errore; che tornino nel seno della Chiesa gli eretici; che conoscano il santo Vangelo i pagani; e poi tutte le grazie pastorali che possano a noi essere indicate o che noi stessi conosciamo essere necessarie.
b) Gloria di Dio. Tutto il mondo è creato alla gloria di Dio: «Universa propter semetipsum operatus est Dominus»35. Quindi il sospiro dell'anima generosa è «ad majorem
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Dei gloriam». Tutto quel che fate: «Sive ergo manducatis, sive bibitis, sive aliud quid facitis omnia in gloriam Dei facite»36, tutto per la santa gloria di Dio. Questo è stato il programma di Gesù Cristo, il quale venne sulla terra, condusse una vita di stenti e di fatiche, predicò il Vangelo, istituì la Chiesa, creò i Sacramenti, il Sacerdozio, lo stato religioso, patì e morì sulla croce per la gloria del Padre Celeste, per la pace e per la salvezza degli uomini. Il suo programma fu cantato sulla culla di Betlemme e sviluppato, realizzato nei trentatré anni della sua vita terrena.
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Ma è lecito chiedere anche grazie materiali subordinatamente, perché anche quelle, certe volte, sono di gloria di Dio e di bene alle anime. Possiamo chiederle in quanto esse procurano la gloria di Dio e la salvezza delle anime.
Vediamo bene quali grazie chiedere, perché chi chiede grazie che non siano tali da condurre alla salvezza dell'anima, «non petit in nomine Christi», dice S. Agostino. Costui che non chiede cose che aiutano la salvezza delle anime, che procurano la gloria di Dio, costui non chiede in nome di Cristo; quindi non è esaudito. Gesù Cristo non domanda che il bene:
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la gloria di Dio e la pace degli uomini.
E così parla S. Gregorio Magno: Fratelli carissimi, voi piegate le ginocchia, voi vi percuotete il petto, voi mormorate le vostre preghiere, voi bagnate i volti di lacrime. Ma riflettete, vi prego, quali siano le vostre orazioni. Guardate se la vostra preghiera sia nel nome di Gesù; voglio dire, se domandiate i gaudi dell'eterna salute. No, nella casa di Gesù voi non cercate Gesù, se nel tempio dell'eternità voi chiedete importunamente cose temporali... È vero che quello che ci manca si deve chiedere a Dio onnipotente, ma dobbiamo sempre avere presente alla mente il precetto di Cristo Redentore: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, il rimanente vi sarà dato come aggiunta»37.
Perciò, perché la nostra preghiera possa stare nella bocca di Cristo e Gesù Cristo la possa presentare al Padre, raccomandandola con il sigillo del suo Sangue preziosissimo e delle sue sante Piaghe, è necessario che noi chiediamo cose di gloria di Dio e di pace agli uomini.
III. - Perfezioniamo adunque la preghiera.
È utile aggiungere che la preghiera può avere tre gradi, perché un'anima può amare
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la preghiera più o meno: altro è l'atto, altro è l'abito e altro è lo spirito di preghiera.
Atto di preghiera è recitare di tanto in tanto, separatamente, qualche orazione. Ad es. i cristiani comuni, che sono fedeli alle orazioni del mattino e della sera, che alla domenica adempiono il precetto festivo di ascoltare la Messa, compiono qualche atto di preghiera.
La virtù o l'abito della preghiera è qualche cosa di molto più importante, perché la virtù, l'abito è una ripetizione di atti frequenti, e per quanto possibile, intensi. Vi sono anime che si rivolgono a Dio molto spesso durante il giorno. Vi sono persone che trovano la loro delizia nel conversare con Dio. Vi sono sacerdoti i quali non si restringono alle pratiche strettamente prescritte. Ma e la meditazione, che fanno tanto volentieri; e la Messa, alla quale premettono una lunga preparazione ed a cui fanno seguire un buon ringraziamento; e le visite al SS. Sacramento, e le giaculatorie, e i Rosari per loro riescono così spontanei, che piuttosto prolungano che diminuire. Migliorano di giorno in giorno, in maniera che accrescono tutti i giorni il loro fervore, non potrebbero fare a meno di pregare. Finché non hanno comunicato con Dio, finché non hanno celebrato la Messa, finché non hanno recitato
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il Breviario, sembra loro che la giornata sia vuota, sembra loro di essere senza forze. Quello che sentono gli uomini che non hanno mangiato, in riguardo al corpo, essi provano in riguardo allo spirito.
Vi sono delle anime così affamate della santa Comunione, che non stanno bene nel giorno in cui non la ricevono: esse hanno l'abitudine di cibarsi di questo pane di vita, di sostentarsi di questo cibo celeste.
Ma lo spirito di preghiera è ancora sopra l'abito ed è un frutto di esso.
Che cosa è lo spirito di preghiera? Lo spirito di preghiera è quella disposizione abituale in cui viene a trovarsi l'anima che è molto umile e che ha tanta confidenza nella bontà del Padre Celeste. Lo spirito di preghiera si basa quindi su due disposizioni: un grande sentimento del bisogno che abbiamo di Dio in tutto; ed una gran fiducia nella tenera, nella paterna bontà del Signore. Così l'anima vive come in un'abituale preghiera, in una preghiera continuata, e anche quando non dice preghiere, perché per es. si deve far scuola, si predica, tuttavia lo stato dello spirito è uno stato di orazione continua.
Se si volesse dipingere una persona che ha spirito di preghiera nell'atteggiamento che esprime la sua vera spiritualità, il suo vero
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stato di preghiera, il suo spirito, si dovrebbe dipingerla o colle braccia incrociate, o colle mani congiunte, e cogli occhi elevati al cielo. Questo in realtà esprime ciò che costantemente sta in fondo di essa: gran sentimento del bisogno di Dio, gran fiducia nella bontà del Signore. Sentimento di umiltà, per cui diffida di tutto ciò che riguarda se stessa; con l'animo pieno di santa confusione, pare sempre che abbia bisogno di chiedere ancora un'altra volta perdono dei peccati. Continuamente si sente colpevole come Pietro, il quale non deponeva la pezzuola per asciugare le continue sue lacrime. Sentimento di umiltà, come San Francesco d'Assisi, a cui il lungo piangere e di dolore e di amore, produsse la cecità degli occhi.
Vi sono delle persone che ragionano e parlano con tale spirito soprannaturale di ogni cosa, che danno a vedere di essere proprio animate continuamente dalla fede in Dio, dall'umiltà e dalla diffidenza di sé stesse. La preghiera è il grido, è il gemito di un'anima debole, povera, che chiama e invoca Dio: «Deus, in adjutorium meum intende: Domine, ad adjuvandum me festina»38.
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Abbiamo fede nel Signore o non l'abbiamo? Quando chiediamo la grazia di farci santi, crediamo? La santità consiste nell'avere almeno la grazia prima. Ebbene, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza si ripete questa domanda tante volte al giorno: «Fateci santi!». Nessuno è morto, come dicono colà, senza riconciliarsi con Dio. Dunque tutti, per quanto si può prevedere umanamente, son salvi. Sacerdoti degnissimi dicevano: Avessimo la grazia di andare a morire in quella Casa benedetta, avremmo già una caparra di nostra salvezza! Un sacerdote infermo poteva essere curato a casa sua meglio, forse; invece scelse di andare là, perché diceva: Non m'importa se non mi cureranno tanto bene il corpo, se le stanze sono un po' ristrette, l'aria forse meno pura e le comodità minori che in casa mia: mi ritengo sicuro del paradiso, morendo fra quelle mura.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Jac. II, 5.
2 I Cor. I, 27.
3 Jon. IV, 11.
4 Marc. X, 14.
5 Jo. XVI, 20.
6 Rom. VIII, 31.
7 Ex. VIII, 12-13.
8 Ex. XXII, 27.
9 Jud. X, 10-12.
10 I Reg. VII, 9.
11 Ps. III, 5.
12 Ps. XVI, 6.
13 Ps. XC, 15-16.
14 Matt. VII, 7.
15 Luc. XI, 10.
16 Matth. XVIII, 19.
17 Marc. XI, 24.
18 Giov. XVI, 23.
19 Ex. III, 7-8.
20 Ex. XVII, 9.
21 Gios. X, 12.
22 Ps. XIX, 8.
23 Jos. X, 14.
24 Ps. CXLIV, 19.
25 TERTULL., De orat. c. 29.
26 Matth. VIII, 13.
27 Matth. XV, 26-28.
28 Eccli. XII, 12.
29 Jac. I, 5.
30 Luc. XXIII, 42.
31 Luc. XXIII, 43.
32 Giac. V, 16.
33 I Tim. II, 1.
34 Matth. VI, 9-13.
35 Prov. XVI, 4.
36 I Cor. X, 31.
37 Matt. VI, 33.
38 Ps. LXIX, 2.