LA CONFESSIONE E LA PIETÀGIORNO I.
ISTRUZIONE I.
SACRA SCRITTURA
IL FIGLIUOL PRODIGOUn padre aveva due figliuoli, e il minore disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi aspetta. E divise tra loro il patrimonio. Dopo alcuni giorni, messa insieme ogni cosa, il figliuolo minore se ne andò in lontano paese, e là scialacquò il suo, vivendo dissolutamente. E come ebbe dato fondo ad ogni cosa, infierì in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a sentire la miseria. E andò a mettersi con uno degli abitanti del paese, che lo mando nei suoi campi a badare ai porci. E bramava di empire il ventre colle ghiande che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. Allora rientrato in sé disse: Quanti garzoni in casa di mio padre han pane in abbondanza, mentre io qui muoio di fame! M'alzerò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non son più degno di esser chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi garzoni. E, alzatosi, andò da suo padre. E, mentre egli era ancora lontano, suo padre lo scorse e, mosso a pietà, gli corse incontro e gli si gettò al collo e lo baciò.
E il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai
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suoi servi: Presto, portate qua la veste più bella, rivestitelo e mettetegli al dito l'anello ed ai suoi piedi i calzari; menate il vitello grasso ed ammazzatelo; e si mangi e si banchetti, perché questo mio figlio era morto ed è risuscitato; era perduto ed è stato ritrovato. Così cominciarono a fare grande festa. Or il figlio maggiore era in campagna, e nel ritorno, avvicinandosi a casa, sentì musiche e danze, e chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa volessero dire tutte quelle cose. Ed egli rispose: È tornato tuo fratello; e tuo padre ha ammazzato il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano. Allora costui montò in collera e non voleva entrare. Onde suo padre uscì fuori e si mise a pregarlo. Ma rispose al padre suo: Ecco, da tanti anni io ti servo, e non ho mai trasgredito un tuo comando, eppure non mi hai dato neppure un capretto da godermelo coi miei amici; ma appena è arrivato questo tuo figlio che ha divorato tutto il suo colle meretrici, hai per lui ammazzato il vitello grasso. E il padre a lui: Figlio, tu stai sempre con me e tutto il mio è tuo, ma era giusto banchettare e fare festa, perché questo tuo fratello era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato.
(Luc. XV, 11-32).
* * *In questi Spirituali Esercizi noi esamineremo anche il nostro apostolato. Perché riesca efficace bisogna che sia completo: occorre, cioè, che insegniamo che Gesù Cristo è Verità, Via, Vita della nostra anima; che insegniamo la fede, la morale, il culto.
Il difetto della predicazione e dei libri, per un cinquantennio, è stato questo: tanto chi predicava come chi scriveva, si rivolgeva quasi
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soltanto alla mente, come se, formata la persuasione, fosse creata la fede.
Il sapere non è fede. Il sapere le verità soprannaturali non è credere; lo studio non dà la fede soprannaturale.
In seguito si è alquanto corretta questa tendenza e la predicazione e gli scritti si rivolsero molto alla pratica, cioè alla morale; tanto che vi fu un ventennio in cui quasi si disprezzavano i libri teorici e dogmatici e si stimavano e si seguivano soltanto i libri di morale e di ascetica, le prediche pratiche, sulle virtù, sui comandamenti e sui doveri dello stato. Ora la tendenza è migliorata: noi abbiamo predicazione e scriviamo libri che sono assai più completi. Essi illuminano bensì la mente, ma indicano anche le virtù, gli obblighi e doveri dello stato; e soprattutto portano alla preghiera, al culto, alla liturgia, ai sacramenti.
Tutto questo grandioso movimento liturgico, che abbiamo in tutte le parti del mondo, è frutto della devozione al Cuore di Gesù, è frutto dell'estendersi della devozione alla Madonna, ed è ancora frutto del ritorno alle origini, alle sorgenti: quando la Messa era completa, Istruzione, Sacrificio e Comunione. Invece i fedeli, per la cattiva inclinazione che vi è a guastare tutto ciò che è santo, avevano per qualche tempo un po' deviato dalla via;
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per un periodo abbastanza lungo non si andava all'Eucaristia, e la Messa era celebrata senza che i fedeli si accostassero alla Comunione. Si credeva sufficiente partecipare una volta all'anno alla Comunione, mentre è ben diverso il desiderio di Gesù: Egli, nell'ultima Cena, non ha soltanto consacrato, ma ha dato se stesso in Comunione, e quindi desidera che ci accostiamo a Lui.
La Messa vien considerata specialmente come Sacrificio per cui noi ci solleviamo a Dio: Gesù Cristo non è via naturale, ma alla Messa è fatto via soprannaturale. Non c'è che questa via: non può esserci affatto una via diversa, per andare al paradiso, dalla via di Gesù Cristo, perché tutte le altre vie, anche le virtuose, sono naturali.
E la Messa diviene anche sempre più istruzione, e quindi la spiegazione del Vangelo e la spiegazione dell'Epistola vanno estendendosi per dare ai fedeli in ogni Messa un qualche ragguaglio, una qualche istruzione od esortazione: almeno la lettura del brano Evangelico. In questo indirizzo generale noi abbiamo la fortuna e la grazia di poter comprendere sempre di più Gesù Cristo: Via, Verità e Vita; Verità per la mente, Via per la volontà e Vita per il cuore.
Scriveremo così di Gesù Cristo, non è vero?
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Anche scrivendo di un Santo si considera che cosa egli è, che cosa ha predicato; come si è fatto via subordinatamente a Gesù Cristo e in Gesù Cristo; nella preghiera e nell'apostolato.
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Fermiamoci questa mattina a parlare della confessione; vedremo: 1) che cosa sia; 2) ciò che importa; 3) come farla sulla pietà.
I. - Che cosa sia la confessione sulla pietà.
La confessione sulla pietà è il confessare innanzi a noi stessi, innanzi a Dio e innanzi al ministro di Dio come stiamo riguardo alla preghiera.
a) La confessione davanti a noi stessi: e cioè dobbiamo entrare in noi e confessare a noi come siamo in fatto di pietà.
«Quanti mercenarii in domo patris mei abundant panibus, ego autem hic fame pereo»1. Ecco la sua confessione: «Ego autem hic fame pereo».
Io sono il figlio prediletto della Chiesa, sono il ministro di Dio, dò il pane eucaristico ai fratelli, predico sulla pietà: l'ho io la pietà? «Quanti mercenarii» cioè servi, nella
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Chiesa di Dio «abundant panibus», perché fanno le visite al SS. Sacramento, ricevono con devozione l'Eucarestia, frequentano la Messa, vanno spesso alla Comunione. Ego autem, io poi, minister et Sacerdos, non dovrò mica confessare con triste amarezza quello che ha confessato il figliuol prodigo: Ego autem hic fame pereo? Io invece faccio qualche cosa di esteriore, in realtà però poco di interno; mangio e non mi nutro, perché non digerisco, cioè non faccio il ringraziamento.
La più bella, la più santa cosa è l'angolo della cameretta dove noi ci ritiriamo dopo che ci siamo occupati degli altri; ci mettiamo dinanzi a Dio e ci interroghiamo: faccio quanto insegno? Questo Gesù che pende dalla croce vede fino in fondo all'anima mia: lo imito come esorto in confessionale? lo imito più degli altri? Io, che sono il maestro di preghiera, come prego? La confessione dunque in primo luogo deve essere fatta a noi stessi, e questo si fa nell'esame di coscienza.
b) Ci confessiamo innanzi a Dio. Noi dobbiamo nell'angolo della nostra camera, dove ci sentiamo umiliati e compunti, sollevare il nostro cuore e la nostra speranza al Padre: «Surgam et ibo ad patrem meum»2, a dirgli:
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«Ho peccato davanti a te e davanti agli uomini». Dobbiamo alzarci e dire al Signore: io che sono stato posto fra cielo e terra per presentare al cielo i voti e le preghiere degli uomini e per prendere da Dio i benefici, le grazie del Cuore Sacratissimo di Gesù; io sono stato forse ingrato! Io lascio passar tutti i doni di Dio! lascio passare le cose dagli uomini a Dio, e da Dio agli uomini, senza nutrirmi, senza cercare di essere come una conca che si riempie e poi versa per troppo pieno. «Quod superest, date eleemosynam»3; questo si deve verificare di più nelle cose spirituali. Sono stato veramente una conca che prima ha accolto ed accumulato quel che veniva dal cielo, e poi ha versato sugli uomini in abbondanza? Ho mandato al cielo i profumi degli incensi e dei cuori degli uomini con cuore mondo e santo? Io, in sostanza, ho detto bene: «Dirigatur oratio mea sicut incensum in conspectu tuo»?4 l'ho detto con intelligenza? L'ho bruciato con sapienza, come si doveva, ogni giorno, questo incenso di pietà? Ah, io dovevo salvare gli uomini più con la preghiera che con la parola! Signore, che cosa vi risponderò quando mi chiederete conto di questo grande compito, di questo grande
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mezzo, di questa grande ricchezza, di questa grande potenza che è nelle mie mani? «Quid sum miser tunc dicturus, cum vix justus sit securus?»
Dobbiamo confessare davanti a Dio se le nostre orazioni sono fatte bene o non bene. Si dovrà dire: sono sempre distratto? ma volontà effettiva c'è di pregar bene? Perché si può anche scrivere assai distratto, ma saper che si scrive e deliberatamente! Ciò che ci deve invece muovere a vero dolore si è la mancanza di volontà schietta di pregare.
c) Dobbiamo confessarci davanti agli uomini, davanti al ministro di Dio specialmente. La confessione fatta bene, al ministro di Dio, è sacramentale; è cioè una confessione che opera ex opere operato: è sacramento. Essa ottiene sicuramente la misericordia di Dio quando vi sono le disposizioni e le condizioni dovute. Ma noi dobbiamo mettere anche un altro principio: il sacerdote è un esemplare. Considerare il sacerdote predicatore è una cosa importante. Ma il sacerdote, oltre ad essere predicatore della dottrina di Gesù Cristo, è anche la via, cioè deve dare l'esempio, deve mostrare come si ama e si pratica la dottrina che predica. Ebbene, io ho dato agli uomini esempi di preghiera? E dobbiamo proprio
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confessarci anche davanti agli uomini, dobbiamo migliorare il nostro esempio: «Ut videant opera vestra bona, et glorificent Patrem vestrum, qui in coelis est»5; «Providentes bona non tantum coram Deo, sed etiam coram omnibus hominibus»6.
Il sacerdote che fa le funzioni santamente, edifica col suo esempio; quando in una chiesa vi è un sacerdote che prega bene; quando in una famiglia il capo di casa dà esempio di preghiera; quando in una scuola il maestro è pio, avverrà che il popolo, che i figli, che gli scolari ne seguiranno, trascinati, l'esempio.
Quando il Curato d'Ars entrò nella sua Parrocchia, non destò dapprima grande entusiasmo, tanto più che pareva non avesse doti speciali nella predicazione: parlava in una maniera molto semplice. Ma che cosa avvenne? Che quei bravi contadini, quando ritornavano la sera dai loro campi e deponevano presso la porta della chiesa le loro zappe, i loro badili, entravano qualche momento in chiesa a salutare il Signore, vedevano il loro Curato che pregava: faceva l'adorazione. Le donne quando venivano a casa da Messa, al mattino, dicevano che il loro Curato era già alla tale ora in chiesa; ed altre che erano andate
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più tardi, riferivano che alla tale ora era ancora in chiesa.
Cominciò così ad entrare in tutti la più grande stima per lui, come di uomo che se la intendeva con Dio, che era potente presso Dio; e credevano di conseguenza che se avevano bisogno di benedizioni temporali, potessero avere fiducia nel loro Curato. E prima le donne gli confidarono i bisogni dei loro interessi, poi i bisogni dei loro figliuoli, dei loro mariti, poi i bisogni di sé stesse; quindi incominciarono a parlarne in casa agli uomini e fuori; e si sparse tutt'attorno il buon odore di Gesù Cristo che emanava da quell'anima di Dio, da quell'anima pia: cominciò il pellegrinaggio meraviglioso verso Ars.
Dobbiamo confessarci anche davanti agli uomini: ho dato abbastanza buon esempio? al mattino, alla sera, nella giornata? Se le anime a me affidate faranno come io faccio, posso dire che avranno sufficientemente nutrito il loro cuore? provveduto alla loro salvezza? Bisogna che la preghiera che facciamo noi sia sufficiente por farci evitare le cadute e per avanzare nella santità, nell'unione con Dio, nello spirito di umiltà, nella speranza soprannaturale, nello spirito interiore, nello zelo sacerdotale. Questa è la regola.
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Chi ci vide peccare, vede, o almeno sa, che ci confessiamo?
La confessione sia adunque fatta davanti a noi, davanti a Dio, davanti agli uomini, davanti al ministro di Dio.
II. - Importanza della confessione sulla pietà.
a) La confessione è punto di risurrezione. Noi dobbiamo sempre incominciare dal confessare ciò che è imperfetto, ciò che non è santo, per arrivare a quello che è perfetto, a quello che è santo. Tutti cadiamo in mancanze: «Septies enim cadet justus, et resurget»7. Se noi confessiamo che la nostra preghiera potrebbe essere più completa, che potrebbe essere fatta in modo molto più perfetto nello spirito di elevazione, allora incominciamo a migliorarla. Perché? «Initium operum bonorum, confessio est operum malorum», principio delle opere buone è questo: confessare le opere non buone. Finché l'uomo si crede giusto, non si emenderà mai. Quando l'uomo si mette sulla difesa di sé stesso e cerca sempre di giustificare se stesso, far tacere la coscienza, non si emenderà. Se egli dice: Ma io ho tanto da fare... ma vi sono tante opere di
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zelo... gli altri fanno anche così... alla fin dei conti vi sono dei sacerdoti che non pregano poi tanto... è più importante lo studio... ecc.; quando difendiamo ad ogni costo noi stessi, non risorgiamo. Se invece noi siamo già venuti al punto di dire: Ho sbagliato... dovevo pregare di più... sono ancora stato tanto debole...: quando noi arriviamo a conoscerci e riconoscerci e a confessare le nostre miserie, questa è la prima grazia. Disperare? no; anzi sperare che quel Gesù, il quale ci ha concesso la prima grazia dandoci la luce celeste, ci dia anche la volontà di emendarci; anzi ci dia anche la forza di pregare per ottenere misericordia ed in avvenire emendare questo punto capitale.
Il confessare a noi stessi, a Dio, al ministro di Dio e agli uomini la nostra debolezza, la nostra insufficienza di preghiera, è principio di risurrezione ad una vita di preghiera. Per ottenerla occorre proprio che discendiamo nella tomba: «Nisi granum frumenti cadens in terram, mortuum fuerit, ipsum solum manet. Si autem mortuum fuerit, multum fructum affert»8. Ebbene, è necessario che noi entriamo in noi stessi e ci copriamo di vergogna, tanto da non osare neppure più
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alzare gli occhi verso il popolo cui predichiamo, per paura che qualche anima abbia a dirci: Ma non sei tu colui che fai quello che rimproveri agli altri? Non è il caso di ripetere: «Medice, cura teipsum»?9. Noi, sentendoci così umiliati, pregheremo con più volontà, ci solleveremo dalle miserie della povera umanità; sentiremo che il dovere di pregare, che inculchiamo, è pure un dovere nostro.
Il Sacerdote più di tutti: la Chiesa lo inculca distribuendo il Breviario nelle varie ore della giornata, secondo il Salmista: «Vespere, et mane, et meridie narrabo et annuntiabo: et exaudiet vocem meam»10. La giornata è riempita di preghiera.
b) La confessione ci ottiene il perdono. Oh, che confusione devo avere, perché forse nella fanciullezza, nella gioventù, nei primi anni di ministero, avendo un po' abbandonata la preghiera mi sono privato di tante grazie! Certi giorni sono pieni di amarezza e di scoraggiamento, perché viene spontaneo pensare: Forse non riesco a compilare quell'articolo, a convertire quell'individuo, a trarre sulla buona via quell'anima; forse non ho la costanza, la pazienza, la sufficiente energia che si richiede a un sacerdote, perché non mi sono
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meritato le grazie quando dovevo, non le ho chieste abbastanza bene al Signore.
Signore, io ve lo confesso: sono stato così miserabile, negligente da lasciare passare la vostra grazia; ma ve ne chiedo perdono. Per mezzo di un'abbondante preghiera, per mezzo di un santo calore spirituale, di un ardente fervore di pietà voglio acquistare le grazie che avrei già dovuto possedere fin dalla mia giovinezza.
Signore, siatemi propizio, poiché sono un povero peccatore. Rivestitemi della vostra forza, della vostra virtù, affinché quello che non trovasi in me, possa riceverlo dal vostro Cuore. Non vogliate castigare gli altri, le anime dalla vostra misericordia affidate alla mia cura, per esser io stato infedele, misero, povero e freddo.
c) La confessione ci consolerà, perché noi sentiamo di riparare per mezzo di essa le molte deficienze che abbiamo avuto nella vita. Sentiamo in essa che Gesù Cristo ci restituisce le grazie demeritate; ci sentiamo di nuovo presso Dio fiduciosi come se avessimo sempre avuto fedeltà alla nostra preghiera. Quando Pietro ebbe riparata con una triplice protesta d'amore la triplice negazione, venne riconfermato da Gesù nella dignità di suo Vicario. E allora abbiamo di nuovo fiducia che il Signore comunichi ai nostri uditori,
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penitenti, lettori, ecc. le grazie ed il fervore.
d) La confessione ci merita la perseveranza per l'avvenire; e noi non solo eviteremo le ricadute, le deficienze delle nostre orazioni, ma persevereremo. Allora saliremo di giorno in giorno più in alto verso i primi gradi dell'orazione. Se non toccheremo le altezze di certi Santi, almeno arriveremo a quel punto che deve raggiungere ogni sacerdote per poter essere davvero buon ministro di Dio; arriveremo allo spirito contemplativo, all'abituale raccoglimento, all'unione intima con Dio. E se saliremo molto in alto, quali cose, quale felicità, quale consolazione ci meriteremo e gusteremo!
Egli, il Signore, ci darà la grazia e di pregare e di commuovere i cuori indifferenti, i cuori freddi; eviteremo così le orazioni tiepide, fredde; comincieremo ad essere più raccolti, più interiori, specialmente nei momenti più importanti della vita e della giornata. Eviteremo il peccato contro l'orazione, non solo, ma diverremo i consolatori di Gesù Cristo, i parafulmini per il mondo, i fortunati imitatori dei Santi che ci precedettero e ci attendono in cielo. Ti vorrei sostituito col Cuore stesso di Gesù: Cuore pio, Cuore amantissimo.
e) La confessione illumina la mente. Chi si
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confessa sulla preghiera comincia a capire che ha bisogno di leggere libri di pietà, cioè di istruirsi su questo punto; comincia a comprendere che ha bisogno di fortificarsi e di fare un buon proposito. Dirò: la mia penitenza sarà la preghiera; è vero: basta che vada all'orazione per sentirmi tutto divagato; ebbene, questa sarà la mia penitenza. «Orabo spiritu, orabo et mente»11, pregherò collo spirito, pregherò colla mente.
Allora comincieremo a sentirci il cuore commosso per lo spirito di preghiera che avevano i Santi, per le bellissime cose che la Chiesa ci mette in bocca nella sacra liturgia; e per la Chiesa, maestra di orazione, entreranno nel nostro cuore i sentimenti di Gesù C. stesso. Il cuore comincerà a diventare sensibile in maniera che quell'Ave Maria, quell'atto di fede, quel Padre nostro, quell'Aperi saranno recitati con tutt'altro senso. Si comincerà a sentire il bisogno, per pregare, di ritirarsi in un angolo, di chiudersi, di essere isolato, per entrare nell'intimità di Dio. Poi, di passo in passo, di esercizio in esercizio, l'anima si avanzerà... Abbiamo lasciato tutto! anche le consolazioni di famiglia: occorre che troviamo i conforti in Dio; diversamente, come ci sosterremmo?
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«Quam dilecta tabernacula tua, Domine virtutum: concupiscit et deficit anima mea in atria Domini. Cor meum et caro mea exsultaverunt in Deum vivum. Etenim passer invenit sibi domum, et turtur nidum sibi, ubi ponat pullos suos. Altaria tua, Domine virtutum: rex meus et Deus meus. Beati, qui habitant in domo tua, Domine: in saecula saeculorum laudabunt te»12.
III. - Come fare la confessione sulla pietà.
La confessione devesi considerare come mezzo di progresso. Che essa tolga il peccato in avvenire è chiaro: infatti, il rimedio essenziale e sacramentale contro il peccato è quello istituito da Gesù Cristo: la confessione: «Ite, ostendite vos sacerdotibus»13, e restarono risanati ed in buona salute. Ma essa è anche gran mezzo per vincere le passioni, domarle sempre più e, frenate, farle servire al bene, allo zelo: i torrenti devastatori delle spiagge e delle campagne, arginati considerevolmente, irrigheranno le campagne, si cambieranno in forza per l'industria, saranno sorgenti di energia e di luce elettrica per gli uomini e le città.
Nelle confessioni, anzi, troviamo la grazia sacramentale che sarà forza ad esercitare le
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virtù opposte ai vizi nostri: il freddo aspiri, diverrà fervoroso; il superbo desideri, diverrà umile; l'avaro proponga, avrà spirito di povertà; il pigro detesti, diverrà attivo, energico; l'iracondo si umilii, diverrà mite. «Ogni giorno progredirò un tantino; in ogni confessione darò conto se nella settimana ebbi attività ed ho camminato innanzi nella virtù, di pari passo col progresso degli anni»; ecco le risoluzioni di un cuore fervente. Gesù «proficiebat sapientia, et aetate, et gratia»14; e noi saremmo degni di Lui se, con gli anni, si confermassero o rinforzassero le inclinazioni cattive?
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Scelta del Confessore. «Si doctus, si sanctus, si prudens dirigat nos»; ci diriga chi è insieme dotto, santo, prudente. Il confessore sia scelto bene e con cura attentissima, se si tratta di penitente posto in dignità, responsabilità, elevatezza di dottrina. Più alta è la posizione del penitente, maggiori doti abbia il confessore. Il confessore deve avere l'ardire di ricordare i doveri, di imporre un mezzo di emendazione, di giudicare il penitente anche di condizione speciale. «Vorrei che il mio confessore fosse il più dotto per chiedergli
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consiglio, il più santo perché ami davvero l'anima mia e mi santifichi, il più prudente onde sappia come Dio, che rappresenta: «Attingit a fine usque ad finem fortiter, et disponit omnia suaviter»15. Per i religiosi, per i novizi, per i sacerdoti, per i professionisti, per le anime di specchiata virtù occorre non solo osservare le leggi della Chiesa nella loro lettera, ma ancora più nel loro spirito, secondo esigono la natura del sacramento ed insieme gli interessi spirituali del penitente.
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Confessione e Direzione spirituale. La confessione ha specialmente di mira l'assoluzione sacramentale; la direzione invece riguarda l'indirizzo e la guida spirituale della vita interiore ed esteriore. Può essere, lo stesso sacerdote, confessore e insieme direttore spirituale. Un'anima che vuol progredire si accosta al sacramento della confessione ogni otto giorni; al direttore spirituale basterà conferire assai più raramente, cioè secondo le necessità morali e secondo i tempi (per es. più spesso negli Esercizi Spirituali).
A tutti è utilissima la guida spirituale per evitare il pericolo di illusioni, per essere sostenuti nei giorni delle prove e delle difficoltà,
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per camminare innanzi nelle virtù, per conoscere il divino volere anche nelle occasioni di oscurità e decisioni, per l'aumento dei meriti, obbedendo al nostro Anania anche per il lavoro spirituale.
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Zelare la Confessione. Nessuno di noi può negli Esercizi Spirituali pensare solo alle proprie confessioni. Il confessore penserà anche con quale zelo, scienza, pazienza, assiduità attenda al sacro ministero delle confessioni.
Ciascun predicatore penserà anche come faccia conoscere questo sacramento della misericordia, come ne parli, come ne scriva. Il Divino nostro modello, Gesù Cristo, diceva: «Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto»16. Egli, il buon pastore, cercò davvero i peccatori! Tale, e non diversamente, occorre che sia ogni sacerdote.
Ogni persona, specialmente i maestri, i padri di famiglia, coloro che hanno responsabilità riflettano: il sacramento della Penitenza è il gran mezzo di educazione, la sorgente di conforto per gli afflitti, il ristoro degli sfiduciati, il gran conforto per chi ha doveri gravi e desidera progredire.
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Il modo di fare la confessione lo conosciamo, lo abbiamo imparato sulle ginocchia della madre e nelle scuole di catechismo. Ma si può sempre fare meglio.
a) La confessione è una grande preghiera. La confessione è una preghiera che va annoverata fra le sette grandi preghiere che sono i Sacramenti. Da essi tutti ritraggono forza e vita; essi sono come sette canali che emanano dall'Agnello elevato e sacrificato sopra il monte Calvario, sulla Croce.
b) La confessione è un grande mezzo di risurrezione, un mezzo che opera ex opere operato, e non soltanto ex opere operantis, come sarebbe l'esercizio della Via Crucis. Non è la stessa cosa ricordare ai fedeli il bisogno, l'obbligo della confessione o dare il consiglio di accendere una candela davanti al SS. Sacramento. È punto di partenza, è principio di risurrezione la confessione.
In pratica: come confessarci? Occorre: 1) preghiera; 2) esame; 3) dolore; 4) proposito; 5) confessione; 6) assoluzione; 7) penitenza e specialmente emendazione, che è il segno esteriore e sicuro e unico che le nostre confessioni sono buone e fruttuose.
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Preghiera. Le condizioni che si ricordano ai fedeli per una confessione buona dobbiamo applicarle su tutti i peccati, ma in modo speciale sul peccato fondamento, sulla radice, cioè sulla mancanza di pietà.
Esame. Abbiamo o non abbiamo sufficienza di preghiera? Giudichiamoci spassionatamente; esaminiamo tutte le preghiere, dal mattino quando dobbiamo dare il cuore al Signore, fino all'ultimo pensiero della sera quando incrociamo le braccia e stringiamo il crocifisso e la corona e riposiamo «sub umbra alarum tuarum»17, protetti da Dio, che caccierà lontano dal nostro letto le immaginazioni ed i fantasmi. Che ci pare della nostra vita di pietà?
Tutte le preghiere scrutiamo; specialmente le preghiere più necessarie, come la Messa, il Breviario, l'esame di coscienza, il Rosario, ecc. Scrutiamo non solamente come facciamo noi stessi, ma come curiamo che gli altri facciano: cioè, se siamo maestri di orazione; se predichiamo senza riposo: opportune ed importune.
Dolore. Poi dobbiamo pentirci di tutto ciò che abbiamo fatto di male, particolarmente dobbiamo pentirci d'aver lasciato morir di
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fame l'anima nostra e di averla condannata ad un'etisia spirituale.
Forse l'abbiamo abbandonata ad una siccità continua quest'anima, si è inaridita per mancanza di umore, non abbiamo abbastanza bevuto al «fons aquae salientis in vitam aeternam»18. Che cosa vale dire: «Vidi aquam egredientem de templo a latere dextro, et omnes ad quos pervenit aqua ista salvi facti sunt»19, se poi noi abbiamo lasciato che la fonte scorresse e non abbiamo piegato il nostro ginocchio e non abbiamo bevuto di quelle acque copiose, salutari che uscivano dal Cuore stesso di Gesù Cristo? Si spandevano sopra la terra a refrigerarla, a renderla fertile, a rendere la vegetazione rigogliosa nei santi e forse nelle stesse anime pie da noi dirette; e per noi che utilità?
Proposito. Se mancherà la preghiera, faremo le cose in modo umano, non delle cose soprannaturali. Diamo uno sguardo a noi, poi uno al Crocifisso e un altro al cielo: la mia vita è una preparazione al cielo? Mi preparo al paradiso? La mia volontà è efficace? È una velleità o una vera risoluzione? Che cosa mi dice la coscienza?
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Confessione. Nella confessione è buona cosa aprirci prima sull'orazione. Questa pratica dà in mano al confessore la chiave per aprire e vedere nella nostra anima ogni segreto. La preghiera è il segreto di riuscita nella vita spirituale e nella vita pastorale. Sarà facile applicare i rimedi e fissare i mezzi davvero efficaci.
Assoluzione. Riceviamola come se ci trovassimo sul letto di morte, come se si trattasse dell'ultima assoluzione.
Penitenza. Verrà fatta bene; ma sia con tali disposizioni da togliere ogni pena temporale, possibilmente. Fortunato chi ogni settimana mette in regola i conti con Dio! Il sacerdote ed il cristiano si conoscono dall'esame di coscienza e dalle confessioni; se queste sono diligenti, diligente e pia e buona è l'anima, la vita, il ministero. Diversamente, quale sfacelo, illusioni, pene in morte!
Conclusione. - Le sante orazioni di Gesù Cristo ottengano a noi perdono e misericordia, e cioè servano a riparare le nostre mancanze di pietà. Se questi giorni saranno giorni di esercizi di orazione ben fatta, noi usciremo trasformati. Invochiamo l'aiuto di Maria, degli Angeli Custodi, di tutti i Santi del paradiso per ottenere la grazia di pregar bene, per
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ottenere il gran dono della preghiera, sorgente e fonte di ogni grazia. «Omnes... perseverantes unanimiter in oratione... cum Maria matre Jesu»20.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Luc. XV, 17.
2 Luc. XV, 18.
3 Luc. XI, 41.
4 Ps. CXL, 2.
5 Matth. V, 16.
6 Rom. XII, 17.
7 Prov. XXIV, 16.
8 Jo. XII, 24-25.
9 Luc. IV, 23
10 Ps. LIV, 18.
11 I Cor. XIV, 15.
12 Ps. LXXXIII, 2-5.
13 Luc. XVII, 14.
14 Luc. II, 52.
15 Sap. VIII, 1.
16 Luc. XIX, 10.
17 Ps. XVI, 8.
18 Jo. IV, 14.
19 Rit. Rom. [Rituale Romanum]
20 Act. I, 14.