Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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LO SPIRITO DI PREGHIERA
DI S. FRANCESCO SAVERIO

Troppo era convinto il Saverio dell'importanza umana nell'opera della conversione delle anime per non ricorrere a questo indispensabile mezzo nell'apostolato. Nulla consigliò con maggior insistenza ai suoi fratelli, nulla praticò con maggior frequenza.
Era stato del resto formato, sin dalla sua infanzia, a questo spirito di preghiera, che doveva più tardi irradiarsi di così ampi splendori.
Giunto nelle Indie, il Saverio cercò di attirare, più che poteva, la gente in chiesa, dove distribuiva abbondantemente il pane della parola divina; ma voleva in contraccambio, che il popolo pregasse e pregasse molto. Desiderava che i fedeli si abituassero a ricorrere a Dio in tutte le loro necessità spirituali e corporali; supplicava i missionari di inculcare a tutti il gusto della preghiera. A questo scopo non temeva di moltiplicare le divozioni e le pratiche di pietà. Ne indica una che ai suoi tempi produsse i frutti più ampi:
«Quando ero a Malacca, introdussi l'uso di raccomandare, tutte le notti, in mezzo alle piazze i defunti sofferenti nel Purgatorio e quelli che vivono in peccato mortale. Questa pratica favorisce molto la divozione e la perseveranza dei buoni e forma il timore e il terrore dei cattivi».
Ecco ora il suo modo di agire, per abituare il popolo alla preghiera: rivestito della cotta, un campanello in mano, andava per le strade e per i crocicchi, gridando ad alta voce: «Fedeli cristiani, amici di Gesù Cristo, mandate per amore di Dio i vostri figli, le vostre figlie, i vostri schiavi, uomini e donne, all'istruzione cristiana».
Accorrevano, si stringevano in cerchio attorno a lui, fanciulli e adulti, ricchi e poveri. Il Santo li metteva in fila, in processione, e in processione li conduceva in chiesa. «Là - dice il Padre Gonsalvez - tutto ciò che faceva, rapiva gli uditori e gli spettatori. Se alzava gli occhi al
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cielo, vi innalzava anche le anime. Facendo il segno della Croce ne pronunziava forte le parole e queste sì divotamente, che il popolo e i fanciulli specialmente, facevano subito come lui.
A questi insegnava dei canti riassuntivi della dottrina, fissandola così nella loro memoria. Poi stese, o innalzate le braccia al cielo, intonava una specie di litanie, di cui ogni versetto formulava, brevissimamente, un insegnamento della Chiesa e la risposta formulava un atto di fede».
Quanto a lui, persuaso com'era della necessità e dell'efficacia della preghiera, chiedeva, quasi ad ogni lettera, il soccorso ed il concorso delle orazioni altrui. Al Padre Enriquez, nel momento di trattare una questione spinosa, scrive: «Io vado a Goa per difendere la causa dei poveri cristiani in un affare che, coll'aiuto di Dio, spero di chiarire e dal quale spero anche risulterà la conversione di molti pagani. Raccomandate la cosa a Dio; i nostri peccati, è vero, son grandi e noi non meritiamo di essere i suoi strumenti in un'opera che tanto interessa il suo servizio. Pregatelo, nondimeno, che voglia, per l'immensa sua bontà e il suo amore infinito, servirsi di noi per la propagazione della nostra santa fede».
Ascoltiamolo nel momento della sua entrata nel Giappone:
«Voi mi raccomanderete a tutti i Padri e Fratelli della Compagnia e a tutte le persone pie della casa; visiterete i Frati di S. Francesco e di San Domenico e mi raccomanderete molto ad essi, alle loro sante orazioni ed ai loro divoti sacrifici».

(Dalla Vita).

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