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LA MEDITAZIONE METODICAGIORNO IV.
MEDITAZIONE II.
SACRA SCRITTURABeato l'uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi e non si ferma nella via dei peccatori, né si pone a sedere sulla cattedra di pestilenza; ma trova il suo diletto nella legge del Signore, sulla quale va meditando giorno e notte. Egli è come l'albero piantato lungo le correnti delle acque che a suo tempo non mancherà di dare il suo frutto. Le sue foglie non cadono, e tutto quello che egli fa, riesce bene. Non così gli empi, non così! Essi sono come pula dispersa dal vento. Perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, né i peccatori nell'assemblea dei giusti; perché il Signore prende a cuore la via dei giusti, e la strada degli empi finisce nella perdizione.
(Sal. I).
* * *Dalla meditazione continua, che è come un frutto, discendiamo a considerare la radice e la pianta. La meditazione continua è un vivere abitualmente sotto la luce celeste di certi principi e verità soprannaturali; ma la meditazione come esercizio metodico, fatto secondo norme determinate, si paragona all'atto
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di accendere la lucerna e porla sul candelabro perché illumini.
Infatti l'orazione mentale, elevatio mentis in Deum, è triplice: meditazione, contemplazione ascetica, contemplazione mistica.
La meditazione è un faticoso lavorio della mente sopra una qualche verità, allo scopo di persuadere l'intelligenza, di infiammare il cuore, di accendere la volontà con ferma risoluzione di praticarla.
La contemplazione ascetica è una semplice considerazione della verità, senza il faticoso lavorio della mente; ed in questa considerazione l'anima è penetrata dallo splendore della verità, ne gode, vien trasformata. Questa contemplazione ascetica è d'ordinario frutto dell'abito di meditare.
La contemplazione mistica, orazione affettiva o di quiete, è la medesima contemplazione in un anima che vi è arrivata non con fatica ed esercizio, ma per misericordiosa elargizione di Dio.
Oggi consideriamo: 1) che cosa sia la meditazione; 2) la necessità di essa; 3) come farla.
I. - Che cosa sia la meditazione.
La meditazione è un lavoro fondamentale per l'edificio della santità. La meditazione è il tempo in cui l'uomo vive veramente per sé,
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esercitando le potenze principali della sua anima. La meditazione è il gran dono di Dio. La meditazione fedelmente praticata è un segno di salvezza. La meditazione è quella pratica che ha fatto i più grandi atleti della fede, i più zelanti apostoli del Vangelo, i Santi più eroici nella virtù, e tutti i Dottori della Chiesa. Un uomo che medita, pensa con la sua testa, vive la sua fede, si guida secondo le massime più vere, possiede un carattere, diviene guida agli altri, è formidabile contro i cattivi, contro il demonio, contro il mondo.
Altro è meditazione, altro è istruzione. Questa mira alla mente; quella alla volontà e si serve della stessa ragione per fortificare la convinzione in ordine alle opere. La meditazione si divide in tre punti, secondo che viene proposta nei vari metodi i quali tutti convengono in uno, cioè mirano ad illuminare la mente, fortificare la volontà, eccitare il cuore a buoni propositi.
Qualche autore dice che nella meditazione intervengono: la memoria, l'intelligenza e la volontà, qualche altro: nella meditazione intervengono: l'intelligenza, la volontà e il cuore. Questo non dipende che dal diverso modo con cui si considera la cosa.
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II. - Necessità della meditazione.
La meditazione delle verità eterne è comandata. Per i sacerdoti e per i religiosi è stabilito nel Codice di Diritto Canonico: «Curent locorum Ordinarii:... 1) Ut iidem quotidie orationi mentali per aliquot tempus incumbant»1. «Curent Superiores ut omnes religiosi... 2) Legitime non impediti quotidie... orationi mentali vacent»2.
La meditazione è utile. Lo conosciamo dalla S. Scrittura. Gesù Cristo diceva agli Ebrei: «Scrutamini Scripturas... illae sunt quae testimonium perhibent de me»3; confrontate, consultate, leggete bene le Scritture, troverete che vi parlano di me.
Quando Gesù apparve ai discepoli di Emmaus, non venne subito riconosciuto. Credettero essi di accompagnarsi con un viandante comune, e rispondevano quasi distratti alle sue domande. Ma Gesù li rimproverò: «O stulti et tardi corde ad credendum in sermonibus quae locuti sunt prophetae! Nonne haec oportuit pati Christum, et ita intrare in gloriam
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suam?»4. Aggiunge l'Evangelista: «Et incipiens a Moyse, et omnibus prophetis, interpretabatur illis in omnibus Scripturis, quae de ipso erant»5. Gesù li illuminò, ricordando i profeti, ripetendo i loro detti, che si riferivano al Messia. Mostrò loro che tutto quello che del Messia era stato scritto, si poteva applicare a quel Gesù di cui conoscevano la passione e la morte.
Intanto, arrivati ad Emmaus, Gesù finse di voler continuare la sua strada. Ma essi, sentendosi così bene in compagnia di quel pellegrino, lo sforzarono a fermarsi e pernottare nel loro castello. Che avvenne? «Et factum est, dum recumberet cum eis, accepit panem, et benedixit, ac fregit, et porrigebat illis»6; come aveva fatto nell'ultima cena e poi disparve. «Et aperti sunt oculi eorum, et cognoverunt eum»7. Poiché rimasero soli, andavano esclamando e dicendosi a vicenda: «Nonne cor nostrum ardens erat in nobis dum loqueretur in via, et aperiret nobis Scripturas?»8.
Ecco una bella meditazione che fu: luce
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alla mente - e Gesù ricordò i testi scritturali, li interpretò e li applicò al Messia; - fu vivo fervore per il cuore: «Nonne cor nostrum ardens erat?»; - fu una ferma risoluzione per la volontà. Infatti subito, ritornarono a Gerusalemme presso gli Apostoli e si fecero banditori della risurrezione di Gesù.
Noi sappiamo che l'Apostolo Paolo si è ritirato tre anni, dal 37 al 41, nel deserto a meditare, prima di incominciare il suo apostolato.
S. Agostino passava ore davanti al SS.mo Sacramento, alle volte col capo sollevato e gli occhi fissi in alto, qualche volta col capo chiuso fra le mani, altre volte come estatico, fissando l'altare; la sua anima era immersa in una meditazione che toccava la contemplazione mistica. Terminata la contemplazione, si alzava con coraggio e si portava a scrivere. Uscirono così dal suo cuore come dalla sua mente, quei «Soliloqui», quelle «Meditazioni», quelle «Confessioni», quelle «Omelie», quelle opere che destano l'ammirazione universale.
S. Agostino comandò la meditazione ai religiosi ai quali scrisse la sua regola, e del suo maestro S. Ambrogio scrive: «Saepe cum adessemus, non enim vetabatur quisquam ingredi,
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sic eum legentem vidimus tacite, et aliter numquam; sedentesque in diuturno silentio (quis enim tam intento esse oneri auderet?) discedabamus»9.
S. Ignazio non solo comandò la meditazione, ma per lui la meditazione era uno dei perni per la santificazione dell'anima, attorno a cui si deve aggirare tutto il lavoro spirituale. E diede alla meditazione metodo e regola, scrivendo il suo libro degli Esercizi Spirituali. Sappiamo quali uomini ha formato S. Ignazio, quali uomini siano usciti da quelle meditazioni, quali santi egli abbia dato alla Chiesa.
D'altra parte, come si potrebbe fare a meno della meditazione? Non vi è Istituto religioso dove la meditazione non sia prescritta; non vi è seminario dove la meditazione non sia comandata, anche nei regolamenti. E Pio X nell'«Exortatio ad Clerum» insiste tanto che i Sacerdoti meditino ogni giorno.
La meditazione è assai utile per più motivi:
a) Per osservare le divine leggi e schivare il peccato. Perché molti trasgrediscono i comandamenti di Dio e vivono freddamente? Non è per mancanza dì fede, ma è per mancanza di
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considerazione e di riflessione. Disse il Profeta Geremia: «Desolatione desolata est omnis terra, quia nullus est qui recogitet corde»10. Tutta la terra è posta in desolazione, ogni fiore di virtù è appassito, pullulano spine ed erbe velenose di peccati. Chi commetterebbe un grave peccato, se considerasse le incertezze della morte, lo stretto conto che si deve dare a Dio, gli eterni gaudii di cui si priva, i supplizi atroci e senza fine ai quali sarà condannato? Lo Spirito Santo ci assicura: Memorare novissima tua et in aeternum non peccabis11. Ricordati dei tuoi novissimi e non peccherai in eterno.
b) Per l'acquisto della evangelica perfezione. La perfezione richiede di necessità la devozione, la quale consiste nella volontà pronta e generosa di eseguire tutto ciò che è di ossequio, di servizio, di gradimento a Dio. La vera divozione va sempre unita colla carità. Ora l'aiuto più adatto per avere la devozione è la meditazione. Dice S. Tommaso: «Necesse est quod meditatio sit devotionis causa, in quantum scilicet homo per meditationem concipit, quod se tradat divino obsequio»12. È necessario che per mezzo della meditazione
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si concepisca un'alta stima della divina Bontà e un basso concetto di sé medesimo e delle proprie miserie.
E prima di lui S. Agostino: «Meditatio parit scientiam, scientia compunctionem, compunctio devotionem. Devotio est pius et humilis affectus in Deum, humilis ex conscientia infirmitatis propriae, pius ex consideratione divinae clementiae»13. La meditazione genera la scienza, la scienza produce la compunzione, la compuzione genera la devozione... La devozione è un sentimento pio ed umile verso Dio, umile per la conoscenza della propria infermità, pio per la considerazione della divina Clemenza. La volontà non può da sola accendersi di santi affetti ed operare: essa ha bisogno dell'intelligenza che la guidi e la diriga con la luce della verità. Quanto più fulgida è la luce della verità nella intelligenza, tanto più ardente sarà la fiamma della vita nella volontà.
c) Per la luce all'intelligenza. Quello che è la luce materiale all'occhio, questo è la verità alla intelligenza. Ora dov'è la sorgente primaria delle verità che ci guidano per le vie rette e sicure della salute? È nella parola di
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Dio: «Lucerna pedibus meis verbum tuum et lumen semitis meis»14. La tua parola è lucerna ai miei passi e luce ai miei sentieri. La parola di Dio è luce, perché dirige l'uomo nel credere, nello sperare, nell'amare, nell'operare, a fine di condurlo alla vita beata. A forza di meditare le verità della fede s'imprimono nella nostra mente e divengono la regola direttrice della nostra vita.
d) Per sollevarci dalle bassezze di questa terra. Essa c'innalza ai pensieri santi e celesti, c'innalza a Dio cui ci unisce; ci rende simili agli Angeli che contemplano la divina essenza. «Oratio est familiaris conversatio et coniunctio cum Deo»15. Conduce l'anima fino alla santità eccelsa di Gesù, affinché Egli la possa formare e plasmare a sua immagine: «Tu, Domine Jesu, Tu ipse manu mitissima, misericordissima, sed tamen fortissima formans et pertractans cor meum»16.
e) Per rinvigorire la volontà. Come la luce nell'ordine materiale si trasforma in calore, il calore in forza.
Lo stesso accade nell'ordine spirituale. Il pensiero eccita l'amore, l'amore si trasforma in
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pratiche risoluzioni, le risoluzioni si trasformano nell'esercizio delle più belle virtù. «Da mihi intellectum, et scrutabor legem tuam, et custodiam illam in toto corde meo»17. Intimo è il legame tra la meditazione della legge ed il suo adempimento: «Nisi quod lex tua meditatio mea est: tunc forte perissem in humilitate mea»18.
In breve: molti e preziosi sono i frutti della meditazione. S. Bernardo scrisse: «Mentem purificat consideratio, regit affectus, dirigit actus, corrigit excessus, componit mores; vitam honestat et ordinat, postremo divinarum pariter et humanarum scientiam confert»19.
La meditazione giova non solo al progresso nella cognizione delle cose celesti, ma anche al progresso delle lettere e nelle scienze naturali. I grandi scrittori sono stati sempre profondi pensatori.
Bella è la testimonianza del primo Salmo: «Beato l'uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi, e non si ferma nella via dei peccatori, né si pone a sedere sulla cattedra di pestilenza; ma trova il suo diletto nella legge
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del Signore, sulla quale va meditando giorno e notte. Egli è come l'albero piantato lungo il corso delle acque, che a suo tempo non mancherà di dare il suo frutto. Le sue foglie non cadono, e tutto quello che egli fa riesce bene»20.
A ragione Santa Teresa scriveva: «Promettetemi di fare ogni giorno un quarto d'ora di orazione mentale, ed io, nel nome di Gesù Cristo, vi prometto il cielo».
Vale il detto: meditazione e peccato non stanno insieme; o si lascia la meditazione, o si lascia il peccato.
III. - Come fare la meditazione.
Se seguiamo il metodo di «Via, Verità e Vita», generalmente, troveremo più facilità. Tutti i metodi sono buoni, ma a questo ognuno di noi è già alquanto preparato. D'altra parte, quando si segue questo metodo, la meditazione riesce facilmente completa. Non è un semplice pregare, non è un semplice proporre, non è una semplice lettura, no; ma comprende questi tre atti assieme, disposti secondo un ordine logico ed efficacissimo.
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a) «Ego sum via»: esercizio della volontà.
Il primo pensiero, o proposizione finale, o frutto da ricavare si è: fissare la risoluzione, cui si vuole giungere. Il fine è «primum in intentione, ultimum in executione». Ognuno ha da ricordare i propositi degli Esercizi SS., o della Confessione, o dell'esame di coscienza; il suo programma anzi di vita spirituale. Siamo infatti alla meditazione, non alla istruzione. Determinato il fine di risvegliare, accendere la volontà ed il cuore su un punto determinato, sceglierà il tema, il libro, la materia, le preghiere per la sua meditazione. Poi viene la preghiera allo Spirito Santo, alla S. Madonna, al Divino Maestro: doce nos orare. Dopo questi preamboli fissiamo l'argomento: la fede, la speranza, la pazienza, la carità, lo zelo, le virtù quotidiane, ecc. ecc.; veniamo a vederle nelle loro applicazioni e nel quotidiano esercizio. Le consideriamo nelle difficoltà, nelle esperienze, nella vita dei Santi. Specialmente: le rileviamo in una massima di fede o di morale; le vediamo in un fatto della vita di Gesù, dei Santi, della storia della Chiesa; le scegliamo fra le virtù teologali, religiose, morali, fra i doveri dello stato, fra i comandamenti di Dio ed i consigli evangelici. Ci possiamo molto utilmente giovare
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dei libri: Sacra Scrittura, scegliendo specialmente il Nuovo Testamento, ed i libri sapienziali dell'Antico Testamento. Utili sono i libri morali ed ascetici dei Santi Padri, dei Dottori della Chiesa, dei Santi; e tra questi S. Alfonso, il B. Cafasso, S. Agostino, Krust, Chaignon, Hamon, Spinola, Pincelli, hanno scritto libri bellissimi.
Alcuni autori chiamano questo primo punto «Esercizio della memoria».
b) «Ego sum veritas»: esercizio della mente.
La volontà è fortemente sostenuta da cognizioni profonde e chiare. Perciò qui giova considerare le ragioni, i perché, la bellezza, la necessità, l'utilità, il dovere, ecc. ecc., che abbiamo di uniformare la vita a quella massima od a quell'esempio ricordato nel primo punto. Supponiamo la meditazione sopra la mortificazione dei sensi; devo curarla: come cristiano, poiché l'intera vita di Gesù fu croce e martirio; come uomo, giacché la ragione è la parte superiore, cui ogni potenza e sentimento deve sottomettersi; come religioso, avendo fatto professione di vita perfetta; come Sacerdote onde lasciare ai fedeli degno esempio. Di più, considero la mortificazione in ordine alla morte, cui devo prepararmi, al giudizio
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al quale devo presentarmi, all'eternità mia dimora prossima. Che mi consigliano su questo punto l'inferno, il purgatorio, il paradiso? Che cosa mi predicano la Sacra Scrittura, gli scritti dei Padri e dei Dottori, gli esempi dei Santi?
Posso considerare anche i vantaggi temporali nell'ordine fisico e nell'ordine morale; posso considerare le terribili conseguenze dell'intemperanza, della superbia, della pigrizia, dell'ira, dell'invidia, della sensualità. Posso considerare le dolcezze, le consolazioni, la stima degli uomini retti, come si ha dalla mortificazione.
E tutta questa materia con varie regole si può allargare, approfondire, sensibilizzare, per un maggior frutto.
c) «Ego sum vita»: esercizio del cuore.
Su questo punto son da farsi tre atti: un esame di coscienza in riguardo al passato; un proposito fermo in riguardo al futuro; umile ed instante preghiera nel momento presente.
In questo terzo punto sta specialmente il frutto della meditazione; a questo terzo punto occorre dedicare un tempo maggiore che non agli altri. Se ad esempio, la meditazione ha la durata di trenta minuti, circa quindici
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di essi vanno spesi in questo terzo esercizio. L'orazione, per la vita pratica, è il gran mezzo.
In ultimo: la meditazione pei religiosi sia possibilmente in comune. Essa facilita ed edifica quella unità di pensiero, di sentimenti, di aspirazioni, di indirizzo che forma la base all'osservanza religiosa nella comunità. Invano si cercherebbe di costruire una vita comune nel vestire, nel vitto, nell'orario, quando mancasse la unità interiore di mente, di cuore, di volontà. La meditazione, sensim sine sensu, formerà tale unione. D'altra parte Dio dà una larga benedizione a chi gli offre questo sacrificio di amore: la meditazione porterà abbondanti i frutti di santificazione.
Sia lodato Gesù Cristo.
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1 C. J. C., Can. 125, 2.
2 C. J. C., Can. 595, 2.
3 Jo. V, 39.
4 Luc. XXIV, 25-26.
5 Luc. XXIV, 27.
6 Luc. XXIV, 30.
7 Luc. XXIV, 31.
8 Luc. XXIV, 32.
9 Conf. l. IV, c. III.
10 Jer. XII, 11.
11 Eccli. VII, 36.
12 2. 2. q. 82. a. 3.
13 De Sp. et anima, VI, 50.
14 Ps. CXVIII, 105.
15 S. GIOV. CLIM. - Grad. 28.
16 S. AUG., Oratio.
17 Ps. CXVI, 31.
18 Ps. CXVIII, 92.
19 De cons. l. 2. c. 6.
20 Ps. I, 1-3.