Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XXVI. TESTIMONI DELL'ETERNITA'
A vedere delle schiere di giovani che si consacrano al Signore rinunziando anche ad un avvenire attraente, a una posizione alle volte - posizione sociale - buona, per darsi a Dio.
Essi non sanno spiegarsi quello che è apparso in quei cuori, da quali pensieri siano condotti a lasciare la famiglia e a consecrarsi a Dio, eppure occorre dire che qui sta la saggezza, la vera sapienza: pensare e provvedere all'eternità, dare a Dio il giglio vergine che spande il suo profumo, e dedicarsi ad una vita anche di umiliazioni, di fatiche, di sacrificio, di apostolato.
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Se abbiamo considerato di darsi al Signore al più presto ecco, qui c'è un'altra ragione di farlo: dare questo esempio al mondo.
I voti e la vita religiosa in generale sono già per sé un grande apostolato, ecco il pensiero.
Sì, si pensa all'apostolato della parola, all'apostolato che fate negli asili, nei doposcuola, nei catechismi; si pensa all'apostolato vario presso gli infermi, ad esempio, presso i poveri, fra la gioventù femminile, fra le donne, ecc. Però vi è un apostolato tacito, un apostolato che ha un'efficacia superiore appunto perché è silenzioso: i voti in generale e la vita religiosa in generale sono un apostolato già in sé.
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Che cosa possono pensare gli uomini vedendovi a passare per le strade, modeste, ravvolte nei vostri abiti modesti, e passando con una certa sveltezza senza curarsi di quello che vi possa essere a destra e a sinistra e sempre tendendo a quello che è il dovere di fare, quello che siete in dovere di fare.
Che cosa possono pensare questi uomini vedendo i conventi e sapendo quante preghiere là si fanno? E come la vita sia continuamente mortificata perché, eh!, si lascia al mondo quello che il mondo cerca e con la vita si dice: noi non siamo del mondo.
San Luigi, che rinunzia alla sua eredità in favore del fratello Rodolfo, san Luigi è un esempio magnifico.
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Oh, che cosa dunque potrà pensare il mondo. Potrà pensare secondo certe ideologie false, ma nell'intimo della coscienza vi sarà sempre una voce che dice: «Questi pensano l'eternità, questi vogliono Iddio, questi rinunziano a quello che noi cerchiamo, cioè le ricchezze, le soddisfazioni, le posizioni, la stima degli uomini. Sarà più giusto il loro pensare o sarà più giusto il nostro pensare?».
Ecco. Non potevano sostenere alcuni che, proprio le suore rinunziassero a quello che essi cercavano e che credevano il vero bene, credevano saggezza, sì. Oh!
Ecco una predica che è silenziosa e che quindi fa sentire la sua eco nel profondo della coscienza: chissà quale sarà la fine, se sarà più felice la loro fine o sarà più felice la nostra; se anche a noi non succederà quello che dice la Scrittura: Erravimus: lux veritatis non luxit nobis [cf. Sap 5,6]. Talia dixerunt in inferno [Sap 5,14], coloro che si perdettero. Se noi non andremo poi a finire là e dover confessare che abbiamo sbagliato. E se un giorno essi saranno ammirati fra le stelle del cielo. Ecco! Computati sunt inter filios Dei [Sap 5,5], sono stati enumerati tra i figli di Dio.
Così, un po' di persuasione, un po' di sentimento umano e la voce della coscienza e la ragione, un po' parlano, e non si può pensare che il male non rimanga impunito e che il bene non rimanga premiato.
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Quindi il vostro passare per la strada, la vita in convento, l'apostolato che esercitate nelle varie parrocchie, è veramente fruttuoso ed è un apostolato che si fa sentire anche da quelli che non vi avvicinano, che anzi vi combattono, che sono comunisti o sono atei, perché vi è nella coscienza una testimonianza ed è la testimonianza della ragione, ed è la testimonianza che viene espressa da una voce che si fa sentire nei momenti più calmi della vita: quando si è stanchi, quando si è disillusi, quando si è infermi... allora la voce della coscienza si fa sentire: chi ha ragione, loro o noi?
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L'apostolato più utile nel mondo è far capire che cosa sia la vita.
La vita è un esordio dell'eternità; nella vita noi facciamo la scelta: o si prende la strada del paradiso o si prende la strada dell'inferno. Questo è fondamentale, tutto il resto è conseguenza, questo è il principio.
Quando si dice: «Io voglio pensare a star bene qui», ecco il mondano; quando si dice: «Io voglio provvedere per l'al di là», ecco il buon cristiano.
E voi col vostro abito e nel vostro comportamento risvegliate questo pensiero e inducete gli uomini a farsi un po' di esame di coscienza e suscitate al fondo della loro anima un dubbio, un richiamo, una voce: forse essi han scelto la parte migliore! Perché nella vita ci sta il ricco Epulone e il povero Lazzaro mendìco, infermo e vecchio.
Chi li vedeva cosa pensava? Forse qualcheduno invidiava la sorte del ricco Epulone (e saran stati tanti); forse un bel numero compativa il povero Lazzaro, ma venne la morte per entrambi e Lazzaro fu portato nel seno di Abramo salvo, paradiso eterno, e il ricco Epulone fu sepolto nell'inferno.
Questo è il pensiero che si può destare nelle coscienze che non sono del tutto guaste, che non sono del tutto perverse.
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Secondo: un apostolato anche per ciaschedun dei voti.
Cosa dice il voto di povertà? Che si rinunzi! Cosa diceva santa Chiara con la sua azione che, ricca di famiglia - e avendo in casa ogni comodità e a sua disposizione tutto quello che poteva desiderare per il vestito, per l'abitazione, per la futura posizione sociale - e si spoglia di tutto e si riduce ad una vita povera, in una specie di grotta dietro l'esempio di san Francesco d'Assisi. Questo non è un dire e non è un far capire al mondo: le ricchezze, i denari, non fan felici?
E coloro che sanno tenersi nell'esercizio della povertà e nella rinunzia e in tutto dipendono anche nella spesa di un soldo? Non sono forse più fortunati? Non sono quelli che acquistano le vere ricchezze e le ricchezze eterne?
Il paradiso non è un tale bene che merita che noi vendiamo e rinunziamo a tutto pur di conquistare quel bene eterno che è Dio, sommo Bene? Una predica sulla povertà, sul distacco dalle cose del mondo!
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Un'altra predica viene dal voto di castità e dalla vita a cui vi dedicate rinunziando a una famiglia, vivendo in comunità e indirizzando tutti i vostri affetti al Signore, tutti i vostri desideri al paradiso.
Questo ricorda che c'è qualcheduno da amare, che c'è un amore che è superiore: è l'amore a Dio!
Il voto di castità lo richiama perché non si rinunzia ad un amore umano se non per un amore divino.
Vedere quelle suore che si occupano in apostolati vari, si dedicano agli infermi, si dedicano ai bambini, si dedicano alla gioventù o agli ammalati, ecc. mentre che avrebbero potuto avere una vita molto diversa, non è questo un richiamo per tutti?
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Potranno disprezzare ma il disprezzo che ostentano all'esterno non procede dal cuore. Negli Stati Uniti si è più sinceri, in generale, che da noi. La suora è /venerata/ (a) anche all'esterno, negli Stati Uniti d'America.
Se sale sulla corriera o sul tram, sul treno una suora, le fanno subito il posto, si alzano, stanno in piedi piuttosto; le fanno subito il posto.
Se c'è da passare prima in un'occasione, in un negozio o sopra un ponte dove si deve passare in quell'ordine per il pericolo - specialmente quando si han da far le traversate coi ferry-boat - alla suora sempre la precedenza in tutto.
Si tolgono il cappello alla suora, non se lo tolgono al prete.
La venerano perché la considerano un'anima che ama Iddio e ama i fanciulli, ama la gioventù, ama gli infermi.
E questo sentimento che pure hanno gli italiani, non osano tanto manifestarlo all'esterno: c'è tanto rispetto umano!
E' una predica per loro questo amore che si porta a Gesù e questo amore che si porta al prossimo appunto perché c'è l'osservanza della castità.
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Un'altra predica avviene dall'esercizio, dalla pratica dell'obbedienza.
Il mondo adesso è pieno di rivolte; non si vuol più obbedire e abbiamo ribellioni e rivolte in ogni strato sociale, possiamo dire.
Nelle famiglie: cominciano a mostrarsi indipendenti, quando poi non arrivano a volere imporsi anche ai genitori.
E nelle fabbriche dove ci son gli operai, questo si ripete.
E nelle nazioni in generale...
E nella sottomissione <che si dovrebbero> che si dovrebbe manifestare nella Chiesa, al parroco, al vescovo, al sommo Pontefice?
Gesù [era] subditus illis [Lc 2,51], ma oggi è una grande crisi nel mondo: la crisi dell'obbedienza. Non si vuol ascoltare, ecco, non si vuole ascoltare!
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E Gesù ha redento il mondo con l'obbedienza E san Paolo dice: «Per la disobbedienza di un uomo fu rovinato il mondo e per l'obbedienza di un altro uomo, cioè Gesù Cristo, fu salvato il mondo» [cf. Rm 5,19].
Factus obediens usque ad mortem [Fil 2,8], Gesù fatto obbediente fino alla morte. Ora la suora dà questo esempio di umile sottomissione alle sue superiore, accetta gli uffici che sono assegnati, li compie con dedizione perché sa che quella è la volontà di Dio; si abbandona intieramente al Signore nelle croci, nelle avversità, e non solamente, ma accetta serenamente la morte quando viene l'ora di Dio, l'ora assegnata da Dio. Ecco.
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Il mondo non capisce come, chi poteva godere della libertà nel mondo, nella famiglia, si riduca a cercar la sottomissione, e qualche volta la sottomissione di una sorella che non è la più sapiente e non è la più anziana. Il Marmion (a) di cui adesso si fa la causa di beatificazione, ha lasciato scritto questo: «Io ero professore e facevo scuola nelle classi alte dello stato; già frequentavo i sacramenti e davo via, ai poveri, quello che mi avanzava - quindi esercitava la povertà - vivevo solo - e praticava la castità perciò, significa questo - però non ero contento, mi mancava la grazia e l'occasione di poter obbedire, perciò mi son fatto religioso, per obbedire, perché mi sarebbe mancata una delle virtù fondamentali, cioè sottomettere la mia volontà a quella di Dio, dare la mia libertà al Signore, eseguire puntualmente, quotidianamente, momento per momento, quello che viene disposto. Per questa obbedienza mi son fatto religioso, altrimenti avrei potuto praticare la povertà e la castità ugualmente nel mondo, ma l'obbedienza... il merito più grande» (b).
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La suora quando si mostra sottomessa, obbediente, docile ai comandi, e quando vede una comunità che è ordinata appunto perché tutte obbediscono, il mondo resta meravigliato. E questo è una grande predica al mondo e a queste tendenze alla rivolta e alla ribellione.
Allora non solamente la vita in generale religiosa è un apostolato tacito ma efficace, ma è un altro apostolato già di per sé l'obbedienza, la castità, la povertà: ciascheduno dei tre voti forma già un apostolato.
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Oh, quale grazia ci ha dato il Signore di potere compiere un bene continuo nel mondo e sapere che la nostra vita che si conduce nella serenità, nella tranquillità, nel silenzio e nell'applicazione quotidiana ai nostri doveri, fa una certa impressione ed è un richiamo continuo a chi ha bisogno di tali esempi! Ecco, un richiamo continuo. Il mondo, finché avrà tanti e tali esempi, non precipiterà così facilmente al male.
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Quando dite nella coroncina: «Popolate la terra di monasteri, di conventi» (a)... perché? Perché da quei conventi, da quei monasteri si sprigiona una luce che illumina gli uomini: pensare all'eternità, provvedere all'eternità.
Gesù diceva di sé che egli non apparteneva al mondo: /Ipsi de mundo/ (b) non sunt, sicut et ego de mundo non sum [Gv 17,16]: questi, cioè gli apostoli, non sono del mondo, come neppure io sono del mondo.
Sono del mondo quelli che pensano solamente a questo mondo e invece sono cristiani e uomini spirituali quelli che ordinano la vita presente alla eternità, al paradiso. Ecco la predica sostanziale, fondamentale: sapere che cos'è la vita e perché si vive e dove si va.

Albano Laziale (Roma)
2 dicembre 1957

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589 (a) R: «avvenerata».

592 (a) Marmion C. abate benedettino, nato a Dublino (Irlanda) 1-4-1858, morto a Maredsons (Belgio) 30-1-1923.
Studiò a Roma, al Collegio di Propaganda Fide. Tornato in patria insegnò filosofia al seminario di Clondiffe. Entrato in monastero a Maredsons nel 1886 vi fece professione nel 1888 e riprese l'insegnamento di filosofia. Priore di Mont-César, presso Lovanio, nel 1899, ne fu il primo e ascoltatissimo professore di teologia e direttore spirituale per 10 anni.
Celebri sono tre suoi volumi: Cristo vita dell'anima (1918); Cristo nei suoi misteri (1919) Cristo, ideale del monaco (1922).
(b) Tale brano è citato a senso dall'Alberione, e commentato infatti in Dom. R. THIBAUT, Un maître de vie spirituelle, Dom Columba Marmion, p. 40) - tradotto in italiano intorno agli anni '40 - si legge:
«Prima di essere monaco, non potevo, agli occhi del mondo, fare più bene di quello che già facevo là dove mi trovavo.
Ma ho riflettuto, pregato e finalmente compreso che non sarei stato mai sicuro di compiere sempre la volontà di Dio che praticando la vita religiosa.
Avevo tutto quello che mi era necessario per la mia santificazione, ad eccezione di un solo bene: quello dell'ubbidienza... Posso dire di essermi fatto monaco per poter ubbidire. Ero professore e, ancora molto giovane, avevo quella che si dice una bella posizione, avevo successo e amici ohe mi erano molto affezionati. Ma mi mancava l'occasione di ubbidire. Mi sono fatto monaco perché Dio mi ha rivelato la bellezza e la grandezza dell'ubbidienza».

595 (a) Dalla coroncina «A Maria madre del divino Pastore» composta dallo stesso Alberione, Le preghiere della Famiglia Paolina - Suore Pastorelle, E.P. 1965, pag. 126.
(b) V: de mundo.