Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XXII. ATTENDE TIBI
L'apostolo Paolo ammonisce il suo discepolo Timoteo: Attende tibi [1Tm 4,16] ... et lectioni [4,13], bada a te, alla tua condotta vuol dire, al modo di comportarti, e attendi alla lettura, che suonerebbe per noi "studio".
Ecco un programma per un'aspirante la quale desidera formarsi veramente buona pastorella.
Bonitatem, et disciplinam, et scientiam doce me [Sal 118,66], ci fa pregare il salmo: Signore, concedimi la bontà e concedimi lo spirito di disciplina, di osservanza, e concedimi la sapienza. S'intende qui la sapienza in tutto il suo senso: la scienza delle cose necessarie per la santificazione, per la vera vita religiosa.
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Occorre pensare che noi siamo scarsi in tutto: siamo scarsi nel saper, siamo scarsi nella bontà, nella virtù, siamo scarsi nella scienza, siamo scarsi anche nei mezzi naturali, nei mezzi naturali per il bene: siamo scarsi! Ecco. Allora dovremo disperarci? No!
Toglier la confidenza da noi e metterla in Dio e allora le ore di studio possono rendere il quattro per uno; lo sforzo per farsi santi può rendere il dieci per uno e l'apostolato può fruttare almeno il sei per uno, e anche le cose economiche, l'amministrazione, e tutto quel che è formazione umana, può rendere il cinque per uno.
Occorre fede, la quale fede suppone l'umiltà. Vuotare il nostro cuore di noi stessi cioè: «Da me nulla posso», per dire: «Con Dio posso tutto; conto su Dio».
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Egli ha detto nel vangelo, Gesù: «Qualunque cosa chiederete al Padre in nome mio, egli ve la darà» [cf. Gv 15,16]. Notiamo che il Signore parlava così, a chi? Parlava a degli apostoli, ma a sentirlo c'erano i farisei che non erano buoni e c'erano anche dei pagani, eppure Gesù dice a tutti loro, e buoni e non buoni: «Qualunque cosa chiederete al Padre in nome mio, ve la darà», se avrete cioè fiducia; e chiederete e «qualunque cosa»: non esclude niente, il Signore, di quello che è utile per la nostra santificazione e per il nostro apostolato.
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Rinnovare spesso il "Patto" con Dio. Allora, la nostra parte di impegno: io utilizzerò tutti i miei doni, tutto ciò che mi avete dato, o Signore, di scienza, di capacità e di abilità, ecc., utilizzerò tutto per voi, solamente per voi, cercherò sempre la vostra gloria e il paradiso per me e per le anime.
Allora si va con fiducia col Signore e si va con fiducia anche in capo al mondo perché non siamo mai soli: Dio è con noi e noi siamo con lui. Ecco, la bella giaculatoria che è anche una formula brevissima di comunione spirituale: «Gesù è con noi e noi siamo con Gesù». Sì!
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Questa vigilanza sopra di noi in ispirito di umiltà, ancorché qualche volta - sappiamo già - vengono le distrazioni, vengono tanti altri pensieri, ma questa confidenza con Dio, questo raccoglimento e questa unione con Dio, ci comunica sempre e fa entrar nella nostra anima la luce, e la forza, e i pensieri santi, le aspirazioni sante, la pietà, la fortezza, il santo timor di Dio e la scienza delle cose spirituali.
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Grande fiducia nel Signore. Ci vuol bene Gesù! Il Signore che ci ha creati quando noi non potevamo desiderarlo perché non esistevamo; il Signore che ci ha fatti nascere nella Chiesa cattolica e in una parrocchia dove vi è lo spirito buono, in una famiglia cristiana: non potevamo sceglierla noi né la parrocchia, né la famiglia, né l'ambiente, né potevamo domandare al Signore di avere quella mamma, di aver quel papà.
E così il Signore ci ha mandato il battesimo senza che noi sapessimo chiederlo.
Il Signore è buono.
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Il Signore ci ha dato la vocazione.
Se nel mondo ci sono due miliardi e mezzo [e] ancora di più di uomini, quanti ebbero la grazia della vocazione su due miliardi e mezzo? I sacerdoti sono quattrocentoventimila circa, adesso; le suore sono circa un milione e duecentomila, che cos'è questo di fronte a due miliardi e mezzo? Anzi, due miliardi e seicento milioni?
Vuol dire che siamo stati dei preferiti e, se Gesù ebbe tanta cura di te, di ciascheduno di noi, come non avremo fiducia? Come continueremo noi a essere così orgogliosi da confidar nelle nostre forze, da stimarci, da desiderar l'approvazione. ecc.?
No! Tutte di Gesù! E quando facciamo o diamo qualche cosa al Signore, diamo del suo, diamo del suo. E' come se voi andate nel giardino e scegliete qualcheduno dei fiori che la madre ha fatto piantare e ha fatto coltivare, e glielo portate; eh, potete dire: le diamo quello che è suo, se si potesse esprimerci così.
Noi non diam mai a Dio altro che quello che è di Dio stesso. Quanto è stato buono il Signore con noi!
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Ma, nel giorno dei defunti è utile che ricordiamo un poco le ingratitudini che forse noi abbiamo fatto e con cui ci siamo comportate con Dio, con Gesù.
Le ingratitudini possono essere gravi e possono esser leggere, cioè: i peccati gravi o i peccati leggeri; ma pensiamo solo ai leggeri.
Il peccato veniale in una persona che vuol consecrarsi a Dio o che è già consecrata a Dio, è un gran disgusto che porta a Gesù, è una audacia, una ingratitudine speciale verso di Gesù, ed è causa di tanti mali, di tante conseguenze cattive nell'anima, nel cuore.
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Pensiamo allora alle quattro cause per cui si può andare al purgatorio: parliamo cioè di peccati veniali.
Anzitutto si va in purgatorio per i peccati veniali, quelli che non ci distaccano da Dio ma rallenta[no] la nostra unione con Dio; non meritano l'inferno ma il purgatorio, non ci tolgono la grazia del Signore ma la diminuiscono, ecco.
Quando la persona continua ancora a commettere peccati veniali deliberati - perché vi sono sempre tanti peccati veniali che non son deliberati - quando la persona continua a commettere peccati deliberati, sappia che si devono scontare o di qua o di là; o che noi ne facciamo penitenza e li piangiamo in questa vita o che dovremo farla di là, la penitenza, dovremo piangerli di là.
Tu hai amato poco il Signore e non hai avuto timore di offenderlo in quelle piccole cose che sapevi lo disgustavano, ecco, e allora adesso l'anima sarà privata <di> di quella luce, di quella visione beatifica chissà per quanto tempo.
Vedere se ci sono dei peccati veniali deliberati e allora detestarli tutti; quelli che sono indeliberati si detestano anche ma non come peccati, ma perché non vogliamo commetterli: li detestiamo e vigiliamo per non commetterli.
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Seconda causa per cui si può andare in purgatorio, questa: la tiepidezza, la freddezza, l'indifferenza nel servizio di Dio.
Eh, sì, anime che il Signore lo amano fino a metà, diciamo così, fino a metà; che si contentano di una santità mediocre, che si contentano di non ricevere osservazioni forti, che si contentano di non essere vietate, impedite cioè di andare alla comunione; tiepide!
E allora: «Perché sei tiepido, io ti rigetto» [cf. Ap 3,16], dice il Signore; e il Signore nel giudizio di Dio, rigetta l'anima, la manda a purgarsi fra le fiamme, ecco, perché si accenda in lei il desiderio di Dio, l'amore di Dio, quell'amore che ci rende degni di stare con Dio.
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Si può andare in purgatorio poi perché non si è fatta penitenza dei peccati passati. E sappiamo bene che con la confessione ben fatta viene sempre perdonata la pena eterna e viene sempre perdonato il peccato, ma... e la pena temporale?
E allora, se si deve scontare qua o si deve scontare di là, ecco, pensiamo alle penitenze che hanno le pastorelle.
Le penitenze sono specialmente queste:
- la carità vicendevole, l'obbedienza in tutto, senza discussione, mai a metà, e fatta con la mente e col cuore, oltre che con l'esecuzione;
- poi l'apostolato generoso e la vita comune; la vita comune e nella quale troviamo i nostri uffici, nelle quale troviamo le occupazioni della giornata.
Penitenza, sì! Purificarsi qua perché in punto di morte si debba sentire proprio: «Gesù è con me, io sono con lui».
Allora si muore con la certezza di essere uniti a Gesù e si muore con la certezza di andare a lui, ecco; quindi una grande pace, una grande serenità.
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Poi si può andare ancora in purgatorio perché non si finisce di detestar tutti i difetti; non dico di correggerli tutti, che non ci riusciamo a correggerli tutti per quanto lavoriamo, ma detestarli tutti e combatterli, sì. Anche se si deve combattere specialmente un difetto, si deve lavorare specialmente per una virtù, tuttavia tutte le virtù dobbiamo amare e tutti i difetti dobbiamo condannare, combattere. Ecco.
Allora, purgarsi dai difetti! Anche, alle volte, si tratta di difetti che si conosce bene, che non si commettono appositamente, che son debolezze soltanto, ma condannarli e, quanto è possibile, vigilare sopra di essi, senza scrupolo, ma nello stesso tempo con desiderio di piacere a Gesù, che Gesù guardando l'anima non trovi macchie volon[tarie]. Sì.
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Quindi, i difetti anche che sono interni: troppe distrazioni, mancanza nel sorvegliare il cuore, sentimenti contrari alla carità o sentimenti d'invidia, desideri inutili - i due ultimi comandamenti riguardano i desideri - . Poi i difetti nel parlare, o troppo o troppo poco, e la mancanza nell'acquistare quello che deve posseder la pastorella: di sapere parlare bene e tenere unite le figliuole, la gioventù femminile voglio dire; i bambini tenerli buoni, sapere dire tante cose che piacciono a Dio e piacciono anche alla gioventù, piacciono anche ai bambini.
Così correggere i difetti nelle azioni: persone che son sempre in ritardo, persone le quali hanno troppa facilità nel tener relazioni di qua o di là, persone le quali si rendono pesanti, le quali trascurano un po' una cosa, un po' l'altra.
Ecco, si può andare in purgatorio per negligenza e correggere un po' tutti i difetti, ancorché non costituiscano subito peccato veniale: bisogna tuttavia condannarli e combatterli.
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Oh, allora il Signore ci ha voluto bene, ci ha amato tanto e noi diventiamo delicati con lui; delicati, prima perché amore richiede amore, amarlo perché ci ha amati; e poi per non andare un giorno in purgatorio.
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Nel mese di novembre considerare le cause per cui si può andare in purgatorio per toglierle e, mentre da una parte suffraghiamo i defunti e le persone care che son già passate all'eternità, mentre che cerchiamo di vuotare il purgatorio, cercare con tutta l'attenzione di evitarlo affinché, dopo il nostro passaggio all'eternità, possiamo subito essere ammessi al gaudio eterno, andare nelle braccia del Padre celeste che ci attende, lassù.
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E perciò uno dei frutti del ritiro mensile, la delicatezza.
Delicatezza che ci fa praticare le piccole virtù, che ci fa operare il bene nel silenzio, sempre guardando a Dio che sia contento, e delicatezza nell'evitare le mancanze volontarie, nel combattere ciò che in qualunque modo possa dispiacere al Signore. Sì. Discendere al particolare nei nostri propositi.

Albano Laziale (Roma)
26 ottobre 1957

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