Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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VIII. LA MEDITAZIONE
Dopo il battesimo la più grande grazia per un'anima è la vocazione religiosa.
Tutti sono chiamati al paradiso ma la vocazione religiosa è la vocazione ad un maggior grado di gloria in paradiso e allora come mezzo un maggior grado, una maggior quantità di grazia sulla terra. Quindi: «Riceverete il centuplo e possederete la vita eterna» [cf. Mt 19,29].
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Ogni grazia però occorre che sia corrisposta per portar frutto.
San Paolo diceva di sé: Gratia eius in me vacua non fuit [1Cor 15,10], la grazia di Gesù non è stata inutile in me.
E se fosse questa l'esclamazione di ognuno dei religiosi e di ognuna delle religiose in punto di morte: «La grazia della vocazione non è stata inutile», e cioè «ho corrisposto?».
Allora quale conforto e come si potrebbe dire con certezza: Reposita est mihi corona iustitiae [2 Tm 4,8], ora vado alla corona di giustizia che il Signore ha preparato a tutti quelli che lo amano. Corona ineffabile, una luce eterna, un gaudio eterno! Corrispondere adunque! Che la grazia non sia vuota, per noi non sia inutile.
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Il principale mezzo è la pietà.
Occorre parlare un poco delle opere di pietà e fra queste, stasera, la meditazione.
La meditazione è insieme un richiamare qualche verità o qualche fatto della vita di nostro Signore, ad esempio, per considerarlo come un insegnamento morale, pratico, onde uniformar la nostra vita agli insegnamenti divini, agli esempi di Gesù Cristo, alle verità che il Signore ci ha insegnato.
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Quindi la meditazione ha tre punti:
in primo luogo l'esercizio della mente, poi l'esercizio del sentimento, terzo l'esercizio della volontà, che possiamo anche scambiare di ordine e cioè: «Io sono la via», insegnamento pratico; «Io sono la verità», convincersi di quello che il Signore ci ha insegnato, meditarlo, farlo nostro, e terzo: pregare per poter praticare.
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La meditazione è imposta a tutti <gli> i religiosi e a tutte le religiose. La meditazione generalmente è preferibile che si faccia al mattino anzi, senz'altro si deve fare al mattino, non importa se prima o dopo la messa.
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Perché la meditazione è prescritta? Per la sua grande necessità.
Le verità che abbiam studiato nel catechismo sono santissime, gli insegnamenti che abbiamo studiato nel catechismo sono santissimi e così le preghiere, i mezzi di grazia che abbiamo studiato nel catechismo sono santissimi. Non basta però che ci siano, bisogna che noi li adoperiamo. A quelle verità bisogna prestar fede, a quegli insegnamenti morali bisogna aderire e quelle preghiere bisogna farle, ecco.
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La meditazione fa passare ciò che è teoria alla pratica, cioè quel che <l> è insegnamento generale lo applica al nostro caso particolare.
Facciamo un esempio: il terzo mistero gaudioso, la nascita di Gesù Bambino nella capanna di Betlemme.
Noi subito, ricordando questo fatto, abbiamo nella nostra mente, nella nostra fantasia, quasi una riproduzione di quel che è succeduto là. Maria e Giuseppe che non trovano posto nella città, nell'albergo, e sono costretti [ad] andarsi a cercare un riparo dalle intemperie nella notte buia, nelle campagne, finché si incontrano con una grotta che era riservata agli animali, ma comunque serviva a riparare un po' dalle intemperie della notte, e là viene a nascere il Figlio di Dio incarnato, e Maria lo accoglie, lo avvolge in poveri panni e lo adagia sopra un po' di paglia nella greppia e si prostra ad adorarlo con san Giuseppe. E nella notte si fan sentire gli angeli che annunziano la nascita di Gesù e poi invitano i pastori a recarsi a Betlemme e cercare del Bambino e ci vanno e trovano quello che gli angeli avevano annunziato.
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Allora, questo è un fatto.
Allora noi sopra questo fatto veniamo a considerazione, sì.
Il Figlio di Dio che nasce in estrema povertà.
La vergine presenta le prime adorazioni a nome degli uomini, tutti.
Nella notte tutto tace all'intorno ma, da quel momento, Iddio riceverà un onore infinito dal suo Figlio, il Padre riceverà un onore infinito dal Figlio. Gesù, su quelle paglie, adorava il Padre, ringraziava il Padre, riparava per i peccati commessi contro il Padre e supplicava per tutte le grazie, supplicava il Padre per tutta l'umanità.
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Entriamo quasi timidamente anche noi coi pastori in quella grotta, secondo che possiamo immaginare, e là ci meravigliamo che il Figlio di Dio nasca in estrema povertà, quasi la nostra fede vien messa a prova, ecco!
Se fosse qualunque ricco della terra, qualunque re, ecco, la nascita sarebbe in un palazzo e quante persone si muoverebbero, e come sarebbe accolto, quali premure!
E nasce in una grotta e si vede la greppia e magari le gocce d'acqua che filtrano attraverso alla volta della grotta stessa, e al posto degli animali stanno Maria e Giuseppe e nella mangiatoia il Figlio di Dio.
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Noi ci confondiamo. Tanto orgoglio, tante pretese che abbiamo circa il vestire, circa il cibo, circa l'alloggio; vogliamo che ci usino molti riguardi, sentiamo che quasi *** la nostra dignità.
Eppure Gesù è l'innocente, noi siamo i peccatori e Gesù viene a pagare nella sua estrema povertà, in quel freddo, in quella umiliazione di non essere accolto dai betlemiti ma che deve cercarsi un riparo qualunque nelle campagne, ecco.
Noi <ci> sentiamo di essere così distanti da Gesù. Ci umiliamo, ci confondiamo e poi, proviamo a paragonarci con lui.
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In questa lezione che ci dà Gesù di povertà, noi vogliamo imparare qualche cosa.
Proviamo a considerare la povertà di Gesù e proviamo a copiarla, a copiarla questa povertà.
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Il cuore nostro è così distaccato dalle cose della terra? Qualche volta siamo attaccati a delle inezie; qualche volta ci offendiamo per mancanza di riguardo, che forse neppure è stata commessa, quella mancanza di riguardo, con avvertenza; e poi riguardo al cibo, riguardo all'abitazione, quanto siamo discosti dallo spirito di Gesù!
Gesù ha detto: «Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli» [Mt 5,3]. Allora ci sentiamo come annientati nel nostro orgoglio, confusi di vivere ancora di tante piccole ambizioni.
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Eh!... Anche il cambiamento di un posto alle volte viene a essere una questione, a decidere tante cose: si perde la pace.
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E se qualche cosa viene a mancare di quello che crediamo necessario, non dobbiamo aver lo spirito di Gesù? il quale va a cercare per sé quello che è più povero.
E fosse almeno sua quella greppia, fosse almeno sua quella grotta! Ma chiunque, qualunque pastore poteva arrivare a dire: «Qui c'è da metter le bestie, esci!», e preferirebbe le sue bestie, le sue pecore, i suoi asini, preferirebbe queste bestie a Gesù!
Così nasce in un posto, in una capanna che non è sua, come dopo la morte verrà sepolto in un sepolcro che non è suo; come durante l'apostolato, il ministero pubblico, non aveva una pietra su cui posare il capo, di suo.
Dovunque si fermasse poteva venire qualcheduno a dirgli: «Qui non puoi stare, è mio!».
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Diciamo pure che l'orgoglio ci impedisce di capire lo spirito delle povertà tante volte.
Eppure è il Figlio di Dio incarnato, non è mica solamente un santo, non è mica solamente una persona di riguardo o un re della terra oppure un personaggio, una personalità della provincia, del regno, della chiesa.
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Lo spirito di ricchezza quando invade la Chiesa o gli istituti religiosi porta la rovina.
La prima beatitudine ricorda la povertà e la prima causa di rovina ricorda le ricchezze [cf. Lc 6,20; 6,24].
Quando gli istituti cominciano a possedere ampiamente e allora non sentono più il bisogno di lavorare, e non si mortificano nei loro desideri, nella loro sensualità, abbondano nel cibo e non son mai contenti dell'abitazione, e salotti e sale; e poi dopo pretese in riguardo anche a quello che è nelle relazioni: gli atteggiamenti, le pose, ecc... che cosa dire? Principio della rovina!
Il principio della fine, si direbbe, della santità e del progresso.
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Allora, ecco, noi ci inginocchiamo davanti a Gesù con Maria e Giuseppe, e cerchiamo di apprender la sua povertà, e cerchiamo in noi stessi cosa c'è ancora di attaccamento e quali sono ancor le nostre pretese, e quanta distinzione facciamo fra cibo e cibo e posto e posto, camera e camera, casa e casa, e poi tutto quello che indica che ci stimano, ecco, ci hanno riguardo.
Quanto siamo ancora attaccati!
Ci confondiamo e inginocchiati con Maria e Giuseppe facciamo qualche proposito: «Voglio fare un sacrificio con esercitar la povertà in questo piccolo punto».
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Ecco, proprio venire alla pratica. Alle volte è una cosa *** che sembra una inezia ma il cuore è tanto attaccato. E non è la ricchezza in sé che importa, è l'attaccamento che impedisce l'amor di Dio perché uno può anche maneggiare denaro in abbondanza, come l'economo di una casa, uno può anche dover vestire quei determinati abiti e tenere quel decoro per la sua posizione, - il papa deve tenere il suo decoro - oh, ma è il cuore che occorre che sia distaccato.
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Se noi siamo tanto indifferenti - dice san Francesco di Sales - da adoperare un cucchiaio di legno come adoperare un cucchiaio d'oro che non ci accorgiamo, allora siam nello spirito di povertà. Quando facciam distinzione bisogna vedere qual è la causa.
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Con Maria e con Giuseppe facciamo i nostri propositi e li offriamo al Bambino Gesù. Poi diciamo il terzo mistero gaudioso tante volte finché ci entra nel cuore il desiderio della povertà, l'amore alla povertà e, se una volesse, potrebbe anche prendere in mano le costituzioni e rileggere il capitolo della povertà e allora le conclusioni sarebbero anche più pratiche.
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Ecco, dunque, la meditazione: prima ricordare un fatto e riprodurselo nella mente, poi si ragiona sopra, terzo si viene alla preghiera che è: proporre, domandar perdono delle nostre mancanze e quindi chiedere al Signore la grazia di convertirsi e di passar bene la giornata riconfermando sempre il nostro proposito principale.
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Intanto in noi lo spirito di Gesù, lo spirito di Maria, lo spirito di san Giuseppe. Ecco, noi andiamo avvicinandoci ai tre grandi modelli: quelli sono i modelli della santità!
Gesù il primo, principale; Maria dopo, subito dopo; poi Giuseppe.
E' quella la via da prendere! Quella la via da prendere!
Quelle che han tenuto Gesù, Maria, Giuseppe; le altre cose sono inganni, sono illusioni, servono alla vita presente e non all'eternità.
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Quindi la meditazione si compone di tre punti: primo, la mente che ripensa; secondo, la volontà e terzo, il sentimento, cioè la preghiera, ecc. Oh.
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Adesso abbiam ricordato un fatto. Meditar sui fatti va sempre bene. Si può meditar su tutta la vita di Gesù e avremmo da meditare un anno, certamente: abbiamo fatto tante volte la meditazione per un anno sulla vita di Gesù e specialmente le suore di Gesù buon Pastore cosa han da meditare se non proprio la vita del loro maestro, del loro modello, del loro amico, del loro sposo!
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Ma si può meditare sopra una massima: «La morte è certa». Dunque, io un giorno esco di casa, definitivamente; e non coi miei piedi ma son portato via; e non come son vestito adesso, ma in una cassa chiusa; e vado a dormire nel camposanto.
E la mia anima?
Guardarsi anche le mani: queste si irrigidiranno; guardarsi i piedi: questi diverranno immobili; gli occhi si chiuderanno, gli orecchi non sentiranno più, la lingua non parlerà più. Sarò là, nel silenzio del camposanto. E la mia anima?
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E così si può meditare: «Beati /quelli/ (a) che hanno fame e sete della giustizia di Dio» [cf. Mt 5,6], «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» [Mt 5,48], «/Chi/ (b) vuol venire dietro /di/ (c) me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24], ecc.
Qualunque massima.
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Adesso qualche cosa di pratico.
Avviene che alle cose spirituali diamo meno importanza, alle volte, che allo studio e che alle cose materiali.
Quando c'è una comunità è bene far così: tutte comprino il libro della meditazione che si vuol fare in quell'anno, in quel tempo, come si compera tutti, supponiamo, l'aritmetica perché bisogna studiare l'aritmetica nella scuola; poi, se vi è chi dirige la meditazione, legge un punto oppure fa leggere un punto da chi sente, e allora lì sopra, finito quel punto, farà delle riflessioni, delle applicazioni.
Quando si è esaurito un punto si passa al secondo, poi si passa al terzo; quindi alla fine si fanno gli esami di coscienza, si fanno i propositi, si eccita a dolore il nostro cuore perché abbiam mancato, si eccita il nostro cuore a desideri di santità e si conchiude con la preghiera tutte assieme.
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Far come nella scuola: gli scolari, le scolare, hanno il libro davanti, le maestre pure; si legge tutte assieme, poi, se si ha la penna in mano meglio, si sottolineano i punti, i pensieri che ci han fatto più impressione. Come se si fosse a scuola.
E se la meditazione dura una mezz'ora, allora si adopera un tempo notevole, almeno dodici minuti, per le riflessioni, per le applicazioni, per il pentimento, per i propositi, per la preghiera. Sì.
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E giova, anche quando la meditazione non si fa tutte assieme, che tutte abbiano lo stesso libro. Quest'anno meditiam tutti sulla sacra liturgia, supponiamo, facciamo tutti un passo avanti con quest'anno. E tutte studiano, supponiamo, la storia, il tale tratto della storia, il tal periodo di storia, poi tutti studieranno un altr'anno un'altra materia in maniera che in un anno si sia fatta una cosa.
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Per la meditazione poi giova ripetere lo stesso libro anche altre volte ancora perché rimanga sempre più impresso nell'anima.
Preso un testo di meditazione, eh, appositamente ho scritto «Le brevi meditazioni per ogni giorno dell'anno» perché si potessero fare così.
E' tutto là dentro e, notando il proprio libro, alla fine c'è un'istruzione: prima sulla verità del credo, poi sopra i comandamenti, le virtù e i consigli evangelici; poi sopra i mezzi di grazia, le divozioni, la preghiera; e alla fine si ha un complesso di cose che sono utili poi, si dicono alle altre, si dicono alle figlie, alle giovani nelle parrocchie, si dicono ai fanciulli. Ma che rimanga un testo in mente fisso, ecco, che sia completo. Vi gioverà immensamente.
227
Si può anche ripeter due o tre anni la stessa cosa perché, con 365 meditazioni, alla fine <si potrà> si ricorderà mica più ciò che si è letto in principio e, d'altra parte, bisogna fissar bene in mente un complesso di meditazioni che prendono tutto, espongono tutto il principale che è da dirsi, che è da impararsi, che è da meditarsi. Sì.
228
Su questo punto della meditazione c'è da fare qualche passo avanti. Credo che si farà con molto vantaggio spirituale di ognuna.
Quando si tratta di studiare ci si applica, viene spiegato dal maestro, poi si cerca di portare qualche esempio e poi si ha il libro, si dà la lezione; poi si danno gli esercizi <di com> di lavoro, cioè il lavoro, il compito di casa e poi dopo si corregge e rimane poi fisso nella mente quel tratto supponiamo di aritmetica, quel tratto di grammatica che si è appreso.
229
Si perde molto tempo perché non c'è ordine. Ordinandosi si guadagna tanto tanto tempo e il tempo è prezioso tutto, ed è preziosissimo quello della meditazione.

Albano Laziale (Roma)
5 agosto 1957

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223 (a) R: quei.
(b) V: Se qualcuno.
(c) V: a.