Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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III. RICONCILIAZIONE
Abbiamo ricordato questa mattina che il mezzo principale che è stato istituito da nostro Signore Gesù Cristo per schivare il peccato è la confessione la quale, mentre che distrugge il peccato commesso, serve a premunirsi, a rafforzarsi, contro le tentazioni e i pericoli di peccato in futuro.
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La confessione è il mezzo sacramentale, quindi come tale supera tutti gli altri mezzi, ed è un mezzo che prepara poi alla comunione e quindi a unirci con Gesù e ottenere la luce, la grazia, la forza, la costanza da Gesù.
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Allora, adesso fermiamoci sopra la confessione e guardiamo in primo luogo questo punto: la confessione in tanto produce frutto in quanto noi portiamo disposizioni, perché si sa, da parte di Gesù Cristo non mancherà nulla.
Egli attende il peccatore, lo sollecita con inviti interiori e con inviti tante volte esteriori; lo sollecita a tornare a lui anche con i rimorsi e qualche volta con disgrazie esteriori che servono a far entrare in noi e riconoscere i nostri errori, come avvenne al figliuol prodigo che, avendo tutto sciupato, si trovò nella miseria estrema, così /da/ (a) non avere neppure il sufficiente pane: Hic fame pereo [Lc 15,17], e allora rientrò in se stesso.
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Da parte di Gesù non mancano gli inviti e tanto meno manca la sua misericordia la quale, misericordia, sempre ci attende.
Il Signore tota die, tutto il giorno stende le sue mani verso il popolo non credente, cioè quelli che non si arrendono a lui.
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Oh, com'è stato buono Gesù con la samaritana! L'attendeva al pozzo di Sichem e volle esser solo a parlare con lei, perciò aveva mandato gli apostoli in città a comperare il pane necessario per il ristoro; e come si fece strada con la sua parola in quel cuore indurito nel male!
Come fu buono Gesù con l'adultera, con la Maddalena!
Come fu buono Gesù con Matteo che prima era pubblicano e divenne uno dei grandi apostoli per la misericordia sua!
E come fu buono Gesù con Pietro, dopo che Pietro aveva mancato! E come fu buono Gesù, una bontà umanamente incomprensibile: Paolo persecutore, lo ferma e lo cambia in un apostolo ardente il quale sofferse e lavorò più abbondantemente degli altri.
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E' buono Gesù! E' buono Gesù! Non aspetta altro che ci riconosciamo per peccatori, riconosciamo i nostri torti e che gli chiediamo perdono; allora egli non darà solo il perdono, ma aggiungerà grazia a grazia, ci confermerà nella nostra vocazione, nella nostra missione, nella vocazione alla santità - dico - e nella nostra missione all'apostolato, come avvenne di Pietro.
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Da parte di Gesù non mancherà niente ma, la confessione richiede le disposizioni.
La disposizione prima è di riconoscersi, cioè di /confessargli/ (a) la nostra debolezza, confessare i nostri mali, i nostri peccati. Ecco. Vuole il Signore che noi, entrando in noi medesimi, facciamo l'esame di coscienza e riconosciamo quello che siamo, gli errori commessi. Perciò questo esame di coscienza non è solamente una disposizione così di consiglio, è una disposizione assolutamente necessaria.
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Che cosa perdonerebbe Gesù se noi non ci presentiamo dicendo che abbiam bisogno del perdono?
Egli perdona ciò che noi accusiamo, quello di cui noi domandiamo perdono e allora chi fa un esame di coscienza profondo, totale, riceverà il perdono totale; chi invece si contenta di alcune cose e non riconosce tutti i torti che ha nei pensieri, nei sentimenti, nelle parole, nelle azioni - naturale! - non domanda perdono di quello che non conosce. E allora, come potrebbe averne il perdono?
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Perché chi fa un esame di coscienza superficiale vede poche cose.
Sì, ricorderà qualche parola che non andava bene, ricorderà qualche distrazione che forse non è neppur volontaria, ricorderà forse qualche piccola disubbidienza, e forse neppure ricorderà che la sua preghiera non era profonda, non era intima; che la sua volontà non era buona, che proprio manca della buona volontà.
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Naturalmente sempre occorre il pentimento dei peccati gravi e non se ne può ricevere il perdono di uno se ce ne rimane ancora un altro: o l'anima è rimessa in grazia o resta in disgrazia di Dio.
Quindi il pentimento di tutti i peccati gravi è necessario.
Non è così necessario il pentimento di tutti i veniali, ma di quelli di cui noi non siamo pentiti non riceviamo il perdono, e se poi non li conosciamo tanto meno possiamo esserne pentiti.
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Perciò l'esame di coscienza non ha mai da essere scrupoloso e voler vedere peccati dove non ci sono, o vedere gravità dove invece c'è solamente venialità, o vedere che l'azione nostra ha offeso Iddio quando lo sbaglio è stato fatto in buona fede. No! Mai lo scrupolo, ma la verità sì, tutta! La verità sì, tutta!
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Ecco, discendendo nella nostra anima, noi vedremo tante cose a cui forse nel corso dell'anno non avevamo badato, ma nei santi giorni del ritiro abbiamo più luce e anche più tempo a riflettere, a esaminare noi stessi, sì, sempre tenendo presente che il principio della nostra conversione e della nostra santificazione sta nel detestare il male.
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Non si può essere umili se non si detesta la superbia; non si può essere benigni, pacifici, se noi non detestiamo l'ira; non possiamo essere ispirati e guidati dalla bontà se non detestiamo invece l'invidia; non possiamo praticar la povertà se non detestiamo l'attaccamento ancora a questo e a quello; non possiamo esser totalmente di Gesù se noi abbiamo ancora il nostro amor proprio vivo e nutrito, conservato e cresciuto, anche sotto aspetto buono; e così si parli della tiepidezza o pigrizia spirituale, si parli della sensualità o si parli della golosità.
Per essere noi regolati in tutto, abbiam da vedere in che cosa siamo sregolati, in quello in cui non ci comportiamo ancora bene.
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L'esame di coscienza fatto bene quindi è il principio delle virtù, della pratica delle virtù, della santità. Dobbiamo detestare il vizio, il difetto contrario, e si detesta: primo, conoscendolo; e secondo, vedendone la bruttezza.
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Allora l'esame di coscienza può essere fatto sopra i comandamenti di Dio e della Chiesa e poi con l'aggiunta dei doveri come religiosi: povertà, castità, obbedienza, vita comune, e poi del dovere come anime dedicate all'apostolato. Quindi l'esame sopra l'apostolato poiché l'apostolato è il secondo mezzo che abbiamo in mano noi per far del bene alle anime e per acquistare maggior merito, maggior gloria eterna.
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Oh, ecco; l'esame di coscienza sui comandamenti.
Il primo comandamento: sulla pietà, sulla devozione, sull'amore a Gesù, e ci sono lì tante cose da ricordare.
Il secondo comandamento: sopra l'osservanza dei voti, il rispetto al nome santo di Dio, e poi anche quello che il comandamento stesso proibisce.
Il terzo comandamento: la santificazione della festa.
La pastorella la fa un po' come il parroco che è proprio alla domenica che ha più lavoro. E certo, tutti devono ascoltar la messa, possibilmente la pastorella ne ascolterà due, possibilmente.
Ma poi la domenica si santifica con le opere buone, con le opere di culto, e perciò ci saranno le funzioni, e guidare la popolazione, o almeno i fanciulli, perché prendano /meglio parte/ (a), alle funzioni; e poi le opere di pietà, cioè: catechismo e l'apostolato in generale.
La domenica è il giorno del Signore ed è il giorno della pastorella, quello in cui ella fa il maggior bene alle anime, perché è anche il giorno del parroco.
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Vi è poi il quarto comandamento: l'obbedienza, che per noi va sino al voto. Ma l'obbedienza non è solamente una cosa esteriore, l'obbedienza è una cosa profonda, cioè sottomissione al volere santo di Dio, e l'obbedienza procede dalla fede.
Poi l'obbedienza ci deve portare alla cooperazione coi superiori, all'assecondamento dei loro desideri e all'intima unione con essi.
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Vi è poi il quinto comandamento: la carità. Oh, questa carità!
Qualche volta se si dovesse dipinger la carità si potrebbe vestirla con un abito rosso, sì perché indica la carità, ma tanto strappato.
Quanti strappi si fanno alla carità!
Interiormente: nei pensieri, nei giudizi, e nei sentimenti... E poi nelle parole e nelle azioni.
Il sesto comandamento per noi poi si perfeziona con il voto della castità e la parte positiva in modo speciale: l'amore a Gesù, il desiderio del paradiso, l'amore alle anime, il desiderio, il lavoro per la loro perfezione.
Amare il Signore e amare le anime.
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Il settimo comandamento va pure unito al voto di povertà: distaccare il cuore anche dalle cose piccole e distaccarlo dalla stessa vita. Rimettersi in Dio per il giorno in cui egli può chiamarci e senza contare se abbiam molti o pochi anni, perché vedete quante volte il Signore chiama anche persone che sembrano floride in salute; e certamente tutti quelli che sono anziani devono passare all'eternità.
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Poi l'ottavo comandamento: la sincerità.
Quante volte si copron le cose, si tacciono, o anche propriamente si arriva a dire quello che non è vero. O si arriva a dirlo con la parola o si arriva a dirlo col fatto, con l'ipocrisia, col far vedere, supponiamo, la pietà dove c'è freddezza, o far vedere troppo le difficoltà perché vogliamo scusare la nostra indolenza, la mancanza di zelo.
Il nono e decimo comandamento poi ci portano a riflettere sui pensieri e sui sentimenti interni.
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Quanto ai consigli evangelici questo è l'esame proprio dei religiosi, delle religiose.
La povertà: la povertà che produce, la povertà che sovviene, la povertà che pensa all'istituto e contribuisce nella maniera che è possibile, secondo le circostanze.
E la castità? Oh, sempre più di Dio!
Amare le sorelle e amarle in modo eguale, ecco, affinché non regnino né le simpatie, né le antipatie: amare veramente!
Poi vi è l'obbedienza e già ho ricordato dell'obbedienza.
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La vita comune, la quale generalmente è più difficile ancora dell'osservanza dei voti per molti, per molte.
Sapersi comprendere, sapersi aiutare.
Adesso è venuta in voga la parola «comprensione» invece che carità. E' un modo di indurre a voler bene e far bene, un modo naturale.
La carità resta, resta un gambo senza fiore, non c'è la rosa. Oh. E' la vera carità! Perché tante volte è una virtù ragionata.
Vediamo di comprendere, sì, capire, ma poi operare per amore di Dio, per amore delle anime, operare come Gesù Cristo, ecco, il quale comprendeva bene: ha compreso Pietro che in quel momento si è sentito debole, ma lo ha perdonato morendo lui sulla croce, pagando lui il peccato e poi infondendogli una maggior grazia.
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Bisogna che sia soprannaturale poi l'azione che facciamo.
Vi è una tendenza che ha notato anche il Papa in un suo discorso recentemente: nasce un materialismo nuovo e si mostra anche fra i cattolici che non se ne avvedono e per me, mi pare che si mostri anche un po' fra i religiosi e le religiose.
Soprannaturale!
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Comprendi che è ignorante: falle il catechismo; comprendi che inizia appena la vita religiosa: dalle esempio di vita religiosa, precedila, perché da te impari. Ha bisogno di riguardi nella salute: oh, Gesù è il medico e come curava gli infermi! Curare le necessità e questo per amor di Dio.
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La vita comune! Compatirsi, aiutarsi! Con la preghiera e con gli esempi buoni.
La vita comune, adattandosi con dedizione agli orari, alle disposizioni che vengono date.
La vita comune. Amare proprio la casa madre! Starci volentieri! Non come se ci fosse una paura, un timore di osservazione, no!
Si mettono insieme i cuori, si mettono insieme le persone per aiutarsi, correggersi e crescere nella virtù e migliorar l'apostolato.
Si viene come figlie con la madre, perché si chiama casa madre apposta, veh! E il desiderio di casa madre è sempre un segno di amar la vocazione.
Ecco, la vita comune!
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Dopo vi sono altre cose sulle quali c'è da fermarsi: l'abbandono in Dio, se l'anima vuole esser più perfetta; lo spirito di fede: veder Dio in tutto, in tutto, perché /egli ci/ (a) vuol più santi e permette o dispone cose che alle volte son mezzi diretti alla santificazione, come un avvertimento, una correzione; e alle volte son mezzi indiretti: il Signore permette tentazioni perché combattendo guadagniamo più merito e ci rafforziamo nella virtù.
E' sempre Padre sapiente e buono il Signore, sempre!
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Oh, poi l'apostolato. L'esame sull'apostolato: come facciamo il catechismo? Come teniamo i bambini? Come operiamo con la gioventù? Abbiamo la prudenza e lo zelo nella nostra attività di apostolato? Come stiamo in riguardo alle autorità ecclesiastiche? Come difendiamo <la ca> l'istituto, la casa propria, quando vi sono interpretazioni non buone?
E come noi ci istruiamo per far meglio e cerchiamo i mezzi sempre più atti al bene, i mezzi che vengono suggeriti dall'autorità ecclesiastica o che vengono suggeriti dal progresso degli studi: miglior didattica, maggior studio della psicologia e maggior industrie pastorali. Oh…
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L'apostolato della pastorella è così esteso, così largo che non è mai, diciamo, sufficientemente del tutto preparata: ha una sufficienza quale si può attendere secondo la nostra povertà, secondo la nostra intelligenza, secondo può preparar l'istituto.
Ma l'apostolato della pastorella è larghissimo, non ha confine, non ha altri confini che la carità, che quella carità che Gesù buon Pastore insegna a tutti e specialmente insegna alla pastorella.
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Oh, com'è bello l'apostolato pastorale! Ma, quanto richiede!
Dalle cose alle volte più materiali, e più umilianti anche, alle cose più alte, più belle: dalle cure del corpo alle cure dell'anima, dal modo di vivere nel tempo e dal modo di esser felici nell'eternità.
L'apostolato della pastorella si estende nei suoi frutti nel purgatorio, nel cielo.
Apprezzarlo ma anche migliorarlo senza affanno, con prudenza, ma con zelo, con dedizione.
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Allora ecco l'esame di coscienza.
Se noi arriviamo a detestar tutto ciò che c'è in noi e dire ancora: vi domando perdono delle cose che non conosco e che non ricordo, ecc. allora eh, viene tutto perdonato, si ha la disposizione anche per le indulgenze plenarie e il perdono del purgatorio o delle pene che dovessimo subire su questa terra.
E' proprio la confessione che richiede questo: riconoscerci, se no è impossibile pentirsi e quindi se non ci pentiamo non riceviamo il perdono.
Persone che non si riconoscono neppure a dar un avviso, e persone che si può dir che non attendono l'avviso, vigilano su se stesse e scoprono le proprie deficienze, ne parlano con Gesù e poi si impegnano a migliorare e a correggersi.
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Oh, mai lo scrupolo negli esami di coscienza ma la diligenza sì!
Mai lo scrupolo, dico, perché è una malattia, impedisce il progresso, ma la diligenza è quella che favorisce il progresso e ci mette più in intimità con Gesù e porta a noi un maggior frutto /nell'apostolato e maggior grazia/ (a).

Albano Laziale (Roma)
2 agosto 1957

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58 (a) R: di.

62 (a) R: Confessarle.

71 (a) R: meglio la parte.

81 (a) R: egli che ci.

86 (a) Così T. Omette R.