Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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V
VOTO DI POVERTÀ

[41] Occorre amare tutte le sorelle che sono della famiglia spirituale cioè nella Congregazione, ma per chi pro tempore1 ha l'ufficio di insegnare e di guidare occorre avere doppio amore. Quando l'obbedienza è accompagnata da stima affettuosa rimane più facile.
Guardate bene di non avere in cuore nessun fondo di amaro o d'invidia verso le sorelle che debbono far da Maestre nelle case, affinché il cuore sia sempre pronto a ricevere in buona parte quel poco o quel molto che per mezzo delle sorelle maggiori viene da Dio. Se nella vita si agisce unicamente per sforzo di volontà e non con un po' di amore si finisce per sentire un gran peso. Invece quando c'è la volenterosità c'è anche più facilità, l'affetto, la stima.
La figliuola che si lasciasse andare alla critica e alla mormorazione guasterebbe parecchio nella comunità. La mormorazione è una spada non solo a due, ma a quattro tagli perché arriva a ferire il cuore di Dio, ferisce la stessa persona che mormora facendola cadere nel peccato, ferisce la persona che sente perché ne riporta danno nell'anima e finalmente ferisce la persona di cui si mormora.
Se poi la persona di cui si mormora è la stessa che guida, ne risulta un male maggiore perché si mettono le sorelle nella quasi impossibilità | [42] d'obbedire. Questo avviene specialmente quando si ricevono disposizioni che non si capiscono. La persona colpevole di mormorazione forse non misura il male, altrimenti non si servirebbe della medesima lingua per offendere il prossimo e dare a Gesù il bacio dell'amore nella santa Comunione.
Nel formulare un comando si usino modi convenienti. La lealtà e sincerità nel comando produce generalmente assai più frutti. È vero però che ci vuole prudenza, ché la prudenza è l'occhio dello zelo. Il comando si dia chiaro, ma non con parole
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dure; e perché sia chiaro sia breve e non lasci dubbi. Chi dà disposizioni misuri le forze di chi deve riceverle e non dia campo alle diverse interpretazioni.
Le Maestre non diano tanta importanza alle relazioni delle più giovani per sentire quel che han fatto le più anziane. Quanto è pericoloso dare ascolto più ad una che ad un'altra, specialmente se questa si arroga il compito di giudicare o è più giovane!
Negli Esercizi occorre pregare, specie in questo corso.
Domandate al divin Maestro sante Maestre!
Lui solo sa formarle! In questi giorni si è introdotta la causa di canonizzazione del Servo di Dio che fu chiamato l'apostolo del Buon Maestro: P. Petit S. J.2.
Nei suoi tre anni di vita pubblica Gesù si occupò specialmente nel formare gli Apostoli. Egli si sentiva ed era il Maestro, perciò volle formare altri maestri che potessero seguirlo nel suo divin magistero.
Quante volte ho sentito predicare questa frase: Dite alla popolazione che preghi perché si abbia | [43] un buon parroco. È una grazia avere buoni Maestri!
Non è vero che avere una buona mamma in famiglia è fondamentale e decisivo per l'avvenire dei figli? S. Basilio dice che il Signore aveva compendiato tutte le grazie che gli aveva impartite nel concedergli una madre pia, dotta, risoluta.
Le Maestre siano di idee larghe, di gran cuore, di lavoro, di pazienza. Non v'è ufficio che richieda tanta pazienza quanto quello di chi guida. Senza pensare che vi sarà un giudizio ben severo per chi comanda. Pregate perché il Signore sia amato e servito.

Aggiungo qualcosa sopra il voto di povertà.
La povertà è virtù necessaria a tutti. Essa consiste nel distacco dalle cose del mondo secondo il proprio stato. Le cose terrene sono come i banchi della chiesa, cioè debbono servirci unicamente per servire al Signore: l'aria, le vesti, le case, l'orto, tutto quel che abbiamo. L'attaccare il cuore a questi beni
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transitori è un pericolo. Alcuni si affezionano tanto a quel che ne circonda che finiscono per non pensare più a Dio.
Ma non bisogna aver cura dei beni materiali? Sì, anzi è d'obbligo per i genitori e per i superiori specialmente, affinché i figli e i membri della comunità possano servire Dio.
Perché nel far le case bisogna aver cura che vi siano finestre grandi? Perché quelli che vi abitano possano servire il Signore. Se una comunità ha più beni può essere che vi attacchi il cuore ma tuttavia ha più mezzi per il divino servizio.
Se visitate la Gregoriana3 vedrete com'è bella nei piani inferiori aperti al pubblico. Su in alto però, nelle camere dei Padri4, quale povertà!
[44] Voglio dire: raduniamo per la gloria di Dio e il servizio delle anime, vivendo tuttavia nella povertà religiosa che è propria del nostro stato.
Gesù parlò chiaro: «Non potete servire a due padroni; non potete servire a Dio e a mammona»5.
Gli avari non servono Dio.
La virtù della povertà può andare più avanti. Oltre a non avere il cuore attaccato, vi può essere un grado superiore di perfezione. Alcuni, ad esempio, non hanno mai il superfluo.
Vi è poi la povertà di consiglio che è quel privarsi volontariamente dei frutti del proprio lavoro per il Signore.
Vi era un campo grande, attiguo ad una chiesetta di campagna. Era, si può dire, di nessuno; ma il priore della cappella, un contadino, radunava un giorno tutti gli uomini e diceva: Domani tutti a vangare il campo della chiesa! L'indomani nessuno mancava. Era una gara a chi faceva di più. Per chi era quel lavoro? Per la parrocchia, per la chiesa, per il Signore!
La religiosa fa proprio così. Essa lavora da mane a sera nel campo del Signore e quando le vien donato qualcosa non dice: Questo è mio! Sibbene: Questo è del Signore, della Congregazione. Il voto religioso riguardante la povertà obbliga a cedere ogni proprio avere ed il frutto del proprio lavoro alla Congregazione per il servizio di Dio.
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Nella vostra famiglia non si rinunzia propriamente agli averi, bensì all'amministrazione dei medesimi.
Poniamo il caso: dopo la professione viene a morire il papà, lasciandovi una vigna. Potete voi amministrarla? No! Quanto prima dovete trovare | [45] la persona fidata che faccia per voi, se non è il caso di vendere.
Dove portano i loro beni le figlie che passano a nozze? Li portano nel loro nuovo nido, ove dovranno vivere, mantenersi, mantenere i figliuoli, curarsi nelle malattie e finalmente morire. Vedete? Il mondo vi suggerisce un modo pratico per amare la vostra Congregazione che è la vostra nuova famiglia. Imitate in questo la solerzia e l'accortezza delle figlie del secolo.
Amiamo l'Istituto che ci assiste da sani e da malati, c'impartisce un'istruzione, e finalmente pensa a seppellire il nostro corpo ed a suffragarci l'anima.
Nei casi particolari chiedete consiglio a chi vi guida. Sarà bene però che possiate sempre dire: Mi dono a Gesù e mi dono per intiero con quanto ho e quanto sono.
Evitate il più possibile di andare in famiglia; le Maestre ne diano l'esempio onde venga imitato dalle più giovani.
Capisco che alle volte c'è bisogno di andare: quando ad esempio, non si sta bene. L'aria nativa, l'andamento tenuto per anni, il regime casalingo spesso giovano tanto.
Non avvenga mai però di dover constatare: È andata in famiglia, ha perso vocazione ed anche la poca salute che aveva.
Chi vede le cose dall'alto può misurar meglio le convenienze. Ciò che bisogna evitare si è di emettere il voto religioso e nello stesso tempo conservare per i propri, un affetto umano.
Gli affetti vengano soprannaturalizzati. Si ami come Gesù, come Gesù amava sua madre! Quando gli fu necessario separarsi da Maria santissima, Gesù | [46] obbedì al Padre celeste sottraendosi ad essa e rimanendo nel tempio. E alle parole di materno rimprovero, egli rispose con gran zelo: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io debbo occuparmi delle cose riguardanti il Padre mio?»6.
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Così dovete rispondere voi; ma nello stesso tempo l'amore per i parenti si divinizzi: si amino più profondamente, più santamente, in ordine alla vita eterna.
Si preghi molto per essi. Le vostre lettere incoraggino alla fiducia in Dio ed alla rassegnazione, specialmente quando succedono certe disgrazie.
Vi sono casi in cui si fanno i voti e non si sa quel che si faccia. Si rinunzia a niente perché niente si aveva ed intanto si vogliono acquistare tutti i diritti. La persona che agisse così, dimostrerebbe di non capire il voto e perciò non dovrebbe emetterlo.
Si faccia il voto di povertà con vera umiltà, felici di poter contribuire allo sviluppo della Congregazione. Solo così serviremo il Signore quanto potremo.
La povertà bisogna eseguirla con la mente, con la volontà e col cuore.

1) Con la mente, pensando esattamente, avendo cioè idee giuste. Si fa bene a leggere sullo Stato Religioso ciò che importa la virtù e ciò che importa il voto.
Vediamo in pratica che cosa sia povertà negativa e che cosa povertà positiva; negativa in quanto il religioso si priva e positiva in quanto contribuisce al benessere della Congregazione.
Idee giuste! Si sentono tante teorie che non | [47] sono esatte. Il confondere il voto con la virtù, porta molte conseguenze nocive.

2) Bisogna amare la povertà con il cuore; non far le privazioni per forza, ma per amore di Gesù Bambino nel presepio, per amore di Gesù garzoncello nella bottega di Nazaret, per amore di Gesù così povero da non avere una pietra ove posare il capo. «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli dell'aria il loro nido ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo!»7.
Amare i servizi umili. Mai quegli atteggiamenti: Questo non è fatto per me, quello non mi conviene, ecc. Quindi è sempre bene che vengano destinate le persone un po' indistintamente, per qualche tempo, a tutti i servigi della Congregazione; non solo nell'apostolato, ma altresì ai lavori di casa, a servire le
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malate, quando è possibile, alla cucina, bucato, ecc. Inoltre: avere cura delle cose minime, fosse anche un pezzo di carta, un truciolo di legno, una foglia di cavolo. Eh, andrà ancor bene a nutrire una gallina! Io dico che bisogna tener da conto anche un filo e credo che nessuno in questo vorrà trovar dell'avarizia. Non sprechiamo! Facciamo come avrebbe fatto la santa Madonna. Credo che il contemplare la santa Madonna vi sia ancor più utile che non il meditarvi sopra.
Contemplarla al bucato; quando scopava quella povera casetta che nemmeno il più povero vorrebbe; quando preparava il desinare; contemplarla sul Calvario; in casa con S. Giovanni alla direzione della nuova famiglia che Gesù le aveva destinato (Giovanni e gli Apostoli).

[48] 3) Povertà nelle opere. Le opere si possono considerare: rispetto a noi e rispetto agli altri. Rispetto a noi privarci di ciò che è superfluo e rispetto agli altri abbondare quanto la carità di nostro Signore ci suggerisce.
Il superfluo è ciò che non è necessario. Vi sono necessità che bisogna soddisfare. Nel vitto siate piuttosto abbondanti. Per voi questo è povertà. Parlando di necessario intendiamo ciò che riguarda il vestito ed anche l'abitazione.
Non creiamoci mai delle necessità oltre le ordinarie, altrimenti il corpo diventa nostro tiranno che vuol farla da prepotente sull'anima. Sappiamo privarci a tempo e luogo. A tavola facciamo sempre una mortificazione. Ad esempio, mastichiamo adagio, prendiamo un boccone di meno di quel che porta l'appetito. Prendiamo soprattutto8 volentieri ciò che fa bene alla salute, ma ripugna al gusto. Abituiamoci a quei cibi che sappiamo essere utili. Non sia il gusto a comandare in noi, sibbene il nostro vero vantaggio.
Anche il vestito, tutta la persona spiri quel buon atteggiamento che è modesto da una parte e disinvolto dall'altra.
Poi non perder tempo, non guastare le cose. I nostri Istituti paolini costano il triplo degli altri istituti. Occorre il macchinario, i libri, la carta. Ebbene, sappiate tener da conto e Dio vi manderà ciò di cui abbisognate.
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La povertà è un gran segreto per la riuscita delle cose. Privarsi significa assicurarsi una riuscita dieci volte migliore. Avviene come nella scienza: val più la fiducia in Dio, del tempo che s'impiega per apprendere.
La povertà positiva riguardo agli altri consiste | [49] nel curare la beneficenza, nel curare che crescano le opere di Dio. Se avrete cura delle cose di Dio e dell'apostolato, il Signore non farà mancare le sue benedizioni.
Sopra la beneficenza non è necessario fermarci.
Volevo soltanto far notare qualcosa. Quali sono le persone che nella Chiesa hanno la missione di dare?
Quelle che hanno dei debiti verso la società: voglio dire le persone celibi, senza famiglia, che non avendo contribuito al bene della società col darle dei figli, possono mediante la beneficenza supplire a ciò che non hanno fatto e presentarsi al tribunale di Dio senza rimorsi di coscienza.
Quando vedete che vi è possibile illuminare questa gente, fatelo. Se credete opportuno chiamare da Casa Madre le sorelle che hanno più esperienza in questo campo, chiamatele pure, ma sempre entro i limiti della convenienza.

Perché devesi amare la povertà? Per tre motivi: 1) Perché essa è principio di molte virtù. 2) Gesù fu il più grande amante della povertà: dalla sua nascita nella misera grotta, fino alla morte sul Calvario, disteso sul durissimo letto della croce. 3) La povertà è fonte di gran pace. I beni di questo mondo apparentemente tanto belli danno tanti, tanti fastidi!
Concludendo: chi amerà la povertà? Chi prega. Le anime che pregano l'abbracciano di cuore mentre quelle che non pregano o pregano poco si spaventano alla sola idea di povertà.
Perché? Perché le grazie vengono dall'alto.
Pregate e specialmente recitate sempre bene il primo e il terzo mistero gaudioso ed il quinto | [50] doloroso. Pregate perché cresca in tutte l'amore a questa virtù da cui ne verrà tanta prosperità a tutte le nostre case.
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1 “Per un periodo di tempo”.

2 Adolfo Petit (1822-1914), gesuita belga, noto come seminatore di gioia, apprezzato predicatore di Esercizi spirituali.

3 Università pontificia, così chiamata dal suo benefattore Papa Gregorio XIII. Fondata nel 1553 da S. Ignazio di Loyola, è gestita dalla Compagnia di Gesù, in Roma, Piazza della Pilotta.

4 Padri gesuiti insegnanti nelle varie facoltà dell'università.

5 Cf Mt 6,24.

6 Cf Lc 2,49.

7 Mt 8,20.

8 Originale: sopratutto.