Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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24. IL PECCATO*

| [25] Questa volta il ritiro ve lo fa la Madonna: siete contente di aver lei a predicare? Lo fa la nostra Regina Immacolata. E che cosa vi dirà? Vi dirà questo: «Io sono l'Immacolata Concezione». Ciò significa: Io sono la purezza, il candore e, se siete mie figlie, dovete rassomigliare un po' alla vostra mamma. Le figlie della Madonna sono quelle che rassomigliano alla loro madre. Oh, potessimo allontanare da noi la colpa! Maria non ebbe mai né colpa originale, né attuale; non fu mai sfiorata dal | [26] peccato. Ella è l'Immacolata, la «tutta bella» e vuole che le sue figlie siano tutte come lei.
Che cosa mediteremo sotto lo sguardo e la protezione di questa nostra madre? Mediteremo il peccato.

[I. Che cosa è il peccato]

1. Che cosa sia il peccato. Il peccato è una offesa fatta a Dio disobbedendo alla sua santa legge; un'offesa alla divina maestà del Signore; una ingratitudine; un voltare le spalle al Signore, allontanarsi volontariamente da lui. È l'atto di un figlio cattivo, ingrato, sconoscente che dice a suo padre: «Non ti voglio più ubbidire; non so che farmene dei tuoi comandi e della tua volontà, io voglio fare la mia volontà».
I peccati si commettono in varie maniere e, quanto a gravità, altro è il peccato mortale e altro è il veniale.
Il peccato mortale, ci distacca interamente da Dio e ci fa meritare l'inferno. Il peccato veniale non ci distacca pienamente da Dio e ci fa meritare il purgatorio. Altro è il peccato di fragilità, altro è quello di malizia e altro quello di ostinazione.
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Il peccato di fragilità è una debolezza: ad esempio quello di una bambina che interrogata dalla maestra, la quale sa che ha copiato il compito, tuttavia si scusa dicendo che non è vero. È una fragilità questa!
| [27] Il peccato di malizia si ha quando la persona ha già capito che far quello è male, ad esempio: trova un libro, non lo conosce, e tuttavia lo legge lo stesso, dicendo: Lo leggo, poi se non va bene lo lascio. Oppure sa che una compagna la distrae e non è una compagnia adatta per lei e continua a frequentarla; allora non si tratta più di debolezza, ma di malizia; lo stesso è quando si copre o si nasconde per continuare.
Il peccato di ostinazione si ha quando la mente è accecata, il cuore indurito; non si sentono correzioni, non si prega più, si marcisce nella colpa.
Si commettono poi peccati coi pensieri, ossia peccati della mente. Se si dicesse: Io non riesco a farmi santa, Dio si dimentica di me. Questo è peccato, perché Dio dà a tutti la grazia e tutti vuole santi, purché ne abbiamo voglia noi, e si sia ben guidati.
Si pecca contro la carità coi giudizi temerari; col cuore quando si pensa alla vendetta o si hanno invidie o intenzioni storte.
Si fanno peccati di parole, per esempio: il mormorare, oppure scoperto un difetto, raccontarlo ad altri senza necessità, oppure tacerlo coi superiori, quando sarebbe carità il dirlo.
I peccati di opere sono molti: ad esempio trascurare lo studio o l'apostolato, disobbedire o comportarsi male con le sorelle, essere pigre, ecc.
Vi sono poi i peccati di omissione e di | [28] commissione. Di omissione è quando si trascura una cosa che si è tenuti a fare, esempio: trascurare la Messa alla domenica, omettere lo studio del catechismo, omettere di istruirsi, ecc. Di commissione: questi sono peccati positivi, per esempio: chiacchierare in chiesa, commettere piccoli furti, fare atti di golosità, il vantarsi con parole, donare ad altri roba che appartiene, per esempio, alla Congregazione, ecc.
Vi sono poi peccati che riguardano il passato, altri il presente ed altri il futuro.
Riguardano il passato: quando ci pentiamo di non aver fatto il male. «Sono pentita di non avergliene dette quattro!». Quando ci compiacciamo del male fatto, approvandolo: ciò è peccato, perché il compiacersi del male già fatto è approvarlo un'altra volta.
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Il raccontare ad un'altra d'aver visto nel passato un divertimento mondano o altra cosa non buona può pure essere peccato, perché oltre al pericolo di compiacersene di nuovo, vi è anche il cattivo esempio.
Altri riguardano il presente: ad esempio, mettersi in una occasione pericolosa; fermarsi in un pensiero cattivo e gustarlo invece di scacciarlo subito.
Altri riguardano il futuro: i desideri, i propositi di far male. Per esempio, avviene talora di sentire espressioni come queste: Quando sarò poi libera! Quando comanderò io! Ah, se potessi! Intanto si combina come vendicarsi o come rifarsi con qualche ripicco.

[29] 2. Come si commette il peccato. Per commettere il peccato ci vogliono tre condizioni: a) avvertenza della mente; b) consenso della volontà; c) materia.
a) Avvertenza della mente: l'avvertenza della mente si ha quando si pensa a una cosa cattiva, e si capisce che facciamo una cosa contraria alla legge di Dio. Una bambina di otto anni fa un'azione che in sé non è buona, ma senza saper di far male: giunta ai ventun anni sente in una predica che far ciò è male e si ricorda di averlo commesso. Che fare? Se vuole può confessarlo, ma essendo allora mancata l'avvertenza della mente, non ha commesso peccato.
Il sogno non è peccato, perché è fantasia, non è avvertenza della mente. Alle volte si sogna d'aver mangiato dopo la mezzanotte1, si pensa che al mattino non si possa far la Comunione e ci si affanna. Che importa questo? Non è né bene, né male. Ci vuole avvertenza della mente, capire quello che si fa e sapere che quello è peccato. Bisogna aver fatto come Eva che ha visto il frutto, sapeva che il Signore l'aveva proibito e lo mangiò lo stesso. Qualche volta si fa una cosa, ma non si sa che sia proibita. Ad esempio, una mangia del pane e salame, un'altra la vede e le dice che è venerdì, mentre la prima non se ne ricordava. Ha fatto peccato a mangiarlo? No, mancava l'avvertenza della mente e così il pane le farà bene al corpo e il salame non le farà male all'anima. Bisogna avvertire ciò che si fa, e che è peccato il farlo.
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| [30] Alle volte l'avvertenza della mente non è decisa, come nel caso in cui si leggesse un libro dubbio, con l'intenzione di lasciarlo se non è buono. No, non si faccia così: bisogna assicurarsi prima.
b) Poi viene il consenso della volontà. Il consenso non è il senso: quello che fa il peccato è l'acconsentire, è mettere il consentimento della volontà. È noto l'assioma: «Il peccato non sta nel senso ma nel consenso». Una fanciulla si ferma davanti alla vetrina di un pasticciere a guardare i torroncini, si sente venire l'acquolina in bocca, li desidera e pensa: Se andasse via il pasticciere, ne prenderei uno. Nel caso che questo avvenisse, lo fa: ecco la volontà che ha acconsentito!
«Ma io combatto e non so!...». I peccati senza sapere non si fanno; chi va all'inferno, lo sa bene che è colpevole! «Ma non so se ho dato il consenso». Ti confessi del dubbio, e di ciò che è certo, come certo. Del resto quando si dà il consenso si sa.
Si può dare il caso in cui si dà il consenso e non si sa; ma di questo se ne accorge il confessore, quando si tratta di coscienza a maglia.
c) Materia. Non basta che la volontà voglia fare il peccato, ma ci vuole la materia che è l'oggetto del peccato. Per esempio, il frutto proibito mangiato da Eva è la materia del peccato; l'uccisione di Abele assalito da Caino; il perdere la Messa; la volontà di mettere addosso un abito indecoroso, ecc., formano l'oggetto del peccato. | [31] Fu comandato di fare una cosa e non si è fatta: il comando è la materia; si fa un atto di gola, il cibo è la materia.
Quando si fa peccato grave e quando veniale?
Per fare peccato grave ci vogliono tutte e tre le condizioni e gravi; se ne manca una, o non c'è peccato o è leggero: vi possono essere anche tutte e tre, ma leggere; ognuna delle cose può rendere leggero il peccato. Per commettere peccato grave ci vuole: piena avvertenza, pieno consenso, materia grave.
Vi sono dei peccati che sono più gravi e di cui bisogna temere di più, sono i peccati pericolosi.
La tiepidezza è pericolosa: non basta in confessione accennare una bugietta, ma bisogna spiegarla lungamente, dire se è abitudine, bisogna dare importanza. Per sé non è peccato mortale, ma porta alle mancanze.
In generale l'abitudine di contar frottole, bugie, ipocrisie, non
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è una cosa piccola, perché può avere gravi conseguenze e bisogna spiegarla bene al confessore.
Vi sono dei peccati che hanno conseguenze gravi: per esempio entrando in Casa o in Noviziato, tacere che in famiglia c'è una malattia ereditaria, e manifestarla poi molto tardi al confessore come una cosa da poco o una piccola dimenticanza, questo può avere conseguenze gravi.
Se una bambina è malata, le danno una piccola scodella di caffè e latte, ma se è sana gliene | [32] danno una grossa: il caffè e latte è lo stesso, soltanto varia, a seconda delle condizioni della persona, la quantità; così è il peccato.
Vi è differenza fra peccato e peccato; certe sono cose da niente, altre sono gravissime.
Quella compagna è pericolosa per te; se non la sfuggi ti porterà a gravi conseguenze.
Una mangia una pagnotta in più, perché ha appetito; un'altra tiene in tasca una fotografia, che non si deve tenere. La prima non fa nessun peccato e il mangiare la farà più robusta; l'altra fa una cosa grave e se ne carica la coscienza. Bisogna star molto attente, perché ci sono delle cose che hanno conseguenze gravissime e non ci si bada tanto; altre invece sono cose da niente e si confessano, come per esempio: «Mi è venuta una distrazione». A costei si dirà: «E prega, vigila di più».
«Mi è venuto un pensiero cattivo e non l'ho scacciato subito». Oh, questo è altra cosa! Sta' molto attenta, usa tanta vigilanza, ricorri subito alla preghiera, perché non ti porti conseguenze gravi. Bisogna che siate molto attente, perché vi sono dei peccati che hanno conseguenze disastrose, mentre altri non le hanno.

3. Ora che abbiamo considerato la materia e la moltitudine dei peccati, entriamo a considerare la malizia di essi.
Il Signore vi chiama non soltanto ad evitare il peccato grave, ma anche a fuggire il peccato veniale e le imperfezioni volontarie; vi chiama | [33] non a raggiungere una santità ordinaria, ma a seguirlo nei consigli evangelici. Egli si è eletto uno stuolo di anime, che vuole più vicine a sé, che lo capiscano e lo amino. Il Signore vi ha chiamate ad una vita più perfetta e non vi sembra dunque, che in voi il peccato sia una cosa più orribile che negli altri? Voi che ne avete maggior cognizione, ne conoscete la mostruosità ed avete tutti i mezzi per fuggirlo?
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Voi siete le beniamine di Gesù e più ingrato sarebbe il vostro tradimento, se vi allontanaste da lui col peccato. Sarebbe una grande pena per lui, come il tradimento degli Apostoli che egli aveva eletto come suoi intimi.
Gesù si è scelto un padre putativo e una madre e li ha voluti poveri: la povertà non offende il Signore.
Gli Apostoli erano poveri uomini, che non sapevano di latino, di greco e di scienze: l'ignoranza non colpevole non offende il Signore. Gesù non ha scelto persone distinte nella società. Infatti Maria e Giuseppe a Betlemme trovano chiuse tutte le porte, tutti si rifiutano di riceverli e dovettero rifugiarsi in una grotta.
La povertà, l'ignoranza e le umiliazioni non offendono il Signore. Ma Gesù si volle attorniare di persone sante: ha voluto una Madre, ma l'ha fatta immacolata; ha voluto posare sul suo seno, ma immacolato. Volle essere da lei portato e accarezzato, ma le sue mani e i suoi sguardi erano innocenti.
| [34] Se vogliamo essere della famiglia di Gesù, dobbiamo essere senza peccato.
Maria fu come una pisside che contiene l'Ostia santa, un Tabernacolo mondissimo e immacolato. Se vi sta a cuore ricevere le carezze di Gesù, la sua luce, i suoi doni di carità, di fede, le grazie più belle, bisogna essere senza peccato. La religiosa è la nemica ostinata del peccato, anzi per conoscere e avere la vocazione ci vuole proprio l'odio al peccato.
Il probandato è la guerra spietata al peccato; il noviziato è la risposta a Gesù che dice: «Se vuoi essere perfetta...»2. Perciò la religiosa non solo non deve più commettere peccati, ma bisogna che eviti tutto ciò che è volontario: niente di deliberato, ad occhi aperti.
Piccole distrazioni, tentazioni di vanità, debolezze, fragilità, sono cose umane; anche i santi le hanno sentite e ciò è servito loro per umiliarsi, riconoscendo la loro fragilità; ciò che è da evitarsi assolutamente è il deliberato. La religiosa è un'anima che abita in un ambiente particolare; non deve offendere Gesù; essa è un membro della famiglia di Nazaret, quindi dev'essere tutta purezza e semplicità.
Ditelo alla Vergine santa che vi faccia immacolate! Essa fu
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Immacolata per essere degna di abitare con Gesù, di toccarlo, di tenerlo fra le braccia, di condurlo al Tempio, d'accompagnarlo nella vita pubblica, di seguirlo nella via dolorosa del Calvario, di star sotto la croce, e infine di consegnarlo al Padre nell'ascensione. | [35] Diteglielo che vi faccia senza peccato, se volete essere degne dell'apostolato, della vocazione, delle carezze di Gesù, dei suoi lumi, dei suoi doni, di abitare con lui a Nazaret, nell'intimità sua.
Siate senza peccato: religiosa e peccato sono due termini contraddittori, non devono stare insieme.

[II. Conseguenze del peccato]

Nel libro della Sapienza vi è un tratto che si applica anche all'Immacolata Concezione. Che belle cose si dicono della Madonna! In sostanza vien detto che Maria è la figlia prediletta del Padre, destinata ad essere la Regina di tutte le creature, compresi gli angeli, destinata ad essere la sposa dello Spirito Santo, a sentire le comunicazioni più intime di Dio. Dice la sacra Scrittura, che Maria santissima era nella mente di Dio, prima che incominciassero i secoli: «Ab initio et ante saecula, creata sum»3. Vi si sente che Iddio, vedendo questa visione di Maria nel futuro, l'aveva ideata tutta vestita di grazia e di sole: questo corrisponde alla visione di S. Giovanni Evangelista che vide una creatura vestita di sole, che è la grazia, con la luna sotto i piedi e il capo circondato di dodici stelle4. | [36] Questa creatura era Maria! In cielo Maria forma un paradiso a sé: «Paradisus Domini». Le anime pure le staranno vicine e le diranno: «Trahe nos, Virgo Immaculata, post te curremus in odorem unguentorum tuorum»5. Il profumo delle tue virtù ci tragga sui tuoi sentieri.
Ecco una creatura che non ebbe mai nulla a che fare col peccato, tanto che il Concilio di Trento dice: Quando si parla del peccato è sempre esclusa Maria santissima6, che sola fu salva dal naufragio universale.
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Se volete piacere alla Madonna, bisogna che diciate: La morte ma non peccati!
Ma Maria è il rifugio dei peccatori!?! Sì, ma dei peccatori che vogliono convertirsi, che sono pentiti, non di quelli ostinati. Or se noi vogliamo convertirci, avviciniamoci pure a Maria, nascondiamoci nel suo cuore immacolato, troveremo rifugio sicuro.
Dovete avere un grande orrore al peccato, perché voi siete chiamate a combatterlo con la preghiera, con l'apostolato e con l'esempio. Camminate però in un mondo ove tutto, a destra e a sinistra, in alto e in basso, è macchiato e per non imbrattarvi di fango, bisogna avere una protezione speciale di Maria.
Voi non potete essere sicure al mattino di restare illese nel giorno, ma se la vostra preghiera sarà: O Maria, tenetemi la vostra santa mano sul capo...,7 allora ci sarà davvero la fiducia di essere protette.
| [37] Consideriamo ora i tristi effetti del peccato, in riguardo a Dio e a noi medesimi.

1. Riguardo a Dio. Il peccato è una rivolta, un atto di insipienza, di ribellione al Signore; è l'atto del verme stolto, superbo, miserabilissimo della terra che si leva contro il suo creatore. È l'atto di Faraone che dice: «Chi è questo Signore a cui debbo obbedire?»8. È l'atto di satana che si innalza superbo e dice agli altri angeli inalberando la bandiera della ribellione: «Porrò il mio trono vicino a quello di Dio e sarò uguale a lui! Non più sottomesso, ma uguale!»9. È l'atto di questo piccolo essere chiamato uomo, il quale, come dice S. Agostino, si mena attorno il testimonio del suo peccato, eppure osa dire al Signore: «Voi comandate, ma io non obbedisco; io non vi ascolto. Voi mi offrite il paradiso, ma io non so che farmene, stateci voi. Voi mi minacciate l'inferno, ma io non lo temo e vi andrò pur di accontentare la mia passione». Ecco sono io, messa sulla terra per quattro giorni, io che fra due giorni dovrò rendere conto della mia vita al tribunale di Dio, che ho osato dire: Io preferisco accontentare questo mio capriccio e voglio star lontana da voi. È l'atto del figliuol prodigo, che si allontana dal tetto paterno per soddisfare i
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suoi capricci. È l'atto di Eva che osserva il frutto proibito, sa che è male, ma sperando che | [38] dietro vi sia chi sa qual piacere, disobbedisce a Dio e se ne ciba. Poi sente venire in sé una pena, un rimorso; sente il bisogno di nascondersi; sente che quel Dio che veniva a passeggiare con lei e ad istruirla le è nemico, e mirando nell'avvenire, intravede una schiera di figli disgraziati, e prevede qualche cosa di oscuro che non sa ben indovinare: è la morte, con la sequela di malattie e di miserie che la precedono e l'accompagnano, frutto del peccato!
Il peccato è un atto di suprema ingratitudine a Dio; Dio ti ha dato gli occhi, e come li hai usati? Per offenderlo. Dio ti ha dato la lingua e come l'hai usata? Per offenderlo. Dio ti ha dato il gusto e come l'hai usato? Per offenderlo. Dio ti ha data la mente e la volontà, perché tu pensassi a lui e lo servissi, e tu come le hai usate? Dio ti ha dato un cuore per amarlo e tu verso chi hai indirizzato i tuoi affetti? Dio ti ha dato il tempo, gli anni preziosi, quel tempo in cui avresti dovuto raccogliere perle, rose e gigli: come l'hai usato? Cosa hai dato a Dio? Spine e triboli forse? Che letto di spine hai preparato al Signore! Dio ti ha dato le creature per santificarti e tu le hai adoperate con malizia, forse per il peccato!
La stessa anima, il corpo, la salute, furono per te l'arco con cui forse attentasti alla vita di Dio.
Una figlia che si servisse del danaro ricevuto in dono dai genitori in occasione del suo onomastico per comprare del veleno e ucciderli, non | [39] ommetterebbe un atto di suprema ingratitudine? E tu che ti vanti di essere gentile e delicata, e ti pare che gli altri manchino verso di te perché ti usano qualche tratto sgarbato, va' a nasconderti, mettiti in fondo alla chiesa col capo chino e dì col pubblicano: «O Cuore di Gesù, che conosci la mia miseria, abbi pietà di me!».
Il peccato è un atto di suprema crudeltà che noi non possiamo arrivare a comprendere: «Delicta quis intelligit?»10. Il peccato attenta a Dio. Egli non si lascia colpire, ma l'uomo punta l'arma negando la bontà di lui, la sua maestà infinita, la sua bellezza, il suo potere infinito, negando col fatto il suo dominio.
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Chi attenta alla vita del re fa un delitto orribile, ma che dire allora di chi attenta alla vita di Dio?
Il peccato fa orrore, eppure noi l'abbiamo commesso. Possiamo ancora dire che amiamo Dio? Diciamo invece che dobbiamo amarlo tanto perché l'abbiamo troppo offeso per il passato.
Raramente si verifica il delitto di un figlio che uccide il padre, ma quello dei figli che tentano di uccidere col peccato il Padre celeste: «Pater qui in Coelis est» si verifica spesso.
O uomini che vi credete delicati e gentili e col peccato attentate a Dio: quale abisso d'iniquità è mai il vostro!
Questo che è spiritualmente vero, teologicamente | [40] vero, è anche un fatto avvenuto, a cui hanno assistito gli uomini. Chi ha ucciso Gesù? Chi l'ha flagellato, schiaffeggiato, sputacchiato, chi ha gridato il: «Crucifigatur»11? Chi l'ha incoronato di spine, caricato della croce e trascinato, per l'erta del Calvario, sotto gli occhi della sua Madre santissima? Ah, trascinare Gesù al patibolo, sotto l'occhio della Madre! Non dire tanto facilmente che sei innocente! Hai conficcato ad una ad una le spine in quel capo; l'hai spogliato, abbeverato di fiele e mirra; hai alzato il martello per conficcare i chiodi nelle mani e nei piedi, mentre le ossa scricchiolavano, i colpi si ripercuotevano ad uno ad uno sul cuore di Maria santissima. L'hai innalzato a vista di tutti e sei stata sfacciata e hai portato per le vie e ovunque, fino davanti alla Vergine Immacolata, al Tabernacolo, il tuo peccato e poi ti lavavi le mani come Pilato!
O anima, rientra in te, vedi come si lamenta Gesù, per bocca della Chiesa: «Io ti ho dato le piante più belle perché tu ne avessi frutti e tu ne hai scelto il tronco più grosso per appendervi il tuo Salvatore!: Parasti crucem Salvatoris tui». «T'ho dato il fiele e la mirra per medicarti e tu me l'hai data in amarissima bevanda!»12.
Vedete cosa abbiamo fatto; se non è tempo che cessiamo di alzar la fronte, di crederci innocenti e di giudicare gli altri? Chi è innocente fra di noi?

| [41] 2. Il peccato è un orribile male riguardo a noi stessi. Cosa fa il peccato? Ci chiude il cielo e ci apre l'inferno; ci chiude la porta alla grazia e ci prepara un mondo di pene e di rimorsi. In
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cielo non entra nulla di macchiato. Oh, insipienza umana, per una misera soddisfazione, a che cosa rinunzi! Esaù per una scodella di lenticchie vende i beni della sua primogenitura, ma poi pentito non solo grida, ma ruggisce come dice la Scrittura13. Gionata gusta il miele vietato per averne refrigerio ed è condannato a morte14. Ma tu, sai che cos'è il paradiso a cui rinunzi? È il gaudio eterno, la dimora degli angeli e di Dio. Il peccato apre l'inferno, ed è di fede che basta un peccato grave a farci cadere là dentro. Oh, l'inferno! Luogo dei tormenti, cloaca dei delitti, infelicità eterna! Chi è capace di enumerare i tormenti e di conoscere tutti i tristi che cadono là dentro? Carcere dei delitti più orribili della terra; carcere ove sono solo e tutti i delittuosi o colpevoli. Il carcere della terra fa spavento, ma cosa dire del carcere dell'inferno? Una goccia di piacere e un'eternità di supplizi: fossero anche quaranta anni di regno, come chiedeva la regina Elisabetta15: «Dammi quaranta anni di regno e un'eternità di pene». Grido di baldanza di un'anima infatuata di sé, che si è mutato poi in grido di disperazione. Si resta privati della grazia di Dio, della sua amicizia, per soddisfare una miserabile passione.
Il peccato distrugge la carità, fa languire la speranza del paradiso, fa perdere la fede, i doni | [42] dello Spirito Santo; fa perdere la pace e la gioia. Distrugge i frutti della buona educazione e i frutti delle più belle grazie ricevute, quali la prima Comunione, la Cresima, la vocazione, ecc. Il peccato mortale distrugge tutti i meriti fatti prima di commetterlo e se uno arrivasse in punto di morte col peccato, sarebbe come se in vita sua, non avesse mai fatto niente di bene, perché il peccato ha annullato tutto.
È una grandinata che cade sopra una vigna fiorente di pampini e di grappoli e in un attimo distrugge tutto. Il peccato è perciò il vero male, la vera disgrazia che possiamo avere. Non chiamiamo disgrazie le sofferenze: Gesù ne ebbe tante e Maria soffrì molto nella sua vita; le tentazioni sono occasioni di maggiori meriti; i santi sono passati di lì e si sono fatti la corona per il paradiso. Non sono disgrazie le malevolenze, le disapprovazioni
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che vi vengono dagli uomini perché cercate il bene e vi siete date a Gesù. È il peccato il vero male!
Tutto il resto: disapprovazioni, dispetti, persecuzioni, ecc., possono utilizzarsi per il paradiso come hanno fatto i martiri, ché quanto più hanno sofferto sulla terra, tanto più godono ora in paradiso. Il male vero è l'offesa di Dio. Chi dunque non odierà il peccato? Chi non lo detesterà? Chi non lo piangerà? Qui è il caso di dare due sguardi: uno al passato e uno al futuro.
Al passato: abbiamo commesso dei peccati? Forse sì! Li abbiamo pianti? Forse no! Eppure quale gran male è il peccato! Se uno perde il | [43] portamonete o sciupa un vestito o perde la salute, piange, e per il peccato non si piange? Bisogna fare quello che ha fatto la Maddalena, buttarsi ai piedi di Gesù e piangere.
Non c'è via di mezzo; se abbiamo sbagliato, l'unico rimedio sta nelle nostre lacrime unite alle gocce del sangue di Gesù: è via sicura. S. Pietro sbagliò, ma poi pianse tutta la vita il suo fallo, divenne il capo della Chiesa e ora è il portiere del paradiso. Non c'è da disperarsi, abbiamo in paradiso un santo che ci aprirà la porta, il quale ha peccato anche lui; ma se l'abbiamo seguito nel fallo, seguiamolo pure nel pentimento. Facciamo come S. Agostino, come S. Margherita da Cortona16, come le anime che han detto: «Basta peccati! ora voglio amare tanto Gesù quanto l'ho offeso, ed umiliarmi quanto mi sono ribellata a Dio».
Ed ora uno sguardo al futuro: possiamo ancora peccare? Oh, purtroppo! Il peccato è un male così grave, eppure quante anime abbandonano la preghiera, si gettano nei pericoli e fanno naufragio! Il mondo è appestato, il diavolo tenta, le passioni trascinano, vi è quindi gran pericolo di peccare ancora.
Chi non teme è già in pericolo di cadere. Nessuno dica: Io sono ancora innocente. Eva era innocente; tutti siamo usciti dalle mani di Dio innocenti, perché non siamo stati noi a commettere il peccato originale, ma dopo siamo stati noi a peccare.
Nessuno si creda sicuro, nemmeno se si è | [44] convertito, e ha pianto, perché è sempre in pericolo di ricadere e la ricaduta è più disastrosa. Sempre temere, sempre diffidare, sempre pregare, ogni giorno, perché non si sa che cosa ci possa capitare nella giornata.
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Segno di essere in pericolo di cadere è la sicurezza, la tranquillità che viene dalla fiducia in noi stessi.
Sempre fiducia in Dio e timore da parte nostra, poiché siamo tizzoni d'inferno! Dio non abbandona se non chi abbandona lui. Con la fiducia nel Crocifisso, nella misericordia del Signore siamo sicuri del paradiso. Riconoscendoci deboli, piangendo i nostri peccati, con la fiducia nel sangue di Gesù, siamo sicuri che il paradiso è nostro.

[III. Mezzi per evitare il peccato]

Quando comparve sulla terra il divin Maestro, S. Giovanni lo indicò alle turbe con queste parole: «Ecce Agnus Dei; ecce qui tollit peccata mundi: ecco l'Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo»17. Gesù cancellò il peccato originale e anche il peccato attuale.
Solo Maria santissima fu concepita senza peccato per i meriti di Gesù che la redense in modo | [45] preventivo e riparò per lei con una redenzione più copiosa, non permettendo che venisse macchiata né dal peccato originale, né dall'attuale.
Noi dobbiamo avere una grande fiducia in Gesù riparatore. Egli ci diede il Battesimo che lava dal peccato originale. Egli ripara i peccati nostri con il sacramento della penitenza, con le indulgenze e la sua misericordia. Quindi noi possiamo dire: «Ecce Agnus Dei, tamquam occisus»18, ecco l'Agnello di Dio che si lascia uccidere per noi; e perciò dobbiamo avere in lui doppia fiducia, perché toglie da noi il peccato passato e dà forza e grazia per evitarlo in avvenire.
Riguardo ai peccati commessi i nostri doveri sono specialmente: 1) confessarci; 2) ritrarne l'umiltà e ricavare il bene dal male commesso.

1. Per confessarsi bene bisogna avere gran fiducia nel sacramento della Confessione e prepararvisi con le dovute disposizioni.
Il sacramento della Penitenza scancella i peccati commessi dopo il Battesimo, ma quelli che sono confessati e detestati; quindi
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ci vuole la confessione, e prima ancora l'esame, onde conoscere i peccati. Non è tanto facile riconoscere i peccati, perché siamo superbi. L'anima umile riconosce dappertutto d'aver sbagliato, ma l'anima superba si ostina, non vuol riconoscere i peccati, non fa frutto di nessuna correzione e cade e ricade. Questo avviene raramente | [46] nelle anime religiose; più facilmente avviene che queste si ostinino nei difetti che non vogliono riconoscere.
Si trova che c'è stata l'ira, che ha portato a quelle conseguenze, ma si trovano subito i motivi, si fanno le ragioni, si cercano mille scuse: questa è ostinazione.
Bisogna vedere se il giudizio di Dio riconosce le nostre ragioni o non le riconosce. Se si sta a letto perché si è davvero ammalate, il giudizio di Dio lo riconosce, ma se ci si sta per pigrizia, il giudizio di Dio non lo riconosce. Iddio non approva ciò che noi facciamo quando è la nostra passione che ci fa agire, ci porta all'ostinazione, come fa spesso la passione predominante, che si nasconde, si scusa, ecc. Non è facile quindi l'esame perché occorre conoscere se il giudizio di Dio approva o se c'è solo la nostra scusa.
Non solo bisogna conoscere il peccato, ma anche il difetto e per questo è necessario pregare. Così, non basta solo riconoscere che in quell'occasione vi fu libertà di modi, di tratto, ma proprio conoscere che il cuore è ammalato. Vi sono anime che tentano di correggersi di certi difetti e non riescono, allora cadono in un sentimento di disperazione e van dicendo che non riescono e si vedono costrette a farlo, non c'è scampo, ecc.
Bisogna domandare a chi ci guida se siamo ostinati nei nostri difetti, dire che ci dicano chiaro il giudizio di Dio. Noi siamo portati a scusare facilmente le nostre passioni; ci vuole | [47] molta attenzione. Inoltre occorre fiducia di ottenere il perdono per i meriti di Gesù Cristo e fiducia che a quel confessionale si paga proprio per noi. Si porta al confessionale la lista dei debiti: Devo tanto per la mia superbia, tanto per la mia lingua, tanto per la pigrizia, tanto per i capricci soddisfatti, tanto per il cuore; tanto per le fantasie, ecc. E Gesù, visti i debiti e il pentimento, dice: Bene, pago io. Se andiamo con tutti i debiti, riconoscendo gli scandali dati, il male esempio, il purgatorio meritato, Gesù paga tutto, perché egli paga tutto quello che noi riconosciamo; perciò più riconosciamo, più egli paga. Se ci giudicheremo, non saremo giudicati; quel conto non ci sarà più al giudizio, è già saldato.
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Bisogna che riconosciamo chiaramente i debiti che abbiamo; noi invece siamo più portati a scusarci che a riconoscere i peccati ed i difetti. Siamo poco furbi, perché se non li riconosciamo, Gesù non ce li paga.
Bisogna proprio andare al fondo, altrimenti resta il peccato e l'abitudine cattiva, contratta peccando. L'esame di coscienza, non è una cosa di consiglio, ma è di necessità, e tutto quello che non giudichiamo in noi, verrà portato al giudizio ove Gesù non pagherà più, e dovremo scontarlo noi con il purgatorio.
Non portiamo i nostri debiti davanti al tribunale di Dio, ma riconosciamo subito i peccati passati e premuniamoci per l'avvenire, confidando | [48] nella soddisfazione completa del Signore nostro Gesù che paga per noi.

2. Bisogna ricavare il bene dal male. Il bene da ricavare è molto: prima di tutto vi è da ricavare l'umiltà. S. Pietro da quel giorno in cui rinnegò il Maestro, portò sempre il capo chino, pensando: Io ho peccato. Bisogna che prendiamo nell'atteggiamento, nel modo di pregare, ecc., la convinzione: Io, io ho peccato! Non dobbiamo però mai disperare del perdono, ma sempre detestare la malizia.
Perché sono caduta? Perché mi sono esposta ai pericoli per vanità, per mancanza di preghiera, dunque devo pregare. Se quella persona è di pericolo, non voglio più frequentarla. Se ho veduto che andando fin lì sono caduta, non ci andrò più: ecco l'esperienza da ricavarne, affinché dopo possiamo servircene noi e servircene a favore delle altre anime.
Dal Signore che ci ha atteso tanto, dobbiamo imparare la pazienza: «Tu mi offendi, ed io patisco per te». Bisogna che impariamo ad amare di più il Signore, che è morto non solo per tutti gli uomini, ma per ciascuno di noi in particolare; dunque, doppio amore a Gesù, più fervore e cominciare la vita di riparazione che è data dalla penitenza. Beate noi, se il Signore vorrà che paghiamo qui il nostro purgatorio! Ma per questo, bisogna sopportare con pazienza le piccole croci e procurare di ricavare il bene dal male come fa sempre il Signore.

| [49] Riguardo al futuro, bisogna: 1) evitare i pericoli; 2) pregare; 3) far uso dell'esame di coscienza.
1. Evitare i pericoli: le persone tiepide, le persone cattive, l'esporci alle conversazioni e a vedere e sentire ciò che non conduce a
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Dio. Evitare specialmente l'oziosità che è quel fermarsi a fantasticare, in cui il cuore si agita, l'anima si turba, la via giusta non si vede più. Quante prudenze, quante attenzioni sui pensieri, sugli occhi, sulla lingua, sul cuore, si devono avere! «Qui amat periculum in illo peribit»19. Chi deve maneggiare sempre l'olio, è difficile che non si unga le mani! Mettersi senza bisogno nei pericoli che si sono già conosciuti come tali, è già peccato, quindi non si può dire: non cadrò, si è già caduti.
L'anima si esamina proprio; trova i pericoli in cui è caduta. Alle volte per un'anima i pericoli si hanno dalle cose più sante, e ci sono dei pericoli da disprezzare, altri di cui bisogna temere. Per esempio: ad un'anima che sentisse turbamento, a guardare la Madonna, le si dice: Continua a guardarla e amala di più. È cosa da niente: ma di altri pericoli bisogna temere e sono quelli che la persona è libera di evitare o no.
2. L'evitare i pericoli dipende in secondo luogo dalla preghiera. Vigilate sì, ma «et orate»20. Chi lascia la preghiera cade come gli Apostoli | [50] e S. Pietro, i quali caddero per non aver pregato.
La storia delle nostre umiliazioni, di certe nostre mancanze, è legata a una storia di tiepidezza. Finché si prega si vince; quando le braccia sono alzate verso Dio, invocando pietà e misericordia, non si cade, si è nell'innocenza. Ci vuole preghiera fervorosa e continuata; il demonio ha invidia delle anime religiose e se non si vigila e prega, oh, le tristi conseguenze!
3. Uso dell'esame di coscienza, specialmente quello fatto nella Visita al santissimo Sacramento. Esame sopra tutti i doveri: sullo studio, sull'apostolato, sull'ufficio; come cristiani, come religiosi e come apostoli. L'esame deve essere fatto tutti i giorni di venti minuti al giorno, poiché il diavolo è furbo e sa nascondersi. Si può dire: Ma io non ho fatto peccati grossi! Non basta, la religiosa non deve farne neanche di piccoli e in più deve fare il bene. L'esame di coscienza ci tiene umili, attenti, vigili e ci fa scoprire i nostri difetti. L'esame di coscienza è la vigilanza in pratica per ciò che riguarda noi stessi. Dev'essere l'abitudine di ogni giorno, di ogni settimana per confessarsi, di ogni mese per il ritiro, di ogni anno per gli Esercizi. Esercitiamo una vigilanza
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attenta e premurosa sull'anima. Occhio sempre vigile su di essa, come su una bambina che si ama. Teniamo l'occhio a questa bambinetta uscita dalle mani di Dio e che si vorrebbe tenere sempre pulita, sana, cara a Gesù che per essa ha dato il sangue. | [51] L'anima religiosa deve diventare molto delicata, non solo deve evitare i mali gravi; non deve solo temere di crocifiggere Gesù, ma di piantargli le spine. L'anima religiosa che vive in fervore teme e trema al solo nome di peccato. Quando invece l'anima è tiepida, va accostandosi al peccato fino ai suoi limiti o al suo confine, vorrebbe sentirne la soddisfazione, benché tema il peccato: quando si arriva lì, si è già molto in pericolo. Dobbiamo diventare così delicate che il solo pericolo del peccato ci faccia tremare. Scrupoli, no, è una malattia che bisogna anzi curare, ma la delicatezza è una grande virtù; è fuggire il più piccolo difetto, amare le più piccole virtù. Quando l'anima è delicata, è ordinata in tutto: nei libri, nei quaderni, nella sua roba; quando non è delicata, è una pasticciona: ha i quaderni sempre sgualciti, i libri macchiati, il baule tutto in disordine. L'anima in questo stato si adatta a commettere tutto ciò che non è grave. Un catino pieno di fango nel baule non lo porterebbe, ma il disordine lo ammette come cosa naturale. A questo punto c'è ancora la grazia di Dio? È difficile pronunciarsi, ma certo, è uno stato molto pericoloso. Temiamo l'offesa di Dio, piccola o grossa che sia, ma ancor più preghiamo ed evitiamola. È un grande sbaglio andare a confessarsi solo per cancellare il peccato; va bene pagare i debiti, ma bisogna evitare per l'avvenire di farne degli altri. Il debito c'è stato: l'abbiamo saldato per i meriti di Gesù Cristo, ma intanto è scritto, c'è stato. Per | [52] il passato avremo il merito dell'umiliazione. Per l'avvenire invece dobbiamo cercare di evitarlo, di vigilare; perciò doppia fiducia nei meriti di Gesù Cristo per avere la grazia di non ricadere. Per noi la confessione deve guardare più all'avvenire che al passato. L'Immacolata ci avvolga nella sua bianca luce e ci renda simili a sé.
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* Ritiro mensile, tre meditazioni, in ciclostilato, fogli 9 (23x35), tenuto ad Alba il 25.11.1931, dal Primo Maestro. L'originale porta come titolo «Ritiro mensile: Il peccato». È stato successivamente stampato in HM I/,1, pp. 25-52. Tra le due edizioni esistono piccole varianti. In questa raccolta si è assunto come originale lo stampato.

1 Riferimento alla prescrizione del digiuno totale dalla mezzanotte per poter ricevere la santa Comunione, vigente prima della riforma liturgica postconciliare.

2 Cf Mt 19,21.

3 Cf Sir 24,9: «Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò».

4 Cf Ap 12,1.

5 «Attirami a te! Dietro a te correremo all'odore dei tuoi profumi». Cf Ct 1,3a; Breviarium Romanum, liturgia dell'Immacolata, antifona Lodi e Vespri.

6 Cf Concilio di Trento: Denzinger H. - Hunermann p., Enchiridion Symbolorum, EDB, Bologna 1995, n.1516.

7 Cf Le preghiere della Famiglia Paolina, ed. 1996, p. 28.

8 Cf Es 5,2.

9 Cf Ap 12,7-9.

10 Cf Sal 19,13: «Le inavvertenze chi le discerne?».

11 Cf Mt 27,22: «Sia crocifisso».

12 Cf Improperi, propri della liturgia del venerdì santo.

13 Cf Gen 27,34.

14 Cf 1Sam 14,27.

15 Elisabetta I, la grande (1533-1603), regina di Inghilterra dal 1588.

16 Margherita da Cortona (1247-1297), toscana, dopo una vita disordinata entra nel Terzo Ordine Francescano dedicandosi a penitenza, preghiera e opere di carità.

17 Cf Gv 1,29.

18 Cf Ap 5,6.

19 Cf Sir 3,25: «Chi ama il pericolo, in esso si perderà».

20 Cf Mc 14,38: «E pregate».