18. LA PASSIONE PREDOMINANTE*
Se si dovesse uccidere una persona o dominarla bisognerebbe prenderla per il collo. Non importa tagliarle le mani, i piedi o altro: basta e occorre tagliarle il collo. S. Francesco di Sales dice che per vincere la collera, l'ha presa per diciotto anni per il collo1. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che se vogliamo proprio dominare tutte le passioni, bisogna che prendiamo per il collo la principale.
Vediamo ora: che cos'è la passione principale, la necessità di combatterla, come si deve fare.
Le nostre passioni sono un esercito e come tutti gli eserciti hanno un capitano; per vincere l'esercito delle nostre passioni bisogna vincere il capitano, cioè quella passione che domina.
Che cosa ha fatto Giuditta per liberare la città2? L'esercito nemico era di duecentocinquantamila persone. Ella tagliò la testa al capitano, tutti i soldati fuggirono e furono vinti. Cosa sarebbe successo se Giuditta avesse ucciso un soldato? Ce ne sarebbero stati ancora duecentocinquantamila meno uno. Se ne avesse ucciso dieci oppure anche cento? Poco importava, ma uccise il capitano ed ebbe la vittoria. Oh! Ma allora abbiamo un esercito nel cuore? Ne abbiamo proprio tante passioni nel cuore e se ci mettessimo a tirarle fuori tutte faremmo stupire: superbia, avarizia, invidia, ecc. Questo però non è male, tutti le hanno e i santi in generale le avevano molto vive. Quindi non è difetto averle, è una necessità, un segno di vita. Finché siamo vivi ne abbiamo e, fra le altre, sempre una che è la principale, quella che domina. La passione predominante è una forza che attira al male, al peccato, quindi bisogna vincerla.
Vi sono delle persone che sbagliano [quando] si domanda [loro]: Qual è il tuo difetto predominante? [E rispondono:] la
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carità, oppure le pratiche di pietà. No, questi non sono difetti e non è lo stesso dire: proposito principale e difetto principale.
Può essere ad esempio che una abbia per difetto principale la pigrizia, ma siccome non può vincerla senza forza, ecco che fa il proposito di far bene le pratiche di pietà.
Come si fa dunque a conoscere il difetto principale o passione predominante? Da tre segni:
1. Il difetto principale è quello che amiamo di più, guai se ce lo toccano perché è il punto delicato, la parte malata. Non l'ammettiamo, se corrette ce ne risentiamo. Se, per esempio3, una ha come difetto la sensibilità, le amicizie particolari, finché le comandano un lavoro, le danno un impiego è pronta: Eccomi, subito, vengo. Ma se le si dice di non frequentare quella compagna: Oh! Ma che male c'è? Vero segno che qui c'è il male. C'era una bestia in un buco e si voleva conoscere il punto preciso per ucciderla. Picchia in un posto, nessuna voce; in un altro, niente. Prova un po' più in su. Un urlo. Ah, è qui la bestiola!
2. È il difetto che vediamo più spesso negli altri, che accusiamo in essi nei nostri discorsi liberi quando parliamo proprio dall'abbondanza del cuore. Conosciamo gli artifizi degli altri, quando siamo abili4 a nascondere i nostri. Se uno è bugiardo troverà che tutti dicono bugie. Quando critichiamo gli altri, dipingiamo noi stessi; dunque, contiamo le parole, esaminiamo i discorsi e invece di dire: Sempronia ha il tal difetto, mettiamo il nostro nome e ci sta [bene].
3. È un difetto che confessiamo più spesso se sincere, o che il confessore dice a noi. «Non vado mai più da quel confessore, diceva una figlia, gli ho detto una cosa e mi ha risposto in tutt'altro tono, non capisce». Oh, vedi un po', credi che mettano delle zucche nel confessionale?
Il difetto principale guida gli altri, spesso è il più grosso, allontana da Dio e combattendo con fervore quello si combattono tutti gli altri.
In pratica, come si conosce? Vi si dedichi pure un'intera giornata [per conoscerlo] perché, ucciso quello, sarà vinto tutto e si sarà a posto. Bisogna vincerlo assolutamente, altrimenti vincerà
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noi, si tratta proprio di vincere o morire. Chiedere [consiglio] al confessore e, più di tutto, a chi guida e vede anche l'esterno. Orientare lì Esercizi, ritiri, confessioni, Comunioni, tutto. Combatterlo con coraggio. Siate certe che è un serpe velenosissimo e si nasconde, bisogna farlo morir di fame, alle volte. Sono superba? Mi umilierò tanto, non dirò una parola in mia lode, avrei ragione adesso, ma non mi difendo.
Quando non si sa vincere piuttosto si fugga, ma non ci si lasci vincere.
Il beato Cottolengo un giorno mentre viaggiava con due suore, si incontrò con un uomo da lui molto beneficato che gli rivolse i più turpi improperi. Il beato Cottolengo stette a capo chino, tranquillo a sentire; quell'ingrato gli sputò in faccia, chiuse lo sportello e se ne andò. Allora il beato, sentendosi ribollire, fece dare una frustata al cavallo per andare più in fretta poiché altrimenti avrebbe risposto secondo verità.
Dunque, facciamo anche noi di tutto per vincere, non è un consiglio questo, è una necessità. Per riuscire bisogna attaccarsi molto a Dio ed insistere con la preghiera e specialmente con il rosario.
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* «Istruzione in preparazione al ritiro», in ciclostilato, fogli 2 (23,5x35), tenuta ad Alba il 25.10.1931. Nell'originale non è indicato l'autore, dal contenuto però si deduce che è senz'altro Don Alberione.
1 Cf Barberis G., Vita di San Francesco di Sales, S. E. I., Torino 1944, p. 550.
2 Cf Gdt 13,2-10.
3 Originale: Mettete.
4 Originale: grametti.