Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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14. I SEMINATORI DI BENE*

[210] Mettiamo questo ritiro sotto la protezione della Madonna del Rosario. La Madonna del Rosario deve darci il progresso nelle virtù: più fede, più speranza, più carità, più santità. Chi dice sempre rosari, rosari e rosari, a poco a poco ottiene.
Il rosario è stato sempre caro a tutti i santi e alle suore. Le suore che amano il santo rosario trovano sempre modo di recitarlo. In istrada, non c'è altro da fare? Tirano fuori il rosario. Sono distratte, la testa è nelle nuvole? C'è proprio il rosario. A Vespro sono rauche e non possono cantare? C'è il rosario da dire. Quelle che amano il rosario, al mattino le vedete andare in chiesa con la loro corona già in mano. | [211] Finita la giornata, alla sera c'è ancora un po' di tempo? Dicono ancora una decina di rosario.
Che la corona sia sempre in mano, e le Ave Maria fioriscano sempre sulla bocca.
Per le suore che amano il rosario, esso è una medicina che preserva e guarisce, un sale che condisce ogni vivanda, un pane che entra in ogni pasto.
Sui campi di battaglia si recita il rosario; i naviganti in pericolo recitano il rosario; le anime tentate ricorrono al rosario; i moribondi, si assistono col rosario; i morti, alla sepoltura sono ancora accompagnati dal rosario.
Beati quelli che dicono sempre il rosario! Domandate alla Madonna, la grazia della perseveranza nel recitare bene il rosario.

[I. Si raccoglie ciò che si semina]

L'argomento del ritiro è questo: «Quae seminaverit homo, haec et metet: Ciò che ha seminato l'uomo, questo mieterà»1.
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Gesù amava molto le parabole della semina e della semente e ne ha narrate cinque. Raccontò, per esempio, quella in cui dice che un contadino ha gettato il seme nel suo campo e poi non vi bada più, mentre il seme barbica, cresce, produce l'erba, poi la spiga e in essa il frumento | [212] ben maturo, senza che l'uomo se ne sia più dato pena2.
Gesù con questo voleva dire: le anime che sentono volentieri la parola di Dio e l'accolgono nel loro cuore, ancorché dopo debbano badare ad altro, essa vi si sviluppa e porta più santità, più fede, più speranza, più carità, più desiderio di operare il bene e un bel giorno vi saranno i frutti, che sono le opere più grandi, gli atti di virtù maggiori, i sacrifici più meritori, ecc.
Gesù ha raccontato la parabola del buon seme e della zizzania3, quella del seminatore che sparge il seme e in parte cade lungo la strada, parte in luoghi sassosi, parte fra le spine e parte in buone terre, ove fruttifica il cento per uno, il sessanta o il trenta4.
Gesù amava narrare le parabole del seme, perché il seme è molto adatto a far comprendere lo svilupparsi della vita spirituale nelle anime.
Il «quae seminaverit homo, haec et metet» non dobbiamo intenderlo solo nel senso materiale; lo Spirito Santo ci dice, che dobbiamo intenderlo nel senso spirituale.
Nel senso materiale è facile intendere, che chi vuol raccogliere frumento, semina frumento; chi granoturco, semina granoturco; mentre chi semina triboli e spine non pretenderà di raccogliere uva. Quando in un'aiuola seminate lattuga, non pretenderete di raccogliere prezzemolo; or questo è chiaro nel senso materiale. Un contadino si fa il suo piano e se vuol | [213] raccogliere una data quantità di frumento, non seminerà orzo o avena.
Ebbene che cosa volete raccogliere? Volete la corona, l'abito, la verginità, per somigliare alla Madonna? Allora non seminate vizi, ma purezza, fede, pensieri casti.
La madre terrena in paradiso non starà con le vergini; solo la Madonna ha unito in sé le due prerogative: quella della maternità e quella della verginità. Chi vuol raccogliere grano per il granaio celeste, semini opere buone; chi semina zizzania con il grano,
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chi semina peccati, raccoglierà fuoco e tempesta; chi semina freddezza, raccoglierà purgatorio.
In paradiso si distingue bene chi ha seminato obbedienza, umiltà, amor di Dio. Che abbondanza di frutti, che ricchezza di meriti! Ma per coloro che hanno seminato peccati, che orribile inferno!
«Quae seminaverit homo, haec et metet!». Distingueremo questo in cinque punti, considerando nel primo punto: i pensieri, i sentimenti, le parole e le opere.
I pensieri: vi sono delle figlie, che sono tutte sante nella mente e dal mattino alla sera, si può dire che sono tutte occupate nel bene, nello zelo, nella pietà, nell'apostolato, nello studio; la loro mente è sempre serena come un cielo limpido, mai rannuvolato.
Altre invece non hanno che pensieracci e divagazioni e la loro giornata è sempre indecisa, | [214] agitata, perché la loro mente è sempre come un cielo che annuncia la tempesta.
Che cos'è questo pensare retto o storto? Prendiamo le parole di S. Agostino: «I pensieri, i sentimenti, le parole e le opere sono la semente che noi seminiamo per l'eternità».
Noi seminiamo continuamente. Anche adesso i pensieri continuano a passare nella nostra mente; quanti ne seminiamo in un giorno? Dai sette anni, cioè da quando abbiamo avuto l'uso di ragione, quanti pensieri retti o storti sono passati per la nostra mente? Chi li può contare? La mente ha un lavorio incessante: è impossibile contare tutti i pensieri di un solo giorno; ma lassù sono scritti, perché noi li abbiamo seminati e al giudizio ci troveremo davanti un campo sterminato, pieno di erbacce e di zizzania o di buon grano. Qui si semina, là si raccoglie; la mietitura sarà conforme a ciò che si è seminato. Ora dei pensieri passati nella mente, non ci rimane neanche il ricordo, pare che tutto debba finir lì, ma lassù maturerà tutto.
E i sentimenti? Oh, il cuore è una tempesta, un vero semenzaio! E qui superbia, là invidia, e qui ambizione, lì avarizia: è un mulino a vento in continuo lavoro. Chi conta i sentimenti che passano nel nostro cuore?
I sentimenti di devozione, gli atti d'amore, gli atti di fede, le lotte interne, le giaculatorie, gli atti di speranza, i buoni desideri, chi può | [215] contarli? Sono tutti annunzi di frutti di buon grano, di buona semente per il granaio celeste. Alle volte qualcuna potrà dire: «Io non vorrei più seminare niente». No, non è possibile;
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seminiamo sempre; difatti anche se noi ci fermiamo il tempo passa, mentre noi anche inavvertitamente, anche nel sonno continuiamo a seminare.
Dopo l'uso di ragione chi ha contato le parole che abbiamo profferito? Sarebbe un problema difficile contarle! E dopo pronunziate non è tutto finito; sono soltanto seminate, e se erano buone produrranno il cento per uno, ma se non erano sante, quale tremendo cumulo di responsabilità!
Come si fa a seminare? Tutto è seme gettato, persino il riposo offerto a Dio. Noi seminiamo sempre o roba da inferno, o da purgatorio, o meriti da paradiso.
«Quae seminaverit»! Perché dice: «ciò che ha seminato»? Perché Dio non costringe a seminare e noi siamo liberi di seminare quel che vogliamo. Or Iddio ci aspetta per premiarci o per castigarci di ciò che avremo seminato: dunque se ti perdi è per tua colpa, se ti salvi è per tuo merito [perché hai corrisposto alla grazia]. Noi siamo liberi e possiamo fare come Eva che ha seminato semi amari ed ha raccolto frutti amarissimi, come Caino che ha seminato invidia ed ha ucciso Abele.
Vi sono nella stessa famiglia delle figlie che seminano il buon grano, altre la zizzania.
Chi in gioventù ama la povertà, andrà ricco | [216] in paradiso; chi cerca lode troverà disprezzo: «Dispersit superbos»5; chi studia sarà capace di insegnare; la buona figlia sarà una buona suora; chi vive nella tiepidezza, andrà in purgatorio; chi semina peccati si sentirà dire al giudizio da Dio: «Va' lontano da me, o maledetto, nel fuoco eterno»6. Chi è invidioso troverà invidia; chi si fa ignorante, impara e chi crede di sapere, sarà confuso: «Divites dimisit inanes»7. Chi disprezza, sarà disprezzato; chi compatisce, sarà compatito; il peccatore pentito, sarà perdonato; chi si ostina anche nei piccoli difetti, li porterà sino alla fine. Chi sarà disobbediente, troverà disobbedienza; chi ama la croce, sarà consolato; chi cerca consolazioni, non ne avrà. Bisogna umiliarsi. Mieterete ciò che avrete seminato.
L'anima, che ama molto Gesù Eucaristia, andrà molto vicina a lui in paradiso. L'anima, che ama generosamente Dio, avrà in cambio
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una misura colma che si riversa. Le figlie che sono proprio obbedienti, avranno da Dio la grazia di consegnarsi interamente a lui e gli attireranno un giorno un esercito di vocazioni. Mieterete ciò che avrete seminato.
Chi semina parole buone, sentirà sempre consigli e capirà le prediche; chi semina male, non capirà mai niente. Chi tace ed è meditativo, finisce per capir tutto, | [217] diventa saggio e, in mancanza di sacerdoti, è capace perfino a predicare.
Chi parla sempre, è una zucca vuota; chi è umile, è come un miele dolce, attira a sé tutte le anime.
Quando mieteremo? Due volte: una volta in vita e una volta in morte. In vita si raccolgono le opere della gioventù, perciò se una è stata buona scolara, più tardi insegnerà bene. Vi sono delle figlie che sanno fare un po' di tutto: sanno di macchine, di elettricità, di legatoria, di orto, di libreria, di cucina, di musica, di cucito, di propaganda, di beneficenza, ecc., insomma se la cavano in tutto; queste raccoglieranno quel che hanno seminato. Le anime altere non imparano e non raccolgono. Nella vita si raccoglie ciò che si è seminato in gioventù.
Ma quando si conduce una gioventù poco retta e pigra, si ha una maturità arruffata, tiepida, piena di fastidi, perché nella vita si raccolgono i frutti della gioventù, e nell'eternità si raccoglie il frutto di tutta la vita.
Passa una figlia che ha seminato parole sante, pensieri casti, essa vigila sulla sua anima come una mamma premurosa vigila sulla sua bambina, perché non abbia a farsi male. Vigila sul suo cuore, perché dalla mattina alla sera vi sia in esso una fioritura di rose e di gigli. Vigila sulle sue azioni, perché siano sempre animate da retta intenzione.
C'è un'altra figlia, invece, negligentona, distratta, che semina un po' di buon grano | [218] quando va in chiesa, e poi rovi, spine, ortiche, zizzania. Non ha che parole disordinate, pensieri e sentimenti storti, fa tutto male.
Sia l'una che l'altra, dopo un periodo più o meno lungo, alla fine della vita, si troveranno davanti a Gesù. La prima ha portato con sé un cumulo di opere buone che avrà sempre con sé e le staranno sempre dappresso formando il suo paradiso. Porterà un cumulo di piccole vittorie, di atti d'amore, di virtù, di rinunzie, che formeranno la sua gloria.
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L'altra non porta con sé nulla, ha le mani vuote di meriti. E se non ha seminato durante la vita, volete che semini in punto di morte? Potrà anche salvarsi, costei, ma appena a stento, non ha la gloria della verginità, né quella del dottorato, né dei santi confessori, né dei martiri, né quella dello zelo delle anime apostole. Ha seminato zizzania, la sua testa è stata un mulino a vento, ha seminato parole inutili, chiacchiere, cattivi esempi, avrà da scontare una pena lunga e poi entrerà in paradiso a stento, starà vicino alla porta, e delle sue opere, che dovrebbero formare la sua gloria, si prenderà ben guardia di parlarne.
Ciò che l'anima religiosa semina è il granello che darà il cento per uno; e ognuno mieterà ciò che avrà seminato. | [219]

[II. Premio o castigo saranno personali, eterni]

«Quae seminaverit homo haec et metet».
Noi seminiamo incessantemente o pensieri, o sentimenti, o parole, o opere. Purtroppo stiamo in pericolo di seminare male, motivo per cui nel campo della nostra vita può venir fuori e buon grano e zizzania. «Non hai seminato buon grano? chiesero i servi al padrone del campo. Come mai vi è spuntata della zizzania? Inimicus homo hoc fecit: il nemico di ogni bene ha fatto questo»8.
Fu tutto buon grano quello seminato da noi? Niente di zizzania?
Chi semina nella benedizione, mieterà i doni di Dio, chi semina nella corruzione mieterà nell'inferno; chi semina sacrificio e immolazione mieterà nella gioia. «Andarono avanti nei giorni della loro vita e con dolore e con fatica seminarono il bene, ma venne il giorno della raccolta e portarono in alto, con gioia i loro manipoli»9.
Mieteremo nella vita ciò che si è fatto nella gioventù, mieteremo nell'eternità ciò che si è fatto nella vita.
Seminiamo bene, perché la ricompensa che ci aspetta sarà eterna, perché la mietitura sarà | [220] abbondante, perché la ricompensa sarà nostra e di nessun altro. Ecco, quell'anima è entrata
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nell'eternità, e che cosa si è portata appresso? Soltanto il bene o il male compiuto.
Voi non vi porterete appresso il successo del vostro apostolato, né la voce con cui avete cantato, né la bellezza del vostro stato, ma i meriti dell'umiltà, l'amore con cui avete agito, non la bellezza della vocazione, ma la corrispondenza ad essa. Voi non porterete appresso le opere, ma la tiepidezza o l'amore con cui le avete fatte.
Supponete che una di voi sia sul letto di morte. Ah, se potesse buttare dalla finestra le parole, le opere vane seminate! Se potesse portare con sé solo le parole e le opere che testimoniano bene e presentarsi con esse al giudizio!
Considerate spesso Caino ed Abele. Il primo ha portato all'inferno i frutti dell'invidia, del male che ora lo roderà per sempre: questa è la pena continua del male compiuto che lo perseguita. Sono seimila anni che egli è nell'inferno; interrogatelo quanto vi starà e vi risponderà: Sempre, sempre! Il suo peccato l'opprimerà finché vivrà Dio.
Chiedete ad Abele quanto tempo starà in paradiso: Sempre! vi risponderà con gioia. Abele, modello di gioventù, è ricco di gloria in eterno.
Figliuole di San Paolo, ricordatevi: la vostra mercede sarà eterna. Se fate il bene, raccoglierete bene ed eternamente; se fate male raccoglierete il male ed eternamente, per sempre. | [221] Ciò che si è raccolto è raccolto per sempre.
La mietitura sarà abbondante. Il bene avrà un gran premio e il male, che è un insulto a Dio, avrà il più gran castigo: l'inferno.
Il goloso sarà tormentato dalla fame e dalla sete ardente; l'iracondo, sotto una montagna di pietre; l'invidioso, con un serpente nel cuore; chi si è presa una soddisfazione nel mondo, avrà quegli occhi, che hanno sostenuto certi sguardi, tormentati da un fumo e dalla vista dei più orribili spettacoli.
Certe figlie non possono sopportare la vista di un ferito. Nell'inferno dovranno sopportare eternamente la vista di ogni strazio. Qualche volta avete sofferto affanni ed ambascie, specie nel separarvi dai genitori, dalle persone più amate, ma il separarvi da Dio per andare nell'inferno, oh, quella è ambascia terribile, senza speranza! «O Padre, io sono tua figlia», gli manderete a dire. Egli risponderà: «No, che non sei mia figlia; tu mi hai offeso ed io non ti conosco più».
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Oh, la terribile solitudine d'un inferno senza Dio!
Povero dannato, quanto ti costeranno quelle occhiate, quei sentimenti, quegli affanni! Quel cuore che ha amato troppo le persone sarà trapassato da pugnali infuocati.
Non crediate che dicasi troppo, quando si dicono queste orribili cose dell'inferno! Oh no! Gesù stesso ce l'ha detto e ha aggiunto che il dannato sarà lacerato da un verme che non | [222] morrà: «Vermis eorum non moritur»10. Sarà grande il castigo. Non offendiamo più il Signore, perché i peccati sono semi che producono una mietitura terribile.
Amiamo invece il Signore. Egli è tanto buono, tanto degno di essere amato!
Sapeste che ricchezza troveranno quelle che hanno praticato bene il voto di povertà! In paradiso saranno regine, circondate dagli angeli, adornate dai meriti del sangue di Gesù: «Chi è costei che viene dal deserto del mondo, ornata di pietre preziose, appoggiata al suo Sposo celeste, adornata dei profumi più vaghi?»11, si domanderanno fra loro gli angeli. «È la vergine in vestito aurato, circondata di maestà»12.
Sapeste che ricchezza onora la povertà in paradiso! Sapeste che onori riceve l'obbedienza che ha cercato di compiacere, che si è spinta a certi eccessi, ad ubbidire fino agli inferiori: ah, l'obbedienza come esalta! Il servire alle altre, l'acconsentire a tutti i desideri ove è lecito, che premio riceve! Che onore avrà la vergine che non avrà amato altri che Gesù! La sposa starà con lo sposo per diritto divino e per diritto di natura, imparerà una lode che nessun'altro può cantare; entrerà in una schiera che sempre segue l'agnello, Gesù: «Virgines enim sunt»13, con | [223] S. Giovanni Evangelista, S. Stanislao Kostka, S. Agnese, S. Teresina, S. Luigi.
Lavorate, siate caste, povere ed obbedienti ed avrete la promessa: «Gaudete et exsultate»14. Grande è la mercede e Dio dice: «Ego ero merces tua, magna nimis: Io stesso sarò la tua ricompensa, grande oltre ogni misura»15. Dio sarà nostro: vedete se
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non sarà grande la ricompensa! Mettete ora nel rosario, per tutto il mese di ottobre, l'intenzione di ottenere che possiamo trovarci lassù tutti riuniti e che Dio ci assolva da tutte le manchevolezze.
Consideriamo: passa presto la vita e ci troveremo nell'eternità. Nel giorno del giudizio universale questo corpo sarà portato o nell'inferno dai diavoli o in paradiso dagli angeli, l'anima sarà già stata destinata all'eterno bene o all'eterno male.
Morì il ricco epulone e fu sepolto nell'inferno, morì anche il povero Lazzaro e gli angeli lo portarono in cielo16.
Figliuole, ci tenete molto che alla vostra sepoltura vi mettano in un sepolcro di marmo? Badateci poco, perché mentre vi faranno la sepoltura sulla terra, un'altra se ne farà lassù e può essere in due maniere.
Muore il tristo che ha seminato male e andranno i diavoli a prenderlo, lo porteranno nell'inferno e per lui sarà sacerdote Lucifero che | [224] canterà non «requiem aeternam», ma «tormenti eterni date a lui». Se l'anima poi fosse una religiosa che ha fatto i voti, quali scherni, quali insulti si lanceranno dai demoni che la porteranno più in giù e con quale gioia se la metteranno sotto i piedi! Che lanci di bestemmie si faranno contro Dio! Diranno i demoni: È nostra! È nostra! Tu, o Dio, l'hai chiamata, l'hai predestinata per te, ma ora è nostra. Che triste sepoltura!
Muore una religiosa pia, una religiosa santa, le sorelle accompagneranno quella mesta sepoltura e il sacerdote canterà: Requiem aeternam, mentre gli angeli vengono a prenderla per condurla in paradiso, come già fecero per la loro Regina, la Vergine santissima.
La presenteranno allo sposo dicendogli: Mettile l'anello, vestila di gloria e di letizia, circondala delle tue cure e delle tue ricchezze.
Sarà questa una festa più bella di quella della prima Comunione e del giorno dei voti. Gesù le dirà: «Veni, sponsa mea, columba mea, speciosa mea, coronaberis»17.
Dunque ci faranno la sepoltura o gli angeli o i demoni, anzi ce la farà Gesù stesso o alla sua destra o alla sua sinistra.
Che cosa decidete? Noi ci facciamo la nostra eternità a seconda
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della fede con cui operiamo. Qual è la fede che dobbiamo avere? Quali sono i due dogmi principali? | [225] Il primo articolo di fede da credersi di necessità di mezzo e di precetto, il più essenziale, per cui anche un pagano può salvarsi è appunto questo: che vi è un Dio che premia o castiga. «Credere oportet»18, dice S. Paolo, e la teologia insegna che questi due articoli si devono credere necessariamente per salvarsi. Per essere anime di fede, bisogna credere che vi è un Dio che ci ha creati e che ci aspetta per darci il premio o il castigo.
Vi sono dei contadini che hanno poche pratiche di pietà, ma non offendono mai il Signore, perché di tutto gli rendono conto; perciò riceveranno maggior premio in paradiso. Dobbiamo vivere nella fede sotto lo sguardo del Signore.
Dobbiamo essere religiosi, spogli di tutto ciò che è vano ornamento, affinché rimanga la parte costitutiva, il nocciolo che sta qui: credere che siamo dipendenti da Dio, il quale premia o castiga. Certune hanno fretta di fare i voti: mettete bene nel cuore queste verità di fede e operate bene, poi farete i voti e li osserverete bene.
Ricordatevi, ciò che abbiamo seminato in vita lo raccoglieremo nell'eternità; e nessuno che semina triboli o tempesta, raccoglie buon grano.
La ricompensa sarà: eterna, grande, nostra.
Viviamo fermi nella fede che c'è un Dio Padre, il quale ci regge e ci governa e che alla fine della vita ci darà un premio o un castigo.
Questo è l'essenziale da credersi: la sacra Scrittura lo ripete continuamente dal Genesi all'Apocalisse. | [226]
Per esso saremo salvi e raccoglieremo buon grano per i granai eterni.

[III. Camminare nell'amore e nel timor di Dio]

I due articoli principali della nostra fede sono questi: che viviamo sotto il governo di Dio, il quale ci ha creati e ci ha posti su questa terra per una breve prova, allo scopo di darci poi ciò che abbiamo meritato.
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Non gli sfugge un pensiero, un moto del cuore, una parola: egli vede chiaro anche nelle tenebre. Tutto è palese ai suoi occhi. Egli scruta il cuore e la mente dell'uomo, e tutto premierà o castigherà a seconda del nostro merito.
Operiamo bene alla presenza di Dio che deve darci il premio o il castigo, cerchiamo di fare il bene, anche quando non siamo veduti; poco importa che gli uomini ci credano buoni o cattivi; viviamo bene alla presenza di Dio che tutto vede e di tutto ha da giudicarci.
In una parola, bisogna avere di Dio il massimo timore e nutrire per lui il massimo amore.
Cosa vuol dire avere per Dio il massimo amore e di lui il massimo timore? Vuol dire che dobbiamo ricordarci che Dio è premio, è paradiso, quindi amarlo, desiderarlo, volerlo e nello stesso tempo ricordarci che egli è giusto vendicatore del male: «A me sta la vendetta, se sarete ostinati a fare il male»19. | [227]
Bisogna aver timore di Dio, che per castigo ci dà l'inferno, aver amore a Dio che in premio ci dà il paradiso. Bisogna dire spesso: Vi amo sopra ogni cosa. Temere Dio vuol dire aver timore di disgustare l'occhio e il cuore del Padre; temere Dio vuol dire aver tremore dei suoi castighi: il purgatorio e l'inferno. Amarlo vuol dire avere odio al peccato, fare la sua volontà, ascoltare i suoi consigli, i suoi desideri, seguire la vocazione. Bisogna amarlo il Signore, perché è buono. Amiamolo, dunque. Se lo merita tanto questo Gesù che è morto sulla croce, che ci ha usato delicatezze particolari. Amatelo, perché solamente in lui c'è amore e gioia; più si ama questo Dio e più si ha pace; più si ama nel sacrificio e più si diventa forti. L'amore di Gesù per noi è stato così forte da arrivare alla morte e il nostro amore è così debole da non saper perdonare né resistere ad una offesa.
Figliuole, amatelo tanto il Signore, perché è buono, ma abbiate amore e timore insieme! Vi sono dei tempi in cui l'amor di Dio attira con la sua grazia: «Trahe me post te: Attirami a te»20, o mio Dio; come il fanciullo è attirato da un regalo, così, o Signore, attirami a te, guadagnami, trascinami.
Qualche volta l'amore è freddo, languido, non attira l'anima, e allora bisogna spingere all'amore col timore. Che cosa sarà di
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me se mi danno? Se vado in purgatorio? Sono così debole, | [228] temo perché posso di nuovo cadere, ho un'esperienza brutta del passato; temo perché gli occhi, la lingua, mi possono di nuovo condurre al male, le passioni possono di nuovo conquistarmi e posso essere di nuovo trascinato al peccato. E questo timore è santo.
Certe volte basta l'amore, altre volte il timore. Due suore tiravano un carretto, una davanti e una dietro. Quella che stava davanti figura l'amore per cui basta tirare, l'altra figura il timore. Alle volte non basta tirare, ma bisogna spingere e questo è il timore. Se l'amore sta davanti e il timore dietro, il cuore cammina a posto. Quelle che hanno solo il timore sono più umili, ma non si fanno i meriti; quelle che hanno solo l'amore a volte sono leggere, dunque bisogna dire con la Chiesa: «Domine, fac nos timorem et amorem pariter habere perpetuum: Signore, dateci l'amore pari al timore».
Andiamo su per la scala fiancheggiata da due ringhiere: a destra sta quella dell'amore, a sinistra quella del timore, sono necessarie tutte e due per non cadere né da una parte né dall'altra. «Trafiggi il mio cuore col tuo santo timore»21 dice il Profeta. Dal timore si comincia a farsi santi e l'opera della nostra conversione è d'ordinario cominciata dal dono del timore che ci fa temere l'offesa di Dio. Non si arriva alla corona dell'amore se non per il timore, perché il timore è l'umiltà. Ora l'umiltà | [229] è il primo gradino nella scala dell'amore, è quindi necessario che si cominci dal primo gradino: «Initium sapientiae timor Domini»22. L'ultimo gradino della scala è la carità o l'amor di Dio, per cui si merita e si fanno le azioni virtuose. Chi vuol salire bene la scala deve passare sempre per il primo scalino, quindi non si arriva alla corona dell'amore, se non per il timore. Di qui si comincia a farsi santi.
Vi è il timore imperfetto che teme solo il castigo, ma vi è anche il timore delle anime perfette che temono di disgustare Dio, di piantar le spine nel cuore di Gesù, temono il peccato, temono di togliere la gloria di Dio. Questo timore è una beatitudine: «Beato l'uomo che sempre teme»23, è carità perfetta, è timore
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filiale e s'accorda con l'altra beatitudine: «Beati quelli che piangono, perché saranno consolati»24. Tutti i santi hanno avuto a base della loro santificazione un santo timor di Dio.
I martiri non hanno temuto i tiranni e per non offendere Dio hanno dato la vita. Vi sono delle suore che non la capiscono e parlano di amore, di cose sublimi e non hanno timore. Provate a camminare con una gamba sola, non si resiste, bisogna usarle tutte e due. Veniamo, dunque, alla pratica: piangiamo i peccati, l'offesa di Dio, la incorrispondenza alle grazie, questo è il principio della santificazione, la realtà della vita spirituale, | [230] è il timore santo. L'anima che arriva ad avere pari il timore e l'amore ha le gambe di ferro ed è soda nella pietà. Le figlie che volano per aria, fanno i capitomboli e si rompono il naso. Per vivere ci vuol roba soda, sostanziosa, non rarità e leggerezze. Siate sincere, andate alla realtà, la pietà vaporosa non sostiene, ci vuol qualche cosa di sodo. Se volete andare avanti nella virtù, vedrete come Gesù poco per volta distaccherà dalla corona le spine e ce le farà sentire, toglierà la pesante croce dalle sue spalle e ce la metterà addosso, con i suoi chiodi ci pungerà cuore e anima.
Gesù ci farà provare il disgusto e il dolore dove più abbiamo amato; se poi si compiacerà di darci anche la croce più grande, la pena di sentirsi lontane da Dio, abbandonate anche da lui, la pena massima del cuore, la lanciata nel costato, allora sarà tutto compiuto, ma se non saremo sode nella virtù, come potremo sopportarlo?
Amiamolo questo Gesù, con tutta la mente, con tutta la volontà, con tutto il cuore, con tutta l'anima. Quando volete conoscere se avete fede o no, osservate se avete amore e timor di Dio. Vi sono delle persone che non offendono mai il Signore, temono il peccato, non hanno altro che odio al peccato e amor di Dio. Questa è la vera fede che fa i religiosi.
Rimane nella mente il: «Redde rationem»25 che il Signore dirà al giudizio.
| [231] «Ambulate dum lucem habetis»26: operiamo il bene mentre è giorno, poi verrà la notte e non si vedrà più. Ora viene l'applicazione
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pratica: quest'amor di Dio che vive nella mente e nel cuore non può esser vaporosità, ma vigilanza continua, perché lo Sposo celeste non trovi nulla nella sua sposa, che possa disgustarlo.
Esser veramente religiosi vuol dire: temere sempre il peccato, tendere alla perfezione, operare per piacere a Dio solo. Santificare il giorno fin dalla levata con l'ubbidienza, con la sommissione alle Maestre, facendo tutte le cose con diligenza ed esercitando una continua mortificazione. Proprietà e semplicità in tutto: semplici come colombe, prudenti come serpenti27. Seminate la giornata di opere buone, senza affanni, con umiltà: santificate la giornata. Prendete in bene gli avvisi del confessore e delle Maestre, umili e diligenti negli uffici, modeste in ricreazione, fervorose nelle pratiche di pietà, diligenti nelle opere quotidiane: tutto per amor di Dio e per la sua maggior gloria. Questa è la carità, questo è amor di Dio.
Gesù desidera vedere in noi un cuore pronto, obbediente, umile, mortificato, generoso per poi poterci dare un bel paradiso.
Vivete fra le due ringhiere: l'amore e il timore; camminate senz'affanni, seminando opere buone. Il Signore vi benedirà e vi preparerà il premio eterno.
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* Ritiro mensile, tre meditazioni, in ciclostilato, fogli 8 (23x35) dal titolo «Ritiro di ottobre». È stato tenuto ad Alba il 27-28 settembre 1931 dal Primo Maestro. È stato stampato con il titolo «I seminatori di bene» in HM I/1, p. pp. 210-231, che nella presente raccolta si assume come originale. Vi è pure una copia del ciclostilato originale nell'Archivio della SSP, per questo si pensa che la predicazione fu rivolta a tutta la FP.

1 Gal 6,7.

2 Cf Mc 4,26-29.

3 Cf Mt 13,24-30.

4 Cf Mt 13,3-9.

5 Lc 1,51: «Ha disperso i superbi».

6 Cf Mt 25,41.

7 Cf Lc 1,53: «Ha rimandato a mani vuote i ricchi».

8 Mt 13,27-28.

9 Cf Sal 126,6.

10 Is 66,24.

11 Cf Ct 8,5.

12 Cf Sal 45,10.

13 Ap 14,4: «Infatti sono vergini».

14 Cf Mt 5,12.

15 Cf Gen 15,1.

16 Cf Lc 16,22.

17 «Vieni, mia sposa, mia colomba, mia bella, sarai incoronata». Adattamento di versetti del Cantico dei Cantici e di espressioni della liturgia delle vergini.

18 Cf Eb 11,6: «È necessario credere».

19 Rm 12,19.

20 Cf Ct 1,4.

21 Cf Sal 118,120 (Volgata).

22 Cf Sir 1,12: «Principio della sapienza è temere il Signore».

23 Cf Pr 28,14.

24 Cf Mt 5,4.

25 Cf Lc 16,2: «Rendi conto».

26 Cf Gv 12,35.

27 Cf Mt 10,16.