Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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103. LA BONTÀ103
1. Questa sera consideriamo questo punto: la bontà. Gesù non ha detto solo «Io sono il buon Pastore», ma «il buon Pastore è colui che ama veramente le pecorelle fino a dare per esse la sua vita» (cf. Gv 10,11).
Che cosa significa bontà? La bontà è il fiore della carità, è una manifestazione esteriore di quell'amore che si porta ai fratelli e quindi procura loro quei beni che vorremmo avere noi, per l'anima e per il corpo.
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2. In certe pagine del Vangelo sembra quasi che Gesù si occupi più delle cose temporali che della predicazione. Egli, manifestando questa sua bontà, attirava a sé le turbe e faceva loro del bene. Gesù chiuderà la storia umana con un atto che indicherà quanto è grande la sua bontà: «Venite, benedetti, voi che mi avete dato da mangiare...». «Ma quando ti abbiamo visto affamato? Ogni volta che l'avete fatto al minimo dei miei fratelli l'avete fatto a me» (Mt 25,44-45). Allora Gesù premierà ciascuno di noi secondo la nostra bontà.
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3. Aiutare i corpi per salvare le anime, cioè facciamo la carità temporale per fare poi la carità spirituale.
Come bisogna comportarsi con Gesù? Occorre trattare bene gli altri come se si trattasse con Lui.
Considerare le parrocchie come famiglia di Dio dove tutti si vogliono bene. Nella parrocchia vi è un capo che è il parroco e, tra il parroco e le pecorelle, vi è la pastorella.
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4. La parrocchia è una famiglia e in essa ci sono vari elementi da considerare; ci sono i vecchi i giovani, gli adulti, gli abbienti, i poveri, i malati tutti famiglia di Dio!
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5. Ma c'è ancora tanta disparità! In una famiglia tutto è di tutti perché tutto è del Padre; se c'è veramente famiglia, occorre allora che accorciamo le distanze tra il ricco e il povero. Come si può trascorrere bene il Natale quando ancora esistono famiglie molto ricche e famiglie in cui non c'è da accendere nemmeno il fuoco?
I poveri erano i «cari» di Gesù.
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6. Le suore pastorelle hanno questa missione: domandare al ricco per soccorrere il povero. Su questo punto vi è ancora un passo notevole da fare. Si è ottenuto molto in certe parrocchie dove si è organizzato questo con il parroco. Si può costituire la «guardaroba» o la «dispensa» del povero che vengono sostenute da chi possiede di più.
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7. Assicurare alle persone che fanno beneficenza che quello che danno col cuore va al povero. Le pastorelle in questo troveranno molto aiuto perché tutti comprendono che chi dà al povero è beneficato da Dio. In quante parrocchie è avviata questa opera! Certi poveri hanno vergogna di chiedere, allora la suora che li conosce farà loro la carità senza farlo sapere. La carità sarà premiata doppiamente da Gesù.
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8. Portate la serenità ovunque! La comunità in cui c'è tanta bontà fra i membri è quella in cui fiorisce la carità verso i poveri. Se si amano le sorelle si effonde la bontà, è come un fuoco che si accende e dà il calore un po' ovunque.
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9. La cosa naturale della bontà è comprendere: comprendere i dubbi, le difficoltà. Quando regna la bontà fra tutte, la comunità diventa un luogo di conforto e di sostegno. Vi sono suore che si amano, esse trovano il buon Pastore in cappella. La bontà! «Beati i miti perché possederanno la terra» (Mt 5,5); per terra si intendono i cuori degli uomini.
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10. E importante unirsi tutte nella preghiera e di essere le «buone pastorelle».
Il nostro ministero avrà per questo più del doppio di frutti e frutterà più de doppio di vocazioni.

Albano Laziale (Roma)
1 agosto 1955

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103 Albano Laziale (Roma), 1° agosto 1955