Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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9. PROFESSIONE RELIGIOSA
Articoli 110-118 (conclusione)
USCITA DALLA CONGREGAZIONE
E DIMISSIONE DELLE SUORE

Articoli 119-139


IV Istruzione, Castel Gandolfo, 16 agosto 19581




Vi è il ritualino2 per l’ammissione al noviziato, per l’ammissione alla professione, per l’ammissione alla vestizione e poi per la professione perpetua. Per la professione perpetua il rituale da seguirsi è uguale a quello della prima professione, variando la formula nelle parole che sono l’essenziale. Generalmente con la prima professione si prende un nome religioso, il quale non è prescritto dal Diritto Canonico, ma è uso.
«Prima della professione perpetua si osservino le prescrizioni di cui nell’articolo 53» e cioè, come si era già fatto il cosiddetto esame canonico, qui si ripete: prima della professione perpetua si notifica all’Ordinario che questa professione perpetua dovrebbe avvenire il tal giorno, cioè due mesi dopo; e l’Ordinario o direttamente o per mezzo di un suo delegato interverrà per accertarsi se l’aspirante o la candidata alla professione perpetua sa bene quello che sta per fare, e se è preparata spiritualmente. Generalmente adesso oltre l’esame su questa libertà di elezione, si fa anche l’esame sopra l’intimo3.
La professione perpetua generalmente si fa con particolare solennità.
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Ora, gli effetti della professione4 quali sono?
«La professione religiosa - articolo 113 -, essendo una pubblica consecrazione a Dio, rende la persona sacra5, per cui ogni ingiuria reale contro la persona della religiosa costituisce sacrilegio. Produce poi nell’anima particolari effetti soprannaturali». Rende la persona sacra: quindi colpire la persona con atti o percosse, eccetera, costituisce sacrilegio.
«114. In forza della professione religiosa, la suora giuridicamente diventa membro della Congregazione, viene costituita nello spirito religioso, ne contrae quindi gli obblighi, ne gode i privilegi e i diritti, è soggetta alla potestà delle legittime superiore, a norma del Diritto comune - che vuol dire Diritto Canonico - e delle presenti Costituzioni». Diventa membro effettivo… quindi vera suora; perciò con gli obblighi di osservare quanto è prescritto e con i privilegi a cui le suore anche perpetue hanno [diritto].
«115. Le professe di voti temporanei sono tenute all’osservanza delle Costituzioni, godono delle indulgenze, e degli stessi privilegi e favori spirituali delle professe di voti perpetui, e, se venissero a morire, hanno diritto agli stessi suffragi»: perciò, le indulgenze concesse, e i privilegi che ha la suora ordinaria, professa.
«Non hanno voce passiva; voce attiva l’hanno solo nei casi espressamente indicati nelle Costituzioni»: voce passiva, cioè non possono essere elette a certe cariche, supponiamo a vice-maestra delle novizie come anche a maestra delle novizie senza dispensa, e così non possono essere elette a consigliere dell’Istituto, eccetera; la voce attiva è chi elegge: quando è che la suora è ammessa a prendere parte alle elezioni? Nei casi che ci sono avanti, cioè quelli determinati dalle Costituzioni, più avanti quando si tratta del governo.
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«Il tempo prescritto per godere della voce attiva - poter eleggere - e passiva - poter essere eletta - si computa sempre dalla prima professione» e non dalla professione perpetua.
«117. In forza della professione religiosa, tutti i voti privati fatti prima della professione rimangono sospesi nella loro obbligazione per tutto il tempo che la suora rimane in religione». Se si era obbligata a qualche cosa, per esempio a dire il rosario intiero tutti i giorni, il voto è sospeso, non obbliga più; così se avesse preso qualche impegno di entrare in un’altra religione, non obbliga più; e impegni simili. Qualcheduna ha domandato se, essendo terziaria francescana o terziaria domenicana, è ancora obbligata ad osservare i doveri di terziaria. No: la religiosa dipende dalle sue superiore. Resta annullato ogni altro voto; non annullato in un modo definitivo, ma finché sta suora, finché è suora; se uscisse, i voti emessi in antecedenza rivivono - se erano perpetui, si capisce -.
«118. La professione religiosa, sia temporanea che perpetua, non rende invalidi ma illeciti gli atti contrari ai voti». Se ha da fare un acquisto oppure ha da vendere una proprietà, l’atto è valido ma illecito, e quindi bisogna che chieda il permesso. Se ha ricevuto in eredità un terreno, una casa, e allora per vendere si procurerà il consenso della superiora generale la quale lo darà secondo il Diritto, secondo le Costituzioni.

Oh! Abbiamo accennato che la vocazione, se viene corrisposta, è un continuo progresso nella virtù e nella santità, negli uffici, eccetera; e invece può essere non corrisposta la vocazione, o uscendo, oppure rimanendo con l’abito e invece svestendosi dello spirito dell’Istituto.
Può una professa uscire? Qui gli articoli seguenti chiariscono bene. Può uscire, finché è temporanea, di sua volontà allo scadere dei voti; e può essere dimessa per motivi giusti dalla superiora, fino allo scadere dei voti, fino a quando scadono i voti e non viene ammessa a rinnovarli. Poi vi è la professione perpetua.
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Secolarizzazione e uscita alla scadenza dei voti6.
Ben considerare che si tratta qui della professione temporanea: quindi i voti vengono a scadere annualmente per tre anni; o dopo il biennio, quarto e quinto anno. «La dispensa dei voti religiosi, sia temporanei che perpetui, è riservata all’Ordinario del luogo».
Vedete, qui vi è una differenza da notarsi. Finché l’Istituto è di diritto diocesano, è soggetto al Vescovo: quindi la dispensa è data dal Vescovo. Quando l’Istituto dopo un certo tempo diventa di diritto pontificio, la dispensa viene data dalla Santa Sede attraverso la Congregazione dei Religiosi. Ma la prima Approvazione, siccome è sempre dell’Ordinario, allora e finché dura quella condizione di [essere] soggetti a lui, è lui che può dispensare e a lui si deve fare la domanda quando occorre.
«120. La professa di voti temporanei, scaduto il tempo della professione, può liberamente lasciare la Congregazione». Dunque, scaduto il tempo dei voti temporanei, può uscire e può essere dimessa senza altro, senza ricorrere al Vescovo, quindi.
«121. La superiora generale, con il parere del suo consiglio, finito il tempo dei voti, per giusti e ragionevoli motivi, può non ammettere la suora alla rinnovazione dei voti temporanei o all’emissione della professione perpetua; non può tuttavia fare questo per ragione d’infermità delle suore stesse, della suora stessa, se non si ha una prova certa che la malattia fu maliziosamente taciuta o dissimulata prima della professione». Può essere che una avesse una malattia occulta e tuttavia è una malattia pericolosa, la quale poi portava le sue conseguenze. Se l’aspirante l’ha detto prima della professione, eppure viene ammessa ugualmente alla professione, non la si fa andar via perché malata, perché la malattia ha una data antecedente; ma se maliziosamente per entrare avesse taciuto il suo male, allora si può dimettere anche per malattia. Però bisogna che consti sicuramente che ha taciuto il suo male maliziosamente. Se non è maliziosamente, per
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esempio perché non conosceva il suo male ancora, allora se non lo conosceva non c’è stata quella malizia e quindi non ha taciuto con inganno il suo male… e quindi non vi fu malizia: si deve ritenerla, anche ammalata.
«122. La suora secolarizzata, oppure uscita alla scadenza dei voti, che volesse rientrare in religione, deve prima ottenere la dispensa dalla Santa Sede». Qui non basta più l’Ordinario, perché un rientrare è cosa che deve accadere rarissimamente: perché se è già stata infedele una volta è più facile che sia infedele un’altra; perciò la questione va portata più in alto: invece che al Vescovo, va portata alla Santa Sede. «Deve inoltre - se rientrasse - ripetere il noviziato e fare nuovamente la professione temporanea, come se mai fosse stata in religione», ma fosse un’aspirante entrata giovane, ad un certo punto da giovane. Vi consiglio: non riammettere, eccetto un caso veramente straordinario.
«123. Le professe di voti perpetui che illegittimamente, cioè senza avere ottenuta la dispensa dai voti, escono dalla casa religiosa con l’intenzione di non più ritornarvi; oppure che, dopo esserne uscite con il permesso dei superiori, non vi fanno ritorno, ma restano fuori di proprio arbitrio con l’intenzione di sottrarsi all’obbedienza religiosa, sono apostate dalla propria religione». Dunque che escono senza il permesso, oppure senza l’intenzione di tornare; oppure prima avevano intenzione di ritornare, ma poi non vi ritornano, allora sono apostate. Se ha avuto il permesso di stare un mese in famiglia per curarsi e dopo non rientra più, bisogna invitarla; e se non rientra allora è apostata «e per ciò stesso incorrono - in questi casi le suore che facessero così - nella scomunica riservata soltanto al Vescovo7 (se l’Istituto è assoggettato al Vescovo) e poi perdono tutti i privilegi della religione, e, non essendo sciolte dai voti, sono obbligate a ritornare in religione, rimanendo per tutta la vita prive di voce attiva e passiva», se rientrano; e sono obbligate a ritornare: e se non ritornano, l’Istituto le dimette.
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«124. Le professe sia di voti temporanei che di voti perpetui, le quali, senza il permesso della superiora, abbandonano la casa religiosa, ma con l’intenzione di ritornarvi, sono considerate fuggitive; perdono senz’altro l’ufficio che occupavano e sono soggette ad altre pene». Perché può essere che una un giorno8, perché ha ricevuto una buona sgridata, si assenti dall’Istituto o perché ha un capriccio - voleva andare a casa perché c’era lo sposalizio della sorella -, e allora è considerata fuggitiva e perde l’ufficio che aveva così in casa. E vi sono altre pene che sono annotate nel Diritto Canonico.

La dimissione delle professe di voti temporanei9, e poi la dimissione delle professe di voti perpetui.
«La suora professa di voti temporanei, mentre durano i voti, può essere dimessa dall’Ordinario del luogo ove si trova la casa religiosa», quando l’Ordinario viene a sapere perché c’è prova chiaramente10, perché manca gravemente. «Egli però non userà di questo suo diritto all’insaputa o contro la giusta opposizione della superiora generale e del suo consiglio». Il Vescovo chiamerà la superiora generale e le farà notare che quella suora, supponiamo, è un po’ di scandalo, sì: tratta troppo facilmente con uomini, per esempio, o si tiene11, andando a fare le commissioni, in modo non serio, non adatto per una suora. «Sotto pena di colpa grave, nella dimissione delle suore di voti temporanei, si devono osservare le condizioni prescritte negli articoli seguenti».
«Le cause di
12 [dimissione di una suora con voti temporanei devono essere gravi. Tali cause possono verificarsi tanto da parte della religiosa, come da parte della Congregazione. La mancanza di spirito religioso, se sia tale che riesca di scandalo alle altre], è sufficiente motivo per pronunciare la
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dimissione, quando le ripetute ammonizioni, unite a una salutare penitenza13, non hanno prodotto alcun effetto; non però l’infermità, eccetto che non si abbia prova certa che tale stato di salute esisteva avanti la professione, e fu maliziosamente taciuto o dissimulato», come già detto prima. Il motivo grave… l’articolo considera come motivo grave [la] mancanza di spirito religioso, quando finisce con l’essere di scandalo alle altre: mancanza di pietà, mancanza di obbedienza, mancanza di povertà, eccetera. Questo sempre quando si è temporanee, vero?
«127. Questi motivi di dimissione devono essere provati e conosciuti in modo certo dalla superiora generale con il suo consiglio e dall’Ordinario del luogo, ma non è necessario che risultino da formale giudizio». Non può la superiora locale dimetterla. «Tuttavia si dovranno sempre manifestare alla suora i motivi, dandole piena facoltà di rispondere». Se però si lasciano scadere i voti, allora può essere dimessa senza queste formalità. Dopo sei mesi, otto mesi dalla professione temporanea, non si mostra brava, si lascia finire il tempo fino a dodici mesi e poi le si dirà: Non sei più ammessa ai voti e basta, non ci vogliono altre formalità. Se invece la si vuole dimettere dopo sei mesi, ci vogliono queste formalità.
«128. Contro il decreto di dimissione, la suora ha il diritto di ricorrere alla Santa Sede - anche se l’Istituto è soltanto di diritto diocesano -; e, se ricorre entro dieci giorni, pendente questo ricorso, anche l’effetto della dimissione resta sospeso» fino a che la Santa Sede risponderà.
«La suora professa di voti temporanei, legittimamente dimessa a norma degli articoli precedenti, è sciolta senz’altro dai voti religiosi, deve deporre immediatamente l’abito religioso e ritornare al secolo, cessando tutti gli obblighi e i privilegi che aveva nella vita religiosa». Perché per convenzione tra la Santa Sede e lo Stato Italiano, l’autorità civile è incaricata di far deporre l’abito religioso a chi non lo è e anche l’abito ecclesiastico a chi non lo fosse; perché niente
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meno [uno] si era vestito da vescovo e denunziato ai carabinieri, era poi un furfante! È entrato a dire la Messa… può succedere tra la malizia degli uomini anche questo. Che l’Istituto, se non deponesse l’abito, deve far denunzia ai carabinieri, perché potrebbe fare delle mancanze o dare scandalo davanti ai fedeli che credessero che ancora fosse suora14.

Invece, quando sono di voti perpetui15, allora la cosa è più difficile.
«Per la dimissione di una suora di voti perpetui spetta alla superiora generale riferire la cosa all’Ordinario del luogo», e se l’Istituto è di diritto pontificio alla Santa Sede; e si presentano «tutti gli atti e documenti a norma dell’articolo 132». Sono quelli descritti più avanti.
«131. Per dimettere una suora professa di voti perpetui, si richiedono colpe gravi, esterne, insieme con l’incorreggibilità, dopo inutili ammonizioni ed esperienze, anche trasferendo la religiosa in altra casa, se sarà giudicato conveniente; cosicché non resti più speranza di ravvedimento, a giudizio della superiora generale con il suo consiglio, e dell’Ordinario del luogo», cioè del Vescovo. E quindi le colpe devono essere gravi e non leggére e non certe mancanze di carità, piccole disobbedienze esterne - perché può essere che una manchi da sé - e quindi, quando è esterna, crea atti di scandalo. E dopo che è stata corretta e ricorretta e anche castigata, se continua così, la si può trasferire anche in un’altra casa, casomai trovando una superiora che la comprende, che la compatisce, che la incoraggia… questa superiora possa ancora sperare di rimetterla sulla buona via; potrà ottenere il trasferimento.
«132. Perché la dimissione di una suora di voti perpetui sia fatta legittimamente, si devono osservare le seguenti norme: 1) Le cause della dimissione e la incorreggibilità della suora devono risultare in modo certo alla superiora generale ed al suo consiglio; quantunque16 non sia necessario che
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siano provate per via di formale giudizio». E cioè la si chiami, si chiedano…, si chiamino i testimoni e le si presentino i suoi mali, le sue mancanze e che essa risponda. E sì, potrebbe anche essere che in qualche caso vi sia stata calunnia, e se essa sa giustificarsi, è giustificata. Del resto è stata lesa la vocazione, eccetera17... «2) Le cause della dimissione si devono sempre chiaramente manifestare alla suora, la quale ha il diritto di esporre liberamente le sue ragioni». Si espongono, la suora risponde. E «[3)] Tali ragioni è necessario siano manifestate anche per iscritto e, firmate dalla suora stessa, devono essere fedelmente riportate negli atti18», conservati in archivio. Allora l’atto della superiora e le difese della suora vengono riferite al Vescovo: «[4)] Tutto sarà quindi esaminato nel consiglio generale; se a maggioranza di voti segreti si giudicherà necessaria la dimissione della suora, la superiora generale in una relazione firmata da lei stessa e dalle consigliere, unendovi pure tutti gli atti e documenti che vi si riferiscono, deferirà la cosa al Vescovo, all’Ordinario del luogo»; egli giudicherà e sarà lui a decretare la dimissione, ma la suora potrà sempre ricorrere [alla Santa Sede], secondo come si è veduto in antecedenza all’articolo 12819.
«133. La professa di voti perpetui dimessa dalla Congregazione a norma degli articoli precedenti, rimane senz’altro libera dai voti religiosi: deve quindi immediatamente deporre l’abito religioso e ritornare al secolo», e può ricevere i sacramenti - mentre che se fosse una apostata, non può ricevere i sacramenti, perché è apostata -; è dispensata dai voti, può ricevere anche il matrimonio, cioè può passare ad un altro stato20.

Vi può essere qualche dimissione straordinaria21 che non è neppure necessario che vi legga. E questa avviene quando
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ci fosse una colpa esterna la quale potrebbe essere pubblica, oppure è già diventata pubblica. Allora non c’è bisogno di tanti giudizi e di ammonizioni. La superiora generale con il suo consiglio la dimette e riferisce la cosa al Vescovo, il quale giudicherà se la dimissione è stata fatta bene con le ragioni che sono enumerate nel Diritto che approvano la dimissione.
Rarissimamente avviene questo: una suora che scappa con un uomo; bisogna che nessuna prenda ammirazione per questo22, perché se noi non preghiamo sempre, bisogna che temiamo sempre che un giorno, se il Signore non ci tiene la mano sul capo, possiamo cadere in eccessi. Perciò san Filippo diceva: Signore, tenetemi la vostra santa mano sul capo, se no Filippo ve ne fa qualcheduna grossa 23. E perché? E perché, mica che facendo i voti uno diventa impeccabile: tutt’altro, tutt’altro! E allora camminare sempre con un certo timore: timore che non porta alla disperazione, allo scoraggiamento, ma timore che porta alla preghiera, e mettersi di maggior buona volontà. Confidiamo che il Signore liberi tutti da questa disgrazia.

Veramente vi è ancora un piccolo punto: 5. Diritti della Congregazione e delle suore in caso di uscita o dimissione24.
Nulla possono pretendere dalla Congregazione, uscendo, tanto se erano professe temporanee quanto se erano perpetue. Tuttavia si consegnerà quel piccolo corredo che si crede, ma non possono pretendere compensi per i lavori prestati, ancorché la Congregazione alle volte dai lavori da loro compiuti abbia degli utili. Se una suora scrivesse un libro, e questo
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libro è di larga diffusione… quando essa esce, l’utile del libro è sempre della Congregazione e non della suora.
Se poi una suora non potesse provvedere a se stessa subito o perché non ha parenti, e quindi deve cercare un impiego, un posto di servizio magari, in quel tempo la Congregazione darà un sussidio caritatevole, come è detto nel Diritto Canonico; cioè per un certo tempo, qualche mese ad esempio o alcuni mesi, darà un sussidio mensile e questo finché la suora abbia trovato un posto di servizio o un altro impiego in maniera di provvedere a se stessa. Non oltre un certo tempo, per quanto può servire. Se la suora uscita non è contenta del sussidio datole può ricorrere all’Ordinario - e se si tratta di Istituti di diritto pontificio, alla Santa Sede -.
Possibilmente, quando dovessero uscire, far le cose in comune accordo: Non puoi più andare avanti… persuàditi; ti aiutiamo a cercare un posto… esci con la tua stima e con la benedizione delle Madri… e ti avvii per una strada in cui puoi vivere da buona cristiana e salvarti, così. Non spingere alla disperazione. Possibilmente non lasciarsi con amarezza, in maniera che la ex-suora nutra poi ancora sempre sentimenti di benevolenza e riconoscenza verso l’Istituto in cui è stata.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 32/58 (Nastro archivio 36. Cassetta 36, lati 1/2. File audio AP 036). Titolo Cassetta: “Art. 113ss. Professione temporanea”.

2 Parla dei rituali ad uso delle Congregazioni Paoline. Vedi p. 71, nota 11; e p. 89.

3 Allude alle intenzioni più profonde della persona.

4 4. Effetti della professione (artt. 113-118).

5 Il Ds porta: rende la suora persona sacra.

6 1. Secolarizzazione e uscita alla scadenza dei voti (artt. 119-124).

7 Il Ds porta: riservata all’Ordinario del luogo.

8 Parola incerta.

9 2. Dimissione delle professe di voti temporanei (artt. 125-129).

10 Parola incerta. Potrebbe anche dire: veramente.

11 Il PM dice: o tenersi.

12 Interruzione per cambio del nastro magnetico sul lato 2 della stessa bobina.

13 Nel Ds: penitenza salutare.

14 Tutto il periodo è incerto, per il pessimo audio.

15 3. Dimissione delle professe di voti perpetui (artt. 130-133).

16 Il PM dice: sebbene.

17 Espressione incerta.

18 Il PM dice: e poi riportate fedelmente negli atti.

19 Tutta l’espressione è incerta.

20 Espressione incerta.

21 4. Dimissioni straordinarie (artt. 134-136).

22 Da intendere: se ne faccia meraviglia, si stupisca di questo.

23 È un noto detto di san Filippo Neri (1515-1595). Cf ORESTE CERRI, S. Filippo Neri, Aneddotico (1939), Roma 19862, pp. 267-268: «Quando il Santo sentiva narrare di qualche grave mancanza commessa da qualcuno, invece di meravigliarsi o di scandalizzarsi, come sogliono fare con spirito farisaico molti, giungendo le mani in atto di preghiera, soleva dire: “Signore, mettetemi le mani sul mio capo altrimenti anch’io potrei far questo e anche peggio!”. Ogni volta che usciva di casa diceva, raccomandandosi al Signore: “Mio Dio, tenetemi la Vostra mano sul capo, altrimenti Filippo vi tradirà”».

24 5. Diritti della Congregazione e delle suore in caso di uscita o dimissione (artt. 137-139).