Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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17. CARITÀ FRATERNA
(conclusione)
CONFESSIONE E COMUNIONE
Articoli 188-202


IV Istruzione, Castel Gandolfo, 18 agosto 19581




La carità richiede anche che si faccia del bene a tutte: ognuna ha da studiarsi quali cose, quali servizi, quali aiuti, quali opere può compiere in servizio della comunità. Certamente questo dipende in primo luogo dal compiere bene il proprio ufficio: chi fa scuola, farlo bene; chi governa, governar bene; chi fa la cucina, farla bene; chi amministra, amministrar bene; la sacrestana deve far bene; chi fa l’ufficio ordinariamente di portinaia, farlo bene. E tutto dipende da questo: far bene le singole [cose]… e allora resta un procedere armonico, ordinato, pacifico, progressivo. E tanto chi studia come chi compie l’apostolato, far bene, sì.
Vi sono poi delle cose che sempre son necessarie: l’esempio di osservanza diligente e degli orari, osservanza regolare della vita in casa… E dimenticare un po’ noi stesse, dimenticarsi: questa è gran cosa, eh!... allora l’amor proprio è sostituito dall’amore di Dio e dall’amore del prossimo. Vi sono persone che hanno un profondo senso di egoismo, persone che han le loro preferenze perché una è con loro servizievole, garbata, gentile... e con le altre invece si mostra tutt’altro. Il buon esempio che è la predica vissuta e continuamente predicata in silenzio, quella predica, cioè ripetuta dal mattino alla sera silenziosamente: il buon esempio. Non abbiamo sempre da
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guardar cosa fanno le altre, ma guardare noi stesse, ecco: «Attende tibi»2 [1Tm 4,16], guarda te stessa! Sì.
Vi sono persone che fanno quel proposito: Voglio dimenticarmi. Se è inteso bene, è un buon proposito; se non fosse inteso bene, non sarebbe un buon proposito. Non è vero? Dimenticarmi… dimenticarmi di farmi santa? E dimenticarmi, cioè prima pensare agli altri che pensare a me: questo è vincere l’amor proprio… la vera carità. Oh! Tutto questo che si è detto riguardo ai voti, alla carità fraterna, alla carità verso Dio, all’osservanza religiosa, è difficile… e ciascheduna può pensare: Mi ci vuole una vita per realizzare l’ideale della suora dell’Istituto Regina Apostolorum per le vocazioni, prima che sia riuscita a vivere veramente…; e oltre a questo c’è poi ancora l’apostolato. Ma le Costituzioni danno anche i mezzi per riuscirci e i mezzi sono quelli da considerarsi adesso - Confessione3 e Comunione4 - immediatamente.

Confessione di regola ogni otto giorni. Qualche volta può essere che una, per qualche ragione, vada anche a dieci giorni, e un’altra volta andrà a sei, sicché nel complesso dell’anno ci siano 52 Confessioni ogni anno. E per le Confessioni che si fanno soltanto per avere l’assoluzione e fare i propositi di emendazione, allora si può andare da qualunque confessore, e specialmente quando si è in viaggio o quando non c’è comodità di andare dal confessore ordinario. Tuttavia, per necessità, si può anche di nuovo andare da qualunque confessore; in caso di necessità spirituale si può sempre andare da qualunque confessore in chiesa pubblica o semipubblica (che è chiesa generalmente di comunità) a confessarsi; e la Confessione è lecita ed è valida.
Quello che nota qui è molto facile a capirsi - quindi faremo abbastanza presto -. «Ogni casa della Congregazione abbia il suo confessore ordinario». Quando le suore fossero molte, allora si potranno mettere due o anche più [confessori].
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«190. Se una suora, per la pace della sua anima5 o per maggior profitto nella via del Signore, chiede qualche particolare confessore o direttore spirituale, le superiore lo richiedano6 all’Ordinario del luogo, al quale appartiene concederlo e vigilare affinché da questa concessione non nascano degli abusi, e vengano tolti qualora ne sorgessero». E quindi è diversa la condizione da quando l’Istituto è all’inizio [a] quando l’Istituto è molto sviluppato. Come dicevo giorni fa dell’Istituto: prima ha un anno, dopo ne ha sette, ne avrà sette, ne avrà dieci, ne avrà venti. Ecco. E allora le cose possono avere delle mutazioni71.
Tuttavia è utile cambiare qualche volta; e difatti le Costituzioni e il Diritto Canonico dicono che ci vuole anche un confessore straordinario, il quale venga almeno a confessare ogni quattro mesi e così tutte le suore si presenteranno. Quando invece si pratica questo in altra maniera, basterà, perché se le suore devono stare qualche tempo fuori, si confessano già da altri: ecco lo straordinario ce l’han già, c’è già lì, senza che sia necessario che un confessore straordinario venga in casa alle Tempora8, cioè quattro volte l’anno - ogni tre mesi cioè, non ogni quattro -, almeno quattro volte all’anno.
Inoltre verranno assegnati dall’Ordinario del luogo anche sacerdoti ai quali le suore possono aggiungersi o rivolgersi meglio. Ma questo sempre quando si tratta di suore le quali sono numerose, oppure l’Istituto è sviluppato, oppure non hanno altra comodità… ma voi avete comodità.
«Se qualche religiosa domanda qualcuno dei confessori annoverati negli articoli precedenti», la suora9 deve concederlo e non indagare per quale motivo.
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Così anche se domanda… «per tranquillità della [sua] coscienza, occasionalmente, si presenta ad un confessore approvato per le donne dall’Ordinario del luogo, la Confessione [fatta] in qualunque chiesa ed oratorio anche semipubblico, od in altro luogo legittimamente approvato per ascoltare le Confessioni della donna e della religiosa10, è valida e lecita». Queste son così facili che basta che si leggano. «Tuttavia l’uso di un confessore occasionale non può diventare abituale, senza una speciale concessione dell’Ordinario del luogo». Vuol dire: confessori occasionali, sì… cambiamenti si devono concedere con una certa larghezza, ma vigilare che non vengano abusi. In ogni modo: se una persona andasse sempre da confessori occasionali, non sarebbe aiutata abbastanza. La comunità ha appunto la regola di aver dei confessori determinati perché è un mezzo di santificazione; e invece andare a destra e a sinistra da un confessore o da un altro, quell’anima non avrà nessuno che la conosca bene e che quindi possa darle un indirizzo giusto.
Non abusino per il loro bene spirituale della libertà che concede la Chiesa. Sì, che non si abusi, ma neppure si stia così legati da non potere usare di quella libertà che la Chiesa concede.
«A tutte le religiose è severamente proibito parlare tra loro del confessore e delle Confessioni delle sorelle; né le suore si permettano giudizi di biasimo su quelle che, a norma degli articoli precedenti, si presentassero ad un confessore diverso da quello designato, oppure insinuazioni sulla durata o sulla frequenza delle Confessioni11». Delle Confessioni non si dovrebbe mai parlare in ricreazione o con le sorelle; si parlerà qualche volta con la superiora di qualche cosa, ma solo di qualche cosa, e non mai tra sorelle, perché la Confessione è così santa ed è così delicata che bisogna rispettarla. D’altra parte se il confessore è strettamente obbligato al silenzio, al segreto… e il penitente, e la penitente [anche], non in modo
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così stretto come il confessore, ma in un modo simile, non uguale ma simile. Guardare se sta molto, se sta poco a confessarsi; da chi vanno, eccetera; giudicare e esprimere i consigli che ha dato: eh, no!
Può essere che succeda questo, che la suora dica: Io devo far così perché me l’ha detto il confessore, per esempio. La superiora è un po’ dubbiosa su quella suora, se possa andare avanti o no nella vita religiosa. Ma l’aspirante dice: Pure il confessore mi ha detto di andare avanti. La superiora non ne faccia nessun conto, mai, dei consigli che si dicono pronunziati dal confessore: no. La superiora e le consigliere non devono badare a quello, perché la suora può dire anche non la verità, e può darsi che non abbia espresso abbastanza bene il suo caso al confessore. Invece la suora, per andare avanti nella vita religiosa, bisogna che abbia due consigli o due giudizi, meglio: quello del confessore da una parte e quello della superiora dall’altra; ma è la suora che deve saperli tutti e due. E invece la superiora e le consigliere devono giudicare indipendentemente da quello che vien riferito come detto dal confessore, devono operare indipendentemente: dai fatti che vedono. Sì.
«Allo scopo di non offendere in alcun modo la dignità del sacramento della Confessione, e di usarne rettamente nello spirito delle sapienti disposizioni della Chiesa, le religiose ritengano fermamente nell’animo il concetto altissimo del sacramento della misericordia divina; ne studino e ne meditino la santità, la grandezza, gli effetti soprannaturali che produce nell’anima; e soprattutto ciascuna procuri di ricevere questo sacramento con fede profonda, pentimento sincero, volontà ferma di emendarsi e di progredire nella virtù». Sempre ritenere che le due disposizioni assolutamente necessarie sono: il pentimento e il proposito di emendarsi, la sincerità in quanto uno si ricorda; ma il pentimento della vita passata unito, congiunto con il proposito di emendare questa, assolutamente sono necessari.
Poi è chiaro: «Le suore tengano presente che il confessore non può ingerirsi in alcuna maniera nel governo interno ed
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esterno della comunità. Perciò non trattino con il confessore di cose che non riguardano la loro coscienza». [Questo], quando l’Istituto è fatto - si capisce - e c’è l’Approvazione.
«199. Il confessore ordinario non può esercitare il suo ufficio oltre tre anni»: dunque, ordinario tre anni. Poi si può rinnovare per altri tre; si può anche andare a altri tre ancora se le suore lo chiedono facendo una votazione, tutte le suore che hanno da confessarsi.
Poi vi è la prudenza da usarsi quanto alle Confessioni di una suora quando è inferma.
E vi sono due avvisi, infine: da una parte le suore abbiano cuore aperto con chi guida; e dall’altra parte chi guida non cerchi di ingerirsi in affari di coscienza e a nessuna manifestazione di peccati.

La coscienza è cosa propria: è un sacrario da rispettarsi, la coscienza di tutti. Solo l’anima può aprire questo sacrario e farvi entrare il sacerdote, cioè aprire questo sacrario della coscienza al sacerdote solamente - quando è ministro di Dio nel sacramento della Confessione o quando vi è la direzione spirituale -.
Se però voi vi abituate a risolverle le vostre difficoltà interiormente nell’Istituto, è molto meglio, senza portar fuori tanto facilmente le cose dell’Istituto: essere molto segrete sulle cose dell’Istituto, molto segrete sulle cose anche delle altre sorelle in riguardo a chi non ha obblighi di guidare o a chi è esterno. Se la suora fosse anche molto in pena, certe volte, e magari fosse arrivata anche al punto, di un momento, di avere uno smarrimento e di dubitare della sua vocazione, non vada a parlarne fuori; ne parli con chi è nell’Istituto - che può essere la maestra delle novizie, può essere la superiora, può essere una suora anziana o di molto spirito con cui si può fare una confidenza - e con il confessore, e con il confessore dicendo le cose come sono.
Capita anche un pericolo […]12.
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Alle volte si domandano al confessore cose che egli non può dire, specialmente parlando di vocazione. Ah, ma io ho una grande vocazione, e intanto avviene che le superiore vedono che non corrisponde e non vive secondo la vita religiosa, secondo le Costituzioni; essa non lo dice… e allora il confessore come potrà giudicare? E può avvenire anche il contrario: che all’esterno si creda che ci sia una vera vocazione, e il confessore all’interno, quando l’anima si apre, riconosce che non c’è una vocazione; e allora le diranno… Ma la penitente deve avere i due giudizi uniti: giudizio favorevole delle superiore e giudizio favorevole del confessore insieme. È lei che deve metterli insieme, perché il confessore non potrà mai metterlo insieme con la superiora, né la superiora potrà mai metterlo con il confessore. È lei nella sua coscienza, è nel suo vantaggio spirituale che deve ottenere i due consensi. L’esterno, quando è ammessa al noviziato e alla professione, e l’interno quando il confessore, che la conosce, può dirle: sì, va’ avanti, oppure: no, non puoi andare avanti.
Vi sono alle volte delle debolezze in una persona che mostra di essere fatta per la famiglia e non per la vita religiosa, e non sempre questo si manifesta perché vi son debolezze: questo può manifestarsi da segrete tendenze che l’anima ha e che all’esterno non ha mai detto. Rispettar tanto le coscienze, rispettar tanto le coscienze, perché noi non dobbiamo imporre alle coscienze ma guidarle, in quanto si possono guidare. Bisogna, chi guida le anime, particolarmente il confessore e poi le superiore in secondo luogo, studiare quale è l’azione dello Spirito Santo in quell’anima, quali tendenze essa ha; e allora, scoperto quello che è l’azione dello Spirito Santo in quell’anima, qual è la tendenza fondamentale e le qualità fondamentali, allora, sì, bisogna aiutare l’anima a corrispondere, a entrar nella strada in cui Dio la chiama. Non imporsi.
Notando, però, che avviene alle volte che una persona insiste e dice: E voglio farmi religiosa… voglio farmi religiosa… voglio far la religiosa…, e chi la vede dice no, perché ha visto le abitudini, ha visto la gioventù, sa il passato - se non lo ha visto, è venuto a conoscerlo -; e [la persona] non ha la grazia
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di capire cosa voglia dire puntualità, rinnegare il proprio giudizio, rimettersi alla volontà delle superiore, tacere quando è da tacere e parlare quando bisogna parlare. In sostanza: alle volte non capiscono mai l’obbedienza, e allora non sono fatte per la vita religiosa; e, quindi, dicesse anche venti volte che vuol farsi religiosa… ma è lo stesso come dire che uno è alto mentre che è piccolo: è piccolo, si deve dire. E così là bisogna guardare i fatti.
Vi sono, per esempio, aspiranti che non capiscono mai che non bisogna cercare di fare quel che ci sembra meglio e, cioè, la nostra [volontà]… scegliere il nostro bene. Han detto di andar là, ma io son passato di lì, poi ho visto che era meglio andar là…: è finita l’obbedienza! Bisogna rinnegarsi! Non è il meglio in sé giudicato da noi, ma il meglio è il comandato, perché quello che è comandato diventa meritorio e quello che scegliamo noi, contro quello che è comandato, è contro Dio. Bisogna però anche lì ragionare, non è vero? Perché se la Madre ti manda a comprare: Va’ nel tal negozio a comperare la frutta, e tu vai e ti sembra cara… e puoi passare a un altro negozio e sentire i prezzi e allora puoi fare confronto. L’hai poi comperata da quello?. No, sono andata da quell’altro. Ma se io ti ho detto dal primo?. Io ho fatto… ho visto che era tanto cara…. E allora si interpreta che la Madre vuole che si comperi quella che è più a buon prezzo, se è di uguale qualità, a parità di qualità: e allora è bene, oh! È inteso che chi fa la commissione la faccia ragionevolmente, cioè la faccia nel miglior modo: spendere meno e portare a casa roba buona… quella è l’intenzione profonda della Madre; aveva detto così del primo negozio in quanto che credeva che quella persona lì fosse molto riguardosa, perché si va sempre a servirsi lì, e quindi avrebbe fatto i prezzi migliori e dato la miglior qualità; e invece è capitato il contrario. E la suora commissioniera si è accorta che quella merce era troppo cara, avevano chiesto troppo, un prezzo esagerato. Oh! Bisogna in sostanza che, se si ha da fare qualcosa in questo senso, sia quello che rappresenta veramente la intenzione della superiora; non tanto la materialità, quanto quel che rappresenta l’intenzione della superiora,
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che è proprio comperar bene - non è vero? - a prezzo giusto e qualità buona. Per fare questo caso: che le anime delicate possono trovarsi alle volte un po’ impacciate… Però bisogna proprio che, quando si deve interpretare la volontà della superiora, ci sia realmente: Se fosse qui, direbbe così... ma che direbbe veramente così! - perché qualche volta bisogna interpretarlo, perché non c’è il tempo a consultarsi -. Ma non illudersi di far la volontà della superiora quando, invece, segretamente vogliamo far la nostra. Sì. Far la volontà della superiora anche recondita, ma che sia la volontà. Perché se la superiora è in casa, è chiusa [la finestra]… magari è buio, e ti dice: Va’ fuori, va’ in chiesa o va’ a far la tal commissione… prenditi il paracqua - perché nella notte ha piovuto e credeva che continuasse a piovere -… poi la suora esce e c’è un bel sereno, il paracqua non se lo prenderà, perché l’intenzione [della superiora] era solamente che, credendo che piovesse, si riparasse per mezzo del paracqua.
Dunque bisogna chiedere in tante cose la sapienza dello Spirito Santo.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 36/58 (Nastro archivio 39b. Cassetta 39, lato 2. File audio AP 039b). Titolo Cassetta: “La carità”.

2 «Vigila su te stesso».

3 1. Confessione (artt. 188-202).

4 2. Comunione (artt. 203-207).

5 Nel Ds l’espressione è invertita: dell’anima sua.

6 Nel Ds è al singolare: la superiora lo richieda.

7 Vedi pp. 75-76; e, più avanti, pp. 168 e 204.

8 L’antica tradizione delle Quattro Tempora, che prevedeva alcuni giorni di digiuno e preghiera all’inizio di ogni stagione dell’anno, rivista dalla liturgia attuale, pone l’accento sul «mistero di Cristo nel tempo» soprattutto attraverso la preghiera e il ringraziamento alla «provvidenza del Padre per i frutti della terra e del lavoro dell’uomo» (cf Benedizionale, edizione CEI, Roma 1992, 1814-1819).

9 Da intendere: la superiora.

10 Il Ds porta: delle donne o delle religiose.

11 Il Ds porta: della Confessione.

12 Interruzione per cambio del nastro magnetico sul lato 2 della stessa bobina.