Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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21. L’APOSTOLATO
Articoli 263-278


IV Istruzione, Castel Gandolfo, 19 agosto 19581




Noi invochiamo Gesù Maestro, e generalmente nell’invocarlo abbiamo questa intenzione di vivere la sua vita: quindi diciamo via, verità e vita, cioè tutto il nostro essere. In modo particolare questo sia da concentrare nel pensiero e in questo fine: che Gesù sia la nostra via, cioè il modo di cercare e formare le vocazioni. Quando si parla di apostolato, in primo luogo dobbiamo farlo da noi, come2 il Maestro Divino quando è uscito dalla sua vita privata, sì… Io sono la via: che ci insegni la via che egli ha seguito; secondo, Io sono la verità: le cose che si devono dire in riguardo alla vocazione, riguardo all’altezza, alla nobiltà, alla preziosità e della vocazione della vita religiosa e dell’apostolato… la verità che persuada; e terzo, [Io sono] la vita [cf Gv 14,6]: che Gesù ci accompagni con la sua grazia e che noi abbiam tanta grazia nel cuore da attirare le anime a Dio.
Ora, quindi, vi sono innumerevoli metodi, insegnamenti che riguardano la coltivazione e la ricerca delle vocazioni. In primo luogo però dobbiamo guardare a Gesù come ha fatto; alla Regina degli Apostoli, e cioè dei chiamati all’apostolato, a tutti gli apostolati; e a san Paolo, il quale ha imitato Gesù così perfettamente e santamente che si può dire: egli è stato veramente il discepolo modello.
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Oh! Dunque, vediamo qui il capitolo dell’apostolato… 263.
Gesù era venuto per noi uomini e per la nostra salvezza… intanto fino a 30 anni sta chiuso a Nazaret. Nazaret era un borgo e un borgo poco stimato, e si trovava in quella regione che si chiama Galilea. E dicevano che dalla Galilea non può venir nessun profeta [cf Gv 7,52]: quindi non poteva essere Gesù un profeta perché veniva dalla Galilea; e in quella Galilea egli poi era di Nazaret, uno dei borghi meno stimati, cosicché dicevano: Quid boni a Nazareth?3 [cf Gv 1,46], che cosa ci può venir di buono da Nazaret?. Stette là nascosto, nascosto. E anzi, quando era piccolo ha dovuto fuggire dall’ira di Erode - ma poi Archelao4 che gli successe non era migliore di Erode [cf Mt 2,13-22] -. Oh!, ecco: trent’anni di preparazione, tre anni e mezzo circa di vita pubblica. Quindi quando uno fa la preparazione, fa già l’apostolato. E d’altra parte la preparazione Gesù l’ha fatta lunga, diciamo così: non che ne avesse bisogno, ma per darci l’esempio! Per muoversi bisogna essere ben preparati… sì, preparati: preparati di mente (cognizioni), preparati di virtù e preparati di grazia, cioè assicurato che la grazia di Dio sia in noi abbondante e che questa grazia del Signore sia nelle nostre anime, ma anche passi nelle persone che si chiamano alla vita religiosa o alla vita sacerdotale. Oh!, allora vedere che ci sia la preparazione: non stimiamo che questa preparazione sia meno necessaria dell’apostolato stesso… è necessaria.

Secondo. Gesù usciva per cominciare il suo ministero e, quindi, cominciare a chiamare gli apostoli, a radunarli. Bene: prima Gesù fece un digiuno di quaranta giorni, poi ricevette il battesimo di penitenza come fosse stato un peccatore - e andò a ricevere il battesimo di penitenza come i peccatori che si convertivano alla predicazione di Giovanni Battista [cf Mt 3,5.13-15] -, e volle subir le tentazioni... le tentazioni, le tentazioni più gravi: il demonio, alla terza tentazione, gli chiedeva
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niente di meno che lui, Gesù, si inginocchiasse e l’adorasse, il diavolo! [cf Mt 4,1-11]. Quindi le tentazioni più terribili, più gravi che si possono pensare.
Oh! Allora vedere la preparazione: vuol dire che abbiamo da purificarci con la penitenza e con la mortificazione. Con la penitenza, facendo un po’ di penitenza, cioè scancellando i peccati della gioventù, i difetti della gioventù. Secondo, mortificazione con l’osservanza religiosa: non potete andare nel deserto, non potete digiunare come ha fatto Gesù per quaranta giorni e quaranta notti… ma la mortificazione che si richiede per vivere bene la vita religiosa, sì. Poi, sapere sostenere le tentazioni, sì: perché per fare del bene agli altri, bisogna esser forti e mostrare a Gesù che siamo forti. Le tentazioni saranno numerose: tentazioni della carne, tentazioni del mondo e tentazioni del demonio… ma [bisogna essere] forti: ci vuole la fortezza, perché se a vivere bene da soli ci vuol già virtù, per attirare ancor gli altri al bene e alla vocazione ci vuole più virtù… il che significa fortezza. La virtù è da vis, vir5, fortezza. Preparazione è così. E in quel ritiro, in quel digiuno, [Gesù] non stava solamente privandosi del cibo ma entrando in contemplazione con il Padre Celeste: quindi, preghiera.
Dopo, andò a cercar le sue vocazioni, ma in modo semplice. Fino allora l’avevano creduto un falegname semplice, il falegname del paese, e quindi, ecco, dicevano: «Nonne hic est faber?» [Mc 6,3], «Nonne hic est fabri filius?» [Mt 13,55], costui non è il falegname, non è figlio del falegname Giuseppe (che era già passato all’eternità)?; noi conosciamo lui e conosciamo sua madre Maria: perché ci viene a predicare così e così? [cf Lc 4,22; Gv 6,42]. Andò con semplicità, senza grande apparato. E andò a cercare i nobili, i sapienti, i potenti? Niente! Andò in riva al lago dove sovente si trovavano i pescatori e là, poi, incontrò Giacomo e Giovanni, che erano suoi cugini ed eran figli di Zebedeo e la madre si chiamava
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Maria6 come Maria Santissima: era il nome della Santissima Madre di Gesù. Venite con me - non molte parole -, vi farò pescatori di uomini [Mt 4,19; Mc 1,17]: straordinario, un falegname [li] farà pescatori di uomini! Ma quando c’è la grazia in un’anima, in un apostolo, sapete quanta efficacia ha?! Non fa bisogno di grande sapienza! Vi era un uomo il quale era a rotta dei vizi, già, cattivo e anche scandaloso… e avevano cercato di convertirlo e nessuno era riuscito a fargli cambiare vita; ma s’incontrò con un sacerdote molto santo il quale, in quell’incontro, penetrò nella sua anima: egli cambiò vita. Gli dicevano poi: Ma che cosa ti ha detto?. Mi ha detto di non farlo più… questi peccati: tutto lì! Quando c’è la grazia, basta la parola semplicissima. Bisogna che siamo santi noi! E naturalmente l’anima avrà la grazia di ascoltarci se è destinata alla vocazione7, se ha una vocazione: cioè, se il Signore l’ha destinata a sceglier la vita migliore… cioè vita religiosa se si tratta di giovani, la vita sacerdotale se si tratta della gioventù maschile - o anche religiosa [per la stessa gioventù maschile] -, bisogna che ci sia la vocazione; allora c’è la grazia che subito… quella grazia penetra nell’anima allorché chi cerca [le vocazioni] dice quelle parole semplici ma in modo efficace, garbato, devoto, ecco. Non sono i nostri artifici di parole, sebbene bisogna parlare anche chiaro.
«Vi farò pescatori di uomini» [Mt 4,19; Mc 1,17]. Vi farò: Sarete religiosi… sarete di Dio… avrete un bel paradiso. Bisogna illuminare su quel che faranno: sì, ma non molto… ma quel che importa: «Se vuoi essere perfetto…» [Mt 19,21].
Oh! Quindi essere preparate: molta efficacia! E quindi l’apostolato vocazionario possono esercitarlo anche persone che non hanno grande cultura ma hanno in sé la sapienza di Dio.
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Così Gesù s’incontrò con Andrea, s’incontrò con Filippo. Andrea poi gli presentò suo fratello Pietro... e si chiamava Simone, e allora Gesù gli cambiò il nome e gli mise il nome Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» [Mt 16,18]. Cosa poteva capirne quel pescatore, Pietro, della Chiesa futura? Ma c’era la grazia: e lo seguì, con il fratello Andrea [cf Gv 1,40-43] - e Andrea morì su una croce speciale che si chiama la croce di sant’Andrea, fatta in una forma diversa; e Pietro morì sulla croce ordinaria, sul colle Vaticano, ai piedi del colle Vaticano… dopo che entrambi ebbero fatto tutto quel gran bene -. Gesù che è la nostra via ci insegni la via per esercitare l’apostolato, il modo di farlo! Così quando s’incontrò con Filippo: Filippo era molto semplice [cf Gv 1,43-44; 6,5-7; 14,8-9]; così quando s’incontrò con Matteo: il quale era gabelliere, cioè era un esattore di imposte che prima aveva solo cercato di far soldi [cf Mt 9,9], eccetera.
Bisogna allora che ci sia la preparazione che è necessaria per questo apostolato: è preparazione interiore di santità e preparazione esteriore a saper andare, a saper avvicinare e a saper dire le parole essenziali. La via è Gesù. E le parole essenziali sono la verità che occorre dire. E sì, egli8! E Gesù disse a Giacomo e Giovanni: «Vi farò pescatori di uomini» [Mt 4,19; Mc 1,17]; e più tardi a Pietro, che domandava cosa sarebbe stato di loro, degli apostoli, disse: Riceverete il centuplo e possederete la vita eterna [cf Mt 19,29; Mc 10,30]: questo!... questi beni. Soprattutto che dominino quei due pensieri. Poi si può allargare, si può spiegare: nell’Istituto si fa questo, si fa quello, eccetera.
Però bisogna, per voi, essere un po’ al corrente degli altri Istituti e delle vocazioni sacerdotali, delle vocazioni maschili e religiose. Quindi occorrerà leggere e occorrerà sapere un po’ i vari Istituti che uffici hanno, che apostolati hanno, che vita conducono, lo sviluppo che hanno. Non è possibile saper tutto di tutti: saranno ottocento i femminili, e di più; saranno duecento gli Istituti Secolari; e gli Istituti maschili sono un
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gran numero, pure, eccetera. Non è necessario sapere tutto ma il principale, le cose principali. Le cose principali. Sì.

Oh! Poi per quel che riguarda le vostre vocazioni, il Signore le manda quanto voi sapete seguire la vostra vocazione: quindi ve ne manda i mezzi.
Vi sono delle cose che potete far sempre e subito tutte.
Primo: viver bene la propria vocazione. Quando si vive bene la propria vocazione, il Signore manda le vocazioni, perché la vita religiosa ben vissuta… un’anima che viva bene la vita religiosa diventa una calamita che attira. Come la calamita eserciti la forza per attirarsi il ferro, quasi non sappiamo spiegare: il ferro che sta un po’ distante viene attirato. Oh, sì! E come verrà attirata quella vocazione? Verrà attirata dalla pietà, dalla virtù interiore, dall’amore a Gesù Cristo, dalla osservanza dei voti e della vita comune: così! Un’anima veramente osservante della vita religiosa è una calamita per le altre anime. [In] un convento dove ci sia l’osservanza religiosa, le anime si sentiranno portate a entrare. Del resto il Padre Celeste, se ha da mandare una sua figliola in un posto, quale posto sceglierà? È lui che dà le vocazioni! Pensiamo a un padre che abbia diverse figliole e che voglia educarle: le manderà in qualunque posto? Eh, no! Cercherà un posto adatto, un collegio adatto, scuole adatte… e quanto più quel collegio è buono e quelle scuole son buone, tanto più preferirà quel collegio e quelle scuole. Il Padre Celeste manderà nei conventi dove la disciplina e la vita religiosa è in vigore. Pensiamo a questo: che non son tanto le nostre parole quanto l’opera della grazia, e la grazia dello Spirito Santo in una anima.
Secondo: l’apostolato che si può sempre fare è l’esempio buono. Sono stata - diceva una figliola a cui ho domandato: Come hai fatto a conoscere le Figlie di San Paolo? -, sono stata in una loro libreria. Là c’era una suora che trattava con tanta delicatezza, tanto riguardo: mi è piaciuto. Finito! Di lì a un po’ di tempo ha fatto domanda: l’esempio santo! E vi sono persone che fan scappare le vocazioni e vi sono persone che le attirano con la loro vita.
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Terzo: la preghiera, altro mezzo. La preghiera… Per voi e per tutti sta il comando di Gesù: Pregate il padrone della messe che mandi buoni operai alla mietitura [Mt 9,38; Lc 10,2]. Ora le divozioni nostre son per quello: il Maestro Divino modello di cercatore e di formatore di apostoli; poi la Regina degli Apostoli che protegge e gli apostoli e gli apostolati; e, terzo, san Paolo modello di apostolo e di santo, il quale fu fedelissimo alla sua vocazione, e quanto operò nel mondo! Corse, si può dire, tutte le regioni del mondo allora conosciuto per portare il nome di Gesù Cristo ovunque. Tre divozioni: [da vivere nella] preghiera, apostolato della preghiera. Oh! Quindi nelle Comunioni, nei rosari, nelle varie orazioni che si dicono, sempre ricordare il problema vocazionario; più ancora nella Messa quell’apostolato della preghiera.
Poi, l’apostolato della sofferenza. Sì, tutti abbiamo qualche cosa da soffrire: alle volte son croci interne, alle volte son croci esterne. Offrirle tutte per le vocazioni, accettarle dalla mano di Dio, per potere noi seguire la nostra vocazione e per potere attirare anime. Eh, le sofferenze! Alle volte sono umiliazioni; alle volte sono tormenti interiori, tormenti di spirito; alle volte sono tentazioni, che fanno soffrire, non vogliono allontanarsi; alle volte c’è qualche malanno fisico; alle volte si soffre per la convivenza, per il tratto con le persone con cui si convive… caratteri diversi, prove e incomprensioni che si incontrano nella vita: e vi sono quelli che fan soffrire e quelli che soffrono. Eh, sì! Tante specie di sofferenze vi sono: apostolato vocazionario con la penitenza e con la mortificazione, con la sofferenza. Quando si sa soffrire, si può essere sicuri che anche gli altri apostolati son ben esercitati: cioè l’apostolato della penna; l’apostolato della parola; l’apostolato della parola spicciola - come lo chiamano -... parole semplici, efficaci come quelle di Gesù: «Venite dietro di me» [Mt 4,19; Mc 1,17] …Vuoi farti suora?. Sì!: e si alzò e andò dalla mamma a chiederle il beneplacito, la benedizione. Così alle volte vengono dei lampi di luce in quelle anime: e da chi sono stati meritati quei lampi di luce in quelle anime? Da chi ha sofferto e che non si sa chi sia, ma si vedrà al giorno del giudizio,
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perché al giorno del giudizio tutto il bene sarà scoperto come tutto il male sarà scoperto. Apostolato, quindi, vocazionario con la penitenza: da tutti, sempre9.
Poi vi è l’apostolato vocazionario con i lavori semplici, di casa. Come farebbe un Istituto, supponiamo che tenga scuole, se non ci fossero le suore che fan la cucina, che danno il bucato, che preparano tutto quel che è occorrente, è necessario nella vita quotidiana? Ma quello è anche apostolato vocazionario? Certissimo! È apostolato vocazionario con l’opera, con il lavoro; e non si sa quale sia più efficace, se quello di chi fa una conferenza o quello di chi fa questo lavoro di cucina. Ma l’Istituto tutto insieme fa l’apostolato vocazionario e tutte guadagnano lo stesso merito, partecipano a tutti i meriti; se tutte hanno lo stesso spirito, guadagnano lo stesso merito.
E poi vi sono tante cose, di lavori, che si possono fare in casa: e si può far la corrispondenza, che è cosa necessarissima. Eh, sì! Bisogna coltivarle le vocazioni una volta conosciute: una volta che si è incontrata una persona e si è fatta una conoscenza, se si scopre che in lei vi è un germe di vocazione, non più lasciarla finché non sia portata a compimento. E nella vostra vocazione una corrispondenza sarà una gran parte di lavoro - voglio dire, occuperà molto tempo - ed è la cosa più necessaria; se no avviene lo sbandamento e, poco a poco, ciò che sembrava nato e già in vigore, in sviluppo, dopo finisce con il cadere. Questo si può farlo.
Oh! Poi ci sono le spedizioni, periodici e libri, eccetera…
Esempio da Gesù, sotto la protezione della Regina degli Apostoli, e dietro alla vita e nell’imitazione della vita dell’apostolo Paolo.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 37/58 (Nastro archivio 40a. Cassetta 40, lato 1. File audio AP 040a). Titolo Cassetta: “L’apostolato in Gesù Maestro V.V.V.”.

2 Il PM dice: che.

3 Il testo della Vulgata: «A Nazareth potest aliquid boni esse?».

4 Si tratta di Erode il Grande e Erode Archelao, suo figlio.

5 In latino, la radice della parola virtus, la virtù come l’insieme delle qualità e doti morali, è vir (=uomo di carattere); vis è il sostantivo che indica la forza e il vigore in senso sia fisico sia morale.

6 L’attribuzione di questo nome alla madre dei figli di Zebedeo (che non ha appellativo nella tradizione evangelica) nasce probabilmente da una erronea fusione tra Mt 27,56 e Mc 15,40. Il PM infatti, in base alle conoscenze bibliche del suo tempo, dicendo che Giacomo e Giovanni erano cugini di Gesù, confonde Giacomo il maggiore (figlio di Zebedeo, senza legami di parentela con Gesù) con Giacomo il minore, ritenuto tradizionalmente (ma erroneamente) il cugino di Gesù, identificato invece dalla moderna esegesi con Giacomo di Gerusalemme. Vedi anche AP 1958/1, p. 134, nota 6.

7 Non termina questa affermazione e sembra correggersi con le parole successive.

8 Parola incerta. Potrebbe aver detto: è lì.

9 Parola incerta.