Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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10. VOTO E VIRTÙ DI OBBEDIENZA
Articoli 140-143


I Istruzione, Castel Gandolfo, 17 agosto 19581




Siamo alla seconda parte delle Costituzioni: la vita e le opere dell’Istituto Regina Apostolorum per le vocazioni.
E, in primo luogo, la vita. La vita riguarda la pratica dei santi voti nei quali la religiosa si impegna con la consecrazione a Dio, che è la professione; e poi riguarda la vita quotidiana, o la vita comune, nella pratica della carità, della pietà. Primo: i voti; e tra i voti quello che maggiormente ci impegna è l’obbedienza. Bisogna subito distinguere tra voto e virtù. La pratica del voto non è tanto frequente, ma la pratica della virtù implica le 24 ore della giornata.
Perché la pratica del voto non è tanto frequente, positivamente? Perché l’articolo 140 dice: «Con il voto di obbedienza le religiose consacrano a Dio la propria volontà e si obbligano, anche in forza della virtù della religione, ad obbedire ai precetti formali dei legittimi superiori in tutto ciò che, direttamente o indirettamente, si riferisce all’osservanza dei voti e delle Costituzioni». Il che significa che la virtù [è richiesta] sempre, ma il voto aggiunge qualche cosa, e cioè la persona che lo emette si obbliga ad obbedire in forza della virtù della religione. Prima, quando si è semplici cristiani, l’obbedienza è la virtù dell’obbedienza e basta; quando invece si son fatti i voti e vien dato un precetto formale dai legittimi superiori nella materia in cui possono disporre, allora si pratica ancora
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la virtù della religione. Quindi rimane allora un vantaggio, un frutto… obbedienza da una parte: una virtù; dall’altra parte religione: altra virtù; perciò doppio merito.
Si dice: il voto obbliga quando? Vi sono i precetti formali dei legittimi superiori in tutto ciò che direttamente o indirettamente si riferisce all’osservanza dei voti e delle Costituzioni. Precetti formali vuol dire: precetti espressi, precetti personali, precetti dati con una certa solennità. Anzi, dice più avanti che in generale è meglio che siano dati con testimoni, alla presenza di testimoni, o anche per iscritto; e in virtù di obbedienza, il che significa: per la forza del voto che hai emesso, devi obbedire. Allora se la persona trasgredisce, trasgredisce la virtù dell’obbedienza e trasgredisce il voto dell’obbedienza, e quindi doppio male.
In quale materia? Si vede dopo. Il 141 spiega in quale materia può essere dato questo precetto formale di obbedienza. Prima è già detto in generale: «in tutto ciò che, direttamente o indirettamente, si riferisce all’osservanza dei voti e delle Costituzioni»: cioè, non una cosa estranea, la quale non è compresa nella professione, si può disporre, ordinare per virtù d’obbedienza in forza del voto, perché la suora ha emesso i voti di fare quello che è compreso nelle Costituzioni, non quello che è estraneo. E se fosse incaricata, per esempio, di andare ad assistere i malati e si rifiuta perché non si sente, quello [è possibile]; se si tratta di un ammalato in casa, delle malate che si devono assistere, perché vi è la Famiglia, si è in Famiglia, allora si può anche ordinare per virtù di obbedienza… quindi si può [ordinare] sotto pena di peccato; ma se si tratta di andar negli ospedali per un certo tempo, quello è estraneo: la suora non ha inteso di dedicarsi alla cura dei malati quando ha fatto i voti.
Invece se si tratta di dire: Tu devi dedicarti agli studi… più avanti devi ancor progredire, perché hai le qualità e poi potrai servire meglio la Congregazione e potrai portare più frutto nel tuo ministero… allora questo, direttamente o indirettamente, è compreso nelle Costituzioni le quali dispongono anche per gli studi.
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E spiega il 141 meglio la cosa: «Quanto alla materia del voto di obbedienza, al modo con cui obbliga e alla sua efficacia, valgono i seguenti princìpi», che son molto importanti. Le Costituzioni vostre non discendono a tante particolarità, ma danno i princìpi generali per cui si possono fare poi da ciascheduna, sotto la luce dei princìpi, le applicazioni particolari.
«1) Materia del voto, cioè quello che può essere comandato in forza del voto, sono le Costituzioni - tutti gli articoli delle Costituzioni, quando viene il caso di praticarle - e tutto ciò che si riferisce all’osservanza dei voti». Quindi, se la superiora dice: Tu non metterti in quel pericolo, che potrebbe poi portarti alla rovina, potrebbe portarti laddove non vorresti andare… non commetter quella imprudenza!, può esser comandato. Si riferisce all’osservanza dei voti: penso adesso, dicendo questo, al voto di castità. Così «alla vita e alle opere della Congregazione». Alla vita: e supponiamo, l’amministrazione come è regolata, e come regolarsi riguardo ai beni, riguardo alle cose che appartengono all’Istituto; e così per quello che riguarda confessori, sacramenti, il governo delle case, eccetera. Alla vita e alle opere della Congregazione… le opere: particolarmente le opere indirizzate alle vocazioni. Questa è materia del voto e quindi può essere disposta in virtù di santa obbedienza.
«2) Tutto questo però obbliga in forza del voto, e il trasgredirlo costituisce peccato contro il voto stesso». Quindi non è solo la mancanza di obbedienza: è la trasgressione della virtù della religione. «Solo dal momento che viene comandato con precetto formale in virtù di santa obbedienza». Quando i superiori prendono questa formula: Te lo comando in virtù di santa obbedienza, di lì comincia l’obbligo. Prima, se non le han comandato così, non importava2 [l’obbligo] - oh, la trasgressione è un doppio peccato -, e osservando quello che si doveva osservare per virtù di obbedienza, per sola virtù di obbedienza, si faceva un merito solo
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per sola virtù di obbedienza; però si può… più avanti spiega meglio.
«3) I precetti ordinari obbligano solo in forza della virtù di obbedienza - i precetti ordinari della vita - e il trasgredirli costituisce mancanza contro la virtù dell’obbedienza stessa»: le disposizioni che vengono date, e gli articoli che ci sono - che stiamo meditando -, l’osservanza di questi articoli, ecco… lì si estende la virtù dell’obbedienza, sia agli articoli delle Costituzioni sia alle disposizioni che sono date nella giornata.
«4) La suora può sempre mettere, come ragione o fine dell’obbedienza, il nuovo vincolo o virtù della religione». Il peccato contro l’obbedienza si fa solo quando si riceve un comando formale in quella materia determinata e sotto obbligo di obbedienza, cioè del voto. Ma il merito si può fare in tutta la giornata! Tutto quel che fa è virtù, e se mette, la suora, l’intenzione: E intendo anche di esercitare la virtù della religione, allora il merito è sempre doppio. «Anzi questa volontà si deve ritenere implicitamente compresa nell’atto stesso della professione religiosa»: perché si intende di fare poi tutto quel che ci sarà da fare e, finché si vivrà in Congregazione, di fare tutto nello spirito religioso e quindi tutto per virtù di religione. E allora: «Perciò la speciale efficacia del voto di obbedienza o merito della virtù di3 religione si estende non solo alle azioni a cui4 la suora viene obbligata in forza del voto con precetto formale, ma anche ai comandi ordinari e ad ogni azione conforme alle Costituzioni, che la religiosa compie nell’obbedienza». Quindi il frutto e il bene è molto più largo che non la sola osservanza del voto, la quale osservanza del voto è soltanto nei momenti in cui venisse dato un precetto formale, nella materia già detta.
Oh! «I precetti in virtù di santa obbedienza si devono imporre raramente, con prudenza e cautela, quando ciò è richiesto, per causa veramente grave dal bene comune, o
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anche privato ma di gravi conseguenze. Occorre quindi matura riflessione e, in generale, conviene siano dati - questi precetti - per iscritto o almeno davanti a due testimoni. Le superiore poi delle piccole comunità non diano precetti formali in virtù di santa obbedienza, eccetto che vi sia una causa non solo grave, ma urgente, informando poi subito la superiora generale, e indicando le ragioni e le circostanze del comando dato». Capiterà sempre di rado, anche perché chi non obbedisce per obbedienza, difficilissimamente obbedisce per voto, cioè perché è dato un comando formale, e in materia in cui si può dare e sotto l’obbligo del voto, cioè in virtù di santa obbedienza. E allora si corre pericolo di dare occasione di un peccato senza ottenere quel che si vorrebbe ottenere. Sì, avere sempre un certo riguardo anche alla debolezza della natura, sì.
«143. Per la virtù dell’obbedienza alla cui perfezione il voto è ordinato, le suore si studiano di osservare fedelmente le Costituzioni, i precetti ordinari, le disposizioni delle legittime superiore, e di sottomettere con tutta docilità e amore la propria volontà e il proprio giudizio». Ecco. Il voto di obbedienza riassume poi tutti i doveri religiosi, e il voto di obbedienza è anche garanzia dell’osservanza degli altri due voti: perché la povertà viene esercitata in quelle forme perché è disposto, e quindi c’è l’obbedienza; e si evitano i pericoli contro la castità perché le Costituzioni obbligano a usare certi riguardi, a evitare certi pericoli, e adoperare abbondantemente la pietà. Quindi sono una garanzia le Costituzioni, e in generale la virtù dell’obbedienza… una garanzia che anche il rimanente nella vita, le altre virtù, si praticheranno più facilmente.

Oh! Che cosa si ha da pensare, allora? La religiosa vuol vivere in Gesù Cristo, vuole che Gesù Cristo viva in lei: «Vivit vero in me Christus»5 [Gal 2,20]. Ora, come è vissuto Gesù? Il Figlio di Dio si è incarnato per compiere il volere del Padre, ed
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è nato da una Vergine, e la nascita avvenne in una grotta, e sin da principio vi fu chi lo cercava a morte, Erode, finché un altro potente lo condannò a morte. E il Figlio di Dio si sottomise in tutto al volere del Padre, a quello che era stato scritto di lui nelle profezie. E Gesù fu docile nelle mani di Maria e nelle mani di Giuseppe: «Erat subditus illis»6 [Lc 2,51]. Se c’era uno che potesse comandar bene, era proprio il Figlio di Dio incarnato, che avrebbe potuto comandare molto meglio sia in confronto di san Giuseppe e in confronto di Maria: ma sottomise la volontà a Maria e a Giuseppe che rappresentavano l’autorità di Dio per lui. Per noi era il Padre Celeste che voleva [questo]: così «subditus illis», soggetto a loro. Perciò non si obbedisce perché la superiora è più anziana… può esser anche più giovane, e a un certo punto negli Istituti si arriva sempre lì, che vi sono più anziani che non hanno posto di comando e vi sono giovani che invece hanno il posto di comando. Non si obbedisce perché la superiora ne sa di più, no, ma perché rappresenta Dio. Non confondiamo: Io obbedisco perché ho capito che ha ragione, e allora si opera per motivo naturale, non per motivo soprannaturale e si perde il merito… si fa il bene, ma un bene naturale; bisogna obbedire con la retta intenzione, cioè perché è il Signore che lo vuole, è il Signore che lo vuole. Non si obbedisce perché si vuole evitare una sgridata oppure perché si vuole accaparrare la benevolenza della superiora… no: sarebbero tutti fini umani, qualche volta anche non molto nobili. Si obbedisce perché è il Signore che lo vuole… E consideriamo Gesù che si fa obbediente fino alla morte, e morte di croce [cf Fil 2,8], e quindi obbedì ai carnefici quando gli ordinavano di distendere le braccia, i piedi, e adattarli alla croce… al venire inchiodato: obbedienza ai carnefici.
Avvengono nella vita anche delle cose che sembrerebbe non dovrebbero succedere e possono invece essere disposte, o meglio permesse, dalla volontà di Dio… perché vuole purificare meglio un’anima, vuole che si arricchisca di maggiori meriti,
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vuole che raggiunga un’alta santità. Chi legge la vita di santa Teresina, specialmente l’edizione uscita recentemente e fatta sopra gli originali degli scritti della santa7, comprende subito come sulla terra possano avvenire delle incomprensioni, anche degli abusi di potere, possano avvenire delle circostanze in cui l’obbedienza, se si guardano le ragioni umane, non è ragionevole: ma non era certamente ragionevole che il Figliolo di Dio venisse condannato, e che proprio lui venisse inchiodato alla croce, invece forse di quelli che lo meritavano, che gridavano: «Crucifigatur!» 8 [Mt 27,23], o di quelli che l’hanno condannato: e Erode che l’ha disprezzato [cf Lc 23,11] e Pilato che si è lavato le mani di lui e lo ha abbandonato al volere dei nemici [cf Mt 27,24]. Eh, bisogna guardare su, su: non è vero? Agli esempi di Gesù, guardare su al volere del Padre Celeste: «Fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra»9 [Mt 6,10]. È il Figlio di Dio che ci ha ammaestrati così. Se noi facciamo i voti - e proprio il voto di obbedienza è segno che amiamo l’obbedienza -, poi magari nel caso pratico… e la natura si risente davanti a certe disposizioni, allora è il momento di dire: Vi amo con tutte le mie forze, con tutta la mia volontà, non solo con il cuore, con la mente, ma con tutte le mie forze, con tutta la volontà. Con tutta la volontà per aderire… e non giudicare e non condannare le disposizioni date; e con tutto il cuore uniformando il nostro cuore al volere di Dio, fino a dire con Gesù: «Padre… non come voglio io, ma come vuoi tu!» [Mt 26,39], «non sia fatta la mia volontà, ma la tua» [cf Lc 22,42; Mt 26,42]… sempre fiduciosi nel gran merito
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dell’obbedienza e pensando che l’uniformità alle Costituzioni e alle disposizioni date, ecco, assicura la santità della religiosa e assicura il buon frutto del suo apostolato.
Il Signore poi dà una grazia particolare a chi è obbediente, a compiere cioè il suo volere. Il Signore non dà la grazia perché noi facciamo contro di lui! Qui alle volte si domandano cose che non sono secondo i disegni di Dio, secondo i disegni che il Signore ha sopra di noi: e allora si prega e non si è esauditi. Il Signore dà la grazia a chi vuole uniformarsi al suo volere, il Signore non vuole contraddire a se stesso: vuole una cosa e aiuta a fare il contrario, no! Aiuta l’anima che si dispone a fare il suo volere: e allora poi dà luce all’anima perché capisca, e dà forza alla volontà perché eseguisca, e dà un sentimento nuovo al cuore perché si uniformi alle disposizioni date e abbracci volentieri anche un comando che è un po’ duro, non perché piaccia, ma perché l’anima dice: Piace a Gesù, dunque deve piacere anche a me. E così allora il Padre Celeste si compiace… perché il Figlio di Dio, Gesù Cristo, poteva dir con ragione: «Quae placita sunt ei facio semper» [Gv 8,29], faccio sempre quel che piace al Padre. E il Padre si compiaceva di lui: «Tu sei il mio figlio diletto» [Lc 3,22]. Mirare a questo, che il Padre Celeste affacciandosi - diciamo così - dal cielo e guardandoci, possa dire: Tu sei un figlio che amo… tu sei la figlia che amo. Ecco: «In quo bene complacui mihi»10 [cf Mt 17,5]. Una figlia diletta… ossia meritarsi sempre di più questo elogio 11dal Padre Celeste è […]12
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1 Nastro originale 34/58 (Nastro archivio 38a. Cassetta 38, lato 1. File audio AP 038a). Titolo Cassetta: “Prima parte del voto di obbedienza”.

2 Sta per: comportava.

3 Il PM dice: della.

4 Il PM dice: in cui.

5 «[Non vivo più io,] ma Cristo vive in me».

6 «Stava loro sottomesso».

7 Nel 1956 uscì in Francia l’opera che va sotto il nome di Manuscrits Autobiographiques de Sainte Thérèse de l’Enfant Jésus, in 3 volumi. Si trattava di una pubblicazione del testo originale dei tre manoscritti di santa Teresa, con la riproduzione fotografica dei quaderni e dei foglietti sparsi, corredata da un vasto apparato critico, che veniva a colmare le lacune del precedente testo del 1898, ampiamente rimaneggiato. La prima traduzione dal francese fu in lingua italiana e venne pubblicata a novembre del 1957 in I edizione, e a febbraio e maggio 1958 in II e III edizione con aggiunte di note storico-critiche e di un’Appendice con una Tavola Cronologica: Manoscritti Autobiografici di Santa Teresa di Gesù Bambino, Storia di un’anima, Milano 1957.

8 «Sia crocifisso!».

9 «Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra».

10 «In quo mihi bene complacui», «in lui ho posto il mio compiacimento».

11 Le poche parole che seguono, non passate nel Nastro archivio, sono ricavate dal Nastro originale.

12 In qND, dopo questo concetto, vi è la seguente frase finale: «La vita religiosa è una sorgente di meriti preziosissimi che ci assicurano la felicità eterna».