Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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22. L’APOSTOLATO
(conclusione)
CURA DELLA PROPRIA SALUTE E DELLE SUORE INFERME
Articoli 279-292
SUFFRAGI
Articoli 293-299


I Istruzione, Castel Gandolfo, 20 agosto 19581




Vi sono le Costituzioni, e poi dopo negli Istituti si forma il Direttorio. Le Costituzioni sono le leggi fisse e contengono i princìpi generali a cui deve uniformarsi la vita religiosa e la vita in particolare di questo Istituto. Invece il Direttorio è l’interpretazione delle regole e l’applicazione di queste regole alla pratica. Quindi vi sono cose che si vanno determinando con l’uso, con le prove, e queste entreranno nel Direttorio; ad esempio gli studi: il modo, i programmi, le classi, eccetera, vanno determinandosi poco a poco, secondo il bisogno e secondo che le persone entreranno già più avanti negli studi o meno. Così l’apostolato è quello spiegato ieri e negli articoli vari fino al 278. Ma il modo pratico va provato con varie occasioni, e secondo i risultati che esso può avere quando si usa un metodo o si usa un altro metodo, quando si usa un mezzo e quando si usa un altro mezzo.
Poi l’Istituto anche in questo deve diventare specializzato. Se un Istituto è fatto per l’insegnamento, deve poco a poco formarsi delle suore abili all’insegnamento, con i titoli di studio che devono avere le suore che faranno le scuole medie, le scuole di liceo - secondo i casi -, le scuole magistrali, le scuole dell’insegnamento sociale, eccetera. Così, avete da specializzarvi in modo tale che dopo dovrete insegnare ad altri il
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modo di reclutare le vocazioni: una specializzazione ci vuole, nell’apostolato. E così è della stampa in riguardo alla Società San Paolo: deve avere una specializzazione e precedere, e usare i mezzi che son più moderni, più efficaci, più produttivi; ad esempio, c’è la regola: la Congregazione deve possedere i migliori macchinari, i migliori metodi per la stampa e per la diffusione. E così voi per il vostro. Qui è uno studio nuovo che c’è da fare, e dai vari libri, dai vari periodici che parlano di vocazione, bisogna ricavare: qua fu adoperato questo mezzo: è riuscito… fu adoperato quell’altro: non è riuscito; in una nazione è andato bene questo… in un’altra quell’altro.
Oh! Naturalmente quello dell’apostolato che abbiamo meditato ieri, quello lì è comune a tutti: vita interiore e religiosa ben vissuta; poi l’apostolato della parola spicciola, il buon esempio, l’apostolato della preghiera e l’apostolato della sofferenza. Queste son comuni a tutti, a tutti i metodi… perché i metodi e gli insegnamenti esterni danno piuttosto quello che si deve fare con l’azione esteriore, ma in primo luogo l’apostolato vocazionario si ha da fare con questi mezzi che vengono adoperati da tutte le suore e che sono poi, davanti a Dio e in realtà, più efficaci: santità di vita religiosa, il buon esempio, la preghiera, la sofferenza. Nessuna lì è esclusa e nessun modo, nessun mezzo è più efficace di questo.
Ma da tutti i vari libri si desume, si forma un trattato vocazionista: dovete arrivare lì affinché diventiate maestre in questa parte dell’ufficio che hanno da compiere i vocazionisti. Ogni Istituto ha i suoi vocazionisti, le sue vocazioniste per sé. Una specializzazione: in medicina, tutti i medici devono possedere una certa cognizione sia per scoprire i mali e sia per applicare i mezzi generali; ma poi c’è lo specialista di occhi, lo specialista di polmoni, lo specialista del cuore, e così avanti… ci sono ormai tante specializzazioni quanti sono i generi di malattie che possono colpire l’umanità. E poi vi sono medici, supponiamo in oriente, specializzati per le malattie orientali, per certe febbri; e così nei paesi nordici vi sono pure medici specializzati per quelle malattie che più facilmente colpiscono coloro che vivono in clima rigido. Quindi, anche nelle varie
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nazioni ci potranno esser dei mezzi più da applicarsi, che non altri… in quanto all’azione, sempre: questo viene determinato man mano dall’esperienza, e poi dalla istruzione particolare, [una] prima istruzione2.
Consultando i 50 testi che ci possono essere sulle vocazioni, scegliere quello che si ha da tenere e dire nelle conferenze, quello che si ha da tenere e dire nello scritto, negli scritti, nel periodico che dovrete pubblicare3, al fine di esporre i princìpi; e poi esporre i mezzi pratici, in maniera di essere utili a tutti i vocazionisti, a tutte le vocazioniste: una specializzazione. E poi da questi libri, da questi periodici, ricavare quello che è più fatto per voi e quello che si può proporre agli altri come pratica, come pratica vocazionaria4.
Oh! E tutto questo non sarà neppure ancor sufficiente. Adesso si introduce in qualche nazione questa maniera: si prendono le giovani a dieci, dodici anni; i ragazzi anche a otto anni, dieci anni, dodici anni. I ragazzi per fare come un pre-seminario: si tengono per prepararli al Seminario o all’Istituto; e poi, tra essi, si sceglie quelli che mostrano vera inclinazione e mostrano una vocazione, che si spera che, coltivandola, possa dare buon risultato. E così le bambine, le fanciulle; però vanno già sempre scelte: ci vuole molto più acume nel distinguere quelle che sono terreno adatto per sviluppare una vocazione. Nel giardino, nell’orto, l’ortolano semina in una piccola aiuola, magari… e semina il seme di pomodoro, peperoni; poi trapianta: e lì sono i semenzai. Seminario vuol dire semenzaio, Seminario dei ministri di Dio; Ministrorum Dei perpetuum seminarium5 è chiamato il Seminario di Genova: il perpetuo semenzaio, la perpetua aiuola dei ministri di Dio. Oh! Bisogna allargar le cognizioni.
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Poi bisogna ancora fare un passo: che da questo lavoro apostolico così prezioso venga fuori il sostentamento delle apostole delle vocazioni, in maniera tale che tutta poi la vita si traduca in apostolato e di lì venga fuori il sostentamento: perché senza che si viva, eh!, tutti gli apostolati muoiono, tutti gli Istituti muoiono. Rendervi indipendenti in questo, anche… come vi rendete indipendenti nella vostra propria via che piace [di] sicuro alla Chiesa e, tuttavia, in questa via si devono fare i passi che fanno tutti gli Istituti in conformità al Diritto Canonico, eccetera. Lì, poi…
E per coltivar le prime vocazioni, Gesù sarà abbondante di grazie se ci metterete le tre divozioni: Gesù Maestro, la Regina degli Apostoli e san Paolo. Perché questa è una delle vie, è la via principale: la preghiera a Gesù Maestro, la divozione a Gesù Maestro, la divozione alla Regina degli Apostoli, la divozione a san Paolo. Avete le coroncine.

Oh! Adesso, per finire questa parte delle Costituzioni, abbiamo due capitoli ancora. L’Istituto deve dare una garanzia alle suore nell’Istituto, una garanzia: per il tempo di malattia e per il tempo di vecchiaia, e poi di suffragi dopo morte. Esser proprio una famiglia che vive, che si mantiene da sé e che procura tutte le cose necessarie.
Oh, quanto alla salute propria e alla cura delle inferme.
Prima, la salute propria. Ci vuole una cura moderata della salute, una cura moderata, così che si evitino le principali malattie; una cura che sia sufficiente. Naturalmente prima di ammettere le aspiranti ai voti si devono consultare i medici, perché può esser che basti un medico dei comuni, quello che ha una certa conoscenza delle malattie in generale, e può esser che occorra sentire un medico psichiatra, oppure occorra sentire un medico specializzato per malattie polmonari, per le malattie del cuore, ecco. Naturalmente bisogna prevenirsi così perché l’Istituto non è un ricovero di malati. Vi sono persone che hanno aspirazione a questo, a consecrarsi a Dio, ma per essere accolte negli Istituti che si chiamano religioni, come il vostro, e quindi Istituto di religiose, bisogna che abbiano
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un grado di salute da sopportar la vita comune e che siano atte alle opere dell’Istituto, perché se ci son delle malate, non sono atte alle opere. Richiederà parecchio di fatica l’apostolato vostro! Quindi gente che sia capace delle opere dell’Istituto: abbia forza fisica anche, oltre che capacità intellettuale e spirituale. Ma tuttavia delle malattie se ne incontrano sempre, cioè salta fuori una malattia all’improvviso e allora bisogna che la salute sia curata, la salute sia curata.
Oh! Vi sono Istituti, adesso, che assicurano tutte le loro suore alla previdenza sociale, alle assicurazioni per la vita e per le malattie. Tutte. Perché, in caso di malattia o quando le suore saranno inabili, abbiano un certo sussidio o dalla mutua, per esempio, oppure dall’assicurazione. E questo è provvidenza. Tuttavia se l’Istituto cammina bene, non avrà bisogno di questo. Può essere che sia conveniente più tardi… ora si potrà vedere: quello apparterrà al Direttorio. Si deve aver cura della salute e si devono assistere le anziane: il modo lo dirà il Direttorio. Quella è regola: aver cura. Il modo lo dirà il tempo, e poi ragionerete tra di voi come conviene [fare].
Vi sono, però, persone che fan troppo le malate: e bisogna evitar questo! Vi son persone che vivono di amor proprio: hanno sempre paura che qualche cosa rechi loro disturbo, rechi loro pena... e non si muoverebbero mai! Un po’ più di coraggio e soprattutto esercizio di lavoro, che rende la persona più robusta! Ma lavoro manuale, anche, eh! Non che basti il lavoro di tavolino: lavoro manuale! E quando si fa molto lavoro di tavolino, quanto all’esercizio fisico, c’è poi modo di farlo: se si va a lavare i piatti, se si zappa nell’orto, se si ha cura delle galline, se… eccetera, si fa un lavoro mentre che si fa una ricreazione. Questa cosa è utile.
Oh! Poi, dunque: cura della salute e non soverchia cura, perché allora qui la suora vive di amor proprio, è solo divota di se stessa! Ma neppure che capiti il contrario: che si esponga troppo, che non prenda il riposo, non prenda il cibo sufficiente… no? Bisogna essere persone regolate, ecco! La suora, anche umanamente, dev’essere una persona regolata. Avrà cura anche della sua vista, perché non si perda; e [se fa]
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diversamente, più avanti non serve più la Congregazione, in certi punti, perché non ci vede! Una cura moderata, ragionevole. Perché è come dire: mi prendo questo per mantenermi nel servizio di Dio… il cibo; così la cura degli occhi e la cura, supponiamo, dei polmoni per mantenersi nel servizio di Dio e nell’apostolato; come si va a riposare alla sera per mantenersi nel servizio di Dio e domani riprendere l’attività, e per mantenersi nell’apostolato. Quindi cura moderata, vera cura.
Nonostante tutto questo, vengono le malattie. E allora pensare che le malate fanno l’apostolato della sofferenza: e quindi esse pensino ad aiutare quelle che lavorano, con la preghiera e con la sofferenza, le malate. E le altre prestino volentieri i servizi e le riguardino come quelle che portano il maggior contributo all’apostolato, il maggior contributo che è appunto la sofferenza e la pazienza. Ma che siano veramente pazienti, perché se uno non prende l’infermità e il dolore dalle mani di Dio, allora non è che contribuisca con la sofferenza all’apostolato!
Oh! Se la malattia poi si aggrava, le cure dei medici, sì; poi tutti i servizi che sono necessari, che riguardano la dieta o la medicina, l’assistenza amorosa, fraterna.
Se il male poi si aggrava, bisogna aiutare la inferma spiritualmente. Sempre da dirsi questo: che in generale le malattie, quando si prolungano, non portano solamente un effetto fisico, il dolore fisico, ma anche un po’ un abbassamento morale, per cui vanno aiutate spiritualmente le inferme, sì. Uno scoraggiamento, un veder le cose un po’ scure - come se ci fossero gli occhiali scuri per cui tutte le cose prendono un colore scuro -, un’interpretazione alle volte un po’ speciale, fino al punto di non veder più bene le sorelle, l’Istituto… e abbandonarsi a una malinconia per cui essa, la suora, ne soffre e ne ha danno, prima spirituale e poi anche fisico. In quei casi, provvedere che le malate possano ricevere bene i conforti.
Per quanto [si riferisce] alla Comunione delle inferme, era già stato detto anticipatamente ed è ancora un po’ ripetuto: procurare, per quanto è possibile, che abbiano la Comunione se non quotidiana, almeno frequente. Ma le malate dovrebbero
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esser loro a chiederla, perché non sempre [per] chi assiste è prudenza che insista lui.
Poi, il richiamo: chiamare per tempo il sacerdote. E hanno una maggior libertà, le inferme, di scegliersi il confessore; bisogna dar loro questa maggior libertà.
Se poi il male si aggrava, allora non solamente la Confessione ma il Viatico - una volta la Comunione sotto forma di Viatico, almeno -; e poi l’Estrema Unzione, la Raccomandazione dell’anima e gli ultimi conforti6 - che sono suggerire pensieri santi di rassegnazione alla volontà di Dio, specialmente di fede, speranza e carità -; e le giaculatorie: Gesù, Giuseppe, Maria, vi dono il cuore e l’anima mia, fino [a] …spiri in pace l’anima mia.
Oh! Quando poi la suora è defunta… la suora fa professione di povertà e deve contentarsi di una sepoltura molto devota, ma non sfarzo esterno, non fiori, eh! Preghiere… oh, sì! Il tumulo poi, il sepolcro abbastanza povero, ma decoroso, conveniente. E poi naturalmente gli Istituti vengono, ad un certo punto, a procurarsi un sepolcro comune in cui le suore, le salme saranno raccolte.

Quanto ai suffragi, qui è descritto che cosa si deve fare per tutte le suore in generale; poi, secondo: quel che si deve fare per la superiora generale, per le consigliere e poi per le superiore di una casa. È descritto bene.
E così è anche descritto quello che si deve fare quando la salma è in casa. In quel giorno tutte le preghiere sono di suffragio; e stare vicino alla salma e pregare vale la Visita, in quel giorno.
Poi, quando si sente la notizia della morte del padre o della madre di una suora, professa o novizia, suffragare pure.
Poi, alla morte del Sommo Pontefice e alla morte del Vescovo, vi sono suffragi speciali.
Dopo, nel giorno della Commemorazione dei defunti, novembre, primo7 di novembre, in tutte le case della Congregazione
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si fa celebrare una Messa per le postulanti, novizie e professe, e loro parenti defunti; anche per tutti i cooperatori. E sì.

La morte non disfà la famiglia, la morte raccoglie i membri della famiglia in cielo ma non la disfà. E intanto che non è ancora arrivato il giorno in cui tutte le suore saranno raccolte assieme in paradiso, ecco: ci sono membri qui nella Chiesa militante, possono esserci dei membri nel purgatorio - Chiesa purgante -, poi ci sono membri in paradiso - Chiesa trionfante -8. Ma come tutte e tre le Chiese, o le parti della Chiesa, formano una Chiesa sola, così tutto l’Istituto, e delle militanti e delle purganti e delle trionfanti, formano sempre l’Istituto. Quelle che sono in paradiso pregano per le defunte e [per] quelle che sono vive e stanno operando; e viceversa quelle che sono militanti, e cioè vive, suffragano i defunti e prendono, dalle suore che sperano già in paradiso, gli esempi, ricordano gli esempi buoni lasciati; le anime poi del purgatorio pregano per le viventi, e glorificano il Signore, la Santissima Trinità, e danno pure gloria alla Trinità per mezzo delle preghiere e delle lodi che le suore defunte, e già in paradiso, alzano a Dio, innalzano a Dio… così che si senta l’unità. La morte non rompe i vincoli religiosi: li consolida.

Sia lodato Gesù Cristo.
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1 Nastro originale 38/58 (Nastro archivio 41a. Cassetta 41, lato 1. File audio AP 041a). Titolo Cassetta: “Direttorio e Costituzioni”.

2 Espressione incerta.

3 La rivista SE VUOI... vieni e seguimi, iniziata nel 1960.

4 Parola incerta.

5 Espressione derivata dal Concilio di Trento (sessione XXIII, canone 18) che ha istituito i Seminari diocesani.

6 Cf AP 1958/1, p. 126, nota 4.

7 Come è noto, si tratta del 2 novembre.

8 Chiesa militante, purgante, trionfante: si tratta di una terminologia non più consueta, con la quale tuttavia si indica la profonda realtà della comunione dei santi.