Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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quanto numerose, costituiscono sempre un'eccezione: e per lo più non è che per divenire madri spirituali. Alcuni anni or sono una statistica faceva salire il numero delle suore, nella sola Francia, a 300mila!
Ebbene che vi ha di più materno del loro ufficio? Pregare, servire i vecchi e gli infermi, allevare gli orfani, istruire gli ignoranti, sollevare e consolare ogni dolore, non sono le parti della maternità? Ma le vergini, dolci madri delle miserie umane, non sono tutte racchiuse nei chiostri, né tutte vestono il velo: ve ne hanno tante nelle famiglie sventurate.
Certuni le riguardano con un'aria di compassione e disprezzo, quasi che tutte fossero il rifiuto e le vittime della natura, delle disgrazie, della sfortuna.2 Non tutte sono così: alcune han veduto di lontano la pace del chiostro e la gioia del matrimonio. Eppure per amor di Dio han ricusato l'uno e l'altro, per essere sostegno di vecchi e troppo esigenti genitori, serve di fratelli e sorelle, tutrici di orfani. Ad essi tutto han donato: giovinezza, libertà, avvenire: sono madri spirituali.
Mirare a formare la madre: ecco il grande principio nell'educazione spirituale della donna. L'istruzione d'una giovane non è sufficiente se non quando basterà ad istruire modernamente i figli. Vane sono quindi da stimarsi queste difficoltà: le nostre giovani sanno quanto basta
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per sé, di catechismo: sono semplici contadine: la pietà le conserverà nei buoni costumi ecc. L'educazione non è sufficiente se non quando le rende abili alla vita di sacrifizio e di bontà che spetta alla madre.

Istruzione. - Poche parole: non è difficile rilevarne l'importanza ed i mezzi da quanto si è detto altrove, specialmente parlando della madre. Il catechismo ai fanciulli ed alle fanciulle: ecco la parte principe del ministero sacerdotale: ecco l'ufficio più dolce per un apostolo: ecco l'opera più efficace e più urgente ai giorni che corrono. La difesa della scuola cristiana richiede l'opera nostra: chiedere il catechismo nei termini consentiti dalle leggi, lavorare per l'autonomia comunale nell'amministrazione delle scuole, porre come piattaforma per le elezioni l'insegnamento religioso, mirare alla scuola libera: ecco il lavoro attuale nel campo dell'azione cattolica. Né il sacerdote può disinteressarsene affatto, salva la sua coscienza: non si tratta che dell'applicazione del più grande comando che incombe sul sacerdote: «Docete omnes gentes».3

La scuola parrocchiale di catechismo e l'oratorio. - Tutti lo sanno: insegnare la dottrina in chiesa, a fanciulle, divise in tante classi, che a vicenda si disturbano ed impediscono, è metodo pieno di inconvenienti. L'oratorio con locali proprii e appositamente costruito:
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provveduto dei mezzi di disciplina per il catechista: fornito di personale adatto e di divertimenti piacevoli: sarebbe l'ideale. Né lo si dica di impossibile attuazione. Quando si voglia riuscirvi: quando non si segua uno strano apriorismo: quando non si pretenda compire l'opera che a poco a poco... fosse pure una sola camera per volta, si otterrà più che non si crede...
All'oratorio seguiranno le scuole di religione per le studentesse, il catechismo di perseveranza per le fanciulle del popolo, le conferenze religiose o le conversazioni morali per tutte. La necessità di premunire le giovani contro gli errori, che vengono a larga mano diffusi nelle scuole e nei laboratori, esige che l'istruzione religiosa comprenda anche qualche poco di apologetica, di storia sacra ed ecclesiastica, con la confutazione delle obiezioni più comuni.
Si veda l'aureo opuscolo «Gli oratori festivi e le scuole di religione. - Eco del V Congresso» (Libreria Buona Stampa - Corso Regina Margherita, 176 - Torino).
Vengono in seguito a completare l'istruzione delle giovani le scuole di cucito, di economia domestica ecc.: quelle insomma di cui si è parlato altrove.

L'educazione. - Essa richiede che la donna venga formata alla serietà, alla virilità,4 alla amabilità.
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Serietà: La donna è naturalmente leggera e tutto quello che è in lei tende ad assumere l'impronta della leggerezza: non esclusa la pietà. Orbene si ascoltino in proposito le belle parole dell'autore della Formation religieuse et morale de la jeune fille. «Riflettere è la prima condizione della serietà: un fondo di idee sagge ne è la seconda. Le idee sagge sono come buone consigliere, abitanti presso di noi, e sempre pronte a darci i loro avvisi. La riflessione non è altro che una conversazione con esse». Abituare la donna a riflettere: ecco un grande problema nell'educazione, particolarmente femminile! Difficile cosa, ma non impossibile. Vi sono tre passi a compirsi. Eccitare il desiderio: un desiderio vero, coll'esporre chiaramente i motivi, i vantaggi, la dolcezza. Farlo qualche volta: in cose minute, semplici, ordinarie. Crearne l'abitudine, con la ripetizione degli atti. Riflettere sui pensieri che sono la semenza delle opere: riflettere sui sentimenti del cuore: riflettere sui fatti che accadono: riflettere sulle conseguenze temporali ed eterne delle opere: riflettere su quanto si ascolta.
Ed il sacerdote ha mille occasioni d'ottenerlo. Vi è il pulpito da cui vedrà sempre gran frutto, allorché si appellerà all'esperienza degli uditori, costringerà l'anima a ripiegare quasi su se stessa, analizzerà e descriverà i sentimenti, le abitudini, le idee, i costumi, le mode, le virtù ed i difetti delle uditrici.
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Vi è il confessionale: dove si può insistere sull'esame particolare, portato sopra il difetto principale, fatto più volte, od almeno una volta, ogni giorno. E non sul semplice difetto; ma sulle cause di esso, ma sul bene che forse si tralascia, ma sopra l'attività spirituale, ma sopra lo sforzo abituale, ma sopra l'energia della volontà. La confessione frequente, anche considerata dal solo lato umano, è uno dei mezzi più efficaci per favorire la serietà...
Vi è la meditazione e la lettura spirituale: non sempre possibili ma utilissime. E almeno sarà possibile leggere solo libri e giornali serii: almeno è possibile evitare i discorsi vani e troppo leggeri: almeno è possibile ascoltare con frequenza la parola di Dio.
Con queste industrie non sarà difficile evitare quella pietà tutto sentimentalismo che tanto spesso si accusa nelle donne. La pietà deve essere il mezzo: non il fine. La nostra religione santissima è una vita, non alcune pratiche divote; non si è pii, se non quando si vive di fede, si opera con fede, si sente secondo la fede. Frutto della pietà devono essere le virtù teologali e cardinali, non solo: ma ancora le morali quali sono la mansuetudine, l'umiltà, la pazienza, ecc.
Alla serietà si richiedono ancora: idee sagge. E queste devono venire approfondite con lunghe considerazioni e con preghiere frequenti. Né si
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intende qui parlare solamente di idee umane, ma anche di idee soprannaturali. Le formole «l'arte per l'arte», «il bene per il bene» hanno fatta cattiva prova, oltreché sono false in se stesse; lo si è detto. Nell'anima della donna devono gettare profonde radici questi principii direttivi: la vita, nel suo vero senso, è un viaggio all'eternità, una prova; non un tempo di piaceri; sulla terra ciascuno ha una parte da fare, una missione da adempiere; la giovinezza è la base della vita fisica, intellettuale, morale, religiosa; ciascuno può giungere ad un certo grado di perfezionamento, che dipende dallo sforzo abituale; la coscienza è la prima e principale guida delle azioni, cui non si può mai contraddire, per strisciare ai piedi degli altri; non si ha che Dio da contentare nella vita.
Fortunata la donna seria nei suoi gusti, nelle sue mode, nel suo carattere, nella sua pietà. Ella ha nelle sue idee e nella sua riflessione dei tesori inestimabili.
Virilità. Con questo nome si comprende quel complesso di qualità, che esigono più forza: e la forza è necessaria per i sacrifici sempre frequenti nella vita; per lo spirito di iniziativa, che fa intraprendere; per il coraggio, che permette d'agire fortemente; per la fermezza, che assicura la perseveranza; per la calma e la prudenza, che sono gli occhi delle opere.
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Il sacrificio va più legato alla vita della donna, che a quella dell'uomo: tutta la funzione materna è una serie di dolori. La sposa, la figlia, la sorella sono relativamente in istato di inferiorità e di obbedienza: l'uomo è generalmente ruvido e per questo calpesta tanti piccoli difetti e desideri della donna. La donna deve tacere e soffrire il volontario o l'involontario tirannello. La donna non preparata al sacrificio è una pianta di fusto troppo debole, destinato a curvarsi sotto il soffiare dei venti. - Eppure nell'età giovanile è così facile dipingersi la vita tutta una serie di gioie: è così facile trovare degli educatori che sanno solamente concedere, mai negare: è così ordinario cercare di accontentare sempre! A quale corrente ha da opporsi il sacerdote! Ma non può scusarsene senza che insieme rinunzi a fare delle anime forti e sinceramente cristiane.
Spirito d'iniziativa. La donna ama di trovare il cammino tracciato, il bisogno d'appoggio le è innato. Eppure nella lotta tra il bene ed il male, nella società e nella famiglia, la donna non può lasciarsi condurre: deve avere idee proprie e dietro ad esse deve determinarsi. Non che sia sciolta dall'obbligo di obbedire; solo le è vietato lasciarsi trascinare dal male. Vi sono sempre dei superiori, dei consiglieri saggi, dei confessori: ma pure nel suo ambiente deve atteggiarsi tante volte ella medesima a consigliera ed a maestra. Studiare i mali nelle cause, cercarne
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i rimedii e chiedere con umiltà l'approvazione del suo direttore, è il più giusto spirito d'iniziativa.
Coraggio: nell'eseguire ciò che l'iniziativa ha deciso. Coraggio, poiché il bene esige forza, suscita invidie, eccita opposizioni. Quel coraggio che s'acquista moltiplicando le piccole vittorie sulla timidità, sulla instabilità, sui gusti. Quel coraggio, che sa resistere quando si tratta delle convinzioni religiose, quando vanno di mezzo i buoni costumi, quando giova perseverare nelle pratiche pie.
Perseveranza con calma e prudenza. Le circostanze esigono talvolta che si sappia cedere od almeno cambiar rotta. L'incaponirsi può indicare piccolezza d'animo ed anche rovinare i più santi disegni. Lo scegliere il momento opportuno, il preparare il colpo, il disporre gli animi sono indizi di quella prudenza che in tutto deve entrare, come il sale in ogni vivanda.
Delle qualità amabili, così necessarie nella donna, si è parlato sopra.

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Qui si presenta la domanda: è migliore l'educazione di famiglia o quella fuori famiglia?... Va da sé che si ha sempre da escludere ogni collegio, laboratorio, casa-famiglia, che sian governati dallo spirito laico o semplicemente aconfessionale:5 non farebbero che dare un ben
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triste indirizzo alla giovane. La religione è il vero fondamento della vita morale; non si può escluderla, senza che l'edificio educativo crolli sfasciato: ed infatti lo spirito laico non fa che aumentare spaventosamente la delinquenza giovanile, scatenare precocemente le passioni più brutali, preparare un ben fosco avvenire alla patria. Parliamo dunque di quei collegi, laboratori e case-famiglia ove domina ancora, grazie al Signore, lo spirito cristiano e chiediamo se sia miglior partito affidarvi le figlie o tenerle in casa. La risposta non può rimanere dubbia: l'educazione famigliare, in genere, è superiore a qualsiasi altra: cœteris paribus. Non vi è che la necessità che scusi alquanto la odierna pratica opposta, divenuta quasi generale. La madre sa meglio penetrare l'animo della figlia: sa cogliere le occasioni più opportune per seminare le sante massime, sa compatire, consolare, innalzare. È innegabile che vi sono istitutrici più abili di molte madri; ma ho detto: cœteris paribus. L'educazione famigliare avvia meglio la fanciulla alla vita vera, è più conforme ai bisogni del suo piccolo mondo, risponde d'ordinario bene alla posizione sociale della giovane. Essa è anche più larga: nessuna altra educazione infatti prepara meglio la buona massaia, che sa governare la casa sua, la madre di famiglia, che adattasi a tutte le necessità dei figli, la sposa affezionata, che è passata al matrimonio
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con la coscienza del gran passo, che sa compatire, soffrire, consolare.
Ciò non ostante la ragione degli studi, i bisogni della vita e la sventura costringono tanta parte di fanciulle a ricorrere al collegio, all'ospizio, alle case-pensioni. In questi casi il sacerdote ha pure da esercitare un'influenza diretta o indiretta, perché colà l'educazione si avvicini il più possibile alla famigliare.
Certo: far sì che quelle giovani possano guadagnarsi un tozzo di pane è qualche cosa: ognuno lo comprende. Ma non è tutto: l'uomo non vive di solo pane.
Lo si è sentito cantare su tutti i toni: quelle giovani che escono da educandati religiosi, spesso, entrate nel mondo, divengono peggiori delle altre. L'asserzione ha forse dell'esagerato, ma nasconde pure qualche verità e almeno suona con un monito severo agli educatori. Troppo spesso si costringe, non si persuade: troppo spesso non si premunisce la gioventù contro i pericoli reali: troppo spesso non si educa alla vita del mondo, ma ad una continua vita di comunità. Occorre sviluppare il senso morale, con la massima libertà che possa conciliarsi con la vita comune: gettare profondamente i principii religiosi: tenere continuamente presente quel mondo in cui son destinate a vivere. Sarebbe bello poterlo sempre ignorare, ma, poiché un giorno vi si dovrà entrare, giova
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ricordare il detto: «jacula praevisa minus feriunt».6
Anche là si ha da impartire l'istruzione sociale, mostrando il mondo diviso in due grandi città, l'una contro dell'altra armata: la città di Dio e la città del diavolo. La divisione si delinea sempre più: chi non è con Dio è contro di Lui.
Infine: in questi educandati si fa assai bene una scuola della buona massaia e di galateo. Sarebbe ben ridicolo, se non fosse doloroso, quello che avviene: figlie uscite di là, con discreto corredo di istruzione ed anche di abilità in certi lavori, non sanno presentarsi con qualche garbo, non sanno preparare la più semplice vivanda!
A tutti è noto: non sempre un sacerdote può avere un'influenza diretta in questi istituti. Ma qualcosa sempre può fare: in conferenze, in prediche, al confessionale, con fermarsi anche qualche volta nei parlatori a conferire coi superiori ecc. Spesso una conversazione famigliare opera delle intime persuasioni: convinte poi l'istitutrici, è fatto il più e forse anche tutto.

Predicazioni speciali alle donne! - Il dottor Swoboda, nel suo splendido libro: La cura d'anime nelle grandi città,7 parla lungamente sull'importanza di dividere il popolo in classi, per la predicazione. La sua tesi vale specialmente per le grandi città, ma non perde ogni
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forza, trattandosi di centri rurali: l'esperienza ormai l'ha assodato. Tale divisione permette di dire cose più interessanti, più attraenti, più utili. Tempo adatto sarebbero gli Esercizi spirituali: e alquanto meno il quaresimale, disponendo in ciascun giorno, o almeno per un triduo, una predicazione speciale per le donne, per le madri, per le giovani. In molte parrocchie si tengono conferenze particolari: in altre si prende occasione da circostanze speciali: in qualche luogo si fanno tenere da altre donne colte, ed anche dalle levatrici, o dal medico, allorché si vogliono svolgere argomenti speciali. Degnissimo di essere segnalato nell'ammirazione e come esempio8 si è l'opera degli Esercizi spirituali per le donne, istituiti in varii luoghi. Se ne hanno per sole signore, se ne hanno per le studentesse, per le giovani operaie, ecc. In certe città esse si appartano totalmente dal mondo e si rinchiudono in qualche casa religiosa: in altre invece stando nelle loro case, cercano di vivere più ritirate e d'occupare la giornata in opere di pietà. La durata è per lo più d'una settimana, qualche volta di soli tre giorni: vi è anche l'uso, non solo in educandati ma in alcune parrocchie, di fare per la donna un giorno di ritiro spirituale mensile.
In questa formazione si dovrebbe parlare lungamente della frequenza alla santa comunione. Essa è mezzo così efficace che il Santo Padre
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Pio X non finisce di occuparsene e di facilitarla. Chi volesse considerare le parole di Gesù Cristo non avrebbe che da aprire il Vangelo di san Giovanni (capo VI) là dove si parla degli effetti dell'Eucarestia. Chi desiderasse invece prove di fatto dovrebbe confrontare la vita delle anime pie, delle vergini, delle suore, dei missionarii che si comunicano ogni giorno, con quella di chi sta lontano da questo Pane di vita e da questo Vino che germina i vergini. La sterilità agghiacciante del giansenismo,9 di fronte alla fecondità calda dei santi, apostoli della comunione frequente, è pure storia chiara, per chi non vuol chiudere gli occhi alla luce. Le selve per essere rinvigorite hanno bisogno di piantagioni novelle. Alla nostra società invecchiata, per rinvigorirla e rinnovarla, Pio X coi suoi decreti sulla comunione, prepara delle generazioni nel cuore delle quali scorra un sangue generoso e puro, un sangue mescolato col sangue del divino Agnello, dalla frequente partecipazione alla mensa eucaristica.
Oramai il clero non solo ne è persuaso, ma lo si vede con gran fervore lavorare a questo fine.
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2 DA ha fortuna.

3 Cf. Mt 28,19: «Ammaestrate tutte le nazioni».

4 Sta per maturità, fortezza d'animo. Si veda più avanti, DA 279-280.

5 DA ha confessionale.

6 «I dardi previsti feriscono meno».

7 Cf. SWOBODA E. (prelato domestico di Sua Santità, Consigliere aulico e Professore di Teologia pastorale all'Università di Vienna), La cura d'anime nelle grandi città. Studio di Teologia pastorale, Versione italiana del canonico dott. Bartolomeo Cattaneo sulla 2ª edizione tedesca, Roma, Libreria F. Pustet 1912. Nella Introduzione, dello stesso Autore, si legge: «Chiunque ripensi alla bellezza ideale della vita cristiana primitiva e poi si volga a considerare la grandissima influenza morale e intellettuale che esercitano sulla società le grandi città moderne... non potrà far a meno di riconoscere che niuna questione si presenta più interessante per la vita pratica cristiana, che quella della cura d'anime in queste grandi città».

8 Così in DA. Forse una struttura sintattica più lineare potrebbe essere la seguente: Esempio degnissimo di essere segnalato all'ammirazione...

9 Il giansenismo è un sistema dottrinale eretico, sviluppato da Giansenio Cornelio (1585-1638), sulla scia di Michele Baio, il quale afferma che dopo il peccato l'uomo non può fare nulla che peccati. Non siamo quindi degni neppure di accostarci a ricevere la comunione. L'eresia si divulgò anche in Italia, dove ebbe un'impronta di sentimentalismo etico-religioso. Nel 1794 Pio VI mise fine al giansenismo con la Bolla di condanna Auctorem fidei (MM).