Beato Giacomo Alberione

Opera Omnia

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XV. PRUDENZA E FORTEZZA (1)
Basterebbe una predica per tutte: la vita interiore! La vita interiore è quella che ci unisce a Dio. Quando c'è la vita interiore, c'è la preghiera perché il lavoro interiore è preghiera. L'esame di coscienza, i propositi che si fanno, le confessioni, le meditazioni: tutta vita interiore. Poi sentire la presenza di Gesù nell'intimo dell'anima!
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Vita interiore. Allora si assicura che viene vissuto nella sua parte prima il Padre Nostro: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra" [Mt 6,9-10]. Si onora Dio e quindi si tende non soltanto all'amore a Dio, ma all'amore perfetto, alla carità perfetta (a). E' tanto importante che insegniate questa carità perfetta nelle parrocchie.
Desidero che venga ristampato e diffuso il piccolo libro del canonico Chiesa (b), La contrizione perfetta, che è un mezzo di salvezza.
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Quindi il primo frutto della vita interiore è questo: amare il Signore veramente e sempre più: con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutto il cuore.
Siate di vita interiore! Vale per tutti gli esercizi. Guardatevi dall'esteriorità, da una pietà superficiale. Siate profonde nel vostro spirito, nella vostra unione con Dio!
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In secondo luogo questo ha un altro fine, e cioè: che l'apostolato avrà sempre più efficacia perché non direte delle parole, ma direte delle cose, quello cioè che è nell'intimo dell'anima vostra, e quello che <ar> deve arrivare all'intimo delle anime; perché quando una parola anche bella, profonda vien detta con le labbra, ma senza gran che di convinzione, entra nell'orecchio, e basta! Desta magari ammirazione! Ma quando parte dall'intimo, va all'intimo: se parte dal cuore va al cuore; e se parte <dalla lin> dalle labbra, va all'orecchio e poi si disperde, esce dall'altro.
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Vita interiore. Questo progredire nella vita interiore, nello spirito di preghiera, questo fa sì che la vita stessa si migliori. Quando c'è un più alto grado di pietà, di preghiera, c'è anche un più alto grado di santità nella vita.
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Attendete a farvi sante! Attendete a farvi sante! Il resto vien da sé. E' come dire: muovere i piedi e un dopo l'altro; e si mette un piede avanti e poi l'altro avanti ancora, e poi di nuovo il primo e poi di nuovo il secondo: e si cammina coi piedi, ma si porta il corpo. Quando si cammina in quella vita più santa, più interiore, in quello spirito di orazione più elevato, tutto l'essere va avanti. Tutto l'essere va avanti!
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Poi dovremo ancora aggiungere una riflessione qui ed è questa: se /la suora pastorella/ (a) - del resto qualsiasi suora la quale sia dedicata a un apostolato - /vive/ (b) la sua vita interiore, questo supplisce a tante cose. Non si avrà tanta scienza, ma si avrà efficacia.
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Quante osservazioni, consigli, correzioni, raccomandazioni! Istruisci di qua, fa dei corsi di là... C'è una scuola di aggiornamento... C'è invece qualche cosa che riguarda la psicologia, altre cose... Tanto vi è fervore per istruire, per elevare sempre meglio, e anche elevare sempre meglio l'apostolato! Ma se vi fosse la vita interiore, metà di quelle cose non sarebbero necessarie. Si potrebbero anche omettere perché, quando c'è Dio dentro, si opera come Gesù! "Se uno mi ama, io vengo in lui" [cf. Gv 14,23], e con lui, il Padre e lo Spirito Santo.
[Ho] già ricordato perché soprattutto mi sta a cuore che progrediate in questo interno, nella vita interiore.
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Persone che alle volte danno molta importanza alla vestizione e non hanno ancora vestito Gesù Cristo. Non hanno ancor rivestito l'uomo nuovo, hanno ancora con sé l'uomo vecchio [cf. Ef 4,22-23; Col 3,9-10], come si esprime san Paolo. E allora la suora è tale perché ha un abito religioso.
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Perciò, ancorché non abbiate una grande istruzione, se voi avete una profonda vita interiore farete un bene immenso, anche se vi trovate in certi ambienti che hanno maggior cultura, che hanno anche certe pretese, che hanno anche certe pretese, sì.
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Allora che cosa bisogna dire? Attende tibi, et /lectioni/ (a) [1Tm 4,16] cura te stesso e medita. Sì! Oh. Questo, continuando, è perché dobbiamo riflettere un po' sulla vita pubblica del buon Pastore, mentre prima abbiamo considerato la vita privata. Gesù come si è preparato alla vita pubblica? Egli, si era preparato crescendo non solo in età, ma in sapienza e grazia [cf. Lc 2,52].
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Vita pubblica. Quali cose sono tra le più necessarie? Alcune che adesso accenno. In primo luogo ci vuole la vita interiore, ecco. E se domandate la seconda volta cosa ci vuole, rispondo: la vita interiore. E se lo chiedete la terza volta o la quarta o la centesima: ci vuole la vita interiore. Vi farete sante e santificherete perché dove andrete, riscalderete l'ambiente. Quando una stufa è messa in un locale, riscalda l'ambiente.
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Quindi: esaminare se nelle case c'è il tempo sufficiente e raccolto per il lavoro di spiritualità, per la santificazione. Si dà il primo tempo e il tempo più adatto per le cose di pietà? Ma che non siano <le> soltanto le pratiche, ma l'anima della pratica.
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Tante volte, più che le formule dell'orazione, bisognerebbe farne delle formule di preghiera: esprimere a Gesù i sentimenti di fede, di amore <i s>, umiliarci per i tanti nostri difetti, i desideri di santità. Amare Gesù, invocare lo Spirito Santo, seguire Gesù buon Pastore. Quando cioè l'anima è l'anima da cui esce la preghiera. Non sarà così bella come quella che c'è in tante preghiere formulate appositamente, ma quelle che escono dall'anima sono le più preziose.
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Quando avete da fare i propositi e li scrivete, quelli escono dall'anima! Son frutto di riflessione.
Eh, può essere invece che il sacerdote dica tante belle cose <nella> nella predica; ma quelle son dette all'esterno. Quando invece già c'è stata la riflessione, e cioè è intervenuto il desiderio, la volontà, il proposito e la preghiera perché il Signore benedica il proposito, allora si può sperare <dei fru> qualche frutto, e anche si possono sperare molti frutti.
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Ogni superiora ha come primo suo dovere: curare lo spirito delle suore che sono con essa. Questo è il primo e importante ufficio, non quello che può riguardare tante cose che sono soltanto esteriorità, come formarsi un bel salotto. Formare lo spirito e nutrire lo spirito delle suore.
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Quindi per compiere bene la vostra vita di apostolato in primo luogo sempre la parte interiore. Gesù, che si ritirava a pregare, si separava dagli altri. "/State qui/ (a) mentre io vado là a pregare" [Mt 26,36], diceva agli apostoli. Poi passava un tempo notevole della notte pregando e lontano dagli altri o mentre gli altri riposavano, dormivano.
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Perciò per fare bene l'apostolato, la prima condizione è che ci sia la vita interiore veramente vissuta, sentita da ognuna. Diversamente si mette in pericolo essa della stessa vocazione. E che disastri, allora.
"Non credevo... Non pensavo...". Ma a poco a poco ai sentimenti di fede, di amor di Dio, subentrano i sentimenti di mondo, i pensieri di mondo! E in primo luogo si cacciano, ma poi rinascono, ritornano. E anche mentre che uno sta cacciandoli sembra che pensi ancora di più a quello che non vorrebbe pensare. E allora la fede diviene languida, la speranza è una cosa evanescente: "Paradiso... ma... lontano... Intanto son qui!" E poi, quanto alla carità è già subentrata <la> la tiepidezza, qualche volta anche estrema.
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E alla tiepidezza certamente succede quel che non si poteva prevedere prima: Incipiam [te] evomere ex ore meo [Ap 3,15-16] ti caccio via in sostanza dall'istituto. Incipiam evomere te ex ore meo, utinam frigidus esses [cf. Ap 3,15-16].
Allora, non spaventarci tanto di certi peccati, quanto più spaventarci della tiepidezza. Prima condizione.
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Secondo: con lo spirito interiore si sentirà sempre meglio l'amore alle anime. Perché l'amore a Dio crea, suscita l'amore alle anime. Se vogliamo <che Dio> che "il tuo nome sia santificato, che venga il tuo regno", bisogna aiutare le anime. E allora ecco l'apostolato: con dedizione, generosità.
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Lì ci sono tanti mezzi che vi vengono detti e suggeriti in altro modo. Ma volevo insistere un momento sopra la prudenza. La vergine prudente, Maria vergine prudentissima. E chi ha la vita interiore vede il pericolo cento metri lontano da sé, che si avvicina. E quindi per tempo lo evita, il pericolo, e se mai per disgrazia ci fosse stata una caduta, si ricorre subito.
Non si lascia dormir il peccato nell'anima, perché se dorme il peccato nell'anima, l'anima si affievolisce, va <di> perdendo non soltanto l'unione con Dio, cioè la carità, ma anche un po' la speranza e come conseguenza la stessa fede. La stessa fede.
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Se il peccato è stato per cinque minuti in quell'anima, è diverso che lo star cinque ore in quell'anima; è molto diverso. Si comprende bene, perché il male è diffusivo per sua natura: si allarga e entra in tutte le potenze dell'anima: e pensiero e sentimento e fantasia e memoria e immaginativa, e finisce con rafforzare la passione, l'orgoglio, e poi rafforzare tutto ciò che viene attraverso ai sensi.
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La prudenza. La prudenza nel trattare all'esterno, la prudenza con chi accompagnate, la prudenza nel tratto anche tra sorelle, la prudenza personale. Prudenza personale, che significa vigilare sopra noi stessi: Et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo [Mt 6,13].
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Persone che son quasi mai su se stesse, vanno avanti, non sanno in quel momento: Perché dico questo? Perché faccio cosi? Perché quella parola? Perché <portami> comportarmi in questa maniera? Cosa piace al Signore in questo momento, che cosa devo fare?
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Persone che son sempre su se stesse, assistono se stesse, vigilano su se stesse: Vigilate [Mt 26,41].
E persone che vanno avanti da un'occupazione all'altra: non badano se son ben decise, [se] son ben ordinate le cose da farsi, se si fanno con intenzione retta e cioè per amor di Dio, se c'è l'impegno di farle nel modo <più> più perfetto che ci sia possibile. Eppure, essendo noi tutti carichi di difetti, facciam sempre le cose da uomini, da povere creature; ma vigilanza su se stessi!
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Parole che non sono state misurate: ma son già dette! Una risposta che non è buona, o un'osservazione fuori di tempo, <una> un giudizio, una critica, il trattenersi troppo a lungo... Essere su noi stessi: Cosa faccio? Cosa penso? Dov'è il mio cuore? Questo è buono? Questo come dovrei farlo? Ho fatto bene ciò che ho fatto? Mi sono esposto a un pericolo? Se gli altri, se - voi potete dire - le altre facessero come faccio io, la comunità va bene? o non andrebbe bene? E quei difetti che ho già conosciuto, di cui mi hanno avvertito? e vigilo? Cerco di evitarli? E quegli atti di virtù e quel modo di operare come mi fu insegnato, lo seguo? Persone sbadate.
Oppure non sono sbadate, ma fanno il loro lavoro come fosse un lavoro semplicemente umano e come si trattasse, per esempio, di cucire, oppure di fare una scuola, oppure di fare altro lavoro che riguardi la parte morale stessa.
Sempre su noi stessi!
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Vigilare noi stessi in primo luogo. Allora c'è la prudenza: con chi bisogna fermarsi poco o con chi bisogna fermarsi niente, con chi bisogna fermarsi più a lungo perché è una persona difficile a sopportarsi e dobbiam far un po' di penitenza, mortificarci.
Prudenza e nelle camere e a tavola e coi bambini. Prudenza con le mamme. Prudenza con la gioventù. Vedere se il cuore è sempre a posto. Prudenza negli occhi: saperli regolare.
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Prudenza nei discorsi: sempre prima pensare prima di parlare; riflettere. Prudenza anche nel regolarsi, sì, per rispetto alla salute, oltre [che] ognuna possa mantenersi nel servizio di Dio e nell'apostolato. Oh! E se stai parlando, quella persona sarà edificata di quello che dici? E' una persona anziana? è una persona uguale? è una persona più giovane?
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Non è il caso di operare in questo modo: se vi è un problema difficile, mandare le persone da chi può essere competente e da chi può dare un consiglio e non esporsi a commettere un errore? "Va' a parlar con la mamma tua. Va', se è il caso, dal medico".
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La suora non può permettersi <di fare e di intrattenersi> di fare certi discorsi e intrattenersi su certi argomenti. Prudenza sempre. Ma sembrerebbe che si faccia un bene, e davvero sembrerebbe! Ma poi in fondo e nella continuità della vita, sarebbe poi sempre e davvero un bene fatto, o no?
Vigilanza. Perciò prudenza.
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Altra cosa su cui volevo dire una parola: la fortezza. La donna forte: e cioè la donna la quale è forte con se stessa, e la donna che è forte con le persone. La fortezza è una virtù cardinale. E bisogna tante volte faticare! E' una virtù cardinale, ma nello stesso tempo è un dono dello Spirito Santo. Fortezza. Non si devono permettere certi abusi: né in noi stessi, né in altri permettere certi abusi.
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Il Papa, facendo una predica che ho sentito e che mi ha ricordato egli stesso una decina di giorni fa, in cui ho dovuto parlare con lui: "Ricorda che ho fatto la predica, che il cuore è una santa cosa: è avere amore a Dio, avere amore alle anime. Ma vicino al cuore c'è la carne!".
Perciò regolare il nostro cuore, i nostri sentimenti: non che assecondiamo con facilità o l'orgoglio o l'invidia o la sensibilità o altre debolezze!
Tanto meno poi l'abbandonarsi al nervosismo, all'ira, al dispetto, ecc. Essere forti con noi stessi. Dominarci!
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Dominar noi stessi. E poi, di conseguenza, operare con fortezza nell'apostolato. E quante volte siamo anche stanchi, eppure dobbiamo pensare che il Signore ci ha dato la forza in ordine all'apostolato. Ci ha dato la salute in ordine all'apostolato. Tuttavia [prendere] il riposo giusto, e tutte quelle prudenze che son necessarie perché si operi con costanza e nello stesso tempo con quella attenzione...
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Ci vuole più fortezza ad essere miti, ci vuole più fortezza ad essere miti e docili <che non> che non ci voglia nel senso <rove> opposto, fino a qualche momento in cui certi discorsi, certe parole e insinuazioni, eh, dobbiamo sentirle <con> attaccandoci al tavolo per non scattare! Tanto sono cose fuori di posto!
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E san Francesco di Sales, dopo che aveva sentito tutta una scarica di insulti e di calunnie da una persona poco educata, alla fine, quando l'altro aveva finito di parlare, d'insultare: "E adesso? Adesso se tu mi cavassi anche un occhio, io ti guarderei con affetto maggiore con l'altro occhio ancora!".
Fortezza per esser miti.
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Perciò [la] vita interiore è il segreto della riuscita per la nostra santificazione e per il frutto /dell'apostolato/ (a), specialmente l'apostolato vostro! L'apostolato della stampa è freddo, perché si scrive al tavolino, si stampa nella macchina, e basta. Ma voi avete da fare direttamente con le anime!
Perciò quella fortezza che porta alla mitezza è più necessaria.

Albano Laziale (Roma)
30 agosto 1962

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(1) Albano Laziale (Roma), 30 agosto 1962.

455 (a) In tono scandito.
(b) Il sacerdote Francesco Chiesa nacque a Montà (Cuneo) il 2-4-1814. Entrato nel seminario vescovile di Alba fece la vestizione clericale il 17-11-1889; fu ordinato sacerdote il giorno 11-10-1896. Laureatosi in filosofia a Roma, in teologia a Genova e in diritto a Torino, venne impiegato nell'insegnamento in Seminario e poi presso la Pia Società di San Paolo. Diresse spiritualmente il giovane Giacomo Alberione e lo assistette con il suo sapiente consiglio fino alla morte.
Fu canonico e parroco fin dal 1913. La sua parrocchia fu quella dei santi Cosma e Damiano in Alba. Morì in Alba il 14-6-1946. Mons. Carlo Stoppa, vescovo di Alba, aprì ufficialmente il processo informativo sulla fama di santità di questo sacerdote e parroco esemplare che perciò il 4-2-1959 potè godere del titolo di Servo di Dio.

460 (a) Le suore pastorelle.
(b) quando vive.

464 (a) V: doctrinae - al v. 13 si legge Attende lectioni.

470 (a) V: Fermatevi qui.

489 (a) R: di apostolato.